ALI DI CARTA di Vera Demes

ALI DI CARTA di Vera Demes

Titolo: Ali di carta
Autore: Vera Demes
Serie: Autoconclusivo
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: Aprile 2023
Editore: Self publishing

TRAMA


Sospesi nel vuoto ci guarderemo. E voleremo via.

Solidità.
È ciò che Alessandro Bramanti, trentaquattro anni, un bell’appartamento al centro di Roma, una Maserati fiammante, donne quanto basta, soldi da spendere e una posizione di socio in un prestigioso studio di architettura, persegue ogni giorno. Sicuro di sé, deciso, arrogante e molto competitivo non ha tempo per la leggerezza.
Eppure tutto cambia quando, in una serata da dimenticare, Aurora Sándor entra nella sua vita ribaltando ogni certezza. Ventiduenne silenziosa e affascinante, una tenacia resiliente e una levità in grado di aprire orizzonti inaspettati, lei possiede il dono prezioso di saper volare.
Il loro primo incontro è un disastro e tuttavia, complice il destino, le loro strade si incrociano ancora. E questa volta con esiti inattesi.
Lui è rigido, impaziente e facile all’irritazione, lei è sognatrice, mite, eterea e la loro diversità sembra un ostacolo insormontabile.
Poi un viaggio a Stoccolma costellato da incomprensioni ma anche da una strana complicità capace di superare le distanze.
Nelle differenze si crea una magia e stare insieme diventa bello, un percorso romantico alla riscoperta di sé stessi, giorni impetuosi sulle spiagge selvagge della Maremma, il desiderio e la voglia di amarsi che sfondano gli argini della riservatezza.
Ma un evento greve può minare la felicità precipitandoli in basso e cambiando tutto.
E allora servono ali di carta per sollevarsi in aria e inseguire i tracciati tortuosi del vento.
Entrambi lo sanno. L’hanno scoperto insieme. E questo, forse, basterà.

RECENSIONE


Ritorna Vera Demes a pochi mesi dalla sua ultima pubblicazione, avvenuta a Natale con Winter Melody. Un’autrice che sembra avere un processo creativo in continua fermentazione e che richiama alle parole del famoso pittore Picasso: “L’ispirazione esiste, ma ti deve trovare già all’opera”.

Lei pronta lo è sempre, per quanto scrivere un romanzo non è da tutti. Un percorso che spesso è catartico, e che richiede spirito di osservazione, tempo di sedimentare esperienza, elaborare emozioni e uno sguardo attento sulla realtà, per interpretarla a proprio modo e da cui allontanarsi per raccontare in parole quanto vissuto, percepito.

Ali di carta è una storia particolarmente sentita, che racchiude già nella scelta del titolo il significato profondo di quanto spesso sia necessario abbandonare i pesi che gravano su di noi, fardelli che ci impediscono di vedere con lucidità persone, situazioni e che ci rendono fragili.


La sua sicurezza poggiava su solide basi. Un’educazione rigida, regole inflessibili, poco spazio per i sentimentalismi e un mondo di valori incorrotti che lo aveva forgiato rendendolo forte. Raziocinio, buon senso, capacità di lettura della realtà, amore per l’arte e la cultura e un sano distacco dalla volgarità. Non avrebbe mai fallito. Non avrebbe potuto neppure volendo. Era fatto così.


A essere descritto così Alessandro, protagonista maschile di questo racconto: architetto di successo, uomo inflessibile e razionale, un vincente. Una vita costellata di progetti a medio e lungo termine, dove nulla è lasciato al caso, tutto è sotto controllo. Nessun legame che lo veda coinvolto in una relazione, né sentimentale né familiare di rilievo, se non con il socio e amico Tito. Un’esistenza solida fondata sulla solitudine dove niente e nessuno sembra fare la differenza.


«E ricordati sempre ciò che ti dicevo da bambina». La suora era rimasta sulla soglia, il cielo che si stava sciogliendo in un crepuscolo rosato e le campane di una chiesa che chiamavano a raccolta i fedeli per l’ultima funzione domenicale. «Tu sei aria. In un mondo greve». Aurora sorrise poi le lanciò un bacio sulla punta delle dita e corse via. Sperava che fosse così. Librarsi in alto. Sempre più leggera. Sganciandosi dalle zavorre della vita. Senza rimpianti.


Aurora, secondo il significato dei nomi “splendente, rosseggiante, luminosa”, che riporta anche a una divinità che nella mitologia romana si rinnovava ogni giorno all’alba e volava attraverso il cielo, annunciando l’arrivo della mattina. Questo è il nome scelto per la protagonista femminile, leggiadra come un colibrì, bella come una fata. Una giovane ragazza con un passato e un’infanzia intrisi di dolore, vissuto insieme al fratello Damiano, il quale ha con lei un rapporto conflittuale. Nonostante le profonde ferite che la vita le ha inferto, nonostante le delusioni e le cadute, Aurora mostra una grande dignità, un’integrità morale che le permette di rispettare i propri valori, quelli dell’amicizia, dell’affetto fraterno, e soprattutto il rispetto verso sé stessa. Fondamenta su cui basa la sua esistenza.

Alessandro, detto Alex, e Aurora, da tutti chiamata Rory il colibrì, si incontreranno per scontrarsi, dividersi, non comprendersi fino a che sarà il destino a ribaltare i ruoli, rimuovendo strati di pregiudizio, corazze costruite ad hoc per difendersi dal dolore e della paura di soffrire. La loro storia è costellata di cadute, perdite e divari profondi ma è anche permeata di luce, quella che permette di fendere le ombre e consentire al cuore di volare, librarsi in alto e soprattutto liberarsi dai fardelli che lo rendono pesante e ancorato a terra.

Ali di carta ricorda con forza le parole che nel 1985 proferì il grande Italo Calvino, ovvero «il planare sulle cose dall’alto, senza avere macigni sul cuore». Qui c’è tutto sull’essenzialità della leggerezza, sul suo profondo significato.

In un mondo dove spesso predomina l’Io, dove il Noi scompare del tutto, è grazie alla leggerezza che riusciamo ad avvicinarci all’altro, a sentirci comunità e tessere il filo dell’empatia e della solidarietà. Un sentimento che ci spinge fuori dal ghetto dell’indifferenza e ci porta nel campo libero del piacere di sentirci in qualche modo, non virtuale, connessi, da relazioni anche sottili, leggere appunto, ma non per questo meno importanti.


«Sul serio mi aiuterai?». «Mi piacciono i passerotti indifesi». Lei sorrise e, con una mano, gli sfiorò i riccioli passandogli accanto. Damiano la guardò uscire dal locale e gli parve di averla sempre conosciuta. La sentì vicina come nessuno. Un’empatia immediata, indelebile, priva di artifici. Più di sua sorella. Più della vita che avevano condiviso. Fu strano ma bello. E lo rese felice.


Ad amplificare questo messaggio anche la storia del fratello di Aurora, Damiano, grazie alla quale si propone con vigore il tema della diversità e delle discriminazioni. Il legame che instaura con Ginger, personaggio comprimario che emerge forte tra le pagine, mostra quanto «non avere macigni nel cuore» porti a vivere con pienezza la propria identità, senza paura, senza più nascondersi.

Ali di carta celebra quanto la leggerezza sia una naturale prevenzione contro il rancore, l’odio, una forma di espressione dell’intelligenza, che si oppone alla rigidità di chi è ottuso e fa fatica a cambiare idea e dubitare.

Come diceva il poeta francese Paul Valéry, «Bisogna essere leggeri come una rondine, non come una piuma»: osserviamo il volo di una rondine, il suo planare dall’alto che non ha nulla a che vedere con lo svolazzare di una piuma, priva di consistenza e solidità. E, nel caso degli uomini, di personalità.

Vera Demes con questo libro solleva il lettore e lo porta in alto, in quel mondo fantastico dove non esistono il tempo e le lacrime, ma soltanto la bellezza di un cuore leggero, libero pronto a nuove storie tutte da scoprire.

