ABILENE di Rebecca Quasi

Abilene

ABILENE di Rebecca Quasi

Titolo: Abilene
Autore: Rebecca Quasi
Serie: Autoconclusivo
Genere: Historical Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 13 Novembre 2020
Editore: Self Publishing

TRAMA


Londra 1837 – Abilene Fairfax è abituata a dare scandalo al Ton e non si cura delle chiacchiere e alle maldicenze che la seguono da quando ha sposato il vecchio Conte di Stonefield.
Arthur Lake è un amico d’infanzia della Duchessa di Clarendon, che ha riversato nella professione medica e nell’affetto per il figlio la sua passione e le sue speranze.

Quando le condizioni di salute del Conte si aggravano, Lady Stonefield decide che deve dare a tutti i costi un erede al casato. Contatta così il dottor Lake, affinché attesti il suo stato e la segua nella gravidanza e nel parto. Basta poco perché il senso etico e morale con cui Arthur Lake conduce se stesso e la professione medica vadano in collisione con la spregiudicatezza della contessa e ancora meno perché i due provino una forte attrazione reciproca. Il decesso del conte e la nascita di una femmina sconvolgeranno i piani di Abilene, separandola dalla figlia e allontanandola da Londra. Il destino però ha in serbo altri piani e nell’estate del 1841 le cose cambiano…


RECENSIONE

Credo che nessuno potrà restare indifferente a questa storia: troppo intensa, troppo poetica, troppo toccante per non sentire infinita ammirazione per uno dei personaggi femminili più complicati ed autentici mai letti fino ad oggi.

Provocatoria, coraggiosa, orgogliosa, combattiva, seducente, irriverente, non convenzionale e fiera.


Nessuno parlava bene di Lady Stonefield . I motivi della maldicenza e dei mormorii erano molteplici, alcuni fondati altri no. Una delle poche cose che non era oggetto di discussione riguardava il fatto che a diciassette anni avesse sposato lord Conrad Fairfax, conte di Stonefield, di una quarantina d’anni più vecchio di lei.


Un personaggio fuori contesto per l’epoca, in cui predominavano rigidi schemi di comportamento sociale. Una storia che mi ha intrigato, ricordandomi il fascino vittoriano della figura femminile, percepita come un essere puro, ricalcando l’ideale della “donna angelo”. Una visione celestiale che celebrava i corpi delle donne come templi da non infrangere, riducendone il ruolo alla procreazione e alla cura della casa. Era opinione comune che le donne dovevano accontentarsi del semplice ruolo di “ornamento della società” ed essere subordinate ai mariti. L’obbedienza era tutto quello che si richiedeva loro.


Abilene sorrise con una punta di malignità. Era troppo intuitiva. Era abituata a suscitare disgusto e riprovazione e aveva imparato a difendersi.


In un’epoca così, Abilene dirompe come una voce fuori dal coro, una contraddizione in termini: una donna dall’aspetto angelico ma capace di azioni discutibili fino all’immoralità.


«Non avete filtri, milady. Avevate molte maschere, ma filtri non ne avete mai avuti.»


Cosa succede se una donna di questa portata non riesce a raggiungere l’obiettivo che si è prefissata, e quando le spetterebbe finalmente l’ambita ricompensa dopo anni di umiliazioni?

Se quella donna è Abilene allora state certi che si è pronti a tutto, anche a oltrepassare il confine del lecito.

Quando Arthur Lake incontra per la prima volta Abilene Fairfax, ovvero la Contessa di Stonefield, ne rimane folgorato. I suoi modi diretti e poco consoni ad una donna del suo livello sociale fanno nascere nel medico un’irrefrenabile ed istintiva avversione:


Una voce del genere, bassa e roca, avrebbe dovuto appartenere a una donna corpulenta, e invece Abilene Fairfax era minuta ed esile. E biondissima, i capelli quasi bianchi. Emanava una luce sinistra. Aveva occhi di un azzurro liquido, pericolosi e scaltri, un’espressione indecifrabile nei lineamenti perfetti del viso e un atteggiamento di comando che faceva invidia a un uomo. Arthur la detestò.


