IL CANTO DEL DESERTO di Adele Vieri Castellano

IL CANTO DEL DESERTO di Adele Vieri Castellano

Titolo: Il canto del deserto
Autore: Adele Vieri Castellano
Serie: Autoconclusivo
Genere: Historical Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 28 Marzo 2013
Editore: Leggereditore

TRAMA


1871. Sylvia, divenuta vedova dopo un disastroso matrimonio, arriva in Egitto con suo padre. Per lei è un sogno che si avvera. Finalmente vedrà i luoghi mitici che conosce solo attraverso le lettere di suo fratello Adam, che da anni collabora nelle sue spedizioni archeologiche con Lord Brokenwood, il suo amore negato dell’adolescenza, ora divenuto cieco a causa di un terribile incidente.
Presto, la bellezza di Sylvia, così eterea da ricordare quella della regina Nefertiti, viene notata da Zayd Ambath, il figlio del rais. Ma lei ha altro per la testa: sta per partire per una spedizione nel deserto unica e irrinunciabile alla ricerca di quello che rimane del mitico esercito di Cambise.
Solo non si aspetta che quel mare di sabbia nasconda una pericolosa minaccia, che può mettere a rischio la sua stessa vita. Toccherà a Lord Brokenwood accorrere in suo soccorso, ma l’uomo avrà bisogno di tutto il suo coraggio, e della forza dell’amore, per salvare Sylvia dalle spire del deserto.

RECENSIONE


Anche questa volta la penna di Adele Vieri Castellano accarezza sapientemente il lettore intessendo una trama ben congeniata e trasportandolo in uno dei luoghi più magici, mistici e affascinanti che si possano immaginare.


«Ecco l’Egitto così come lo hai sognato, nella sua solitudine e nella sua tristezza. Addormentato come la sfinge ai piedi delle piramidi, maestoso come il deserto, misterioso come il Nilo.


L’antico Egitto, il deserto e il fermento delle scoperte archeologiche di fine 800 non sono solo lo sfondo delle vicende narrate, ma diventano prepotentemente protagonisti del Il canto del deserto.

Un riuscitissimo affresco dell’epoca in cui archeologi, soprattutto europei, avevano investito passione, energie e denaro negli scavi che avrebbero poi regalato al mondo gli antichi segreti di faraoni, mummie, e geroglifici, di come venivano vissute la vita e la morte nell’antico Egitto, oggetti e leggende che ancora noi oggi possiamo ammirare.


L’Europa tentava di spartirsi non solo l’enorme ricchezza economica del Paese, ma anche quella archeologica: a ogni passo nella sabbia si inciampava in un antico reperto.


Una passione questa che interessava anche componenti della nobiltà britannica come i protagonisti del libro.

Lord Adam Sackville e il suo migliore amico Nicholas Harper rispettivamente visconte Conway e duca di Brokenwood, fin dalla giovinezza hanno seguito il richiamo dell’avventura, della scoperta e della sfida con un ambiente così ostile come può esserlo quello del deserto egiziano.


Il deserto era immenso, senza forma, senza colori o con colori troppo intensi. Il vuoto, il nulla, come se Dio avesse dimenticato, dopo averle disegnate, quelle linee sfuggenti, quelle ondulazioni indecise.


Un ambiente per niente adatto alla presenza femminile secondo i credi del tempo.

Non avevano fatto i conti con la protagonista che tratteggia l’autrice, Lady Silvya Dunmore attratta dalla stessa passione per l’ignoto, desiderosa di mettersi alla prova e di sfidare i limiti imposti alle donne in un momento in cui sempre più questi limiti cominciavano a essere scardinati.

Sorella del visconte e vittima di una giovanile passione per il duca, migliore amico del fratello, entrambi vedovi e con matrimoni infelici alle spalle si ritroveranno in una spedizione nel deserto che rappresenterà non solo una sfida con la natura e con nemici insidiosi, ma anche con loro stessi e con una paura che hanno già sperimentato nel passato e cioè quella di amare senza essere corrisposti.

La protagonista dal temperamento volitivo, prodotto delle proprie origini miste inglesi e italiane incarna l’evoluzione femminista che stava stravolgendo gli ideali sociali dell’epoca.


Una donna con in corpo la spuma del Mediterraneo, non il sonnolento Tamigi.


E lo farà attraverso una narrazione ricca di phatos, a cui contribuisce non solo l’ambientazione di cui ho già parlato ma anche la nascita e l’evoluzione del sentimento nei confronti del duca.

Osserveremo un mutamento nella giovane Silvya che maturerà un sentimento più maturo, consapevole e decisamente carnale nei confronti del nobile.

A questo si aggiunge una sagacia che regalerà dei momenti di sano humor nei battibecchi col fratello.

Un personaggio quest’ultimo che ispira un’immediata simpatia, maschera uno spirito ed un temperamento molto simili a quelli della sorella con un ostentato perbenismo e moralismo che le donne della sua cerchia si divertiranno a mettere alla prova.


In ogni caso, da quando non ci vedeva più, il duca sembrava aver conquistato un intuito soprannaturale precluso a lui, Adam Vere Sackville, cieco nei confronti di sé stesso e degli altri, lui che nascondeva le insicurezze mostrandosi più duro, misantropo e intransigente di quanto non fosse.


L’ironia va di pari passo con la tenerezza dei sentimenti che aleggia sempre sulla superficie delle pagine.

La ritroviamo nell’affetto tra padre e figli, in quello tra fratello e sorella, nell’amicizia che accomuna i due nobili appassionati di archeologia e nell’amore appassionato ma non egoista, quello che lascia liberi di essere sé stessi.

Questo libro è uno storico avvincente che fonde le conoscenze storiche dell’autrice, per le quali viene sempre da complimentarsi, con un pizzico di magia, dialoghi frizzanti e ciliegina sulla torta una bella dose di erotismo.

Un erotismo che accende i sensi e che coinvolge in modo corale i personaggi principali intrecciando più di una storia d’amore con le vicende.

Non posso non citare l’accuratezza delle descrizioni dei siti e dei reperti storici, le sensazioni che suscitano i paesaggi pericolosi e incantatori allo stesso tempo, il contrasto tra le popolazioni egiziane nomadi del deserto e la magnificenza di Luxor.

Ma soprattutto la sensazione di libertà che scaturisce da una corsa a cavallo e dalla consapevolezza che le donne stanno conquistando pezzetto dopo pezzetto un ruolo e una considerazione diversa nella società del tempo.


Mai aveva provato quella pura, arrogante soddisfazione della riuscita personale, di una vittoria dovuta solo alla sua abilità e a quella della magnifica giumenta.


Il canto del deserto è un fenomeno reale ma raro e se si ha la fortuna di potervi assistere bisogna ritenersi fortunati.

Se vi concederete questa lettura potrebbe parere anche a voi per qualche ora di poter sentire un suono prodotto da granelli di sabbia, che accarezzati dal vento porteranno alla vostra mente eco di antichi faraoni, leggende di dei e regine addormentati e custoditi dalle sabbie del deserto.

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LE API DI WATERLOO di Giulia De Martin

LE API DI WATERLOO di Giulia De Martin

Titolo: Le api di Waterloo
Autore: Giulia De Martin
Serie: Autoconclusivo
Genere: Historical Romance
Narrazione: Prima persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 10 Maggio 2021
Editore: Words Edizioni

TRAMA


Inghilterra, 1815

Phèdre Hale, Marchesa di Northampton, ha solo vent’anni, quando si trova in balia della sorte avversa: Waterloo le ha strappato l’amato marito e la spensierata fanciullezza. La lady Northampton che amava trascorrere le giornate nella lussureggiante serra è ormai solo un ricordo. Phèdre, però, sa che non può soccombere agli eventi e che l’unico modo per sopravvivere è assecondare la propria condizione. Intelligente e caparbia, non si tirerà indietro di fronte a niente per riacquistare sicurezza, anche se ciò significa sposare Edward Hale, l’irlandese dagli occhi di ghiaccio, erede del casato e cugino dell’amato marito disperso. Tuttavia, la vita spesso riserva risvolti inaspettati, fino a sgretolare anche la più solida certezza. Le grandi tenute di campagna e i dolci pendii della brughiera fanno da sfondo a una storia d’amore e morte, rinascita e assoluzione, intrisa del profumo delle peonie e cullata dal ronzio delle api. 