99 GIORNI di K.A. Tucker

99 GIORNI di K.A. Tucker

Titolo: 99 giorni
Autore: K.A. Tucker
Serie: Burying Water Vol. 1
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: Prima persona (POV alternato)
Tipo di finale: chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: Febbraio 2016
Editore: Self publishing

TRAMA


E se un giorno ti svegliassi e non ricordassi chi sei?
Dall’autrice dei bestseller Dieci piccoli respiri e Quattro secondi per perderti

Abbandonata nella campagna dell’Oregon, dove la credono morta, una giovane donna sfida ogni previsione e sopravvive, ma quando si sveglia non ha alcuna idea di chi sia, o di cosa le sia successo. La donna si dà il nome di Acqua, per un piccolo tatuaggio che scopre sul suo corpo, il solo indizio di un passato che non ricorda. Accolta da Ginny Fitzgerald, una signora irascibile ma gentile che vive in una fattoria, Acqua comincia lentamente a ricostruire la propria vita. Ma mentre cerca di rimetterne insieme i frammenti, altre domande si fanno strada nella sua mente: chi è il vicino di casa che in silenzio lavora sotto il cofano della sua Barracuda? Perché Ginny non gli fa mettere piede nella sua proprietà? E perché Acqua sente di conoscerlo? Jesse Welles non sa quanto tempo ci vorrà prima che la memoria di Acqua riaffiori. Per il suo bene, Jesse spera che non accada mai. Per questo cerca di tenersi alla larga da lei. Perché avvicinarsi troppo potrebbe far riemergere cose che è meglio lasciare sepolte. Ma si sa, l’acqua trova sempre una strada per tornare in superficie…

RECENSIONE


«Cosa è stato? Solo un brutto sogno? Oppure… era un ricordo»


L’importanza del ricordo ha un valore inestimabile. Si dice che si tratti del filo conduttore che lega il passato col presente, tessendo la tela di ciò che costruisce il futuro. Ricordare amplifica e offre la possibilità di dare valore stesso all’esperienza.

Questo romanzo, il primo che leggo di questa autrice, fonda le sue basi sulla ricostruzione di una giovane vita, quella della protagonista Jane, alias Alexandria, che in attesa di ritrovare la sua identità si farà chiamare Acqua. Una scelta dettata da un elemento che fluisce, si adatta, nasconde ma riesce anche a svelare ciò che ha sotto.


Anche io voglio essere come l’acqua. Voglio essere volitiva, andare dove sono destinata ad andare». Le sfioro la guancia con il naso. «Sei qui, giusto?». Trattiene il fiato e si stacca per voltarsi e guardarmi in faccia, l’eccitazione che le brilla negli occhi. «Adesso so quale tatuaggio voglio».


Un tatuaggio, frammenti di sensazioni che confondono e rassicurano insieme a tantissime domande troppo difficili da capire sono tutto quello che resta a questa giovane ragazza dal volto deturpato e un dolore pesante che si porta dentro ma di cui ignora ogni origine.

Tra queste pagine intrise di fatica emotiva e voglia di ricominciare a vivere, l’autrice è bravissima a disseminare cauti ma basilari indizi per aiutare gradualmente il lettore, sempre più coinvolto in un saliscendi di flashback e momenti presenti, da comporre come un mosaico fatto di migliaia di pezzi sparsi, a trovare il filo conduttore della storia.

Quando Acqua viene aiutata dalla dottoressa che le ha salvato la vita e dal marito sceriffo a uscire dall’ospedale non comprende esattamente le ragioni di cosa l’abbiano portata lì, ma la solitudine la attanaglia al punto da non avere scelta. La sua mente è una tela bianca, così vuota da accecarla. L’unico appiglio? L’istinto di sopravvivenza che reclama la sua seconda possibilità.


Osservo e mi chiedo che cosa renda le persone quelle che sono. È la somma dei comportamenti appresi e delle esperienze fatte? E se loro, com’è accaduto a me, non potessero ricordare quelle esperienze, farebbero comunque le cose nello stesso identico modo? O se ne discosterebbero? Quanto sono simile a quella che sono stata un tempo?



Acqua si trova così una nuova casa grazie a Ginny, l’anziana burbera vicina di casa della dottoressa e lo sceriffo, che decide di accoglierla tra le sue mura. Quello che nascerà tra loro sarà un lento e indissolubile legame fatto di silenzi, rispetto e senso di protezione.  

A rendere questo romanzo ancora più avvincente è il percorso che Acqua compie, giorno dopo giorno, per ritrovare sé stessa. L’unico faro di cui può servirsi sono le sensazioni più fisiche, la familiarità dell’odore di un profumo, l’intensità di due occhi che non riesce a definire.


Sono catturata dal suo sguardo intenso. Mi invade la sensazione di qualcosa di familiare nel momento in cui fisso con attenzione gli occhi che assomigliano a quelli del padre–sormontati da spettacolari sopracciglia e così scuri che potrebbero passare per neri.


Chi è Jesse? Un semplice meccanico, qualcuno di cui aver paura oppure di cui fidarsi?

99 giorni è una storia che avvolge, cattura e convince. Il tempo che scorre avanti e indietro per creare la trama di un puzzle a tratti cupo e crudele, composto di ricordi terribili, pericolosi e pezzi di un passato che sembrano tornare a galla da un momento all’altro, così dirompenti da fare male, ferire nell’anima.

Due giovani vite, un passato oscuro, verità da ritrovare, un presente appeso ad un filo, sottilissimo.

Un romantic suspense da leggere tutto di un fiato, per riscoprire quanto in un mondo veloce come il nostro, a tratti isterico, dove tutto si consuma in un battito di ciglio, in uno scambio di chat, la memoria sia una parte da tutelare e proteggere.

Riappropriarci della capacità di ricordare serve a recuperare il valore del nostro tempo presente, e interiorizzare le esperienze che facciamo per lasciarne traccia in noi, imprimendo le nostre emozioni.

IL MARE GUARISCE di Monica Peccolo

IL MARE GUARISCE di Monica Peccolo

Titolo: Il mare guarisce
Autore: Monica Peccolo
Serie: Autoconclusivo
Genere: Narrativa
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 22 febbraio 2023
Editore: Self Publishing

TRAMA


“Lʼamore si costruisce attraverso i piccoli gesti quotidiani”

Le giornate di Viola, dopo il divorzio, sono occupate dalla cura della figlia Lisa, quattro anni, e dalla sua professione di veterinaria allʼacquario di Livorno.

Per Kai la ricerca scientifica è una vocazione; si è specializzato per lavorare in Antartide, nella base più estrema del mondo, dove trascorre molti mesi lʼanno come un eremita.

Nel Parco Nazionale dellʼArcipelago Toscano iniziano a verificarsi anomali spiaggiamenti di tartarughe, viene deciso di ricercarne la causa affidandosi a degli esperti. Così, i due scienziati, si trovano a collaborare per capire lʼorigine del preoccupante fenomeno.

Interrotti dal virus che ferma il mondo, anche le loro vite ne sono sconvolte. Ciò che è dato per scontato si ribalta e, la quarantena insieme, diventa unʼ ottima palestra per costruire il loro amore.

Perché anche nei tempi più bui è possibile scoprire la propria fonte di luce.

RECENSIONE


In occasione dell’ultimo FRI, l’evento che riunisce amanti ed estimatori del genere romance dello scorso marzo ad Assago mi è capitato tra le mani questo libro di Monica Peccolo, autrice livornese che è stata una piacevole scoperta. 

“Il mare guarisce” il libro in questione è un romanzo che potrei definire ibrido, a metà strada tra romance e narrativa sentimentale e che in virtù di questa sua duplice identità ho trovato originale. 

Finalmente una prospettiva un po’ nuova che ha saputo intrecciare elementi molto distanti tra loro in modo armonico. 

Le tematiche predominanti sono il rispetto e la cura dell’ambiente, nello specifico del mare e delle sue creature, che si intersecano nella narrazione con il lock down a cui ci ha costretti la pandemia. 

E devo dire che in entrambi gli scenari va dato il merito all’autrice di non essere mai scivolata nella retorica o nel giudizio nonostante si possano considerare due temi scottanti, sicuramente attuali ma spinosi. 

Non semplice costruire una trama su due basi così differenti eppure Monica Peccolo ci è riuscita dando a tutto l’ impianto narrativo un perfetto equilibrio. 

Ambientato nella meravigliosa cornice del Parco dell’arcipelago toscano ci presenta due tipi diversi di narrazione: la prima ci introduce alla scoperta dei protagonisti dal punto di vista professionale. 

