ENTROPIA di Rebecca Quasi

ENTROPIA di Rebecca Quasi

Titolo: Entropia
Autore: Rebecca Quasi
Serie: Autoconclusivo
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 6 Agosto 2021
Editore: Self Publishing

TRAMA


Virginia, di professione ostetrica, è sposata da oltre vent’anni con Ruggero, affascinante pilota di linea. La loro relazione si trascina da sempre in un placido limbo emotivo, costellato da sporadiche notti di passione. Allo scoppio della pandemia, le abitudini di entrambi vengono sovvertite. Virginia si trova catapultata nel settore Covid delle gestanti, alle dipendenze del suo ex, Corrado Valli. Ruggero, al contrario, rimane a terra, a causa della riduzione nei voli della compagnia per cui lavora.
Con il mondo che va a fuoco, rendendo imperativo vivere un minuto alla volta, Virginia si troverà a combattere in prima linea, mentre nella vita privata sarà divisa tra il riaffiorare di un passato mai sopito e la novità casalinga della costante e premurosa presenza del marito. Il mondo muta in un baleno e, si sa, ogni trasformazione porta con sé un rischio e anche un… aumento dell’entropia.


RECENSIONE


«In questi giorni non faccio che chiedermi che differenza ci sia tra l’abitudine e l’amore.»


Cosa permette a due persone di continuare a stare insieme dopo tanti anni?

Rispondere è difficile perché il rischio di cadere in facili approssimazioni è dietro l’angolo e le modalità di stare in coppia, perlomeno in modo appagante, sono molteplici.
Resta il fatto che condividere un percorso di vita insieme richiede un equipaggio ben fornito, in cui trovare compromessi, concordare patti e mantenere equilibri sono parti fondamentali a intraprendere un lungo viaggio a due.

Equilibrio è anche parte del significato di “Entropia”, titolo di questo romanzo nonchè termine proprio dei principi della termodinamica indicante “la grandezza fisica che misura lo stato di disordine di un sistema”.

Un concetto sicuramente complesso che pervade di valore l’ultima opera di Rebecca Quasi, autrice che conferma un’impareggiabile bravura ad esplorare l’animo umano e interpretare, con un approccio quasi scientifico, le dinamiche dell’amore.

Un libro profondo, velato da una costante malinconia che racconta la storia di un matrimonio incrinato, in cui i due protagonisti, Ruggero Eller e Virginia Fabbri, si trovano a fare i conti con una ventennale relazione ammantata di silenzi, costruita sulla distanza, fisica ed emotiva, e pervasa di mancanze in cui il collante principale sembra ridursi all’incastro perfetto di due personalità antitetiche e ad una chimica potente, capace di intralciare le parole e annientare i sensi.


Ruggero cinico? C’era da non crederci. Il più delle volte sfoggiava un equilibrio e una leggerezza che passavano erroneamente per superficialità.


Ruggero è un pilota di aerei, ama volare; è organizzato, preciso e dotato di una personalità magnetica e di un fascino intrinseco che lo rende attraente da più punti di vista. Calmo, sicuro di sé, quasi imperturbabile fino ad essere, apparentemente, inscalfibile e dotato, peraltro, di un innato spirito paterno.


Non che Virginia fosse invecchiata male. Era solo un po’ spenta. Vestiva con sobrietà, ma senza eleganza, si truccava pochissimo e tendeva a scomparire confondendo l’incarnato pallido con le tinte neutre che indossava. Sempre calma, pacata, silenziosa, viveva senza eccessi più o meno da quando era venuta al mondo.


Virginia è un eccellente ostetrica, lavora in ospedale da sempre, in balia di turni massacranti. Una donna emotivamente glaciale ed apparentemente anafettiva, con un’innata inadeguatezza per le relazioni sociali. Fin dalle prime pagine traspare la sua rassegnata infelicità, originata da un intreccio articolato di abitudini, distanze, mancanze e solitudine, che hanno reso la sua vita compassata, nonostante l’esistenza di un figlio presente ed amato, Luca.

A sconvolgere le carte delle loro vite sopraggiungono due eventi contingenti: l’improvvisa ricomparsa di un ingombrante ex di lei e il propagarsi della pandemia di Covid.
Due cataclismi tanto devastanti da trascinare un legame già fragile e sfilacciato verso estremi livelli di caos, fino a decretare una crescente entropia.


Vicini ed equidistanti, come le rotaie di uno stesso binario, dirette nello stesso posto, una all’insaputa l’una dell’altra.


Se da una parte innamorarsi di Ruggero è pressochè immediato, Virginia è un personaggio più stratificato, e forse per questo profondamente autentico. Le sue insicurezze, esitazioni e debolezze sono così umane e realistiche che scavano e avvolgono il lettore con un sottile e perenne struggimento.
Il processo che si scatena è quello di un’intima empatia che colpisce perchè parla al cuore di tutti quelli che come lei hanno subito dei traumi e che si sono ritrovati inconsapevolmente intrappolati in gabbie che li hanno resi prigionieri di loro stessi, lasciando segni indelebili fino a tracciare il corso del destino.


E Virginia si era dimostrata ancora una volta la numero uno. Nessuna recriminazione o crociate inutili. A L’aura piacevano le persone così, e non ce n’erano molte in giro.


La bellezza di questo libro è quella di offrire il racconto di come un dolore, un umiliazione possano essere così invalidanti da congelare il cuore e anestetizzare le emozioni. Una lettura potente in grado di far mettere il lettore difronte ad uno specchio per porsi domande, vagliare ricordi e reinterpretare le esperienze vissute, provando a decodificare le emozioni come fossero particelle di ossigeno, indispensabili a respirare.


Toccarlo, annusare il suo profumo, noto e familiare, sentire che era lui, vivo e in salute, stava generando una serie di emozioni ignote, sconosciute e profonde alle quali Virginia era del tutto impreparata.


L’amore influisce sui nostri neurotrasmettitori, ovvero la serotonina, endorfina, ossitocina. Ed è così che questo meraviglioso meccanismo trasforma l’amore in un vettore energetico facendo tendere verso l’entropia negativa.

E’ oltremodo affascinante intuire, leggendo un libro così profondo, il funzionamento scientifico delle dinamiche dell’amore e il tortuoso percorso a cui le emozioni ci sottopongono, per trasportarci al di là della nostra comprensione. Una lettura che mi ha ricordato un altro originale romanzo di questa autrice, “Endorfine”, che offre un’interessante interpretazione su come si possa amare anche a distanza, senza che gli occhi debbano incrociarsi.

Lo stile di narrazione di “Entropia” è evocativo, con frequenti metafore che incorniciano dialoghi mai banali. Il racconto è in terza persona, costante scelta narrativa dell’autrice, dipanandosi tra passato e presente per mostrare al lettore spaccati che spiegano rotture e distorsioni, mostrando ricordi sia felici che dolorosi.
La voce fuori campo assume le sembianze di un privilegiato osservatore, illuminando con sapienza stati d’animo e dando la misura del tempo e dello spazio per evidenziare assurdità, scoprire verità, svelare fraintendimenti. Un quadro in cui non mancano mai momenti di quell’acuminata ironia che contraddistingue Rebecca Quasi come un’autrice tanto raffinata quanto introspettiva.


