SUL VELLUTO di Rebecca Quasi

SUL VELLUTO di Rebecca Quasi

Titolo: Sul velluto
Autore: Rebecca Quasi
Serie: Autoconclusivo
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: Febbraio 2022
Editore: Kobo Original / Words Edizioni

TRAMA


Nell’era degli influencer la verità spesso scompare e resta solo ciò che è tendenza.

Nereo Castrogiovanni, attore famoso, conosce bene questa legge non scritta, ma sembra dimenticarsene durante un talk show in prima serata, lasciandosi andare a certe affermazioni che gettano ombre sulla sua immagine e rischiano di distruggere la sua carriera.
Non sarà il solo a farne le spese: Marianna Guerra, sua ex assistente e cuoca, verrà travolta dall’occhio del ciclone mediatico, colpita da pettegolezzi e insinuazioni dove il reale e il presunto si fondono e si mischiano.
Cosa c’è alla base di tutto? Qual è la vera ragione per cui Nereo ha deciso di distruggere la propria figura e trascinare Marianna con sé?

Rebecca Quasi ci racconta una nuova storia dei nostri tempi, col suo tipico occhio attento e rivelatore dei meccanismi profondi che a volte muovono le relazioni d’amore.

RECENSIONE


«Ti ho già spiegato cosa vuol dire stare sul velluto. È quando il partner ti dà la battuta nel tono e nei tempi giusti. Per un attore è di una potenza incredibile. Quando sei sul palco, con centinaia di occhi che ti fissano e che tu non puoi vedere, puoi fare affidamento solo su quello per andare avanti, sulla capacità reciproca di far scivolare l’altro sul velluto. E tu mi fai stare così.»


Fluttuare, procedere su qualcosa di morbido, liscio, senza ostacoli. L’accezione “sul velluto” richiama la viva sensazione di sofficità e delicatezza e nessun’altro significato avrebbe potuto essere più adeguato per descrivere l’ultimo romanzo di Rebecca Quasi, che se dovessi descrivere direi “meravigliosamente perfetto”.
Perchè? I motivi sono svariati, e mi impegnerò a essere più coincisa possibile nel raccontare le emozioni provate lasciando, come mi premuro sempre di fare, il piacere al lettore di scoprire la storia di Nereo e Marianna (e Itaca).
Due protagonisti umani, ed una gattina dalle sembianze pannose, che non ne vuole sentire di essere meno al centro di loro. Del resto si sa che i felini non hanno bisogno di attenzione, se la prendono da soli.


Il felino bianco lo stava aspettando in posa da statua da giardino in mezzo al vestibolo. Miao. Miao un cazzo. Dalla cucina provenivano odori e rumori invitanti, ma non voleva lasciarsi fuorviare. Era arrabbiato. Girò intorno al gatto, gatta!, la quale lo guardò con quell’arroganza e sufficienza tipica di chi ha il coltello dalla parte del manico.


Itaca ha il mio massimo rispetto (da gattofila quale sono, succube di ben tre gatte femmine), ed è per quello che spero apprezzerà (Itaca, appunto) che parlo di lei per prima: solitaria, silenziosa all’occorrenza, esperta osservatrice, a tratti pretenziosa, dai modi seduttivi e territoriali. Itaca si ritrova ad essere curiosa spettatrice della relazione di Nereo e Marianna, anche nei momenti meno opportuni, intendiamoci! Ammetto che avrei voluto essere lei in alcune scene, anche per soli 5 minuti, immaginando di vedere coi suoi occhi (stupendi) questi due protagonisti avere a che fare l’uno con l’altra.

Nereo Castrogiovanni, attore, dai modi educati, belloccio e di ottima famiglia, particolarmente riservato e dal carattere schivo, con lievi tratti di misoginia. Lievi, sì, perchè l’avversione per le donne si riduce solo nel caso di averle come dipendenti. Del resto la scelta del cognome potrebbe anche far pensare ad attitudini amatoriali vecchio stile, se non fosse per quel suffisso “castrante”, appunto.


La guardò bene. Era uno di quei modelli tascabili. Bassina, magra, né bella né brutta, senza personalità nel vestire, un taglio di capelli che non era un taglio, occhi enormi di uno strano colore tra il grigio e il verde. Lentiggini in abbondanza.


Marianna Guerra, cuoca, dogsitter, barista, insomma tutto fare, con una fissa per i rapporti a scadenza (max 6 mesi). Sulle sue sembianze lasciamo l’onore a Nereo di descriverla quando la vede per la prima volta, mentre sulle sue innate doti di efficienza, pragmatismo e non comuni capacità di imparare al primo colpo mi prodigo volentieri io.


Si sentiva come quegli acrobati che stanno in equilibrio su una palla facendola rotolare sotto i piedi. Lei era l’acrobata e la palla il presente.


Due protagonisti dalle vite opposte e dalle immagini antitetiche. Lui bello, vincente, famoso e ricco. Lei, anonima di aspetto e precaria nella vita, ostinata ad essere invisibile agli altri, con un senso di inferiorità invalidante.

Un conflitto di forma e sostanza in cui si condensa il tema di questo romanzo: guardare al di là dell’apparenza. Rebecca Quasi offre questo argomento ai suoi lettori in modo impeccabile, ovvero mediante una storia al cui centro vi è l’informazione che circola in rete, quanto la realtà possa essere deviata fino a divenire vera proprio perchè replicata all’infinito, senza mai andare a fondo.