Uno scienziato nomade e una veterinaria dell’acquario di Livorno, coinvolti in un viaggio di ricerca nelle isole dell’arcipelago che immerge il lettore nel fascino e nella bellezza di queste terre, grazie a descrizioni accurate dei paesaggi e delle attività professionali, degli animali e delle atmosfere che si vivono stando in mare, senza risultare mai noiose o prolisse, tutt’altro . 

Un mondo pieno di vita ma fragile, minacciato dalle azioni umane che i protagonisti Viola e Kai cercano di difendere con il loro lavoro. 

E poi accade che le parti si invertono e sembra essere la natura a costituire una minaccia per l’esistenza dell’uomo. 


«No, a casa tutto bene. Mi hanno detto… ho controllato in rete. Hanno esteso la zona rossa a undici comuni fra Lombardia e Veneto» li informò con tono allarmato. 


Dalle spiagge dell’ arcipelago ci ritroviamo nella casa di Viola, il primo lock down costringe Kai alla convivenza con la veterinaria e la figlioletta di 4 anni e si assiste ad un cambio di registro narrativo: meno descrizioni rispetto alla prima parte, più dialoghi, riflessioni interiori dei personaggi, si entra nei loro pensieri, paure, desideri, nella loro vita al di là del lavoro. 

L’autrice tratteggia due persone ordinarie, una mamma single lavoratrice che deve camminare in equilibrio tra la quotidianità e il mestiere di genitore e uno scienziato che ha scelto un altro tipo di isolamento come rifugio a paure e fallimenti passati, con i quali è immediato e spontaneo immedesimarsi. 

Due di noi insomma, catapultati però all’improvviso in un momento storico surreale ma necessario. 

È forte in questa parte del racconto la similitudine tra l’immobilità del momento storico e la quiete che caratterizza le profondità dell’ambiente marino. 


Viola pensò che, forse, nellʼera moderna per la prima volta i due emisferi, terrestre e acquatico, sperimentavano una vicinanza di quel tipo. Era quella la pace che si viveva immersi negli oceani e a cui le creature marine erano abituate? 


Entriamo nella quotidianità dei protagonisti che però non è scandita dalla normalità ma da una chiusura forzata di ogni attività umana all’interno della quale la relazione tra i due evolve non senza difficoltà proprio attraverso piccoli gesti quotidiani di condivisione e resilienza. 

Sono proprio questi a rappresentare la forza del racconto, i piccoli gesti quotidiani che sono gli stessi che scandiscono le nostre giornate e i nostri rapporti umani, a testimoniare che si possono narrare amore, forza e perdono senza grandi scenari o trame dagli intrecci troppo complicati, tenendo l’attenzione del lettore comunque alta. 

È in questa seconda parte del libro che si entra nella vita interiore dei personaggi e nelle difficoltà e nelle fragilità che si portano dietro, complicati dalle circostanze estreme del lock down. 


«Sono sempre complicati i rapporti familiari.» «Quando diventi genitore, analizzi spesso il tuo presente e il tuo passato, scopri e comprendi molto. 


Genitorialità, gestione dei conflitti, impegno ambientale, costruzione di una relazione, capacità di autoanalisi, resilienza, amicizia, professionalità, sacrificio… 

Tante tematiche ma un unico forte messaggio, semplice ma chiaro: 


«Questa prima pandemia dellʼera moderna ci ha ricordato che la nostra identità è profondamente intrecciata con quella degli altri ecosistemi del pianeta. L’idea che siamo parte della natura e non separati da essa, è un concetto che le nostre società ultra tecnologiche sembrano aver dimenticato.» 


Così alla fine della lettura il titolo del libro acquisisce agli occhi del lettore una doppia valenza: il mare è in grado di guarire l’animo umano per la bellezza e la quiete che è in grado di regalare a chi sa rispettarlo, e guarirà dai suoi mali se tutti insieme metteremo impegno e azioni concrete per fermare la sua distruzione i cui effetti stanno già minando la coesistenza tra uomo e natura. 


Per qualche minuto, ogni preoccupazione era accantonata dinnanzi all’immobile quiete del mare che tutto guariva. La Natura infettava e sanava: era così da milioni di anni. 


VYNNYKI BAZAR di Massimiliano Alberti

VYNNYKI BAZAR di Massimiliano Alberti

Titolo: Vynnyki Bazar
Autore: Massimiliano Alberti
Serie: Autoconclusivo
Genere: Narrativa
Narrazione: Prima persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 16 dicembre 2022
Editore: Infinito Edizioni

TRAMA


Il Vynnykivskyi bazar è uno dei dodici mercati di Leopoli. Qui Oleh trascorre la sua infanzia aiutando i genitori al banco di frutta e verdura di famiglia. Fra quelle baracche di legno crescono anche Arseniy, Carpa e Mariya. Diventato adulto, Arseniy fa di tutto per imbarcarsi su una nave il cui equipaggio è dedito alla difesa dei cetacei attorno alle isole Fær Øer. Mariya supera l’esame per una borsa di studio che la porta a trasferirsi a Trieste. Se la massima aspirazione di Carpa è continuare a lavorare al bazar, per Oleh invece lasciare quelle mura diventa una sfida con se stesso fino a rendersi conto che l’unica via d’uscita è di darsi da fare sui libri. Ma il 24 febbraio 2022 la Russia invade l’Ucraina e qualcosa per loro e per la storia cambia per sempre.

RECENSIONE


È nel mese di dicembre che ho avuto l’occasione di assistere alla presentazione del terzo libro di Massimiliano Alberti che riesce sempre a vestire i suoi lavori con copertine particolari che catturano immediatamente la mia curiosità. 

Un titolo altrettanto insolito che subito fa immaginare un’ambientazione lontana, chissà se solo nello spazio o anche nel tempo mi sono chiesta. 

La lettura poi mi ha portata a considerare che il Vynnyki Bazar lo è in entrambi i casi. 

Un luogo e un tempo che diventano palcoscenico su cui mettere in scena un tema caro a questo autore e cioè la difficoltà di crescere e da cui il lettore trae un’ implicita riflessione: vivere richiede una certa dose di coraggio. 

Massimiliano Alberti con il garbo e la malinconica dolcezza che caratterizzano le sue narrazioni, racconta anche l’altra faccia della medaglia e cioè che avere coraggio implica avere anche paura. 

La paura di crescere, di cambiare, di restare indietro, di non farcela. 

Emozioni contrastanti, che incalzano soprattutto durante il passaggio all’età adulta, di cui l’autore ci narra attraverso le vicende del giovane Oleh e dei suoi amici tutti cresciuti nel contesto del Vynnyki Bazar, uno dei tanti mercati di Leopoli in Ucraina. 

Ragazzi che si trovano a sperimentare ognuno a modo proprio il difficile compito di diventare grandi e in qualche modo affrancarsi da un’esistenza fatta di contorni spesso ruvidi. 

Come è solito fare, questo autore racconta in particolare i turbamenti, le domande, i dubbi e le ribellioni dell’adolescenza, con una capacità narrativa che ha un sapore familiare e che mi fa sempre tornare indietro nel tempo, con un misto di nostalgia. 

Oleh, Arsiny, Marya e Carpa sembrano avere un destino già segnato come può esserlo quello di coloro che non nascono negli agi ma in un contesto più duro come quello che dà il titolo al romanzo, descritto con grande attenzione e cura di particolari. 

È un’ambientazione questa che il lettore “sente” oltre che immaginare, sicuramente a causa della attuale guerra in corso in territorio ucraino, ma a mio avviso anche e soprattutto grazie alla capacità stilistica dell’autore che con uno stile semplice e diretto trasporta il lettore all’interno di questo luogo come fosse una dimensione.  

Il Vynnyki Bazar infatti non è solo un mercato, un posto in cui lavorare o un’ambientazione, ma è il simbolo della paura e del coraggio che ci vogliono a lasciare quello che pensiamo essere il nostro posto nel mondo. 

Un microcosmo che non è accogliente né rassicurante ma che è comunque l’unica realtà conosciuta e che quindi è difficile lasciare perché andare verso l’ignoto spaventa. 


Nel mio immaginario il portone del bazar appariva così alto che non potei non chiedermi se fossi mai riuscito a vedere oltre.  