«Oddio Laura non mi pare tutto questo distillato di originalità.» «È L’aura con l’apostrofo.» «Apostrofo? Dove, scusa?» «Tra la L e la A.» Ruggero alzò le sopracciglia sospendendo a mezz’aria una fetta di pane. «Petrarca» chiarì la ragazza. «Molto vintage.»


Ad arricchire il libro personaggi comprimari di grande spessore, come L’Aura, diciannovenne ragazza madre che il destino farà incrociare con quello di Virginia e che sarà protagonista di un toccante processo di evoluzione psicologica; Luca, figlio della coppia protagonista, clone del padre in tutto e per tutto e capace di gesti di rara finezza. Infine, Corrado Valli, intrigante e scomodo ex di Virginia, definito amabilmente un “divo invecchiato”, l’elemento disturbatore che tenta e seduce con il fascino del potere e l’imperturbabilità di chi non ha voluto evolvere, nonostante gli anni, come se la vita non lo avesse mai attraversato, forte di un ego smisurato.


«Non è come pensi…» disse Virginia avvertendo tutta l’assurdità della frase, suonava ancora più idiota che nei film. «Il dettaglio è irrilevante.»


La storia di Ruggero e Virginia parla di resilienza, attesa e rinascita, senza fare sconti e testimoniando come sia possibile amare anche attraverso il silenzio, la distanza, in assenza di parole e in presenza di paure non ammesse.
La lunga pandemia ci ha messo difronte alla difficilissima prova di condividere paure, incertezze, angosce in una convivenza forzata capace di unirci ma anche di esarcerbare conflitti preesistenti e far emergere irrisolutezze. Una sfida che come questa storia magistralmente racconta può aver lasciato strascichi a molte persone, imponendo la necessità di trovare nuove forme di comunicazione e creare spazi di condivisione diversi, guardandosi finalmente negli occhi.

Una storia che mette al centro l’importanza di mantenere equilibri, sopportare distanze, colmare lacune e allungare le attese. Tutto, finchè ne vale la pena.


Perché non poteva essere precipitosa, non poteva abusare di un cuore così, ci avrebbe messo tutto il tempo necessario, tonnellate di minuti, giorni e ore per arrivare dov’era lui, per raggiungerlo, anche se sapeva di essere già lì.


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DI MERCOLEDì di Rebecca Quasi

DI MERCOLEDì di Rebecca Quasi

Titolo: Di mercoledì
Autore: Rebecca Quasi
Serie: Autoconclusivo
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 15 Maggio 2020
Editore: Self Publishing

TRAMA


Prendere una sbandata con i fiocchi per la preside del liceo della propria figlia e avviare una comoda, ma segreta, non-relazione a sfondo sessuale, potrebbe rivelarsi un tantino impegnativo, soprattutto se, a causa di un divorzio fuoco e fiamme, non si conosce affatto questa figlia dalla vita sociale pari a zero e si vive in una città di provincia.

Ecco ciò che accade a Michele Bastiamante, editore di successo, e a Nera Valdraghi, preside di un liceo.
La disinvoltura di Michele si scontrerà con il perbenismo di Nera in uno scambio tra il serio e il faceto che ridisegnerà la vita di entrambi.


RECENSIONE


A causa dell’improvvisa morte dell’ex moglie, Michele Bastiamente, affermato editore milanese, è costretto a fare ritorno nella piccola città di provincia da cui anni prima si era trasferito per lavoro lasciando la figlia adolescente, Eugenia, insieme alla madre. Un’inaspettata convocazione da parte della scuola sarà il primo passo di una serie che dovrà fare per calarsi, suo malgrado, nei panni di padre. È in questa occasione che conosce Nera Valdraghi, preside del liceo frequentato dalla figlia.

Un incontro strano quello con la preside, che già dai primi istanti lo mette in difficoltà perché l’autorevole docente non solo è più giovane di quanto avesse mai immaginato ma è anche destabilizzante d’aspetto: chioma di colore rosso acceso, gambe mozzafiato e occhi verdi da gatta.

Michele si troverà, tra le mille novità, a fronteggiare pure un’intensa e scomoda attrazione perché la preside Valdraghi lo intriga, e anche parecchio. Mai avrebbe pensato che il ritorno forzato in provincia avrebbe potuto acquisire un sapore diverso da quello temuto, con prospettive piuttosto interessanti.

Mi sono divertita tantissimo con questa storia, in alcune passaggi ho davvero riso di gusto perché in tutto il libro la maestria di Rebecca Quasi si avvale del potente strumento dell’ironia per raccontare la vita di provincia, con le sue dinamiche, con le sue contraddizioni.


«Ho questa fobia delle apparenze, delle aspettative altrui, di quello che gli altri pretendono da me.»


Una dimensione dove se è vero da un parte che viverci offra indiscussi vantaggi, come un’accessibile partecipazione alla vita della collettiva, dall’altra il rovescio della medaglia è che al tempo stesso ci si possa sentire confinati in quella stessa collettività, forgiati con le sue regole e la sua morale, sentendosi ovviamente meno liberi a livello individuale.

È proprio quello che succede a Nera, che una volta separata dal marito, per di più fedifrago, si ritrova a fare i conti con molti cambiamenti, primo tra tutti la modifica del suo stato civile, passando da “moglie” a “in procinto di divorzio” oltretutto con un figlio minore a carico, sconfinando in un’area sociale poco definita offrendo poi molteplici aggravanti: appartenere ad un’ottima famiglia, avere un ruolo pubblico anche piuttosto in vista nonché, ahimè, essere ancora giovane e parecchio piacente.

Michele, dal canto suo, è un uomo affermato, conosciuto nel suo settore, sicuro di sé che conosce bene le dinamiche della vita di provincia seppure ormai la sua dimensione sia la città. Con modi diretti e compassati e senza fare mistero delle sue intenzioni, stravolge il mondo di Nera con una fluidità che lo rende magnifico:


M: «Poteva essere una cosa senza complicazioni, né risvolti affettivi. Solo sesso.»
N: «Ci sono moltissime persone che non apprezzano le relazioni occasionali. Lo sapeva?».
M. «Non sarebbe una relazione occasionale. Ci daremmo appuntamento da qualche parte, e magari più di una volta
».


Ma lui non può prevedere le conseguenze di cosa significhi stringere un “patto consensuale” con una donna che, di solide convinzioni e rispettosa delle regole da un lato e piena di fragilità dall’altro, lo farà deragliare dai suoi binari senza capire come possano essere letali gli effetti collaterali di una relazione impostata sul semplice scambio del piacere, accuratamente pianificato da appuntamenti concordati.