RECENSIONE


Sono sincera ho una particolare simpatia per le api, forse perché mi ricordano la bella stagione e sono golosa di miele o forse perché ammiro questa sorta di sorellanza tra esseri così piccoli eppure così vitali e importanti per il ciclo naturale, instancabili e laboriose.
Ho infatti letto libri di ambientazione contemporanea che le avevano come coprotagoniste, quindi non ho potuto resistere al richiamo che ha su di me il romanzo storico con l’attrattiva di un titolo così.
Le api di Waterloo è stata una lettura che mi ha positivamente sorpresa per una serie di aspetti: innanzitutto come ho detto sono stata attirata dalla scelta del titolo che, dopo aver letto il libro, mi ha rimandato forte l’idea di un simbolismo con questi meravigliosi e importanti insetti.
L’autrice fa di queste piccole sorelle operaie non solo un filo conduttore dal quale si dirama una vicenda che tiene vivo l’interesse e coinvolge con avvenimenti del tutto inaspettati, ma anche a mia personale interpretazione, un parallelismo con le donne presenti nel romanzo.
Perché in realtà le vere protagoniste di questo libro sono le donne, la loro forza, la tenacia, la capacità di adattamento, la volontà di risollevarsi.

E soprattutto la “sorellanza” che può crearsi per non soccombere non solo ad un ambiente, ma anche ad un’epoca in cui madri o figlie, mogli o sorelle sono considerate alla stregua di oggetti.


Man mano che il tempo passava, mi rendevo conto di quanto il mondo fosse plasmato dagli uomini a loro immagine e somiglianza; noi donne eravamo marginali nel quadro, come un abbellimento che rende più piacevole.


Proprio come le api, sorelle instancabili che lavorano per la produzione del miele e che mai si fermano.
Le donne di Giulia De Martin sono proprio così, cadono ma si rialzano, vanno avanti sempre, nonostante la fatica, il dolore, la paura.
A cominciare da Phedre la protagonista, giovane vitale e allegra, ma anche impulsiva e caparbia un insieme di energia e fragilità a volte in contrasto tra loro.


Mi rendevo conto solo in quel momento di quanto fosse il vuoto a dare senso alla pienezza, ma solo più avanti avrei capito quanto la mia vita, da quel momento in poi, sarebbe stata una continua lotta di contrasti, opposti, di luci e ombre, pieni e vuoti che avrebbero dato senso l’uno all’altro solo continuando ad alternarsi. D’altronde io stessa, con i miei occhi così diversi da sembrare appartenere a due persone distinte, ero una collisione di mondi.


La narrazione espressa in prima persona fa indossare come fossero vestiti a contatto con la propria pelle, le sensazioni di Phedre.
Sentirete così mancarvi il fiato o battere il cuore più forte negli stessi momenti descritti sulla carta.
Ed ecco che mano a mano che si procede nella lettura alla giovane protagonista si affiancano una serie di donne ognuna delle quali ha un legame affettivo con lei e quindi anche un’influenza sulla sua vita.
Portia, Charlotte, Camille sono per Phedre a seconda del loro ruolo, sia conforto che  esempio, un aiuto, una guida, un porto sicuro di fronte alle difficoltà che si troverà ad attraversare.
Ho trovato in questo secondo romanzo dell’autrice una scrittura più matura, un coinvolgimento emotivo più spiccato e personaggi caratterizzati in modo approfondito.
Aspetti che ho trovato evoluti nello stile di questa giovane autrice, della quale non posso non apprezzare il grande lavoro di ricerca storica mescolato alle sue personali conoscenze.
Saltano immediatamente all’attenzione l’accuratezza delle descrizioni storiche e paesaggistiche dell’Inghilterra dell’epoca e la conoscenza della botanica.
Le magnifiche tenute nobiliari diventano oltre che teatro anche protagoniste delle vicende, e la serra e la cura delle piante sono non solo la grande passione di Phedre ma anche il suo rifugio, la sua ancora di salvezza per non annegare nel dolore.


C’era un qualcosa di così quieto nel torpore della serra, come se tutto si stesse muovendo, ma lo facesse con una tale lentezza, da sfidare perfino il tempo. Questa singola idea di imperitura bellezza era tanto forte da calmare l’ansia e i brutti pensieri. Nonostante tutto, qualsiasi cosa fosse successo, le orchidee non avrebbero smesso di fiorire e le api di produrre, instancabili, il loro oro liquido.


La storia d’amore che si dipana ha un’evoluzione inaspettata ed interessante. Pur rispondendo ai canoni storici dell’epoca non intrappola i personaggi in una caratterizzazione stereotipata, al contrario sono credibili e ben definiti nelle loro personalità.
Romanticismo e passione, desiderio e sentimento emergono con forza dirompente dalla scrittura dell’autrice, che pur non descrivendo nel dettaglio scene esplicite, permette al lettore di riviverle grazie al potere evocativo delle parole.
Perché non è necessario descrivere per far “sentire”, a volte immaginare crea un phatos maggiore e permette di percepire comunque sensualità e passione.
Il lettore diventa arbitro assoluto in questo romanzo perché non c’è un’evoluzione giusta o sbagliata della trama e tutti i personaggi hanno le loro ragioni, i loro tormenti e le loro gioie.
I personaggi maschili accomunati seppur in modo diverso dall’affetto per Phedre conquistano dal primo all’ultimo.
A cominciare da Noah che è una figura la cui presenza è rassicurante e avvolgente, simbolo dell’amicizia nella sua forma più sincera e spontanea.
Edward e Richard invece sono a mio modo di vedere due facce della stessa medaglia, due modi di essere opposti ma simili, due modi di amare in modo incondizionato uguali ma diversi.
Un dualismo che si intravede in altri aspetti del romanzo e di cui l’autrice dà una spiegazione accurata nelle note finali che consiglio di leggere perché interessanti ed esplicative.
Il mio personale pensiero è che il vincitore morale della vicenda sia Richard sebbene compaia solo a inizio e fine del libro, perché lascia ai lettori il messaggio più importante ma anche il più difficile da attuare nella realtà.
E cioè che tutto cambia e i cambiamenti molto spesso avvengono senza chiedere il permesso, ma arrivano e basta.
Gli stessi personaggi nel romanzo infatti vivono loro malgrado esperienze che li porteranno ad un’evoluzione interiore.


«L’amore non finisce» dissi, scostandomi per guardarlo negli occhi. «L’amore muta, evolve e cambia la sua forma. Io non smetterò mai di provare amore nei tuoi confronti, oggi ancora più di prima, e in un modo o nell’altro mi sentirò sempre legata a te, indissolubilmente.»


Accettare o meno questi cambiamenti e riuscire a conviverci sono questioni complesse, soggettive ma inevitabili.
La scelta è se andare avanti restando legati al passato o abbracciare il futuro pur senza rinunciare alla propria identità.


Come una fenice, ero implosa in una fiamma vorticosa e straziante, ma era giunto il momento di tornare a vivere ed essere me stessa.


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UNFIT Vol. 2 FORTUNE di Miss Black

UNFIT Vol. 2 FORTUNE di Miss Black

Titolo: UnFit Vol.2 Fortune
Autore: Miss Black
Serie: Amori di Tre Ragazze Impresentabili
Genere: Historical Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Concluso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 5 Giugno 2021
Editore: Self Publishing

TRAMA


La Stagione 1889 è iniziata e che cosa possono mai fare tre sorelle impresentabili nel grande melting pot londinese, attraversato da moti suffragisti e lotte di classe, affollato di slum dove la povertà è inaccettabile e percorso da avanguardie culturali, crocevia per uomini e donne di ogni cultura e religione, in cui nobili e plebei si trovano a condividere la stessa aria inquinata dal fumo di mille caminetti?
Be’, ma chiaramente vestirsi come meringhe e andarsi a inginocchiare davanti alla Regina!
La sorella maggiore, Rachel, per la verità si è già accasata, nientemeno che con un marchese, ma le due minori, Vera e Fortune, sono ancora a piede libero.
Fortune ad accasarsi non è poi molto interessata, anche se con la famiglia del suo tutore legale le frizioni sono continue. Quindi se la fila il più spesso possibile per coltivare amicizie diverse con le donne più rivoluzionarie in città. Un’occupazione non priva di rischi, dato che le manifestazioni di protesta spesso finiscono con l’arresto di tutti i partecipanti.
Sua cugina Laura non capisce proprio che cos’abbia in testa per mescolarsi con certa gente, quando tutti gli scapoli di Londra le girano attorno. Il problema è che nessuno tra gli scialbi figli dell’aristocrazia del regno costituisce una buona accoppiata intellettuale per Fortune… nessuno tranne uno: il sulfureo, scandaloso, donnaiolo impenitente, giocatore d’azzardo, scapestrato Lord Grey, terrore di ogni madre con una figlia in età da marito.
Ecco, con lui Fortune non si trova male. Peccato che anche solo farsi vedere in sua compagnia potrebbe distruggere la reputazione di tutte le ragazze della famiglia.
Che cosa potrebbe mai andare storto?