Se inizialmente Oleh non si pone nemmeno il problema di quale sarà la sua vita, è nel confronto con i suoi coetanei che comincia a insinuarsi in lui il timore di restare indietro, di rimanere fermo e di conseguenza solo. 


Le giornate a venire furono un cliché dei plurimi ritrovi presso le scalette colorate, con la sola differenza che più il tempo scorreva, più ognuno di noi portava con sé l’irrequietezza di voler correre verso una meta propria. 


Uno dei messaggi più significativi del libro è che per andare incontro al futuro e cercare di diventare qualcosa di più l’unico mezzo è la cultura. 

Uno strumento che faccia della vita non solo sopravvivenza ma realizzazione di sé, una spinta ad avere aspirazioni. 

Un particolare che il protagonista coglie in questo passo e che l’autore ha immortalato in immagine nella stessa cover del libro. 


Dopo pochi metri, però, qualcosa in alto mi distrasse. Incastonato sulla parete di una casa che si affacciava verso il bazar, c’era un mosaico con raffigurate due donne: una teneva fra le braccia un mazzo di spighe, l’altra aveva un libro aperto tra le mani. 


L’autore caratterizza personaggi molto diversi tra loro per cui è impossibile non provare empatia o identificarsi con essi. 

Ripercorriamo le stesse fragilità che spingevano anche noi da ragazzi a mostrarci più in gamba, più interessanti e più forti di quello che in realtà eravamo. 

Il libro è breve perché come lo stesso autore mi ha raccontato il suo era il desiderio di dare alla storia un’impronta da sceneggiatura ma ciò non toglie che sia ricco: ritroviamo un’Ucraina che conserva ancora le tracce del suo legame con la Russia, i movimenti politici che guardano all’ingresso in Europa, ci sono l’amata Trieste, la durezza della vita in un paese che cerca di affermare una propria identità e la speranza di renderla migliore. 

E infine come tristemente la cronaca ci racconta c’è la guerra. 

Sarà proprio il conflitto tuttora in corso a mettere i ragazzi del bazar ormai adulti davanti al destino che li attende, riportando i desideri passati, le paure e i progetti su tutt’altro piano. 


Ma a un tratto quel Paese che guardavano con malinconia, come quando ci si incanta davanti a un carillon, smise di suonare il tenero motivo della loro infanzia. I confini dell’Ucraina avevano iniziato a scricchiolare e dai telegiornali traspariva l’orribile presagio che la terra stesse per staccarsi fra due realtà. 


 

LA PRIMA VOLTA CHE SONO MORTA di Marta Minotti

LA PRIMA VOLTA CHE SONO MORTA di Marta Minotti

Titolo: La prima volta che sono morta
Autore:  Marta Minotti
Serie: Autoconclusivo
Genere: Thriller
Narrazione: Prima persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: Novembre 2018
Editore: Self publishing

TRAMA


Gennaio 2015.Silvia viene ritrovata in casa da suo marito appesa al lampadario della loro camera da letto, ma non è morta, ha solo perso i sensi e Paolo fa in tempo a chiamare i soccorsi e a salvarle la vita. Quando però Silvia si risveglia dal coma nel reparto di Terapia Intensiva Neurologica, non ha la più pallida idea di come ci sia arrivata e cosa le sia successo. Inoltre l’incidente, come lo chiamerà sempre lei, le ha causato un ictus ischemico che ha ridotto notevolmente la sua capacità di movimento e quella della parola. Ma al contrario di ciò che tutti più o meno si aspettano Silvia, sicura del fatto che mai avrebbe potuto togliersi la vita, non si arrenderà all’ evidenza dei fatti, né alla demolizione che ha subito il suo corpo. Accetterà di buon grado le cure, le sedute di fisioterapia, quelle con il foniatra e dallo psicoterapeuta, pur di riappropriarsi della sua vita e dimostrare a tutti che le cose non sono come possono sembrare e vogliono farle credere. Con l’aiuto di suo padre e della figlia Marianna cercherà in ogni modo di recuperare il pezzo di memoria che le manca e che contiene i ricordi che ha perso, proprio quelli che precedono il suo suicidio. Per farlo dovrà ricostruire gli eventi che le sono accaduti e andare a scavare nel suo passato dove, si renderà conto, affondano le radici del male che l’ha investita e che, pezzo per pezzo, la porterà a una verità che mai avrebbe potuto immaginare.  


RECENSIONE


Molto particolare questo romanzo di Marta Minotti, già a partire dalla copertina con un volto di donna ed una corda sullo sfondo ad indicare appunto il tipo di morte scelta dalla protagonista. Indovinatissima la scelta del titolo, è stato quello infatti a convincermi a leggere la storia. 

La protagonista narra in prima persona la sua vicenda, ed il lettore non può che essere colpito da ciò che le parole di Silvia stessa indicano: mente annebbiata, una stanza gelida d’ospedale, delle luci. Un senso di stupore, di dolore e di confusione avvolgono la protagonista, emozioni che cederanno il posto all’orrore di scoprire di aver tentato il suicidio. La scrittura in prima persona è fondamentale per entrare in contatto con Silvia e per ripercorrere assieme a lei tutto ciò che ha portato a questo gesto insano. Ma può una donna che è madre tentare il suicidio? Può un essere umano decidere di uccidersi solo per un matrimonio infelice? 

Marta Minotti è bravissima a confondere il lettore con tante vicende che si concatenano, con la pagina di diario dove Silvia parla proprio della sua morte che sta per accadere. Ma Silvia non ricorda di averla scritta, lotta per ricordare ciò che è davvero successo e per fare in modo che anche i suoi familiari le credano. 

È un viaggio nel cuore e nella testa di una donna, che anche grazie alla convalescenza può finalmente mettere a fuoco le sue emozioni ed ammettere a sé stessa che il suo matrimonio è in crisi profonda. 


Diventammo due piccoli anziani in una casa piena di giochi “. 


Paolo è il marito di Silvia, è un uomo dedito al lavoro, di poche parole ed irreprensibile, mantiene una formalità ed una lucidità che irritano Silvia e la portano a farsi tante domande e a cercare di capire come sia potuta arrivare a tanto. Ma le cose sono davvero andate così? O qualcuno aveva interesse a toglierla di mezzo? 

Non vi svelo altro per non togliervi il brivido di una storia che mantiene un livello di tensione sempre altissimo. E fate attenzione anche a non dare mai nulla per scontato, perché niente è come sembra. Il titolo del romanzo non parla di morte, ma piuttosto di morte intesa come rinascita e seconda possibilità di vita. 


                  

NAKED di Miss Black

NAKED di Miss Black

Titolo: Naked
Autore: Miss Black
Serie: Autoconclusivo
Genere: Erotic
Narrazione: Prima persona (POV alternato)
Tipo di finale: chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: Marzo 2023
Editore: Self publishing

TRAMA


Ayden Brillat-Savarin è l’amministratore delegato di un grande gruppo industriale. È appena stato assoluto da un’accusa di molestie, ma in passato si è macchiato di altre scorrettezze. La sua compagnia, per non correre rischi, gli rifila una mentore: una professionista che gli insegnerà a sopravvivere alle insidie del mondo moderno, dal modo in cui comportarsi con le dipendenti, alle cautele da usare con le minoranze, fino al necessario linguaggio politicamente corretto. Ayden sarebbe molto seccato, se ms. Allegra Foxton, la mentore, non fosse ironica, sveglia e piuttosto carina. In fondo assecondarla non gli costa nulla. Non sa che presto si troverà messo a nudo e la sua vita non sarà più la stessa.

RECENSIONE


Quando Miss Black è in procinto di uscire lo sappiamo grazie a dei semplici annunci, asciutti, come del resto è nel suo stile, sui social. Agisce cogliendo tutti di sorpresa, in modo inaspettato, pubblicando degli estratti mai casuali (o forse sì) e sempre intriganti, in cui protagonisti o tematiche in stesura fanno capolino. La reazione dei suoi seguaci quasi sempre è la stessa: “Che bello, quando?”.