La reciproca insofferenza li posizionerà su fronti opposti, acuendo le rispettive fragilità, ben nascoste ma pronte ad emergere inaspettatamente.

Da una parte Abilene aristocratica, fiera e spregiudicata dallo sguardo serafico ma affamata di libertà ed emancipazione da una vita ipocrita e umiliante, che l’ha imprigionata in una rete di pregiudizi e obblighi senza possibilità di redenzione:


Arthur avrebbe voluto farle notare che non tutti hanno la tempra per mordere il fuoco, che le persone normali, anche gli uomini, arretrano e temono, e hanno paura, soprattutto se hanno la sventura di perdere la testa per un uragano… Per non parlare del terrore di essere felici.


Dall’altra Arthur, borghese, altruista, un uomo perbene dotato di un’integrità morale indissolubile e di innata autorevolezza, ma anche bisognoso di affetto autentico, di calore umano:


«Arthur, hai ragione tu, sarebbe un inferno. Detesti la mia indipendenza e io non ho intenzione di obbedirti. Non sopporti di usare i soldi di Stonefield, mentre io trovo la cosa più che giusta, a tratti elettrizzante. Li ho guadagnati , credimi.»


Abilene e Arthur sono accomunati da sentimenti estremi, come la passione per le loro convinzioni, l’odio verso i codici morali dettati da una società ipocrita e cinica fondata su falsi stereotipi. Entrambi combattono a loro modo contro una collettività conformista che li giudica inadeguati e non all’altezza.


«Rispettare le regole rende freddi come sassi, invisibili. Nessuno si accorgerà di voi se obbedirete alle regole… e sarete più liberi degli altri.»

Un mondo che aveva fatto dell’apparenza una religione veniva quotidianamente ingannato dal suo stesso credo.


L’accurato ritratto della vita sociale di fine ottocento dipinto con fine maestria da Rebecca Quasi mi ha particolarmente impressionato perché racconta in modo perfetto un mondo in cui le luci dei salotti aristocratici si contrapponevano al buio delle sporche periferie, senza sconti. Un quadro che mostra il profondo divario sociale che è stato l’ombra più oscura dell’epoca, in cui piaghe come lo sfruttamento dei bambini e la prostituzione predominavano ovunque.

Ad impreziosire il racconto la presenza di personaggi secondari solidi ed acuti, alcuni dei quali incontrati nei precedenti romanzi dell’autrice come “Dita come farfalle” e “Scacco matto vostra grazia”. Tra questi, oltre a Emma, ho sinceramente amato Hector, forte, leale e capace di stare accanto ad Abilene con coraggio e saggezza. Un esempio di infinita e preziosa umanità. Non ultimi i bambini, Samuel e Rose, che irrompono sulla scena con la loro innocenza svelando verità stupefacenti.


«Io la trovo stupefacente.» «Addirittura stupefacente?» «Una donna che ride è…» poi Samuel aprì e chiuse la bocca in apnea, incapace di concludere il paragone perché lui, una donna capace di ridere, non l’aveva ancora conosciuta. «Splendente»


Abilene è un romanzo forte e toccante dai dialoghi pungenti, contornati da ironia e stupenda sensualità, peculiarità che amo particolarmente nei libri di Rebecca Quasi. Un’autrice che posso descrivere ormai fondamentale per me, perché capace ogni volta di instillarmi verità che mi arricchiscono e mi prendono per mano per farmi assumere la giusta prospettiva.

Un libro che mi ha travolta come un uragano e che non dimenticherò, facendomi amare la lettura ancora di più. Devo molto a questa autrice perché è anche grazie a lei che mi sono appassionata così tanto ai libri e colgo l’occasione per ringraziarla nel modo che mi è più congeniale, ovvero con le parole.

A mio avviso, uno dei romanzi più equilibrati e vicini alla perfezione che abbia mai letto.

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Recensione precedentemente pubblicata da Alessia sul blog All Colours of Romance