RECENSIONE


Aspettavo con trepidazione il secondo capitolo di questa serie, per conoscere finalmente la storia della ribelle Fortune, la minore delle sorelle Vessemer che nel primo libro, Unfit vol. 1, di cui è protagonista la maggiore Rachel, aveva fatto marginali apparizioni mediante accorate lettere inviate alle sorelle per raccontare la sua nuova vita a Londra.

Racconti dettagliati e minuziosi capaci già di rivelare un’indole tenace, a conferma del marchio di fabbrica delle sorelle Vessemer:


Lei e le sue sorelle costituivano un’eccezione nell’alta società inglese, lo sapevano. Erano istruite, curiose, indipendenti.


A questo comune tratto di famiglia, in Fortune si aggiunge una personalità originale e combattiva che si amplifica grazie ad uno spirito orgoglioso e indipendente, tale da renderla insofferente verso il nuovo ambiente in cui si è trasferita, ricco di convenzioni, regole da rispettare, e per questo molto diverso da quello in cui è cresciuta, in campagna, senza l’oppressione dell’esposizione sociale.

Una delle particolarità che si colgono in questo godibilissimo romanzo è quanto la città sia il perno attorno al quale non solo si sviluppano gli intrecci tra i vari personaggi, sia protagonisti che comprimari, ma anche un contesto ricco di contraddizioni in cui convivono realtà contrastanti che si intersecano fino a confondersi.

Da una parte la patinata superficie dell’alta società in cui merletti, panciotti, pipe e sguardi ammiccanti sono la cornice imbellettata in cui borghesia e aristocrazia si mischiano per fronteggiarsi e spesso contendersi unioni, legami, amicizie in una perenne lotta di classe, in cui è la convenienza a padroneggiare, per mantenere privilegi e raggiungere ambiti status sociali.

Dall’altra, al di sotto della superficie, il mondo sommerso in cui ricchi e miserabili si confondono e laddove serpeggia la dissolutezza più diffusa, spesso praticata dai soggetti più insospettabili, che fanno della morale la loro bandiera ma che nei vicoli più oscuri e periferici trovano rifugio per sfogare le loro depravazioni.


In otto mesi, Fortune aveva imparato che, per sopravvivere, la cosa migliore era mimetizzarsi con loro. Come una zebra nella savana, le cui strisce verticali servono a confondersi nell’erba alta, Fortune aveva assunto una facciata noiosa e rispettabile. O almeno ci aveva provato.


La città come dimensione intrigante e in continuo fermento che intrattiene, diverte ma che allo stesso tempo può divenire trappola e prigione. Sono le convenzioni e il rispetto dell’etichetta a predominare, in cui è la forma a definire la sostanza.

In questo panorama raccontato con incisiva credibilità, Fortune emerge naturalmente agli occhi di tutti di quelli che la conoscono, in un modo fin quasi pericoloso attirando su di sé l’invidia di molte fanciulle nonché l’attenzione di chi dovrebbe essere tenuto a debita distanza. Una naturale propensione ad essere notata, non solo per la bellezza ma per la colta intelligenza, una virtù fin troppo scomoda perché Fortune sopravvive dietro una coltre di invisibilità, l’unica a renderla davvero libera.


Quello che cercava era un marito disposto a restare sullo sfondo e a non interferire con la sua vita. Trovarne uno non doveva essere semplice, ma Fortune non voleva credere che fosse del tutto impossibile.


Una giovane anacronistica per la sua epoca e che incarna lo spirito ribelle del movimento delle «Suffragette» con determinazione, facendo dell’emancipazione femminile il baluardo per conquistare il proprio posto nella società, e provando a compensare l’enorme peso degli uomini, detentori delle sorti delle vite delle donne, fossero queste sorelle, figlie o mogli.

Uomini che, a differenza delle donne, sono sollevati da ogni vincolo o dovere, capaci di costruirsi un’esistenza senza legami o costrizioni, come Francis Landon, decimo Duca di Grey.


Fortune ebbe lo stesso l’impressione di essere stata colta in fallo. Come se Grey la vedesse per ciò che era, nonostante tutti gli sforzi profusi per mimetizzarsi. Un elefante in una cristalleria, invece di una zebra nella savana.


Schietto, superficiale ma capace di una memoria formidabile e di recitare poesie in francese di Baudelaire; poco avvezzo alle convenzioni e completamente avverso ai legami ma in grado di un’onestà disarmante e di difendere chi crede negli ideali.

Lord Gray vive al di sopra delle regole, Fortune le regole vuole fingere di rispettarle per vivere, per quanto possibile, libera. Tanto apparentemente diversi, quando intensamente simili.

Due anime indipendenti, colte, ironiche che grazie ad una profonda intimità intellettuale ed un’irrefrenabile alchimia fisica verranno coinvolti nelle spire di un vortice che non potranno evitare, fino a che passione, scandali, fughe e allontanamenti cambieranno il loro destino. Un percorso che oltrepassa i rigidi schemi di una società che li vorrebbe stereotipati ma che contrastandoli consentirà loro di evolvere e superare castranti pregiudizi personali, fino a portarli a scoprire l’amore più salvifico.

Anche questa volta Miss Black ha superato le aspettative dei suoi lettori, offrendo un romanzo fluido e appassionato che delinea l’importanza nonché la bellezza di essere liberi e potersi esprimere come si vuole, al di là delle convenzioni e nel rispetto della propria natura.

Un concetto attuale che in questo libro trova massima espressione, e che nonostante sia ambientato nel periodo vittoriano offre messaggi profondamente contemporanei.


«La invito a non dimostrare tanta familiarità con mia sorella. Per una donna è un attimo perdere il bene più prezioso. Non la virtù, come predicano gli ipocriti, ma la reputazione, che dell’ipocrisia è la corona».


Non vedo l’ora di sapere cosa combinerà la mezzana delle sorelle Vessemer, Vera, apparentemente la più conciliante delle tre ma che sono sicura ci riserverà delle sorprese.

Ci vediamo in autunno!

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NON POSSO ESISTERE SENZA DI TE di Virginia Dellamore

NON POSSO ESISTERE SENZA DI TE di Virginia Dellamore

Titolo: Non posso esistere senza di te
Autore: Virginia Dellamore
Serie: Autoconclusivo
Genere: Historical Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: chiuso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 29 Novembre 2016
Editore: Self Publishing

TRAMA


Inghilterra, 1814. È una gelida notte di novembre, nel Northumberland, quando Ophelia Northon, sedici anni, lunghi capelli rossi, un’aria da folletto e un’anima romantica, sgattaiola fuori dalla sua camera in segreto. Il batticuore del primo amore la accompagna mentre raggiunge Joshua, il ragazzo dei suoi sogni, in procinto di partire per un paese lontano. Intende fargli un giuramento, assicurargli che lo aspetterà fino al suo ritorno, e donargli se stessa come pegno della propria promessa.
Purtroppo non arriva a destinazione: lungo la strada, un incidente imprevisto infrange ogni suo sogno, trasformando le speranze in chimere. Per giunta, il responsabile della sciagura che si abbatte sulla sua vita è qualcuno che lei già detesta: Lord Philip Percy, nipote ed erede del conte di Alnwick, un ragazzo arrogante, superbo e scontroso.
A distanza di otto anni da quella tragica notte, Ophelia è una giovane donna disillusa che vive isolata in un remoto villaggio scozzese. Non ha mai smesso di pensare a ciò che è accaduto, immaginando la vita desiderata insieme a Joshua e detestando Philip con tutta l’anima.
Ma cosa accade se il destino decide di rimescolare le carte?
Inaspettatamente, in forza di una strana disposizione testamentaria, Ophelia deve tornare in Inghilterra. Ad Alnwick si ritrova ad affrontare i fantasmi del passato: incontra di nuovo Joshua, appena rientrato dall’America, e Philip, ormai diventato conte, sempre più sprezzante e perfino più detestabile di quando era ragazzo. Riuscirà, Ophelia, a colmare il tempo perduto, recuperando i propri sogni, nonostante le profonde ferite impresse nella sua anima e nel suo corpo?
E se, nel frattempo, i sogni fossero cambiati? Se l’amore, quello vero, avesse altri progetti per il cuore?
Un romanzo sul valore delle prime impressioni, sul senso di colpa, il perdono e il riscatto. La storia di una passione fortissima e di un sentimento assoluto che travalica il tempo e l’apparenza.