Perché aspettare una sua nuova storia suscita curiosità, visto il suo DNA da sperimentatrice, ma anche fa vibrare come l’attesa di un regalo che non si vede l’ora di scartare, come l’arrivo di un pacco di Amazon, oppure l’ultimo giorno di lavoro prima di andare in ferie. Insomma, Miss Black la si ama, in tutte le sue forme. Stavolta la signora offre ai suoi lettori un romance ricco di tematiche a lei care, come il maschilismo imperante negli ambienti di lavoro, la disparità tra uomo e donna a più livelli, la superficialità verso le minoranze, l’abuso di potere e i comportamenti deviati e superficiali che ne conseguono, le discriminazioni sociali.


«Non riesco a capirla. Non riesco a capire se è una cinica o se è una militante femminista». Allegra gli rivolse un sorriso divertito. «Entrambe. Spero che il mio lavoro dia un piccolo contributo verso l’eguaglianza tra i generi, ma non voglio convertire nessuno. Se alla fine del nostro percorso lei avrà cambiato comportamento, per me sarà sufficiente. Il comportamento è quello che conta».


Miss Black disegna una protagonista perfetta per colpire, a sua immagine e somiglianza, o perlomeno pensarlo è facile per la particolare precisione e cura usati per descrivere Allegra, tipa tosta e dotata di un cinismo sottile quando la lama di un coltello.

Il suo ruolo professionale è quella di mentor, figura professionale davvero interessante, a cui viene affidato il compito di ripulire l’immagine pubblica di Ayden, uomo di affari di indiscusso successo, colpevole di avere molestato alcune sue dipendenti.

Carnefice o vittima? Perché a sentire parlare il diretto interessato, usare il termine “molestie” è quanto mai eccessivo, visto che si è trattato di rapporti consensuali e mai forzati. Anzi. Sono le donne a inseguirlo e volerlo.

L’incontro tra Allegra e Ayden segna l’inizio di una semi-convivenza obbligata, in cui passato e presente si fondono in un sentiero ad ostacoli sempre più intricato e dove passo dopo passo ci si spoglierà di bagagli sempre più pesanti fino a che restare nudo, in tutte le sue possibili accezioni, sarà funzionale a continuare a percorrere la strada.

Allegra è un personaggio bellissimo, frastagliato e davvero umano all’inverosimile, che disarma e colpisce, con una schiettezza nei modi e nello sguardo puro e glaciale, ma che nasconde fragilità immense e un passato che l’ha anestetizzata alle emozioni.


Non aveva pace, Allegra. Era la rappresentazione plastica di una personalità inquieta. Ruminava. Soppesava.


Un’indagatrice, un segugio capace di individuare senza pietà la vera natura di comportamenti patologici:


Quel tizio lì sarebbe stato una grandissima rottura di palle, Allegra lo sapeva. Aveva tutte le caratteristiche peggiori in un cliente, a partire dal fatto che non era un cliente. Cioè, non era un volontario.
E aveva il Terribile Terzetto: era ricco, era potente, era affascinante. Un mix terribile.


Il mentoring ha lo scopo principale di supportare sia professionalmente che umanamente il cliente, grazie alla saggezza, alla preparazione ma anche alla sua esperienza. Una figura guida, capace di dare una nuova visione sulle persone e sulla vita e consentire di crescere per migliorare i rapporti personali e interpersonali.  
Allegra accompagnerà Ayden in tutte le sue fasi, entrando nella sua vita come un assistente personale, pronto a suggerire, a criticare e svelare i suoi limiti e lati oscuri, di cui lui ignora l’esistenza.

Ayden è un personaggio intenso e a volte struggente. Un uomo apparentemente facile da etichettare ma che nasconde un’essenza meno banale e che affronta in queste pagine un percorso di cambiamento e consapevolezza incredibili. Il suo spogliarsi verrà contraccambiato dal dotarsi del coraggio necessario a non rinunciare a scendere nei meandri più bui della sua vita e redimersi:


Era il canto di una persona che si sta inoltrando nell’oscurità in piena consapevolezza, diretta verso un aldilà che ormai sentiva vicino. Un’altra strofa affermava letteralmente: “ Hinenini, hinenini, sono pronto Mio Signore”. Quella mattina ad Allegra era sembrato che Savarin ancora tentennasse, ma da quel pomeriggio alle tre, l’impressione era che si fosse abbandonato al suo destino. Che avesse deciso di andare verso l’oscurità con passo mansueto. Qualsiasi cosa lo stesse aspettando nelle tenebre.


Un viaggio per nulla semplice, per nessuno dei due, che dovranno trovare un equilibrio tra pensieri e azioni alla scoperta di un concetto di fiducia quanto mai spaventoso e sconosciuto (per entrambi). Una missione certosina giostrata nei pericolosi confini che segnano la verità dalla menzogna, il visibile dall’invisibile, il pregiudizio dall’obiettività.
Se da una parte Allegra metterà Ayden di fronte allo specchio, totalmente privo di scudi o protezioni, per mostrarne la sua vera immagine di uomo fallibile, senza sconti, dall’altra Allegra si troverà invischiata in una dimensione a lei ostile, quella delle emozioni.


Davvero aveva bisogno di lasciar depositare le sensazioni che aveva provato con lui. Faceva fatica a capirsi, le proprie emozioni talvolta le erano aliene.


La vera complicazione diverrà gestire la presenza (ingombrante) di sentimenti caparbi che ribaltano i ruoli tra chi segue e chi insegue. Vibrazioni ostinate, inizialmente fisiche e che si insinuano nella mente rischiando di infiltrare il cuore, che sembrano non desistere dal crescere, inceppando sicurezze e rendendo un lavoro apparentemente semplice quasi impossibile da portare a termine.


«Invece le hai mostrato… che in fondo la disprezzavi. Che la ritenevi adatta solo a succhiare uccelli. Il tuo disprezzo non l’ha solo ferita, ha anche cambiato, retrospettivamente, i termini della vostra relazione. Se Kelly avesse saputo che la disprezzavi, non avrebbe succhiato. Per questo si è sentita sfruttata. Violata, in un certo senso. Quando lui mente, ti inganna per raggiungere uno scopo, è una violenza?»


Chi può dirsi violato? Come riuscire a riconoscere la rimozione del consenso in un rapporto a due? Dove è il confine tra vendetta e giustizia?

Temi capillarmente diffusi oggi più che mai, in un’epoca come la nostra basata sull’immagine e sulla superficialità di dover essere sempre perfetti e vincenti. Argomenti complicati che l’autrice mette sul piatto al lettore col suo stile sempre acuminato, senza evitare di intrattenerlo ma anche permettendo di farsi qualche domanda. Naked è un romanzo intenso che conferma quanto l’autrice ami raccontare la tridimensionale natura dell’uomo, tramite i suoi errori, le sue convinzioni, smontando pezzo su pezzo.

Forse è questa la ragione per cui Miss Black viene attesa con così tanto entusiasmo ad ogni uscita: per la sua straordinaria capacità di divertire, infuocare le lenzuola e dare a chi legge il tempo di fermarsi un attimo a pensare che spesso l’essere umano riesce a scendere davvero in basso ma se si impegna a migliorare, a mettersi un po’ a nudo, il carico si alleggerisce e risalire è più semplice.


«Bene, allora. Sdraiati. Tu parli, a spogliarti ci penso io». Savarin sbatté le palpebre un paio di volte. «Il modo in cui ti rapporti al mondo. Tattile. Corporeo» spiegò lei. «Rendiamolo esplicito». Lui le rivolse un sorriso a metà.


Al prossimo annuncio, quindi. Noi siamo sempre pronte a fare click!