Michele e Nera sgretolano le loro certezze in un percorso costellato da scambi tecnologici divertentissimi e da momenti di complicità profondi creando uno spazio comune, un’interstizio che li porterà in balia di un’intimità non cercata ma da cui sarà difficile fuggire, per entrambi:


«Nonostante la relazione squisitamente fisica avesse provato a tenere a bada l’intimità, quest’ultima aveva prolificato come un parassita travolgendo e sradicando ogni cosa. E quella sera aleggiava a riposo. Sovrastava la sala, univa e legava, facendo sparire tutti gli altri come in un modello solipsistico a due».


Ai due protagonisti si affiancano personaggi esilaranti, articolati, eccentrici e a tratti goliardici ma al contempo capaci di mostrare lati profondi e contrastanti: fragili e solidi, perduti e ritrovati, cittadini e provinciali, osservatori e capaci di azione.

Angelica, Azim, Eugenia non sono solo spassosi e genialmente delineati ma mostrano peculiarità nascoste che mi hanno davvero stupita, facendone sublimi porta bandiera delle proprie diversità, aldilà dell’età anagrafica, della provenienza e del look.


«Che hai?» gli chiese Angelica. «Un mucchio di sensi di colpa.» «In un uomo sono rarissimi, ne convengo.»


Ancora quel linguaggio forbito. La ragazza si accomodò meglio sul divano incrociando gli stivali da virago sul tavolinetto. Il fatto che ci fossero posati sopra un computer e dei fogli non la inibì per nulla.”

Personaggi capaci di andare contro il conformismo e la semplificazione dilagante. Loro, insieme a Michele e Nera, mi hanno lasciato quell’intima sensazione che questo libro resterà dentro di me.

Amo Rebecca perché non si limita a scrivere storie, lei celebra l’animo umano con un’ironia potente e con un uso sapiente delle parole che ammalia.


Andarono avanti a parlare e ridere, la leggerezza si era posata su di loro e stava penetrando in profondità, come un’acqua che bagna una terra piena di crepe. La parola lega, lima, intreccia e salda. Lo fa di sua libera iniziativa, ma in particolare elargisce i propri favori a chi di essa è un innamorato fedele.


Eccolo “Di mercoledì”. Una storia da leggere, perché fatta di incastri perfetti, geniali incroci ed un sublime gioco di compensazioni.

Un inno a vivere come si crede meglio per sé, e non per assecondare le aspettative altrui.

Viene voglia di continuare a leggerne ancora di storie così. Fanno bene al cuore e alla ragione.

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UNFIT Vol. 2 FORTUNE di Miss Black

UNFIT Vol. 2 FORTUNE di Miss Black

Titolo: UnFit Vol.2 Fortune
Autore: Miss Black
Serie: Amori di Tre Ragazze Impresentabili
Genere: Historical Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Concluso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 5 Giugno 2021
Editore: Self Publishing

TRAMA


La Stagione 1889 è iniziata e che cosa possono mai fare tre sorelle impresentabili nel grande melting pot londinese, attraversato da moti suffragisti e lotte di classe, affollato di slum dove la povertà è inaccettabile e percorso da avanguardie culturali, crocevia per uomini e donne di ogni cultura e religione, in cui nobili e plebei si trovano a condividere la stessa aria inquinata dal fumo di mille caminetti?
Be’, ma chiaramente vestirsi come meringhe e andarsi a inginocchiare davanti alla Regina!
La sorella maggiore, Rachel, per la verità si è già accasata, nientemeno che con un marchese, ma le due minori, Vera e Fortune, sono ancora a piede libero.
Fortune ad accasarsi non è poi molto interessata, anche se con la famiglia del suo tutore legale le frizioni sono continue. Quindi se la fila il più spesso possibile per coltivare amicizie diverse con le donne più rivoluzionarie in città. Un’occupazione non priva di rischi, dato che le manifestazioni di protesta spesso finiscono con l’arresto di tutti i partecipanti.
Sua cugina Laura non capisce proprio che cos’abbia in testa per mescolarsi con certa gente, quando tutti gli scapoli di Londra le girano attorno. Il problema è che nessuno tra gli scialbi figli dell’aristocrazia del regno costituisce una buona accoppiata intellettuale per Fortune… nessuno tranne uno: il sulfureo, scandaloso, donnaiolo impenitente, giocatore d’azzardo, scapestrato Lord Grey, terrore di ogni madre con una figlia in età da marito.
Ecco, con lui Fortune non si trova male. Peccato che anche solo farsi vedere in sua compagnia potrebbe distruggere la reputazione di tutte le ragazze della famiglia.
Che cosa potrebbe mai andare storto?

RECENSIONE


Aspettavo con trepidazione il secondo capitolo di questa serie, per conoscere finalmente la storia della ribelle Fortune, la minore delle sorelle Vessemer che nel primo libro, Unfit vol. 1, di cui è protagonista la maggiore Rachel, aveva fatto marginali apparizioni mediante accorate lettere inviate alle sorelle per raccontare la sua nuova vita a Londra.

Racconti dettagliati e minuziosi capaci già di rivelare un’indole tenace, a conferma del marchio di fabbrica delle sorelle Vessemer:


Lei e le sue sorelle costituivano un’eccezione nell’alta società inglese, lo sapevano. Erano istruite, curiose, indipendenti.


A questo comune tratto di famiglia, in Fortune si aggiunge una personalità originale e combattiva che si amplifica grazie ad uno spirito orgoglioso e indipendente, tale da renderla insofferente verso il nuovo ambiente in cui si è trasferita, ricco di convenzioni, regole da rispettare, e per questo molto diverso da quello in cui è cresciuta, in campagna, senza l’oppressione dell’esposizione sociale.

Una delle particolarità che si colgono in questo godibilissimo romanzo è quanto la città sia il perno attorno al quale non solo si sviluppano gli intrecci tra i vari personaggi, sia protagonisti che comprimari, ma anche un contesto ricco di contraddizioni in cui convivono realtà contrastanti che si intersecano fino a confondersi.

Da una parte la patinata superficie dell’alta società in cui merletti, panciotti, pipe e sguardi ammiccanti sono la cornice imbellettata in cui borghesia e aristocrazia si mischiano per fronteggiarsi e spesso contendersi unioni, legami, amicizie in una perenne lotta di classe, in cui è la convenienza a padroneggiare, per mantenere privilegi e raggiungere ambiti status sociali.

Dall’altra, al di sotto della superficie, il mondo sommerso in cui ricchi e miserabili si confondono e laddove serpeggia la dissolutezza più diffusa, spesso praticata dai soggetti più insospettabili, che fanno della morale la loro bandiera ma che nei vicoli più oscuri e periferici trovano rifugio per sfogare le loro depravazioni.


In otto mesi, Fortune aveva imparato che, per sopravvivere, la cosa migliore era mimetizzarsi con loro. Come una zebra nella savana, le cui strisce verticali servono a confondersi nell’erba alta, Fortune aveva assunto una facciata noiosa e rispettabile. O almeno ci aveva provato.


La città come dimensione intrigante e in continuo fermento che intrattiene, diverte ma che allo stesso tempo può divenire trappola e prigione. Sono le convenzioni e il rispetto dell’etichetta a predominare, in cui è la forma a definire la sostanza.