RECENSIONE


È risaputo che la condizione della donna nell’Inghilterra del 1800 era molto difficile, le conquiste di cui oggi possiamo godere sono il frutto del coraggio e della personalità che ritroviamo anche nella protagonista di questo romanzo.


Se voglio rimanere eterna nella sua anima, devo fare qualcosa che abbia un sapore di prima volta e di per sempre.


Non solo il genere femminile aveva la sola funzione procreativa, e la scelta della moglie ideale ricadeva spesso sul lustro che poteva dare alla famiglia e all’appetibilità della dote.

Ma anche, l’aspetto esteriore doveva essere adeguato ad eventi o a serate speciali in cui era necessario apparire.


La bellezza è un bene fragile, dura troppo poco per farci affidamento, è più effimera di un sogno.


 Restare nubili significava portare sventura alle famiglie che non avrebbero avuto la sicurezza di dare un futuro al loro buon nome.

Quasi sempre ci si sposava per convenienza, raramente per amore. Le unioni erano organizzate dalle rispettive famiglie quando i futuri sposi erano molto piccoli o addirittura ancora nel grembo materno.

Tutto questo soffocava i sentimenti rendendo uomini e donne schiavi di regole sociali che nulla avevano a che vedere con l’amore.

Ne sa qualcosa Lord Philip Percy, erede del conte di Alnwick, costretto per una volontà testamentaria di suo nonno, a sposare Ophelia una ragazza all’apparenza fragile, spezzata da un tragico incidente che trasforma la sua esistenza lasciando che le paure prevarichino sui suoi sogni.


Eppure, nonostante il peso della coscienza che talvolta affiora e mi pungola, non posso fare a meno di affrontare queste piccole evasioni come avventure alle quali non vorrei in alcun modo rinunciare.


Tra i due inizialmente non scorre buon sangue, il conte sopraffatto dal suo titolo nobiliare, tiene distante Ophelia in maniera altezzosa e non la considera adatta al suo rango.

La ragazza dal canto suo detesta Philip, considerandolo l’emblema di una classe sociale che ritiene donne come lei non alla propria altezza.

Ma è soprattutto l’orgoglio a tenerli distanti, offuscando i loro occhi e guidando i loro gesti per nascondere quello che provano davvero.


Il destino era sempre un nemico, concedeva brevi illusioni, parentesi di amore, variazioni di sole e speranza, per poi far calare ogni sipario e seminare inganni, solitudine e tempesta.


Ho accettato volentieri la sfida, e con piacere mi sono trovata catapultata indietro nel tempo, grazie anche ad una scrittura scorrevole e accattivante, per vivere una storia romantica e a tratti ironica che mi ha aiutata a sognare e a riflettere molto su come pur essendo ambientata nel diciannovesimo secolo, possa richiamare a tematiche dei nostri giorni.

Troppo spesso, le donne sono costrette a vivere situazioni che le portano ad apparire piuttosto che ad essere, per trovarsi all’altezza di una società che pretende un fisico perfetto o un viso che non vada incontro allo scorrere del tempo.

Donne rese insicure da rapporti malati o da situazioni lavorative che le costringono per lo più ad essere quello che non sono.


Quasi venticinque anni, per una donna, rappresentano pressochè la fine di ogni speranza di matrimonio. Soprattutto con questa faccia. Denaro non ne ho mai posseduto e sono stanca di vivere in ristrettezze. Dunque, desidero diventare contessa più di ogni altra cosa; non avrete possibilità di liberarvi di me se non uccidendomi.


L’aspetto esteriore di certo non offre la chiave dell’anima di una persona, a volte ci si basa su un giudizio troppo superficiale.

 Questo emerge anche dall’iniziale atteggiamento dei due protagonisti, influenzato dai pregiudizi di classe, dall’orgoglio, dal senso di inadeguatezza e dalla loro giovane età.

Le stupende ambientazioni capaci di trascinare il lettore nel vivo della storia mi hanno aiutata ad immaginare ogni scena senza fatica, passando dallo sfarzo dei palazzi nobiliari alla modestia delle abitazioni più semplici ma riscaldate dal cuore dei suoi abitanti, dandomi il privilegio di emozionarmi e di sorridere insieme ai molti personaggi, che sebbene fungano solo da contorno lasciando spazio a Philip e Ophelia saranno decisivi nell’evoluzione della loro relazione.


Voglio essere all’altezza di Ophelia e diverso da mio padre e dalle lezioni di egoismo che mi ha sempre impartito.


Concludo augurandomi che ogni donna possa essere sempre amata sinceramente, trovando in ogni momento della vita solo motivi per sorridere annullando ogni paura.

Consiglio questa lettura agli amanti dei romanzi storici, vi troverete davanti ad una protagonista forte e coraggiosa che non rinuncia alla propria dignità, e a un conte capace di rendere il suo cuore nobile degno del titolo di cui è investito.

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LA SECONDA MOGLIE di Juls Way

LA SECONDA MOGLIE di Juls Way

Titolo: La seconda moglie
Autore: Juls Way
Serie: Autoconclusivo
Genere: Historical Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: chiuso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 7 Luglio 2020
Editore: Words Edizioni

TRAMA


Londra, 1899.
All’alba del nuovo secolo, lady Lavinia Roseland, figlia del Conte di Carvanon, è costretta a un matrimonio combinato con lord Edward Montegue. Un’unione nata male in partenza: lei ha una reputazione macchiata, un carattere terribile e una lingua ben affilata; lui, vedovo e con una carriera politica da portare avanti, la vorrebbe tenera e devota. Tuttavia, Edward non è immune al fascino di Lavinia che, con le sue mise maschili, si fa ambasciatrice di idee nuove e rivoluzionarie. Ad avvicinarli sarà la strana e improvvisa sparizione del padre di lei. Marito e moglie si ritroveranno così nella romantica Cornovaglia, ospiti di una tenuta ricca di misteri, per scoprire vecchi e nuovi intrighi della famiglia Carvanon. 

RECENSIONE


Sono sempre molto affascinata dalle storie ambientate in epoche storiche antiche ancor più se sono scenario di grandi cambiamenti, come avviene ne “La seconda moglie”, ambientato nell’Inghilterra di fine 800 proprio a cavallo con l’inizio del nuovo secolo periodo di grandi rivoluzioni, dall’avvento di quella che allora veniva considerata modernità alle prime lotte delle donne per il diritto di voto e libertà personali.
Se quindi ormai i movimenti di emancipazione erano in fermento sappiamo però che la scalata a diverse conquiste del genere femminile è stata molto lenta per cui dal punto di vista matrimoniale molti passi dovevano ancora essere fatti per non considerare più le donne come merce di scambio da cui trarre vantaggi economici e sociali.


Tuttavia, pur essendo ormai in atto la corsa verso il nuovo secolo, era ancora difficile immaginare che un matrimonio nell’alta società potesse scaturire dall’incontro tra due giovani colpiti dalle frecce dell’alato Cupido. L’amore non costituiva di certo un motivo sufficiente per sposarsi: le conseguenze sul piano sociale, economico e politico di un’unione erano tali, per le famiglie coinvolte, che la scelta di un compagno non poteva dipendere dai sentimenti personali.


La coppia protagonista del libro è l’emblema dei grandi sconvolgimenti che cominciano a insediarsi nelle crepe di una tradizione antica e una società basata sulle apparenze : lord Montegue uomo frutto di una rigida educazione vittoriana si trova controvoglia, per ragioni di prestigio e di carriera, a contrarre matrimonio con una lady anticonformista la cui reputazione è macchiata da innumerevoli attività considerate disdicevoli per una donna, Lavinia Roseland.
Jules Way mi ha regalato due protagonisti completamente distanti e opposti che ho trovato delineati a meraviglia.
Entrambi dotati di spiccata intelligenza e un humor tipicamente inglese con cui infarciscono dialoghi di un sarcasmo irresistibile che diventa un’arma da usare per difendersi o attaccare a seconda delle circostanze, sono quasi implacabili nelle loro convinzioni.


Lavinia, come una canna al vento, si fletteva, ondulando, senza spezzarsi. Era impossibile farlo. Aveva provato con ogni mezzo a disposizione a piegarla, ma non aveva ottenuto nulla più che battute taglienti e velati insulti. Anche ignorarla platealmente era valso a nulla. Gli dava oltremodo fastidio, inoltre, che quando non si urlavano contro, l’ironia e il sarcasmo di Lavinia gli piacessero. Inutile negare l’evidenza. Peccato che per un uomo che voleva darsi alla carriera politica un atteggiamento del genere fosse del tutto inappropriato.