RAPITA di Nicola Rocca

RAPITA di Nicola Rocca

Titolo: Rapita
Autore:  Nicola Rocca
Serie: Autoconclusivo
Genere: Thriller
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: Febbraio 2023
Editore:EnneErre

TRAMA


La notizia della fuga di Eva Becker dalla REMS (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza) riporta la paura nella vita di Roberto Marazzi.
Quando il noto scrittore di romanzi thriller ne viene a conoscenza, si trova a Roma, impegnato nel tour promozionale di Infanticidio, la sua ultima fatica letteraria.
La paura si trasforma in terrore e angoscia, quando Alessia, la sua compagna, lo informa che Eva ha rapito Stella, la loro figlioletta di un anno.
Nei casi di rapimento, gli esperti parlano chiaro: le prime ventiquattro-quarantotto ore sono fondamentali per il ritrovamento, a maggior ragione se la rapitrice ha oltre mezza giornata di vantaggio sulle Forze dell’Ordine che le danno la caccia.
Quando viene denunciato il rapimento, Eva Becker potrebbe essere ovunque. La Polizia non si dà per vinta: una task force, diretta dal commissario Dario Ruggeri, si mobilita in una caccia senza precedenti.
La vicenda, da un lato, si dipana tra colpi di scena, suspense e avvenimenti rocamboleschi; dall’altro mostra le angosce, gli incubi e i turbamenti di Roberto Marazzi, un uomo a cui è stato sottratto il bene più prezioso.In una inesorabile corsa contro il tempo, Rapita vi condurrà all’inseguimento della rapitrice e di Stella: le frustrazioni, le paure e le emozioni dei protagonisti diventeranno una gabbia dalla quale sarà impossibile fuggire.
A questa vicenda si intreccia la storia della vita di Rosita D’Orazio, una bambina che, oltre trent’anni prima, ha subito il dramma del rapimento.
Esiste un legame tra Rosita e la piccola Stella?
Se sì, quale?
La risposta a questa domanda vi farà sprofondare nel mondo buio in cui è caduto Roberto Marazzi in seguito all’ennesimo dramma che lo ha travolto.


RECENSIONE


Nicola Rocca torna con un nuovo avvincente thriller sulle vicende dello scrittore Roberto Marazzi. 

 La sensazione predominante scaturita dalla lettura è l’ angoscia: l’ angoscia di un padre che vive nel dramma di sapere sua figlia rapita, l’ angoscia di un uomo che si sente stalkerizzato, l’angoscia di una famiglia che si sente colpita negli affetti. 

Il lettore, anche grazie alla narrazione in terza persona, è coinvolto in un vortice di emozioni e di paure che attanagliano il protagonista, lo scrittore Roberto Marazzi già protagonista di altre storie autoconclusive. 

Eva Becker è antagonista di Roberto e da lui ossessionata, prigioniera di un mondo dalla realtà distorta. In questo romanzo sono le donne a farla da padroni, sono le donne quelle che portano avanti le redini della storia, nel bene e nel male. 

È interessante scoprire come Nicola Rocca affronti diverse tematiche del mondo femminile nelle varie storie autoconclusive che riguardano Roberto Marazzi, diventato scrittore affermato, sposato con Sonia prima e innamoratosi poi di Alessia, madre della sua bimba. 


La sua esistenza era un mix continuo fra vita reale, incubi e pagine scritte, con la differenza che, questa volta, la realtà era peggiore dei brutti sogni”.  


Il lettore è un silenzioso spettatore che assiste impotente ai vari omicidi e al rapimento di una bimba innocente. Impossibile non leggere questa storia senza sentirsi presi dal panico, quasi come se l’assassina potesse sentire i nostri pensieri. 

Molto interessante la tematica del rapimento, affrontata anche con la tecnica del flashback in cui la protagonista è una bimba rapita nel passato e che subirà indubbiamente traumi che condizioneranno le sue scelte future. 

Rosita è una figura molto interessante che mi ha affascinata da subito, è una bimba che viene rapita per errore e costretta ad affrontare l’ orrore della prigionia ed anche il dramma della violenza. 

All’ inizio è praticamente impossibile capire perché l’ autore parli di eventi accaduti molti anni prima, ma la verità si rivelerà scioccante. 

Per quanto riguarda il rapimento della figlia di Marazzi la domanda che mi ha perseguitata è stata: Perché rapire una bimba senza colpa? Che scopo ha la donna che commette un atto del genere? 

È davvero interessante entrare nella mente malata di un criminale, soprattutto di sesso femminile, poiché questo si ricollega anche a molti elementi di attualità: basti pensare a fatti realmente accaduti, dove donne dalla maternità mancata hanno rapito i bimbi di altre donne. O anche tante storie di donne traumatizzate da tradimenti e matrimoni falliti, intrappolate in una spirale di odio dalle quale non si esce più. 

Perché forse il punto è proprio questo: la mancata elaborazione di eventi drammatici, proprio come accade ad alcuni protagonisti del romanzo: persone che si trovano davanti ad eventi più grandi di loro, che rimangono prigioniere di un limbo ed interpretano in maniera distorta la realtà. 

Nicola Rocca riesce ad incollare il lettore alla storia e a creare una sorta di perenne suspense che non scema mai durante tutto il dipanarsi degli eventi 

È un susseguirsi di fughe, omicidi, sangue, è come avere perennemente il fiatone, consapevoli che presto succederà ancora qualcosa di tragico.  


Ti prego no… Lo pensò solamente, non aveva più la forza di parlare. Poi, vide la lama nelle mani di lei salire verso l’alto. 


                  

COME LE CICALE IN INVERNO di Paola Garbarino

COME LE CICALE IN INVERNO di Paola Garbarino

Titolo: Come le cicale in inverno
Autore: Paola Garbarino
Serie: Autoconclusivo
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: Prima persona (POV alternato)
Tipo di finale: chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: Marzo 2023
Editore: Self publishing

TRAMA


Pensavo di essere in un’estate che non sarebbe mai finita, m’illudevo di vivere la vita perfetta senza capire che ero la cicala che canta ma destinata a morire in inverno. Senza comprendere che in una stagione lunga e senza vita mi ero già immerso da solo quando ho sacrificato Enea per il mio alter ego Brando. Quando ho detto sì al mondo dell’Hardcore, quando ti ho sospinta a farne parte trascinandoti nella mia stessa miseria colorata d’oro, ma nera sotto alla patina. Quando ho detto no a ciò che volevi darmi e che avrebbe illuminato quel buio. Che ci avrebbe salvati entrambi. Ho creduto di essere un vincente, anche se avevo dovuto lasciarmi qualcosa indietro.
Invece non sapevo niente, e il vero potere è il tuo, che mi rendi fragile con la tua fragilità.

Un’altra storia d’amore e di ombre, appassionata e intensa, dalla penna dell’autrice di Baby Don’t Cry e Crazy For You, che hanno venduto migliaia di copie.
I protagonisti sono collegati all’opera Baciami prima di andare, ma per leggere questo romanzo non ne è necessaria la lettura.

RECENSIONE


Siamo tutti imperfetti e fallibili, e spesso dobbiamo cadere per comprendere l’errore e risollevarci. Credo nelle seconde occasioni, nel pentimento, nel perdono, e l’ho riversato in questa storia.


Che Paola Garbarino sia un’autrice di talento è noto, ma quanto sia intensa e particolarmente brava a interpretare in parole emozioni come la sofferenza e il tormento si conferma con questo libro, Come le cicale in inverno.

Una storia intrisa di tante sfumature, che vanno dal nero più carico del dolore vivo che graffia la pelle, fino al bianco più accecante della speranza di farcela, nonostante le ferite più profonde.

Leggere questa storia avvolge, coinvolge e permette al cuore di fermarsi e ricominciare a battere più forte, più volte. Un aritmia che scompensa l’anima e che mostra tutte le luci e ombre di chi ha attraversato il buio e cerca di ritrovare la luce che lo riporterà a casa, per connettersi nuovamente con sé stesso.


Non cadrò mai più in letargo come le cicale in inverno. Vivrò ogni momento, sempre. Perché la vita vale sempre, anche quando fa male, persino quando sembra che non ci sia speranza, quando la salvezza sembra impossibile.


Ad aprire la storia Enea, uno dei protagonisti del precedente romanzo di Paola Garbarino, Baciami prima di andare, pubblicato lo scorso giugno.

Un ragazzo a cui dedicare un libro a sé era doveroso perché già nel suo esordio Enea aveva colpito per la sua enigmatica oscurità, il suo fascino misterioso; un personaggio che meritava di essere raccontato e di cui grazie a queste nuove pagine conosciamo meglio il passato, con le cadute e le croci.

Un viaggio tortuoso costellato di condizionamenti familiari, conflitti interiori, prigioni sociali e voglia di libertà non solo fisica ma anche di personale espressione che lo mettono in cammino lontano da casa.

L’autrice è magistrale nel descriverne la sofferenza, i dubbi, le paure che lo attanagliano via via, e che lo conducono in un vortice impietoso di colpa ed errori, facendogli perdere la sua identità, rinunciando a sé stesso, fino a che Enea scompare per divenire Brando, lasciando indietro i panni di un’artista appassionato e svestirsi, in ogni modo possibile e immaginabile.