In questo panorama raccontato con incisiva credibilità, Fortune emerge naturalmente agli occhi di tutti di quelli che la conoscono, in un modo fin quasi pericoloso attirando su di sé l’invidia di molte fanciulle nonché l’attenzione di chi dovrebbe essere tenuto a debita distanza. Una naturale propensione ad essere notata, non solo per la bellezza ma per la colta intelligenza, una virtù fin troppo scomoda perché Fortune sopravvive dietro una coltre di invisibilità, l’unica a renderla davvero libera.


Quello che cercava era un marito disposto a restare sullo sfondo e a non interferire con la sua vita. Trovarne uno non doveva essere semplice, ma Fortune non voleva credere che fosse del tutto impossibile.


Una giovane anacronistica per la sua epoca e che incarna lo spirito ribelle del movimento delle «Suffragette» con determinazione, facendo dell’emancipazione femminile il baluardo per conquistare il proprio posto nella società, e provando a compensare l’enorme peso degli uomini, detentori delle sorti delle vite delle donne, fossero queste sorelle, figlie o mogli.

Uomini che, a differenza delle donne, sono sollevati da ogni vincolo o dovere, capaci di costruirsi un’esistenza senza legami o costrizioni, come Francis Landon, decimo Duca di Grey.


Fortune ebbe lo stesso l’impressione di essere stata colta in fallo. Come se Grey la vedesse per ciò che era, nonostante tutti gli sforzi profusi per mimetizzarsi. Un elefante in una cristalleria, invece di una zebra nella savana.


Schietto, superficiale ma capace di una memoria formidabile e di recitare poesie in francese di Baudelaire; poco avvezzo alle convenzioni e completamente avverso ai legami ma in grado di un’onestà disarmante e di difendere chi crede negli ideali.

Lord Gray vive al di sopra delle regole, Fortune le regole vuole fingere di rispettarle per vivere, per quanto possibile, libera. Tanto apparentemente diversi, quando intensamente simili.

Due anime indipendenti, colte, ironiche che grazie ad una profonda intimità intellettuale ed un’irrefrenabile alchimia fisica verranno coinvolti nelle spire di un vortice che non potranno evitare, fino a che passione, scandali, fughe e allontanamenti cambieranno il loro destino. Un percorso che oltrepassa i rigidi schemi di una società che li vorrebbe stereotipati ma che contrastandoli consentirà loro di evolvere e superare castranti pregiudizi personali, fino a portarli a scoprire l’amore più salvifico.

Anche questa volta Miss Black ha superato le aspettative dei suoi lettori, offrendo un romanzo fluido e appassionato che delinea l’importanza nonché la bellezza di essere liberi e potersi esprimere come si vuole, al di là delle convenzioni e nel rispetto della propria natura.

Un concetto attuale che in questo libro trova massima espressione, e che nonostante sia ambientato nel periodo vittoriano offre messaggi profondamente contemporanei.


«La invito a non dimostrare tanta familiarità con mia sorella. Per una donna è un attimo perdere il bene più prezioso. Non la virtù, come predicano gli ipocriti, ma la reputazione, che dell’ipocrisia è la corona».


Non vedo l’ora di sapere cosa combinerà la mezzana delle sorelle Vessemer, Vera, apparentemente la più conciliante delle tre ma che sono sicura ci riserverà delle sorprese.

Ci vediamo in autunno!

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NEL PROFONDO di Miss Black

NEL PROFONDO di Miss Black

Titolo: Nel profondo
Autore: Miss Black
Serie: Autoconclusivo
Genere: Erotic romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Concluso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 22 Ottobre 2016
Editore: Self publishing

TRAMA


Nella piccola città della Louisiana dove Lauren è nata e cresciuta tutti sanno che i Blanchard sono criminali. La loro grande tenuta si perde nelle paludi e Dio solo sa che cosa succede là dentro. Il fratello maggiore non si vede quasi mai, la sorella di mezzo è nota per le sue intemperanze e il minore, Rivet, sembra quasi simpatico, ma è anche il sicario della famiglia. Lauren esce con il suo autista da qualche mese quando lui la nota… ed è difficile dire di no, quando il tuo capo ti chiede di prestargli la tua ragazza per una festa, specie se il tuo capo potrebbe ucciderti se rifiuti. Lauren accetta di andare alla tenuta dei Blanchard, senza sapere che oltre quelle mura la attendono segreti e piaceri oscuri e inimmaginabili. Un uomo, Rivet, combattuto e complicato, due bambini capaci di conquistarti con uno sguardo e una famiglia dal cuore nero come l’acqua delle paludi…

RECENSIONE

Per parlare di questa storia occorre partire dal titolo “Nel profondo”, che evoca con efficacia il filo conduttore che traccia la trama di questo libro: cosa si nasconde al di sotto della superficie? Quanto le profondità possono nascondere segreti, verità, perfino cadaveri?


Lauren era stata nelle paludi molte volte. In fondo facevano parte della vita quotidiana, dalle loro parti, ma se ne era sempre tenuta ai bordi. Ora, mentre penetrava in profondità, aveva l’impressione di inoltrarsi in un organismo vivo e non particolarmente amichevole.


Il fascino dell’uomo sbagliato è sempre stato il tallone di Achille di Lauren, giovane cameriera che vive da sempre in una piccola cittadina in Lousiana, nel profondo sud degli Stati Uniti, dove il tempo pare si sia fermato e dove la legge la dettano i fuori-legge. Questa pericolosa attitudine non le risparmia l’incontro con Rivet, membro più giovane della temuta famiglia Blanchard che domina la zona tramite numerosi affari criminali.

Quella che sembrerebbe la tipica trama della storia tra un bad boy che seduce una ragazza innocente diventa nelle mani di Miss Black (alias Amanda Blake, per chi volesse trovarla sui social), un romanzo duro, crudo, a tratti violento, che risparmia poco all’immaginazione ma riempie gli occhi e l’anima con un gioco di chiaro-scuri tra i più interessanti letti fino ad oggi.

Una storia che si insinua nelle recondite cavità dell’animo umano, quelle dove non c’è assoluzione al male, che annichilisce e stordisce, ma che richiede tempo, quello di appurare se sia tutto vero ciò che appare in superficie, oppure se vi sia qualcosa sotto, nel profondo, nei personaggi che appaiono innocenti così come in quelli capaci di crimini efferati.

È davvero tutto come sembra? Cosa può nascondere meglio di una torbida palude, in cui acqua terra e vegetazione si confondono, come il male e il bene, il buono e il cattivo, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato?

Le ambientazioni trovano sempre un posto di rilievo nei romanzi di Miss Black, utilizzati spesso come simbolo del messaggio che vuole esprimere. Questa storia non fa differenza, le paludi oscure e melmose che dominano la Lousiana sembrano in grado di plasmare le vite di chi vi appartiene insinuandosi tra i vestiti dei suoi abitanti, intrappolati da strati di fango fatti di silenzio ed omertà.


Rivet era seduto a prua, assorto e silenzioso. Data la natura delle paludi, le deva indicazioni a gesti su quali canali imboccare nel dedalo di piccole isole sommerse dalle mangrovie.