Una coppia che sembrerebbe molto mal assortita vivrà un rapporto costituito da molte fasi in cui il lettore si troverà emotivamente coinvolto senza sapere in realtà né per chi parteggiare né chi è effettivamente nel giusto, come è successo a me.
Questo perché entrambi i personaggi sono semplicemente loro stessi e proveranno non senza difficoltà a smussare alcuni spigoli delle loro personalità, ma le evoluzioni degli individui, così come accade per le rivoluzioni storiche di cui sono inconsapevoli testimoni, sono lente, graduali e costano sacrificio.
Partendo dal tentativo di lui di domare la ribellione di Lavinia che vorrebbe più attenta all’etichetta, una buona parte della storia è intriso di battibecchi, litigi e reclusioni che se da un lato fanno sorridere dall’altro sembrano allontanare ancora di più la coppia, dando la sensazione al lettore che le divergenze saranno insanabili.


Allora ditemi, lady Montegue, come immaginate la donna del nuovo secolo?›› le chiese, quasi per metterla in difficoltà, ma anche per soddisfare la sua curiosità. ‹‹ Libera››, rispose senza pensarci. Una luce particolare le illuminava gli occhi scuri. Edward sorrise appena, quella risposta non gli sembrò così strana.


Sarà la lenta e graduale conoscenza reciproca che farà spostare entrambi dalle loro posizioni così ferme.
Indubbiamente in questo complicato processo gioca un ruolo molto forte ed è allo stesso tempo sia uno scoglio da superare che uno strumento di presa di coscienza e consapevolezza nella relazione tra i due coniugi, il confronto con la prima moglie di Lord Montegue.
Diciamo la verità non è facile arrivare per secondi soprattutto quando i due modelli di moglie sono diametralmente opposti.
L’autrice è stata brava a mostrare come poi questo confronto abbia contribuito a mettere in luce le qualità di entrambi permettendo loro di apprezzarsi reciprocamente.
La caratteristica forse che ho trovato originale rispetto al genere è che se solitamente nei romanzi storici l’obiettivo delle consorti è conquistare il cuore del coniuge nonostante il matrimonio sia frutto della convenienza, in questo libro l’obiettivo di Lavinia è un altro, mentre il nascere del sentimento sarà un tassello successivo.
La vera ribellione che Lavinia esercita nei confronti del marito è che la considerazione che lei desidera dal coniuge non è come moglie o come donna, ma innanzitutto come persona, come individuo con proprie idee, aspirazioni, opinioni.
Un tema senza tempo se si pensa ad alcune culture odierne nelle quali il genere femminile non ha diritti.
Lavinia è il simbolo delle lotte che sono state fatte nei secoli per l’emancipazione femminile di cui possiamo godere noi oggi e che hanno raggiunto come primo obiettivo innanzitutto quello di non considerare più le donne come oggetti ma come esseri umani prima e in seguito in quanto tali destinatari di diritti e libertà personali.


Il fatto che lui non la considerasse come persona, come un essere con una propria volontà la feriva più di ogni proibizione. Dopotutto, a Lavinia non importava partecipare alla vita sociale di Londra, vivere in campagna oppure in città, desiderava solo che lui la trattasse come sua pari.


Libri come questo hanno sempre il grande pregio di riuscire a trasportare non solo in un altro tempo ma anche in altri luoghi: complici i paesaggi inglesi qui arricchiti dallo spostarsi delle vicende in Cornovaglia, la lettura è stata accompagnata dalla sensazione di poter ammirare luoghi così magici e affascinanti.
La coppia sarà protagonista di vicende sapientemente costruite intorno ad alcuni misteri interessanti dal punto di vista narrativo e che condiscono la vicenda di una spruzzata di avventura che ben si coniuga col carattere dei protagonisti e che sarà un decisivo strumento di avvicinamento tra i due.
Uno storico sofisticato che riesce a coniugare il fascino del passato con i suoi epocali cambiamenti, le mille emozioni e le imperfezioni dell’animo umano con un tocco di mistero che è la classica ciliegina sulla torta.
Da non perdere.

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IL PROFUMO DI UN’ESTATE di Sophia Linwood

IL PROFUMO DI UN’ESTATE di Sophia Linwood

Titolo: Il profumo di un’estate
Autore: Sophia Linwood
Serie: Autoconclusivo
Genere: Historical Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Concluso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 18 Maggio 2021
Editore: Self-publishing

TRAMA


Inghilterra, 1858

Lucas Fairchild è un uomo brillante e sicuro di sé, con una vita appagata e serena. Ha un titolo nobiliare, ricchezza, una donna bellissima che presto sarà sua moglie. Ma quando la fidanzata lo abbandona alla vigilia delle nozze per fuggire con un altro uomo, il suo mondo si capovolge all’improvviso, la sua vita non ha più senso, più valore, e la guerra che infuria in Crimea gli sembra la sola scelta possibile per mettere fine al suo dolore.
Quattro anni più tardi, Lucas è l’ombra di sé stesso: un uomo cinico, tornato dai campi di battaglia ferito nello spirito e nel corpo, chiuso al mondo e al prossimo.
Lo scontro con la signorina Ainsworth è tanto inaspettato quanto folgorante.
Lei è insolita, con un temperamento anticonvenzionale, un carattere indomito e una lingua affilata. È una donna che sa tenergli testa; ma anche lei nasconde un dolore ineffabile, e cicatrici profonde che le incidono l’anima.
Nessuno dei due si aspetta di rincontrare l’altro, ma il destino sembra volerli affiancare a tutti i costi, e un’attrazione sottile e avvolgente come una scia di profumo si insinua fra di loro trascinandoli in un turbinio di passione e desiderio che si consuma alla luce delle candele.
Due vite ferite.
Due cuori disillusi.
Due anime spezzate che soltanto avvinte potranno completarsi.

RECENSIONE


La mia passione per i romance storici trae linfa non solo dal fascino che esercitano su di me le epoche lontane ma anche da una sensazione di confortevolezza che ne traggo quasi sempre, ebbene sì per me i libri ambientati soprattutto nell’800, epoca del romanticismo per eccellenza, sono la mia ufficiale comfort zone.
Questo libro non è stato da meno, divorato in due giorni Il profumo di un’estate mi ha trasportata nel Sussex della metà del 1800 coinvolgendo i sensi ed il cuore in una vicenda così ben riuscita che ne sono rimasta colpita.
Soprattutto perché trattasi del primo libro scritto da questa nuova autrice Sophia Linwood a cui faccio i complimenti per un esordio calibrato alla perfezione tra sentimento, passione, caratterizzazione dei personaggi e ambientazione.
Tutto in perfetto equilibrio su un canovaccio non nuovo ma credibile perché l’autrice lo ha fatto suo rendendolo personale.
Questa capacità si evince soprattutto dalla caratterizzazione dei protagonisti del libro, il nobile Lucas Fairchild e la borghese Artemide Ainsworth entrambi disillusi nei confronti dell’amore e quindi anche nei confronti del futuro.
Alcune ferite passano senza lasciare segni altre non visibili non si rimarginano mai tanto da infettare l’anima fino a cambiarla.


Il dolore che lo affliggeva era nulla in confronto al tormento che aveva dentro. Era tornato dalla Crimea leso nel corpo, ma le ferite dell’anima, del cuore, erano già lì al momento dell’arruolamento. Non erano migliorate, nulla l’aveva fatto. In quattro anni l’amarezza l’aveva accompagnato costantemente, come un cane fedele, e il cinismo si era sviluppato di pari passo dentro di lui avvolgendolo completamente, soppiantando qualsiasi residuo di speranza per il futuro gli fosse rimasto.


Quanto accade a Lucas Fairchild nobile solo all’apparenza austero, un po’rigido e impostato è il frutto di un tradimento da lui subito non solo sul piano delle azioni ma anche delle parole.
Ho apprezzato questo aspetto per niente secondario che l’autrice ha voluto mettere in evidenza, le parole dette da qualcuno che amiamo possono procurare ferite profonde, quanto se non più di quelle di una spada.


Ogni singola parola era impressa a fuoco dentro di lui, nella sua carne, nella sua anima. Non riusciva ancora capacitarsene: la donna che amava, che credeva di conoscere bene l’aveva ferito in maniera indicibile. L’aveva umiliato, annientato, svilito. Gli aveva strappato il cuore e poi l’aveva calpestato.


Forse la cura a questo tipo di ferite sta innanzitutto nella condivisione, nell’incontrare qualcuno che sappia comprendere il dolore altrui perché sperimentato su di sé.
L’incontro con la signorina Artemide Ainsworth potrebbe essere l’inizio inconsapevole di un percorso di guarigione per entrambi perché anche Artemide è vittima di una sofferenza che l’ha resa disincantata nei confronti dell’amore.