Un compromesso. Stavo per fare un compromesso con me stesso e la realtà. Era odioso, ma sentivo di non avere altra scelta.



Perdere sé stessi non vuol dire non avere nulla di buono nella propria vita, ma averlo e non riuscire a gioirne, perché non si sa cosa farne, come comportarsi.

Un’incapacità che Enea vive sulla sua pelle, lui tormentato e attanagliato da una morsa inficiante di sensi di colpa che lo scaraventano in un buco buio, oscuro, in cui corazzarsi di armi per proteggersi dalle emozioni diviene l’unica difesa a non sentire più il dolore che i ricordi gli infliggono, a non vedere chi appare nella sua vita come un forte anche se lieve raggio di sole.


Invece non sapevo niente, e il vero potere è il tuo, che mi rendi fragile con la tua fragilità.


Ginevra è una delle protagoniste femminili più sensibili, forti e determinate che abbia mai letto di questa talentuosa scrittrice. Una giovane ragazza tanto fragile e spezzata quanto appassionata e penetrante, dall’anima frantumata, che fugge da un passato desolante e da cui scappa a perdifiato senza sosta, fino a cadere in una pozzanghera fatta di melma e fango.


Capii che per far sopravvivere lei, avrei dovuto vivere con la maschera di Jenny. Da oggi sarei stata Jenny, e avrei fatto qualunque cosa per andarmene da questo posto, da questa bestia che mi usava.


Trasformarsi per sopravvivere, dimenticare la propria identità per andare avanti. Eppure, nonostante le ferite Ginevra respira e vede ancora, al di là dello spesso telo scuro in cui si è nascosta dal mondo, lei tanto sottile quanto forte, tanto indifesa quanto capace di non aver perso l’ascolto del suo cuore.


Gli occhi erano due schegge blu cobalto in cui brillava una luce che non riuscivo a cogliere, qualcosa che mi turbava, che non avevo mai visto in una ragazza finita in questo mondo, perché chi arrivava qui aveva problemi passati o presenti che avevano già smorzato o spento qualsiasi luce interiore.


È in lei che Enea intravede un calore perduto, ammaliante e seducente al punto da spaventarlo, fino a che tenerla a distanza diviene necessario, perché è Brando a predominare, a decidere. Non vi sono spazi di cessione di emozioni per chi è macchiato di colpa, per chi è incastrato in una prigione di sbagli.

Brando e Jenny, due anime tormentate e perdute che incrociano le loro strade per poi perdersi per ritrovare sé stessi. Un percorso di crescita interiore, soprattutto per Enea, che dovrà espiare colpe, redimersi nel profondo per prepararsi a un nuovo inizio.

Infatti è a lui che è dedicata l’immagine di copertina, che ritrae un ragazzo bendato, incapace di vedere, al buio.

Ritrovare la luce sarà un viaggio lungo, difficile, che metterà distanze e sospenderà il futuro, e che farà inizialmente in solitaria, per poi ritrovare il battito del cuore con Mina, bellissima protagonista del precedente romanzo che ritroviamo qui. Grazie a queste pagine comprendiamo meglio il loro legame, una connessione intima e particolarmente intensa che li aiuterà reciprocamente a comprendere meglio sé stessi, cedere ai il loro desideri ed essere finalmente pronti ad aprirsi agli altri.

Paola Garbarino offre ai suoi lettori una storia intensa, sofferta in cui il ritrovamento della fede nella vita, in sé stessi e nel futuro si intreccia a un itinerario in salita, non banale, fatto di pause, silenzi, che richiede tempo, ascolto. Una lettura ad alto tasso di emozioni che ricorda quanto valga sempre la pena viaggiare, muoversi, sperimentare, anche da soli, anche appesantiti da bagagli pesanti da portare:


Non cadrò mai più in letargo come le cicale in inverno. Vivrò ogni momento, sempre. Perché la vita vale sempre, anche quando fa male, persino quando sembra che non ci sia speranza, quando la salvezza sembra impossibile.


Bellissimo. Da leggere col cuore.

FAME D’ARIA di Daniele Mencarelli

FAME D’ARIA di Daniele Mencarelli

Titolo: Fame d’aria
Autore: Daniele Mencarelli
Serie: Autoconclusivo
Genere: Narrativa
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 17 gennaio 2023
Editore: Mondadori

TRAMA


Tra colline di pietra bianca, tornanti, e paesi arroccati, Pietro Borzacchi sta viaggiando con il figlio Jacopo. D’un tratto la frizione della sua vecchia Golf lo abbandona, nel momento peggiore: di venerdì pomeriggio, in mezzo al nulla. Per fortuna padre e figlio incontrano Oliviero, un meccanico alla guida del suo carro attrezzi che accetta di scortarli fino al paese più vicino, Sant’Anna del Sannio. Quando Jacopo scende dall’auto è evidente che qualcosa in lui non va: lo sguardo vuoto, il passo dondolante, la mano sinistra che continua a sfregare la gamba dei pantaloni, avanti e indietro. In attesa che Oliviero ripari l’auto, padre e figlio trovano ospitalità da Agata, proprietaria di un bar che una volta era anche pensione, è proprio in una delle vecchie stanze che si sistemano. Sant’Anna del Sannio, poche centinaia di anime, è un paese bellissimo in cui il tempo sembra essersi fermato, senza futuro apparente, come tanti piccoli centri della provincia italiana. Ad aiutare Agata nel bar c’è Gaia, il cui sorriso è perfetta sintesi del suo nome. Sarà proprio lei, Gaia, a infrangere con la sua spontaneità ogni apparenza. Perché Pietro è un uomo che vive all’inferno. “I genitori dei figli sani non sanno niente, non sanno che la normalità è una lotteria, e la malattia di un figlio, tanto più se hai un solo reddito, diventa una maledizione.” Ma la povertà non è la cosa peggiore. Pietro lotta ogni giorno contro un nemico che si porta all’altezza del cuore. Il disamore. Per tutto. Un disamore che sfocia spesso in una rabbia nera, cieca. Il dolore di Pietro, però, si troverà di fronte qualcosa di nuovo e inaspettato. Agata, Gaia e Oliviero sono l’umanità che ancora resiste, fatta il più delle volte di un eroismo semplice quanto inconsapevole. Con “Fame d’aria”, Daniele Mencarelli fa i conti con uno dei sentimenti più intensi: l’amore genitoriale, e lo fa portandoci per mano dentro quel sottilissimo solco in cui convivono, da sempre, tragedia e rinascita.

RECENSIONE


Questa recensione nasce non solo dopo aver letto il nuovo libro di Daniele Mencarelli ma anche dopo aver assistito alla presentazione del medesimo presso la rassegna “Romans D’autore.” 

Posso dire che sentir parlare questo scrittore è stata un’esperienza che ha dato un valore aggiunto alle riflessioni scaturite da questo libro, un piacere e un’emozione poter ascoltare un grande comunicatore come lui. 

Lo stesso tipo di comunicazione che egli mette nelle sue pagine, senza sconti, senza fronzoli, diretta, asciutta, intensa, forte, vera. 

Fame d’aria ne è un esempio, ultimo suo lavoro che tratta un tema di cui si parla poco o comunque superficialmente, come egli stesso afferma durante la presentazione. 

Un romanzo incentrato sulla disabilità vissuta dal punto di vista genitoriale, che mostra senza pudore alcuno (e fa bene a farlo secondo me) quanto un’esistenza come quella del protagonista possa consumare fino a lasciare il vuoto dentro e intorno. 

Pietro è un uomo a cui è capitato un figlio gravemente disabile, una disabilità che ha finito per fagocitare ogni altro aspetto della sua vita, schiacciato non solo dalla quotidianità con Jacopo, che necessita di assistenza assidua e continua, ma anche dalle gravi condizioni economiche in cui versa. 

Un mix letale per qualsiasi esistenza che voglia significare vivere e non solo esistere appunto, letale per il cuore di Pietro che un po’ alla volta negli anni finisce per inaridirsi. 

Un cuore che non sente più niente se non un odio profondo per un destino tragico. 