Ma ciò che rende “Nel profondo” uno dei libri più interessanti della vasta bibliografia di un’autrice dal talento raffinato è l’evoluzione dei due protagonisti: Rivet da sicario anaffettivo fa i conti con la propria natura, per guardarla finalmente in faccia e capire quanto essa sia il frutto perverso di un graduale processo di osmosi derivato da una famiglia corrotta e incancrenita; Lauren da inesperta ragazza di provincia, incaponitasi nell’evitare i “cattivi” di turno uscendo con uomini sapidi che si rivelano immancabili delusioni, decide di essere libera, di rispettare sé stessa e le proprie scelte, amando con consapevolezza un uomo “sbagliato”, e di impugnare la pistola per salvargli la vita.

Il loro percorso di cambiamento coinvolge facilmente il lettore che, grazie a dialoghi intelligenti e autentici, comprende le scelte e le azioni dei personaggi della storia, anche le più discutibili, che spiccano per una brillante credibilità.

Su di essi vi è la sospensione del giudizio da parte di chi legge. In queste storie più dark della sua bibliografia, Miss Black intende posizionare il lettore di fronte a uno specchio, come se si divertisse a tracciare con vivida immaginazione le imperfezioni di ogni essere umano, ricordandoci, con acume e ironia, le nostre debolezze e fragilità.


Lentamente, lui le avvicinò la bocca alla bocca e la baciò. Le loro lingue si accarezzarono, Lauren chiuse gli occhi e pensò che non si era mai sentita così, che era pericoloso e doveva stare in guardia, ma anche che voleva che quel bacio continuasse fino alla fine del mondo.


Mi piace pensare che questa storia sia l’esempio perfetto di come Miss Black, attraverso un compendio di immagini vivide e potenti, dove la carne, il sesso, le vibrazioni del corpo, la terra e una violenza quasi primitiva dominano la scena, celebri le connessioni umane, quelle più intime e profonde, capaci di far germogliare la vita laddove tutto sembra arido e marcio, di risvegliare sentimenti di rara purezza senza l’uso delle parole.

Chapeau.

VITE RUBATE di Monica Lombardi

VITE RUBATE di Monica Lombardi

Titolo: Vite rubate
Autore: Monica Lombardi
Serie: Autoconclusivo
Genere: Giallo
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: chiuso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 17 Maggio 2019
Editore: Spinnaker

TRAMA


Paula Wellman è una donna sola e un’agente FBI. Sa bene che si tratta delle due facce della stessa medaglia, come sa che il fatto di non avere famiglia le fa guadagnare un viaggio in Alaska alla caccia di un tenue collegamento tra l’esplosione di un’auto in cui è morta un’adolescente e un cold case. Sa anche che molti dei suoi colleghi maschi non mandano giù il fatto di dover lavorare con una donna, forse anche Dan Fusco, l’agente che viene esiliato al freddo insieme a lei.

Dopo che la moglie Adele è morta in circostanze mai del tutto chiarite, la vita di Zachary Walsh e della figlia Alice è stata sconvolta e Zach sta cercando di riscriverla. Per farlo ha messo quanti più chilometri possibile tra loro, un trauma doloroso e un passato per certi versi scomodo, e ha scelto di trasferirsi a Willow, dove abita la sorella della moglie e dove si muove Sam Pitka, il protagonista della sua fortunata serie di gialli.

Zach non è felice di vedere l’FBI presentarsi alla sua porta e di essere di nuovo sotto la lente investigativa.
Paula si trova spiazzata di fronte a un uomo che sembra non fare nulla per allontanare da sé i sospetti.
Attorno a loro un gruppo di adolescenti ribelli, annoiati, che raccolgono e rilanciano sfide e delusioni, e l’inverno dell’Alaska alle porte, pronto a coprire tutto con il gelo della sua neve.

Tornando al mondo di Mike Summers, il poliziotto di Atlanta protagonista della sua prima serie, Monica Lombardi tratteggia un giallo raffinato che si intreccia a una storia familiare di rapporti fragili, danneggiati, forse vicini al dissolvimento. Il tutto in un’Alaska fatta di boschi sconfinati, stellate che tolgono il fiato e abitazioni isolate, un’ambientazione unica che sentirete sulla e sotto la vostra pelle.

RECENSIONE


Greve e pesante era però il novembre dell’Alaska, con le temperature già rigide e le notti infinite–avevano da poco finito di pranzare e già le ombre della sera si stavano avvicinando, pronte a inghiottire i colori e le forme del bosco. Un’atmosfera cupa, sì, ma anche evocativa, intrisa di mistero. Uno stimolo potente alla sua ispirazione.


Le montagne, i boschi e gli immensi spazi aperti dell’Alaska sono la sontuosa cornice di un romanzo bellissimo, in cui fitti misteri e vecchi segreti si intrecciano al percorso impervio che porta alla ricerca di affetti perduti, tra tortuose salite e ripide discese, trascinando il lettore in un viaggio in cui anche i sentimenti più nascosti troveranno spazio per divenire legami insospettabili.

Era da molto tempo che volevo leggere “Vite rubate” non solo per la bellissima cover e il l’intrigante titolo ma soprattutto per conoscere l’autrice, Monica Lombardi, di cui avevo sentito spesso parlare.

L’attesa non è mai stata tanto ripagata non solo per la trama avvincente e originale, quanto per lo stile di scrittura sapiente e raffinato che rende la narrazione coinvolgente fin dalle prime pagine. Le parole sono dosate con accurata attenzione e ogni dialogo offre puntigliosi tasselli per ricostruire il puzzle di un giallo non facile da interpretare e che intriga profondamente.


Si immaginò quello stesso paesaggio innevato, il silenzio reso ancora più ovattato dalla neve, e le venne in mente una sola parola: pace. Non solitudine, non isolamento, pace. È questo senso di pace che sei venuto a cercare qui, Zachary Walsh? Ma, soprattutto, si trattava di vera pace o piuttosto del tentativo di fuggire il più lontano possibile da un lutto, o da una colpa?


Zachary Walsh è uno scrittore affermato che a seguito dell’improvvisa morte della moglie Adele lascia la California per trasferirsi insieme alla figlia Alice a Willow, una fredda cittadina dell’Alaska per fuggire ai ricordi di una famiglia distrutta e ritrovare la pace perduta. Ma in verità sarà proprio un luogo apparentemente silenzioso a nascondere segreti inconfessabili sotto una perenne coltre bianca di neve intrisa di mistero.

La lontananza che Zach decide di mettere da San Francisco segna simbolicamente la distanza affettiva che inesorabilmente lo allontana sempre di più dalla figlia, avvolta in un vortice di frustrazione e rabbia che l’ha chiusa in sé stessa fino a generare un odio profondo verso suo padre, incapace ormai di capirla.