Semplicemente sono io che ho smesso di credere all’amore. Ciò che è accaduto a Cassandra ha spazzato via qualsiasi illusione romantica mi fosse rimasta. Perciò non ti preoccupare.» Si disse che non stava affatto mentendo a Mina. Non era invaghita di Lucas, non c’era nulla fra loro che avrebbe potuto definirsi “amore”. C’era desiderio, complicità, passione, e quelle erano cose molto più forti, molto più vere e durature di un sentimento ingannevole ed effimero che si consumava in fretta come il fosforo di un fiammifero. Una fiammata intensa e poi più nulla, solo fumo e legno carbonizzato.


Potrebbe bastare un’estate per trovare la via della guarigione ?
Non senza dover affrontare alcuni ostacoli i protagonisti del libro vi porteranno per mano attraverso questa stagione che con i suoi profumi, le descrizioni attente dei paesaggi e il riferimento a personaggi e luoghi veramente esistiti che conferiscono ancor più autenticità alla narrazione, l’allegria che si risveglia grazie all’irriverenza dei dialoghi e le personalità brillanti e ben sfaccettate di tutti i personaggi, simboleggia il cambiamento, una porta da attraversare per uscire dalle ombre e rivedere la luce.
C’è molta passionalità in questo libro intensa al punto giusto, sesso esplicito ma mai volgare, le parole scritte diverranno evocative catturando le immagini descritte dall’autrice come fossero fotografie, immagini che susciteranno anche sensazioni di tipo olfattivo facendovi assaporare fragranze disparate che sembra di poter annusare dal vero.


Inspirò a pieni polmoni il profumo della pelle e dei capelli di Artemide. La fragranza era tenue, delicata come sempre, ma aveva una nota lievemente salata e… una traccia nuova. Era come se l’aroma di lui si fosse mescolato a quello di lei, come se insieme avessero creato un profumo unico nel suo genere, una fragranza irripetibile che li avvolgeva entrambi e che affermava e rivendicava la loro appartenenza reciproca.


Titolo più che calzante perché sarà proprio un profumo in particolare che d’ora in poi mi farà pensare a questa storia con spensieratezza, la stessa che mi ha trasmesso la lettura.
L’autrice non pecca nemmeno di romanticismo anche questo dosato in modo equilibrato e a tratti poetico.

Questo libro tocca i sensi ed il cuore non posso che consigliarlo per la qualità della scrittura e la fluidità della narrazione a chi come me ne fa un morbido cuscino da comfort zone o a chi ama l’estate, che a volte porta con sé il profumo dell’amore.

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IL LEONE DI ROMA di Adele Vieri Castellano

IL LEONE DI ROMA di Adele Vieri Castellano

Titolo: Il leone di Roma
Autore: Adele Vieri Castellano
Serie: Roma caput mundi vol.1
Genere: Historical romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Concluso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 26 Settembre 2017
Editore: Amazon publishing

TRAMA


Roma, 50 d.C. Massimo Valerio Messalla è nobile di nascita, colto per educazione e guerriero per scelta, ma la sua libertà sta per finire: il padre gli impone di sposarsi, per garantire una discendenza alla stirpe dei Valeri.

Ottavia Lenate è una giovane inquieta e curiosa, appassionata di scienza e astronomia, che desidera la conoscenza, non un marito, specie non uno ruvido e affascinante come Messalla, l’uomo a cui scopre di essere destinata.

Massimo e Ottavia si trovano così forzati in un’unione decisa da altri, finché il Fato non li porterà ad Alessandria d’Egitto. In quella terra arida, sterile come l’anima di Messalla e ricca di tesori nascosti come lo spirito di Ottavia, una terribile minaccia in arrivo dal passato metterà a rischio tutto ciò che Massimo, il leone di Roma, ama e vuole proteggere…

RECENSIONE


Ricordò la profezia nel Tempio di Amon: “Viaggerai nel tramonto accompagnato da un fratello e, nel momento del bisogno, udrai il ruggito che fa tremare il mondo”.


Una profezia che racchiude in sé tutta la potenza evocativa di questo meraviglioso romanzo che mi ha ammaliata dalla prima all’ultima pagina.
Appassionata di storici spinta dal consiglio di una preziosa amica e consigliera letteraria, ho lasciato il porto sicuro dell’ambientazione regency o vittoriana a cui ero abituata, per addentrarmi con un po’ di circospezione lo ammetto, nell’epoca dell’antica Roma.
Il risultato è stato che mi dispiace non averlo fatto prima: la scrittura di Adele Vieri Castellano mi ha sedotta,
ha fatto una magia, grazie alla sua penna evocativa e immaginifica  mi ha letteralmente trasportata dal salotto di casa mia indietro nel tempo, quando i fasti della capitale erano una realtà così incredibile da aver attraversato i secoli fino a noi.
Massimo Valerio Messalla vi entrerà sotto pelle, la caratterizzazione che ne fa l’autrice lo ha reso un personaggio magnetico.
Ufficiale romano, uomo di disciplina ma anche di cultura, un nobile che sceglie la vita militare per domare un tumulto interiore che lo consuma fin da giovane, affamato di vita e di conoscenza.
È un uomo giusto e devoto ai doveri del suo rango, diviso dall’impetuosità della propria indole e il desiderio di essere un buon figlio.


La sabbia filtrò tra le sue dita, inarrestabile, come gli istanti trascorsi da quel giorno che aveva cambiato la sua vita. Non poté trattenerla, così come non poteva trattenere se stesso dal diventare il figlio che suo padre desiderava. In realtà non era altro che un involucro, un contenitore. Fuori la pacatezza, la ragionevolezza addomesticata dalla disciplina militare. Dentro, per tutti i Numi, dentro di lui c’erano sempre tumulto e tempesta.



Impossibile non cedere al fascino di quest’uomo dalle mille sfaccettature, mi ha catturata completamente, avida di leggere i dialoghi da cui scaturiscono i suoi pensieri e le parole, un personaggio che incarna la virilità del guerriero e l’orgoglio romano, forgiato dal dolore, dalle guerre ma che non ha mai perso né l’integrità né la propria identità.


«L’ho affrontato da solo, ma la sua scorta era ben addestrata. Quell’uomo ha gli dèi dalla sua parte e si batte come un leone.»


Il richiamo simbolico al leone è calzante, Massimo ne incarna la forza, la regalità, il coraggio e la furia. In lui coesistono forza e coraggio ma anche sensibilità e onore.
Un matrimonio imposto proprio dal padre per perpetuare la stirpe dei Valeri sarà l’inizio di un percorso irto di sorprese ed emozioni inaspettate, che si riverberano nel cuore del lettore in maniera crescente.
Per un uomo di tale levatura e fascino l’autrice non poteva che pensare ad una donna non meno degna di un protagonista di questo spessore, una ragazza speciale, soprattutto per l’epoca.
Ottavia Lenate è una giovane con la curiosa caratteristica di essere erudita: amante dei numeri, di trattati di ogni genere, appassionata di astronomia, poesia, politica deve nascondere questa sua sete di conoscenza nonché la fine intelligenza che la contraddistinguono, che ai tempi non erano ben visti nelle donne.


Tuttavia a Roma una donna istruita era spesso guardata con sospetto, talvolta con sdegno. La sua mente pronta e affilata avrebbe potuto essere la sua fine e, per questo, Ottavia si era sempre guardata dal rivelare le sue reali capacità.


La storia d’amore tra i due protagonisti si dipana gradualmente con coerenza e credibilità e io me la sono assaporata come si fa con un buon piatto, gustandomi ogni confronto, dialogo e pensiero, senza fretta ma con un coinvolgimento crescente.
La loro conoscenza reciproca sarà paziente e curiosa, parte timidamente, con distacco e razionalità per evolvere poi in un rapporto di fiducia, rispetto, amicizia e passione che mi ha incantata.
Se inizialmente possono sembrare incompatibili in realtà i due sposi hanno molto in comune, appetito intellettuale, desiderio di conoscenza e fame di vita che li divora ma mai li sazia, anche perché frenati dalle convenzioni e dai doveri.


Sapeva soltanto che voleva allontanarsi dal padre, dai doveri che gli imponeva la sua nobile stirpe, da quella ragnatela di convenzioni che lo costringeva ad agire e a comportarsi come un uomo tranquillo, quando di tranquillo, in lui, non vi era mai stato nulla.