In quel momento, anche il suo dolore, quello che lo accompagnava dalla prima volta in cui gli comunicarono che il figlio era malato, assunse altra forma. Da dolore a repulsione. A odio. 


Un abito perfettamente cucito addosso a questa storia titolo e cover del libro che sebbene possano risultare inizialmente quasi disturbanti, risultano invece perfetti al termine della lettura. 

Perché bisogna dirlo questa è una storia a tratti disturbante, come lo è lo stesso Pietro durante lo scorrere della vicenda, un uomo svuotato, cinico, duro fino quasi a essere brutale. 

Non si può non comprendere però che ha tutte le ragioni per esserlo diventato, grazie ad una serie di flashback nella narrazione grazie ai quali intravediamo sempre più il fondo nero e buio del baratro in cui egli è imprigionato. 

Ed è fotografando attraverso le parole un’esistenza come purtroppo ne esistono molte simili a quelle di Pietro e Jacopo che Mencarelli denuncia due grosse piaghe della società odierna: l’isolamento e l’abbandono. 

Non ci sono persone accanto a questa famiglia ad alleviare le incombenze e le sofferenze di una vita completamente dedicata ad un altro essere umano che non può fare niente autonomamente né istituzioni. 

Un urlo forte quello dell’autore contro l’indifferenza, il disinteresse e la discriminazione in cui versano molte famiglie che ogni giorno fanno i conti con la disperazione e a cui vanno i suoi ringraziamenti al termine del libro: ai dimenticati. 


Quando Pietro ascoltò per la prima volta la voce di suo figlio esibirsi, ancora incerta ma piena di determinazione, in quelle due magnifiche sillabe, papà, si sentì realizzato come ogni uomo che si scopre riamato dal suo amore più grande. Poi venne la notte. Questa è l’immagine che Pietro ha del suo passato. Scese, senza furia, un tanto al giorno, una tenebra più fitta della morte. 


Ecco perché il titolo del libro è incredibilmente centrato perché è proprio questa la sensazione che si avverte ad entrare nei pensieri di Pietro, la mancanza di ossigeno. 

La sensazione che suscita vivere in una notte eterna come è la vita di questo personaggio è infatti l’apnea, e il buio evoca proprio uno spazio chiuso, piccolo, soffocante che sta a simboleggiare la vita del protagonista, cioè un’esistenza senza via d’uscita, una scatola chiusa in cui non filtra aria e da cui è impossibile uscire. 


Ha fame d’aria. È come se la realtà gli si stringesse addosso. 


Mencarelli racconta infatti un dolore a cui non c’è rimedio che mette alla prova qualsiasi residuo di umanità. 

Ma spesso l’umanità stessa riesce a resistere dove non lo crederesti possibile, riesce ad assumere forme e modi inattesi, improbabili e impensabili, come un fiore che nasce dal cemento. 

In questo caso assume le fattezze di persone incontrate per caso, in un paese sperduto e in declino come Sant’Anna del Sannio che l’autore immortala nel cuore del lettore in questo bellissimo passaggio: 


Arroccata alla sua collina, illuminata da un sole stretto in mezzo a nuvole gigantesche, incombenti, Sant’Anna del Sannio si mostra nella sua piccolezza. Vista da così, nemmeno il cuore prosciugato di Pietro riesce a impedirsi quello che gli occhi comandano. È bella. Sant’Anna del Sannio è bella. Come quei presepi impolverati, buttati dentro scatole riposte in cantina, da anni utili a nessuno. 


Calzante questo riferimento ad un presepe abbandonato, un posto in cui il futuro sembra non poter entrare e che è lo scenario ideale per Pietro che non può immaginare un domani diverso dal proprio presente.  

Eppure proprio in questo piccolo paese dimenticato del Molise si nasconde la via della speranza, composta da una parola gentile, da un piatto caldo, da un sorriso sincero, da un panorama mozzafiato. 

Piccoli gesti, sguardi. 

Attimi, come quelli in cui Pietro trova un lieve sollievo, tra il sonno e il destarsi come se il sogno fosse l’unica via di fuga ad una realtà invivibile. 

Ecco cosa vuole dirci l’autore: la bellezza è fatta di piccole cose ma sono proprio queste a salvarci. 

E se non ci salvano per lo meno ci mostrano che può ancora esistere speranza. 

LE DIGNITA’ SOLARI di Giacomo Ciabatti

LE DIGNITA’ SOLARI di Giacomo Ciabatti

Titolo: Le dignità solari
Autore:  Giacomo Ciabatti
Serie: Autococnlusivo
Genere: Trattato di astrologia
Narrazione:
Tipo di finale:
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: Ottobre 2022
Editore: Booksprint

TRAMA


In questo testo l’Autore offre ai lettori la possibilità di accedere ai suoi trenta anni di esperienza e conoscenza riguardo all’interpretazione della carta natale, a livello destinico e sincronico, a partire dalla posizione del Sole al momento della nascita, con un trattato completo in tutti i suoi aspetti e articolato in cinque capitoli. Alla stesura del libro hanno collaborato la studentessa e collega Claudia Montanari e la moglie e segretaria Lucia Badii raccogliendo i dettati e rielaborando e rileggendo in compagnia dell’autore ogni paragrafo del testo. Un ringraziamento a Federica Zebelloni che ha guidato Giacomo Ciabatti nel luogo dell’immagine di copertina. L’Autore augura una buona lettura.

RECENSIONE


Sono davvero felice di aver letto il primo libro di Giacomo Ciabatti, astrologo di grande fama e noto per le sue previsioni sul COVID prima che scoppiasse la pandemia. Questo libro, che ha avuto una lunga gestazione e che raccoglie i tanti anni di esperienza dell’ autore, è un interessante trattato sull’importanza del sole, che, come spiega bene l’autore, è a tutti gli effetti un pianeta. 

È il sole a determinare il nostro segno zodiacale, o meglio: al momento della nostra nascita il sole attraversa quel determinato segno e la stesura del nostro tema natale è determinata appunto da questa e da tante altre componenti. 

È interessante scoprire come il sole rappresenti la parte maschile, attiva, la scintilla vitale, l’origine di tutto, il caldo fuoco dell’esistenza. È stato davvero incredibile scoprire come il sole simboleggi la figura paterna, e anche il tipo di partner a cui una donna può essere interessata. 

A livello personale posso testimoniare che l’astrologia mi ha aiutato moltissimo a comprendere la mia personalità, anche quegli aspetti più peculiari, e a trovare risposta a tante domande che attraversavano la mia mente da tanto. 

Una delle parti che ho amato di più del libro è quella che descrive il significato di avere il sole nelle varie case del tema natale: io ad esempio ho il sole in casa ottava, e questo denota interesse per l’esoterismo, per il nero, per il lato dark e misterioso, e spesso può indicare, come è stato nel mio caso, anche la prematura perdita della figura paterna e/o di un partner. 

Una menzione particolare per Chirone, asteroide cometa associato alla figura del centauro Chirone ( nella mitologia nato da uno stupro e abbandonato da piccolo) centauro rifiutato, diventò poi un grande guaritore e sapiente. 

Ed ecco che in ambito astrologico Chirone rappresenta le nostre ferite, i nostri traumi, il nostro non sentirci accettati ma anche il nostro potere di auto guarigione, di elaborare i traumi subiti e di dare un senso alla sofferenza emotiva. 

Un sincero grazie all’autore per aver descritto questo asteroide e la grande importanza di Chirone nel tema natale individuale. 

Questa è una recensione molto particolare per me, in quanto questa volta non mi trovo a parlarvi di narrativa e romance, ma vi parlo di un trattato di astrologia che sono sicura potrà interessare a tanti di voi. 

Qui di seguito il link della mia intervista a Giacomo Ciabatti:  https://youtu.be/_4Mo8s83LYs

Vi lascio con delle piccole chicche sui segni zodiacali delle anime di Reading Marvels, due toro, io e Annalisa e un acquario, la nostra Alessia.

Toro: cocciuto, ostinato, estremamente possessivo, ma anche pacato e concreto. 

Acquario: abilità a esprimersi in gruppo e a stringere amicizie, ma anche tendenza al fanatismo e a volersi distinguere dagli altri solo per il gusto di farlo. 

Ovviamente ricordiamo che solo il  tema natale può descrivere appieno la natura degli essere umani.