Zach è un personaggio complesso e ricco di sfaccettature con cui entrare in sintonia è stato immediato. Un protagonista magnetico che vibra nelle pagine alternando l’immagine di vittima come marito tradito da una moglie infedele e quello di essere il sospettato principale dell’incidente che ha coinvolto quest’ultima.
Vittima o carnefice? Un dualismo che si dipana per tutto il romanzo senza mai lasciare trasparire la verità, nonostante l’avvicendarsi di colpi di scena e sfumature psicologiche che pian piano svelano squilibri tra i personaggi del racconto, facendo fluttuare il giudizio di colpevolezza o innocenza in modo continuo.

A condurre le indagini richieste dall’FBI è Paula Wellmann, mandata insieme al collega Dan Fusco ad indagare per capire se possano esservi collegamenti tra la morte di Adele Walsh, avvenuta più di un anno prima, e quella Priscilla, amica di scuola di Alice morta in un incidente senza apparente spiegazione.

Paula è una donna tenace che con piglio professionale cerca di investigare senza pregiudizi e scevra da ogni facile condanna. Una professionista seria e irreprensibile dal passato doloroso che non avrà strada facile nel districare i fili della matassa di un caso che affonda le sue radici in relazioni familiari intricate, in cui rabbia, dolore, senso di inadeguatezza e solitudine si intrecciano fino a confondersi.


«Un buco nel cuore.» «Non so se sia il mio libro migliore ma è quello più … oscuro.» Paula rialzò lo sguardo sul suo viso. La sfida era là pronta ad attenderla.


Lo stile di narrazione è evocativo e ricco di metafore, in cui il racconto presente si alterna a flashback che aiutano a capire meglio la natura dei rapporti familiari che sembrano alla deriva. A questa alternanza si intrecciano le pagine di due diari, quelli di una madre e di una figlia, unici testimoni di due vite piene di segreti e mancanze mai rivelate, come le confessioni di Alice che con profonda autenticità affida alle pagine del suo l’inferno in cui si sente avvolta e che non le lascia tregua, impedendole di essere amata dall’unica persona di cui anelerebbe maggiormente l’affetto.


L’inferno è un luogo dell’anima, che però, ed è questa la vera assurdità, te la strappa e te la riduce a brandelli. A volte ci nasci, altre volti lo incontri lungo la strada. Ma lo porti sempre con te. Una volta che ti ha scelto non ti molla, ti segue ovunque, ti impedisce di agire e allo stesso tempo di costringe a farlo. L’unica cosa che puoi fare è condividerlo. Trascinare qualcuno già con te. Perchè anche la dannazione diventa più sopportabile, se non si è dannati soli.”


I boschi più selvaggi e la natura incontaminata dell’Alaska sono lo scrigno silenzioso in cui un manto nevoso bianco e bellissimo nasconde la verità di una vita rubata che grida vendetta.

Un romanzo in cui il lavoro investigativo è forza motrice per scardinare paure e innescare sentimenti imprevisti ma impossibili da evitare, in una danza in cui speranza e fiducia creano nel lettore la voglia di scoprire finalmente l’identità di efferati delitti, fino a coinvolgere il lettore affiancando Paula durante le indagini per cercare tracce nelle neve, tanto capace di nascondere quanto di rivelare.


La storia della nostra vita, alla fine, è come un libro. Giri pagina e trovi un incontro, una situazione. Puoi scrivere le righe del tuo dialogo ma quello che fai, come agisci, è una reazione alla situazione e alle persone che incontri”.


Quest’ultima citazione racchiude il senso profondo di una storia scritta magistralmente che con originalità e fine eleganza esplora le oscurità dell’animo umano, portando nelle cavità più nere, quelle dove la follia non lascia spazio alla ragione. Ma è nel buio che spesso si può trovare la forza di reagire e guardare dentro noi stessi, per imparare a riconoscere la luce più flebile ma salvifica, in grado di riportare nuovamente alla vita, in una forma nuova e forse migliore.

Chapeau.

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Recensione precedentemente pubblicata da Alessia sul blog All Colours of Romance

IL FABBRICANTE DI LACRIME di Erin Doom

IL FABBRICANTE DI LACRIME di Erin Doom

Titolo: Il Fabbricante di Lacrime
Autore: Erin Doom
Serie: Autoconclusivo
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: POV alternato (Nica e terza persona per Rigel)
Tipo di finale: chiuso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 21 Dicembre 2020
Editore: Self Publishing

TRAMA


Fin da bambina Nica ha sempre desiderato soltanto una cosa: avere una famiglia.
Quando a diciassette anni qualcuno decide di adottarla, quel desiderio diventa realtà e il suo sogno sembra finalmente realizzarsi.

Nica è docile, buona e colma di una speranza che la porta a vedere il meglio nel mondo, ma il destino vuole che insieme a lei venga portato via anche un altro orfano, Rigel, l’ultima persona che Nica vorrebbe come fratello adottivo.

Rigel è intelligente, scaltro, suona il pianoforte come un demone incantatore ed è dotato di una bellezza in grado di ammaliare chiunque, ma il suo aspetto angelico cela un’indole spietata, oscura e a tratti folle da cui Nica si è sempre tenuta alla larga.
In lui c’è qualcosa di incomprensibile che ha sempre reso il loro rapporto difficile e inconciliabile, e anche se le loro anime sono legate da un passato comune di dolore e mancanze, la convivenza tra loro sembra impossibile.
Eppure, nonostante Rigel rappresenti in tutto e per tutto il lupo della favola, Nica è determinata a non arrendersi e a proteggere il suo sogno da qualsiasi ostacolo.
Persino quando quell’ostacolo ha due occhi neri e uno sguardo bruciante.
Persino quando la guarda in quel modo… come se desiderasse divorarla.

RECENSIONE


Incuriosita dal rumore scatenato sui social e seguendo la scia di commenti entusiasti, ho deciso di leggere questa storia. L’ho fatto senza pensare troppo e ammetto che il titolo mi ha da subito intrigata.
“Fabbricante di lacrime” mi ha riportato alla mente qualcosa di familiare, forse una fiaba, un ricordo infantile come un racconto popolare ascoltato da bambina.

Non mi è tornato alla mente nulla che avessi già vissuto e paradossalmente fin dalle prime pagine ho avuto la sensazione che la storia stesse creando un ricordo nuovo, con crescente stupore.

L’autrice ha utilizzato uno stile di scrittura coinvolgente, intenso che mi ha catturata fin da subito, in cui i pensieri si rincorrono l’un l’altro senza lasciare respiro. Ammetto che ci sono stati momenti in cui le elucubrazioni mentali di Nica mi sono sembrate fin troppo eccessive e ripetitive nel raccontare i suoi stati d’animo. Ma più andavo avanti nella lettura e più sentivo che per capire questo personaggio dovevo assumere la sua prospettiva, ovvero quella della mente di una giovane ragazza segnata, fin nel profondo, come lei.


Sapevo di essere diversa.
Sentivo una strana empatia con tutto ciò che era piccolo e incompreso. L’istinto di proteggere ogni tipo di creatura era nato quando ero bambina e non se ne era più andato. Aveva plasmato il mio piccolo e strano mondo con colori tutti miei, che mi facevano sentire libera, viva e leggera.