Se Massimo infatti è tranquillo quanto può esserlo un leone, Ottavia è un fuoco che sotto l’egida paterna non poteva ardere, risoluta, coraggiosa, pura di cuore, di intelligenza non comune.
Riuscirà una donna così speciale a domare il leone di Roma ?
Per scoprirlo vi invito a regalarvi questa lettura, che per me è stato proprio un dono di inaspettata bellezza e che oltre allo stile raffinato dell’autrice ha il valore aggiunto di un’accuratezza storica encomiabile, arricchita dall’attenzione ai dettagli e dal richiamo a testi più o meno conosciuti di antichi miti romani e greci.
La trama è accattivante e non scontata, fluida ma densa di avvenimenti che si svolgono in uno scenario doppio, quello della Roma antica del 50 D.C. e l’altro della magnificenza di Alessandria d’Egitto.
La capacità descrittiva dell’autrice mi ha conquistata definitivamente anche grazie alla potenza visiva con cui ha descritto le due città.
Se Roma mi ha fatta assaporare il fasto, le contraddizioni e la grandezza di questa antica civiltà, Alessandria mi ha ammaliata con i suoi colori e i suoi profumi, quando pagina dopo pagina mi è sembrato di sentire l’arsura del torrido clima egiziano, di affondare i piedi nella sabbia del deserto, di osservare uccelli e fiori dai colori cangianti.


Nel giardino incontrò il giallo, il rossiccio e l’argento della polvere che copriva ogni superficie togliendo limpidezza alla vegetazione. Da nessuna parte si notava la mano dell’uomo, eppure decine e decine di schiavi ogni giorno dovevano tagliare, innaffiare, curare la giungla di cespugli ronzanti di api e i sonnacchiosi alberi del pepe. Tanti uccelli nel verde: ibis sacri e, più numerosi che mai, colombe, martin pescatori dai colori sgargianti, pavoni albini e fenicotteri che sorvolavano, a ondate di ventri rosa, il cielo sopra la sua testa.


In questo romanzo ogni elemento provoca qualche emozione, i passaggi più avventurosi sono ricchi di tensione e sembra di assistere dal vero a battaglie e combattimenti, le scene erotiche sono sensuali e appassionate, amicizia, fratellanza ed eroismo sono celebrati degnamente, gli inganni e i tradimenti aggiungono un tocco intrigante alle vicende.
Ogni personaggio secondario è un tassello che incastonato un pezzetto alla volta ha dato vita ad un mosaico di immagini e sensazioni impreziosito dalla vivida capacità descrittiva dell’autrice, precisa e attenta nella trasposizione della propria conoscenza sugli usi, gli abiti, gli ambienti e i cibi, mi ha trascinata con sè per le  vie cittadine in cui si muoveva la società del tempo variegata e multietnica, formata da schiavi, legionari, egiziani ed ebrei.

Culture diverse intrecciate tra loro che rievocano il sapore cosmopolita di cui sognava il grande Alessandro Magno.
Il più interessante tra tanti personaggi di contorno è senz’altro l’amico fraterno di Massimo, Raganhar il barbaro, un personaggio che si è ritagliato di diritto un posto nel mio cuore destando un interesse che non vedo l’ora di saziare con il volume della serie a lui dedicato.
Questo libro per me prezioso è un gioiello per stile e contenuti che consiglio vivamente, anche a chi non è appassionato di storia, certa che possa regalarvi lo stesso senso di appagamento e piacere che ha donato a me, incapace di staccarmi dalla lettura immersa in un tempo ormai passato ma che mi ha trascinata con malia crescente.
Questa talentuosa scrittrice è riuscita a veicolare il fascino eterno dell’antico impero, combinando le tonalità romance con ricerca storica, avventura, onore e coraggio, quegli stessi semi che coltivati e tramandati nei secoli hanno dato vita al mito di Roma, facendo sì che le si potesse meritatamente conferire l’appellativo di Caput Mundi. 

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IL LORD DELLA SEDUZIONE di Loretta Chase

IL LORD DELLA SEDUZIONE di Loretta Chase

Titolo: Il lord della seduzione
Autore: Loretta Chase
Serie: Scoundrels vol.3
Genere: Historical Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Concluso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 7 Maggio 2016
Editore: Mondadori

TRAMA


Jessica Trent è risoluta: vuole liberare a ogni costo il fratello dalla cattiva influenza del famigerato Sebastian Ballister, celebre marchese di Dain. Mai si sarebbe aspettata di iniziare lei stessa a desiderare un libertino amorale come Sebastian. Preso dalla stessa passione, il marchese finisce col mettere entrambi in una posizione compromettente in pubblico, ma non ha alcuna intenzione di cedere: è stata lei a tentarlo e ora dovrebbe addirittura salvarle la reputazione! Il rude e arrogante marchese, però, deve ancora fare i conti con la più imprevedibile delle incognite: l’amore. 

RECENSIONE


Questo romanzo è uno storico scritto ad arte, un vero gioiello per gli appassionati del genere come me da non lasciarsi sfuggire, con personaggi e trama tutt’altro che stereotipati.
Finalmente una protagonista femminile con i contro fiocchi : zitella per scelta e non per mancanza di attrattive, dotata di una personalità fuori dal comune, cervello sopraffino, una bellezza esteriore che riflette quella interiore, sicura di sé, per niente pudica ma mai volgare, onesta e appassionata, con un talento nello scovare opere d’arte e doti sportive al pari se non migliori di quelle maschili.
Una donna che è se stessa e sa destreggiarsi tra le regole del suo tempo e della società senza esserne sopraffatta anzi utilizzandole con intelligenza a suo favore. Certo non è un’eroina solo pregi : vendicativa, calcolatrice e astuta, ma sempre a onor di giustizia, è un personaggio che ho amato tantissimo.

Ed è così che la Chase tratteggia la degna coprotagonista del lord seduttore del titolo: anche qui finalmente un vero, cinico, dispotico, sregolato, dissoluto, crudele, scortese, intimidatorio ma credibilissimo libertino con la L maiuscola.
Questi due personaggi mi hanno catturata da subito perché la scrittrice ne estrapola gradualmente il carattere assai complesso, la cui psicologia ( elemento immancabile per catturare la mia attenzione nei personaggi in qualsiasi romanzo ) emerge soprattutto attraverso i dialoghi, che definire arguti è poco.
Spassosi a tratti esilaranti i botta e risposta e il sarcasmo e l’ironia con cui spesso i due comunicano, non solo tra loro.

Con gradualità e ricercatezza vengono sviscerati pensieri, desideri, sofferenze e bisogni dei personaggi a cui mi sono affezionata sempre più entrando in sintonia con essi proprio perché sempre fedeli a loro stessi, mai snaturati neanche nel processo di innamoramento.
Oltre alla leggerezza raffinata che caratterizza questo tipo di lettura il romanzo tratta con triste dolcezza la tematica del rapporto madre/figlio.


Sua mamma , invece, non ha la tragica espressione convenzionale. E’ mezzo accigliata, questo sì. Leggermente irritata , forse, perchè il bambino è stato un po’ noioso. Eppure ha l’accenno di un sorriso, come per rassicurarlo o perdonarlo. Perchè capisce che lui non lo fa apposta. Marmocchio innocente, lui dà tutto per scontato : i sorrisi e le rassicurazioni della mamma, la sua pazienza…la sua indulgenza. Lui non sa che dono è, figurarsi se ne è grato.


Ma soprattutto mi ha lasciato intravedere anche un messaggio universale e senza tempo : tutti abbiamo bisogno di essere amati e accettati così come siamo, a cominciare da chi ha il potere di plasmarci durante l’infanzia perché siamo il risultato non solo dell’eredità genetica ma anche e soprattutto del contesto educativo di chi ci cresce.


Sebastian sapeva di non poter chiedere alla madre che cosa c’era di sbagliato in lui e come fare a porvi rimedio.


Ecco perché fin dal prologo sono raccontati gli eventi che hanno innescato e modellato il carattere del lord in questione, un’introduzione che a suo modo ho trovato a tratti struggente.


Fra i costanti abusi fuori dalla classe e le regolari frustate all’interno della stessa, ci volle meno di un anno perchè Eton estirpasse da lui ogni inclinazione verso l’affetto, la gentilezza e la fiducia. I metodi etoniani tiravano fuori il meglio dalla maggior parte dei ragazzi. In lui, risvegliarono il peggio.