Il pressapochismo dilagante andava a braccetto con ‘la versione più comoda’ di qualsiasi cosa, per cui quando una notizia usciva veniva curvata da una sintesi perfetta di superficialità e vantaggio.


Vedere al di là di ciò che è visibile e raccontato sui media, siano questi social, TV o il web, non è facile, occorre scavare a fondo e oltrepassare la percezione dell’informazione che riceviamo attraverso i nostri sensi. Per conquistare questa capacità sarebbe necessario adattarsi a ciò che è accessibile e comprendere i retroscena di ogni situazione, anche se questa appare essere sempre di più un’arte in disuso, perchè tutti semplifichiamo, quasi in modo automatico, e lo facciamo in modo costante.

D’altra parte è proprio nell’arena dei media, come i social, che i problemi vengono ridotti ai minimi termini, con conseguente semplificazione dei nostri approcci ad ognuno di essi.


«Mi pare che tu dia troppa rilevanza a quello scatto. È una cosa del tutto priva di importanza.» «In genere un bacio non è privo di importanza.» «Per un attore lo è. Diamo troppo potere alle immagini. Possono essere fuorvianti, suggerire idee sbagliate, depistare.
Non esistono messaggi puri, non esiste un’immagine che vi consegnerà una verità incontrovertibile.»


Un semplice scatto attorno a cui ruotano le sorti di una relazione tra due persone diverse, apparentemente inconciliabili ma profondamente connesse, fino a essere totalmente complementari. Scoprire questa verità sarà un processo graduale, a tratti traballante, come la costruzione di un allestimento teatrale quasi improbabile fatto di sguardi di disappunto, segreti, sospetti, finta indifferenza. Sovrastrutture che tenere piedi sarà difficilissimo se non grazie all’inarrivabile bravura di un’esperta regista dal talento immenso.


«Il tuo presunto fidanzato è uno stronzo.» «Sì, lo so. Ma è un bravissimo attore.» «Non basta.» «Deve bastare. Uno deve essere libero di comportarsi di merda, se vuole, e conservare il proprio lavoro, se sa farlo.» «Non è così. Non lo è quasi mai, nemmeno se fai il cassiere in un supermercato, figuriamoci se fai l’attore. Per giunta impegnato. L’immagine ti segue e ti definisce.» Marianna sbatté gli occhi.


Rebecca Quasi aiuta a far riflettere sulla faticosa ricerca dell’autenticità, di ciò che è genuino, ovvero non falso, di ciò che ci definisce davvero, al di là della superficie.
Un obiettivo quanto mai difficile da perseguire oggi, in un mondo dove l’immagine sovrasta l’essenza, cambiandone perfino i connotati. Una tematica su cui essere indifferenti è impossibile, proprio perchè argomentata con accuratezza, intelligenza e lungimiranza.


«Che il mondo dica quanto è sfigato Nereo Castrogiovanni a stare con una come te? Che poi come sei?» «Non all’altezza.» «Dici tutto tu.» «Dico quello che direbbero gli altri.» «E quello che dice la gente è vero per forza?» «Diventa vero.»
Aveva ragione, ragione da vendere. Se il magma delle opinioni va in una certa direzione, quella diventa la via che tutti seguono, convinti. Lo sapeva bene. Nell’era degli influencer la verità scompare e rimane solo la tendenza. Un’ecolalia che copre e confonde realtà e verità.


I suoi dialoghi rendono i personaggi più vivi e realistici che mai (Anita ha preso un pezzo del mio cuore, sappilo!) elargendo ai suoi fortunati lettori un’indimenticabile storia d’amore, in cui si ride tantissimo (più di sempre), ci si infiamma parecchio con scene di una sensualità strepitosa arrivando alla fine dello spettacolo con la consapevolezza di uscire dal teatro per rimettersi in fila in attesa del suo prossimo spettacolo.


Bene. Aveva le chiavi, aveva la bici, ma aveva anche un uomo che continuava a guardarla come se lei fosse una via di mezzo fra una tazza di panna e un film porno.


Sì, dovevo essere coincisa, lo so. Bè credo di esserlo stata perchè mi sono limitata, pensate, a raccontare solo i punti salienti di questo romanzo, rinunciando per esempio alle ambientazioni , con una Riccione anch’essa protagonista e dalle atmosfere romantiche e suggestive, con l’orizzonte in cui mare e sabbia si uniscono a perdita d’occhio, dove viene voglia di passare un weekend questa primavera solo per ammirare i colori del cielo.


«Scusa. Pensavo che fossero quei depravati che scambiano la spiaggia per un albergo a ore.» «E invece…» commentò Marianna, liberandosi del tutto dall’avvinghiamento di poco prima. «Se sei tu, finite pure» disse Angelo. L’ospitalità romagnola non ha rivali.


La Romagna e la sua ospitalità, appunto, e i suoi bomboloni:


«Fammi assaggiare questi mitici bomboloni romagnoli.» Poi, senza darle la possibilità di reagire o schivare l’assalto, si impossessò della sua bocca e la baciò sul lungomare di Riccione nell’alba solitaria e rosata di fine giugno.


Grazie Rebecca per questo esperimento, come dici tu nei ringraziamenti. Continua a sperimentare che le cavie le trovi, sicuro.
Chapeau.