Nica mi ha così trascinata nel suo dolore, nelle sue paure di bambina. Il suo nome è quello di una farfalla, una falena sempre alla ricerca della luce, del calore, come lei, desiderosa di amore e incapace di odiare. Una creatura quasi irreale, pura ma purtroppo plasmata da anni di sofferenze in un orfanotrofio divenuto come una prigione. Il suo sogno di essere brava, perfetta e accettata dagli altri è straziante. Nica sogna una famiglia dove essere finalmente amata.


Sarò brava, mi tamburellò in gola, sarò brava, sarò brava… Per nessun motivo al mondo volevo tornare tra quelle pareti, ricordare l’eco delle urla e sentirmi ancora in trappola. Io avevo bisogno di quei sorrisi, quegli sguardi che per una volta mi avevano scelta. Non potevo tornare indietro, non potevo, no, no, no…


Quando il suo sogno finalmente si avvera non immagina che a lasciare l’istituto con lei ci sarà anche Rigel, il suo più terrificante incubo di bambina, il “Fabbricante di lacrime”.


Lo guardavano come se fosse un dio, si lasciavano ammaliare dal principe delle favole ignorando che fosse il lupo. Il demonio, in fondo, non era il più bello tra tutti gli angeli? Perché nessuno sembrava vederlo?


La loro convivenza sarà l’inizio o forse la fine di qualcosa che li ha rinchiusi per anni in una cella buia, oscura, piena di mistero e sofferenza.


Esisteva un confine invisibile tra di noi. E da sempre gli occhi di Rigel mi chiedevano di non infrangerlo, di non commettere questo errore. «Il cuore ti batte come un pazzo», mormorò sull’arteria della mia gola, pulsante del mio battito cardiaco. «Per caso hai paura di me, falena?»


Nica è imperfetta, insicura mentre brama l’affetto dei suoi nuovi genitori adottivi. Rigel è perfetto, solido e rifugge da ogni tipo di legame.
Due vasi rotti, spaccati dalle stesse fratture ma con i pezzi montati al contrario, due superfici antitetiche. Lui perfettamente liscio, lei piena di cicatrici e cerotti.

Quando credevo che avrei ascoltato solo la voce di Nica, inaspettatamente si è aggiunta la voce narrante dell’autrice. Una scelta che ho davvero apprezzato perché offre maggiore profondità a Rigel, un personaggio che avrebbe rischiato di essere stereotipato fino all’appiattimento. Ho conosciuto la sua storia, i suoi incubi e sogni ed è stato un viaggio commuovente, a tratti mi sono dovuta fermare per il nodo alla gola.


Non tutti i veleni hanno un antidoto. Alcuni si infilano nella tua anima, ti stordiscono con il loro odore e hanno gli occhi più belli che tu abbia mai visto. E a loro non esiste cura. Nessuna.


Una storia che mi ha offerto una profonda chiave di lettura per i sentimenti, la sofferenza, ricordandomi la meraviglia della lettura, che accolgo ogni volta con crescente stupore.
Amo leggere e lo faccio con la consapevolezza che i libri hanno il potere di liberarci, farci sognare, vivere altre vite, commuovere e smuovere l’anima.
In questa storia mi sono persa nella rocciosa forza di Rigel e ritrovata nella delicata fragilità di Nica. E adesso sì, ho una favola in più da ricordare.


“Forte è chi sa toccare con delicatezza le fragilità degli altri.” 


Felice di aver conosciuto questa autrice e in attesa della sua prossima storia.

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Recensione precedentemente pubblicata da Alessia sul blog All Colours of Romance

BONUS TRACK di Elle Eloise

BONUS TRACK di Elle Eloise

Titolo: Bonus track
Autore: Elle Eloise
Serie: How to disappear completely series
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: POV singoli (Marco, Alice e Denis)
Tipo di finale: chiuso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 8 Dicembre 2019
Editore: Self Publishing

TRAMA


Le novelle che compongono la raccolta Bonus Track sono: “Bruci l’inverno”, “Ballando nel vento” e “Blu”, tre spin off rispettivamente del secondo, del terzo e del quarto volume della serie “How to disappear completely”. Le Bonus Track sono le tracce nascoste, le pagine inattese, storie che nascono da altre storie. Significa sbirciare il fuoricampo della scena, sollevare il sipario, sfondare la quarta parete.
All’interno della raccolta anche una ghost track inedita.
La serie “How to disappear completely”, ormai conclusa, è composta da 4 romanzi autoconclusivi e la raccolta di novelle spin off: 1. “Cuore d’inverno”, 2. “Come una tempesta”, 3. “Voci nel vento”, 4. “Fino alle stelle” + “Bonus Track – Le novelle”.

RECENSIONE


“Bonus track”, ovvero letteralmente: «brano supplementare di un album musicale che integra i contenuti dell’originale». Questo è il titolo della raccolta di novelle spin off della serie “How to disappear completely” di Elle Eloise.
Tre tracce che arricchiscono un album indimenticabile che attraverso questi racconti amplifica il significato più intrinseco di rinascita interiore trasportando il lettore altrove, nella dimensione ignota che segue al cambiamento. Un salto liberatorio nel futuro, dopo aver fatto i conti col passato, con i suoi dolori e dare un nuovo senso a tutto, prima di chiudere la vista su esso. Tre storie intense e graffianti che insegnano come i ricordi, le convinzioni e le paure possono essere usati in modo diverso, creativo, per dare forma a noi stessi come ci vogliamo ora e alla nostra vita come la vogliamo adesso.

I protagonisti di queste novelle sono Marco, fratello di Paolo, Alice, sorella di Francesco e Denis, amico di Ozzy, personaggi comprimari appena conosciuti nei 3 romanzi della serie che in queste pagine trovano spazio per raccontarsi ed uscire allo scoperto.

Voci a cui l’autrice ha dato ascolto per permettergli di lasciare il buio e ritornare alla luce per ritrovare la pace perduta.

#1 Bruci l’inverno


Se cominci ad avere dei segreti non ti rendi conto quando, a un certo punto della tua vita, questi si sostituiscono alla realtà. E, improvvisamente, ti ritrovi a non essere mai veramente te stesso, ti riduci a essere come “dovresti” essere.


Quanto è difficile essere sé stessi? Quanto è tortuoso il percorso dell’accettazione della diversità?

Lo sa bene Marco, ragazzo fragile e timido che da sempre vive all’ombra del fratello Paolo, carismatico e dalla personalità magnetica. Due fratelli profondamente diversi ma accomunati da un passato familiare doloroso che li ha uniti moltissimo fino a creare intorno a loro un guscio protettivo spesso e liscio, senza imperfezioni o crepe.

Cosa accade se però se la protezione diventa una prigionia, se difendersi dal male e volerlo dimenticare porta a rinnegare sé stessi e la propria natura?