Il romanzo ha tutti gli ingredienti giusti dosati alla perfezione : molta ironia, qualche sotterfugio, piccoli complotti, qualche colpo di scena, forte passionalità e altrettanta sensualità.
Le scene di sesso sono descritte senza eccessi, rispecchiano il rapporto tra i due protagonisti senza volgarità, anzi fanno trasparire già da subito che il desiderio fisico tra i due germoglia inconsapevolmente per entrambi in un sentimento più profondo.
Anche i personaggi secondari sono una cornice di qualità, un plauso soprattutto per me alla nonna della protagonista.


Una delle eccentricità di Lady Pembury era la sua insistenza nel farsi chiamare col nome di battesimo da tutti i suoi figli e nipoti. “Sono una donna” rispondeva a coloro che protestavano sostenendo che quel modo di rivolgersi fosse irrispettoso. “Ho un nome. Mamma, nonna…” A questo punto di solito scrollava leggermente le spalle. “Così anonimi”.



La trama si snoda senza sapere cosa aspettarsi nell’evolversi della storia e questo ti tiene attaccato alle pagine.
Lo stile dell’autrice che non conoscevo ma di cui sicuramente leggerò altre opere è particolare, se dalle prime battute può sembrare un po’ svagato in realtà procedendo nella lettura si rivela sagace e brillante.
Questo romanzo non può mancare nella libreria di chi ama i romance storici per niente scontati, con personaggi di spessore e una scrittura intelligente.
Decisamente tra altri di questo genere ha una marcia in più e per questo sicuramente lo rileggerò in futuro.

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ACCORDI di Amalia Frontali e Rebecca Quasi

Accordi

ACCORDI di Amalia Frontali e Rebecca Quasi

Titolo: Accordi
Autore: Amalia Frontali e Rebecca Quasi
Serie: Spin Off di Centro, Autoconclusivo
Genere: Historical Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 4 Marzo 2021
Editore: Self Publishing

TRAMA


Vienna, 1904 – Dorothea di Saxe-Coburg e Gotha-Kohary ha appreso da adolescente a riservare al pianoforte tutte le passioni del suo cuore. Alla veneranda età di ventitré anni, nonostante il lignaggio reale e la dote principesca, si trova a dover ridimensionare le proprie aspettative matrimoniali.
Gunther di Schleswig-Holstein è un figlio cadetto con un titolo senza valore, che vanta un singolare talento per il violino e uno spiccato fiuto per gli affari. Alla soglia dei quarant’anni, ciò che gli manca è una moglie di ottima razza, con un patrimonio considerevole.
Determinati ad affrontare il matrimonio con il proverbiale distacco che li accomuna, scopriranno che la musica è un linguaggio che non ammette simulazioni, perché anche gli accordi studiati nei minimi dettagli riservano talvolta bizzarri e impetuosi imprevisti.


RECENSIONE

Ho cercato il modo più appropriato per parlare di quest’opera e il primo che mi sia immediatamente venuto in mente è stato partire dal titolo, “Accordi”, e precisamente dal suo ricco repertorio di significati.

Concordia, armonia di sentimenti, affinità, incontro di volontà nel lessico comune; sinonimo di concordanza in grammatica,; giustapposizione dei tre suoni e il nome di uno strumento noto come “lira da gamba” in musica; riferito ai colori ne indica un armonico accostamento; in architettura riferisce ad una proporzionata distribuzione; in radiotecnica è sinonimo di sintonia e, infine, la fase di due moti armonici in fisica.

Un universo di significati che riempie lo spazio tra le pagine di un libro di infinita piacevolezza, tra i più belli letti fino ad oggi. Una lettura grazie alla quale ho potuto assistere ad un magnifico concerto in cui chiudendo gli occhi ho percepito l’armonia perfetta di tonalità suonate ad arte.
Raffinata ironia, mirabili picchi di introspezione, dialoghi sublimi e personaggi carismatici rubati alla storia mi hanno trasportato altrove, come solo la musica può fare.

E poter farlo oggi, in questo momento storico così difficile, è un miracolo che avviene solo attraverso libri indimenticabili.

“Accordi” è la celebrazione di quanto “un duo” possa essere espressione di armonia, affinità elettive, compensazione, amore e intesa.

Il duo come concetto di completezza per antonomasia, che si ritrova perenne in tutta la narrazione come la nota perfetta che chiude un brano, esaltandone la melodia, l’applauso finale dopo il concerto.

Dorothea e Gunther sono i protagonisti di questa storia: lui acuto, intelligente e dai baffi curati e perfetti; lei tenace, determinata, bellissima, con occhi di un blu dai poteri ipnotici.
Entrambi amanti appassionati di musica ed in cerca di un matrimonio conveniente.
Un duo per eccellenza che pervade questa storia con la grazia di una suonata da camera a due elementi, un pianoforte ed un violino, che appagano i sensi, intrattenendo ospiti trepidanti e lettori estasiati.


«Perché è così che funziona un duo: si continua a suonare. Anche se il pubblico fischia o se si rompono le corde dell’archetto. Ci si copre, ci si aiuta, ci si aspetta e si va avanti, fino all’ultimo accordo.»


Un connubio studiato, frutto di una scelta pragmatica e calcolata, ma destinato ad evolvere ad una dimensione superiore, in cui sentimenti e stati d’animo trovano la loro espressione mediante il potere della musica, protagonista indiscussa del libro:


«Daccapo.» Gunther riportò lo spartito all’inizio e lei ricominciò, con più sicurezza, più agilità e più abbandono: la Principessa stava avendo la meglio su Debussy. La pratica e la tenacia cominciavano a sciogliere i nodi e a curvare l’armonia. Era un piacere ascoltarla e impetuoso guardarla. Forse si trattava di una suggestione, ma pareva che una sopita ribellione fluisse da quelle dita affusolate tramutandosi in melodia.


Due protagonisti che incidono ogni pagina come uno spartito d’autore, tracciando il ritmo di una storia intensa e coinvolgente, in cui le atmosfere della Belle Epoqué aleggiano affascinanti tra salotti e scollature, tra tappezzerie e cappellini. A fare da contraltare a queste suggestive ambientazioni d’epoca, le rigide regole sociali dei ceti sociali più elevati che decidevano destini, secondo il genere, l’età e la discendenza familiare di appartenenza.


«Che la reputazione è l’abito che ti fabbrica la gente e l’onore il corpo che c’è sotto.» «Vale a dire? Il vecchio adagio dell’apparenza e la sostanza?» «Vale a dire che ti preferisco nuda.»


Al duo di Dora e Gunther si affianca quello dei fratelli Schleswig-Holstein, legati da un profondo rispetto reciproco e accomunati da un’affinità congenita. Le loro discussioni sono spassose, ma anche intrise di saggezza rivelatrice di verità nascoste:


«L’intesa va oltre. È volatile, Gunther, indefinibile, sfuggente e imprevedibile. Ma preziosa. Fossi in te la includerei nella lista.»


Due fratelli, come lo sono Dorothea e Leopold di Saxe-Coburg e Gotha-Kohary, uniti da dinamiche ben diverse, perchè cresciuti sviluppando un legame viscerale reciproco, basato su una protezione quasi irrazionale, originata per sopravvivere ad una famiglia contorta.


Dora non doveva vedere nulla. In questa casa, ormai, in questa famiglia, è rimasta un’unica innocenza.


Lo stile di narrazione, elegante e intimamente evocativo, fluisce impeccabile, con l’uso sapiente di passaggi epistolari che si intrecciano al racconto, svelando ricordi e rivelando sentimenti inconfessabili.

“Accordi” è una storia celebrata dalla musica con Monzart, Back, Beethoven e Debussy, e che in essa trova sublime manifestazione, raccontando magistralmente di come l’amore, nelle sue molteplici forme, si riveli senza chiedere permesso alcuno, scavando gli animi, implorando perdono, imponendo scelte, cambiando vite e stravolgendo destini che si pensavano persi.

E’ il primo libro che leggo di questa coppia di autrici. Ammetto di essere una lettrice appassionata di Rebecca Quasi e da tempo mi ero promessa di conoscere la scrittura di Amalia Frontali, leggendo “Centro”. Non è facile suonare in duo, a volte le singole parti possono rischiare di prevalere l’una sull’altra, invece in questo libro l’armonia è perfetta.
La scoperta meravigliosa di un duo magnifico, legato evidentemente da un sintonia profonda che ha creato un’opera bellissima, ispirata a dei personaggi storici realmente vissuti, offrendo ancora più enfasi alla lettura, non senza muovere e commuovere il cuore.


«La perfezione non ammette evoluzione, crescita, miglioramento: dovrebbe essere un obiettivo, una tensione morale, non un punto di partenza.»


Mi spiace ma su questo non c’è accordo, mie care “scribacchine”, per me è un’opera perfetta, un concerto indimenticabile.

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