VOLEVO SOLO SFIORARE IL CIELO di Silvia Ciompi

VOLEVO SOLO SFIORARE IL CIELO di Silvia Ciompi

Titolo: Volevo solo sfiorare il cielo
Autore: Silvia Ciompi
Serie: Autoconclusivo
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Concluso
Data di pubblicazione: 9 Marzo 2021
Editore: Sperling & Kupfer

TRAMA


Dopo la morte della madre Emma, Clelia ha smesso di vivere. Nasconde le cicatrici sotto il trucco pesante e le magliette scure troppo lunghe, con il silenzio unico compagno delle sue giornate, da cui la musica, tanto amata da Emma, è bandita. Il giorno del suo compleanno, quando la nonna le consegna la chiave di uno scantinato che le aveva comprato la madre per allestire una web radio, Clelia all’inizio non ne vuole sapere, poi la curiosità di scoprire il suo ultimo piano ha la meglio.

Ed è proprio fuori dallo scantinato, sotto il sole cocente di giugno, che conosce Lorenzo, appena arrivato all’Isola d’Elba da Roma, con i suoi ricci ribelli, la faccia da schiaffi e un sorriso arrogante.

Tra i due prima è guerra aperta, poi tregua armata, infine pace che assomiglia tanto all’amore.

E all’improvviso, mentre l’estate infuria e l’afa diventa sempre più opprimente, Clelia non si nasconde più e la musica torna a fare da colonna sonora ai suoi giorni.

Ma la ragazza non sa che Lorenzo è in fuga da tutto, soprattutto da se stesso, e si porta dentro un terribile dolore. Una volta che i segreti di entrambi verranno svelati, la loro storia sopravvivrà ai contraccolpi della vita?

Dopo il successo di Tutto il buio dei miei giorni Tutto il mare è nei tuoi occhi, romanzi amatissimi dalle lettrici, Silvia Ciompi ci consegna una nuova storia d’amore spaccacuore e una nuova coppia di protagonisti di cui innamorarci.

RECENSIONE


Aspettavo da tanto questo romanzo. Un’attesa lunga, come la scia di un traghetto seguito nel mare per arrivare alla destinazione promessa. Approdare è stato emozionante e al mio arrivo i due protagonisti, Clelia e Lorenzo, mi hanno presa subito per mano e trascinata via per le strade di Portoferraio. Li ho seguiti correndo con loro a perdifiato nei vicoli del paese fino a via delle Galeazze 18, dove mi hanno mostrato impazienti un posto speciale, perfetto per raccontarmi la loro intensa storia, fatta di amore, dolore, sopravvivenza , ricordi, senso della vita, tanta nostalgia e profonda malinconia.

Mi hanno invitato a sedermi su un divano in stile retrò, acceso un vecchio grammofono, scelto con cura un vinile tra gli scaffali colmi di dischi e quando Lucio Dalla ha iniziato a intonare le prime strofe di “Anna e Marco” hanno cominciato il loro racconto. Ho ascoltato rapita ogni parola, guardandoli battibeccare tra l’accento toscano e quello romano, per seguire affascinata il testo della canzone dipinto su una delle pareti del loro scantinato, così ricco di vita e ricordi.

“Volevo solo sfiorare il cielo” è una storia struggente che non lascia indifferenti, come il luogo dove è ambientata, l’Isola d’Elba, terra ricca di miti e leggende che si intrecciano col mare che la circonda e la macchia mediterranea che ne preserva ancora il lato selvaggio, fatto di pietre, metallo e sentieri.
Un libro come una di quelle storie sussurrate dal vento, quando soffia forte e gonfia il mare impetuoso, acuminando gli scogli più impervi, che diventano taglienti fino a ferire la pelle, proprio come fa la vita quando decide di togliere, per stravolgere i destini in modo irreparabile.

Clelia e Lorenzo sono due giovani sopravvissuti, a cui la vita ha chiesto molto, cresciuti troppo in fretta per la loro età, senza appiglio. Entrambi hanno dei dolori che li hanno segnati per sempre, che non possono estirpare o elaborare.

Clelia è diffidente, caparbia, si nasconde dal mondo per vivere in solitudine la perdita della madre, di cui si sente colpevole. Ha un buio interiore che l’ha spenta per sempre e che mostra attraverso una maschera fatta di oscurità, privazioni, per negare a sé stessa ogni cosa bella, che la può rendere felice. Ha l’inverno dentro e nessuno la può salvare:


Come si fa a spegnere l’interruttore e non sentire più niente? Perché Clelia azzererebbe tutto, si dimenticherebbe ogni cosa, pur di non sentire così tanto male dentro. Perché i ricordi sono il fango di un lago melmoso, basta toccare l’acqua con le dita di un piede per affogare. I ricordi sono una rovina.


Lorenzo è un ragazzo in fuga che, con piglio spavaldo e supponente, si nasconde dietro una folta chioma di ricci scuri, una matassa intricata come è diventata la sua vita, incasinata, senza controllo. L’unica cosa che lo appassiona è la matematica, perché i calcoli si basano su schemi, sistemi che inquadrano i problemi offrendo soluzioni logiche che rassicurano, laddove sicurezze non ce ne sono più.


Perché è vero, ha diciott’anni compiuti il dieci di maggio, Lorenzo Gelsi, chiamato quasi sempre soltanto Lore’, e più rabbia in corpo di quanta ne abbia mai avuta tutta insieme. Devasterebbe il vagone a calci e pugni, invece resta immobile, inerte come una lucertola su un cornicione arroventato.


Due creature in fuga, un’isola che fa da contorno ad un incontro deciso da uno strano destino, che li mette alla prova l’uno difronte all’altra per denudarli dalle paure, fatte di demoni divoratrici di speranza. Con i loro caratteri coriacei, fatti di ferro e spigoli, con le loro stranezze e incapaci di comunicare se non con battibecchi e provocazioni, Clelia e Lorenzo si scruteranno per annusarsi come animali selvatici in fuga perenne. Un’estate, la loro, che li segnerà a tal punto da cambiarli per sempre.


Proprio quel sorriso lì. E quel sorriso è una dichiarazione bellica per Clelia. E quelle due rughe sottili che si formano quando Lorenzo sorride sono trincee nella guerra silenziosa tra i loro sguardi da cani selvatici che si annusano, si studiano da lontano, attendono il primo morso l’uno dell’altra.


Una ricca colonna sonora segue il filo di questa tormentata storia, che spezza il cuore, lo frantuma, niente è facile se non si è disposti a credere di nuovo nella vita, qualsiasi essa sia.
La musica detta il ritmo del cuore, delle emozioni, del dolore, della perdita, di quando si smette di credere ai sogni e alla speranza di qualcosa di bello.
Una lunga lista di brani, perlopiù pescati dal passato, fa da nostalgica cornice a questo romanzo, in cui le pagine sono i solchi di un vinile letti ad arte dalla puntina del grammofono, che girando armonico produce il suono graffiante di sentimenti che nascono trasformando vite, quasi come una catarsi perfetta. Le note e le parole delle canzoni segnano il percorso di rinascita di due vite che non vogliono arrendersi, che vogliono smettere di fuggire e imparare a restare.


E forse ha ragione mia madre quando dice che devo far sì che ne sia valsa la pena, che tutto questo dolore alla fine, forse, ha avuto davvero un senso.

So che grazie a te, nel periodo più buio della mia vita, io ho visto di nuovo il cielo; con te l’ho sfiorato e mi è sembrato di riuscire ad afferrarlo, per un attimo, e di avercela in pugno questa vita.


Ad enfatizzare la coinvolgente narrazione, flashback che aprono spaccati su ricordi di luoghi amati, odori di fiori, di pelle di chi non c’è più, di momenti di dolore e di felicità perduta. A questo saliscendi di frammenti del passato, si alternano bozze di lettere mai mandate, come appunti di un viaggio interiore che Lorenzo compie per elaborare il dolore, cercando di mettere a fuoco sentimenti sconosciuti, che divampano feroci, improvvisi, dando ad un cuore che sembrava inanimato la scossa di un defibrillatore ad alta tensione.

Lo stile di Silvia Ciompi, autrice che seguo e ammiro da tempo, si conferma evocativo, poetico, ricco di suggestioni profonde che celebrano i sensi, in cui le manifestazioni della natura fanno da amplificatore alle emozioni: l’afa che toglie il fiato, perfino il sonno, bruciando la pelle e penetrando nel cuore; il freddo che spezza le ossa, paralizzando gli arti e gelando l’anima.


Vanno verso la spiaggia di Procchio. Lontano dal paese, la notte frinisce di cicale e le stelle macchiano il cielo come lentiggini. Spaventano. Lore’ a Roma, le stelle, non le ha quasi mai viste per davvero, manco d’estate. Sull’isola, invece, ti piovono addosso. L’aria sa di resina. È un odore umido, ferroso, di fieno bagnato e aghi di pino. Ma finalmente si respira.


Grazie Silvia di questa storia, un inno alla vita e a sperare, nonostante tutto, come diceva l’indimenticabile Rino Gaetano:

E a mano a mano vedrai con il tempo
Lì sopra il suo viso lo stesso sorriso
Che il vento crudele ti aveva rubato
Che torna fedele, l’amore è tornato

Alla prossima storia!

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