La storia di Marco racchiude un intreccio complesso di solitudine e senso di inadeguatezza, compensazione e fuga, negazione e bisogno di evoluzione, in cui il dolore si dipana con i sensi di colpa, la voglia di amare con la paura di essere libero. Emozioni contrastanti che generano un fiume in piena che segna il percorso di un ragazzo abituato più a compiacere gli altri che ascoltare sé stesso, occultando la realtà dietro la coltre della finzione e dell’illusione.

“Bruci l’inverno” offre la testimonianza di un viaggio di accettazione personale, condensando in poche pagine la bellezza di svelarsi e uscire dall’ombra per affidarsi e abbandonarsi all’amore. Una lettura che pervade tramite uno stile di narrazione serrato, fatto di pensieri diretti che permettono di accedere all’anima di Marco, all’interno delle sue fragilità e debolezze. Elle Eloise con questa prima novella dimostra già quanto il numero di pagine non sia proporzionale all’intensità di un emozione, perché a fare differenza è ben altro: l’autenticità dei personaggi connotati da personalità stratificate e l’uso sapiente delle parole che miscelati insieme permettono di interpretare i sentimenti e farli nostri, fino a creare sonorità potenti che fanno da cassa di risonanza ai battiti del cuore.

#2 Ballando nel vento

La protagonista di questa seconda novella è Alice, gemella di Francesco, conosciuto in “Voci nel vento”intenso terzo capitolo della serie in cui si racconta il suo viaggio on the road in America con Olivia sulle tracce della sorella di lui scomparsa da mesi.

Alice è una ragazza in fuga. Decisa a rifarsi una vita lontana dall’Italia dove ha lasciato solo macerie e dolore, sceglie di accettare l’offerta di Ethan, il ragazzo di cui è segretamente innamorata da anni che le propone di raggiungerlo negli Stati Uniti. Ethan non è solo un amico bensì l’unica persona di cui si Alice si fidi e con cui abbia mai intrapreso una relazione pulita e sana. Un ragazzo tanto ombroso e taciturno quanto capace di trasmetterle la pace e la sicurezza di cui Alice necessita come l’aria, per rimuovere i ricordi e sentirsi finalmente capita da qualcuno.


È brutale ma sa regalare momenti di infinita tenerezza, è silenzioso eppure comunica più di qualsiasi persona io abbia mai conosciuto, riesco a sentirlo vicino anche se si trova dall’altra parte della stanza. Ma che dico? Riuscivo a sentirlo vicino anche quando c’era un oceano intero a dividerci.


Ma scappare lontano è inutile se le ombre che ti devastano sono all’interno, demoni che divorano l’anima per prenderti , ovunque tu possa andare, anche oltre oceano, per riportarti nell’abisso più oscuro e non lasciarti riemergere, al di là dello spazio e del tempo.

Se è vero che il passato di sofferenza e mancanze non si può cambiare, è altrettanto vero che l’unica cosa che si può controllare è la nostra reazione rispetto ad esso, il modo in cui lo si vede, per evitare che la parte che soffre venga fagocitata dal dolore emotivo che si scatena, col rischio di trascinarlo ovunque e con chiunque saremo. Sarà Ethan il perno su cui Alice potrà incentrare il suo cambio di rotta per cambiare visione di una vita rovinata.


Deve starmi lontano, non può accendere di nuovo la luce, ho bisogno di riappropriarmi del buio o rischio di ammattire come quei bimbi allergici ai raggi del sole.


La loro convivenza avrà inizio all’interno di una casa malmessa e isolata, di proprietà della famiglia di lei, un luogo da condividere, ma anche un “contenitore” di un passato da affrontare e un presente da rimodulare. Una casa come uno spazio ricco di simboli al cui interno prenderà forma un lavoro non solo manuale ma anche terapeutico, in cui dovranno giocare la loro partita finale, in cui costruire la fiducia con mattoni solidi, messi uno ad uno sotto un sole cocente, che illumina e scalda come solo l’amore più incondizionato è in grado di fare.

Un sentimento salvifico che Ethan cova in silenzio, che tiene sotto traccia come il più prezioso dei beni, a ricordare quasi che chi ama davvero è capace di aspettare, di dare tempo restando in osservazione, pronto ad entrare in azione nel momento in cui le lacrime sono finite e resta solo il vuoto e il buio.

Una novella che entra dritta nel cuore, esplodendo come il sole più caldo e l’inverno più gelido, una contraddizione potente che scuote ed esalta al tempo stesso il senso profondo di come insegnare ad amare, oltre anche sé stessi.

#3 Blu


Era così che ci preferivi, ricordi? Una schiera di bambini invisibili e trasparenti agli occhi degli adulti, immeritevoli delle loro attenzioni. Dovevamo avere solo le tue. Da piccolo avrei voluto davvero essere invisibile.


Credo che la storia di Denis sia una delle più commoventi e toccanti che abbia mai letto. Definirla in altri termini significherebbe sminuirla perché in questa novella il dolore grida e affonda nella melma di sofferenze ancestrali.

Come si riesce a sopravvivere ad una vita incentrata sull’abbandono e la distorsione più mostruosa dell’amore? Come farlo se i cocci di una giovane vita distrutta continuano a tagliarti la pelle, resa trasparente dal dolore, e farti sanguinare ancora?

Lo stile di narrazione corre su filo di emozioni a tratti disturbanti, evocando ricordi difficili da dimenticare. I pensieri diretti che Denis rivolge a sé stesso trascinando il lettore in un un vortice perpetuo di dolore e irresolutezza, fino a trascinare nel suo buio, a conoscerne le cavità più oscure, a respirare la sua paura e percepire odori che non vanno più via.

Quello che colpisce di questo breve racconto è anche l’accurata ricercatezza con cui sono raccontati vicende che sembrano uscite da un episodio di cronaca per la veridicità di passaggi, testimonianze fedeli a quello che potrebbe essere un articolo letto sui giornali.

L’attitudine di ispirarsi al mondo reale rende Elle Eloise un talento fuori scala, perchè le sue non sono solo storie, spesso sono pezzi di vissuto rielaborati da personaggi vivi con identità precise e originali che bucano le pagine, oltrepassando l’idea di un semplice romanzo.

I nomi dei capitoli sono metafore di stati d’animo struggenti, come mattonelle colorate che Denis calpesta per raggiungere la sua libertà dal ricordo, dal dolore.

Un arcobaleno dai mille colori su cui predomina il BLU, il colore del cielo, degli occhi, di una divisa, dei capelli di chi vuole trasformarsi per dimenticare, per rendersi invisibile.

Il blu che Denis per natura non può vedere e che confonde ma che diverrà il faro luminoso che gli traccerà la strada per tornare a casa. Una novella che a mio avviso celebra la vita, attraversando il dolore e scegliendo la rinascita come unico mezzo di trasporto per il futuro, da vivere insieme all’amore:


Ciò che ci accade solca il sentiero del nostro futuro ma a tutti capita che quel sentiero, a un certo punto, si biforchi e che una delle due vie, inspiegabilmente, si allontani dalla strada principale. Sta a noi avere il coraggio di intraprendere la nuova via, esplorando qualcosa di diverso dal mondo che eravamo abituati a vivere.


L’epilogo di “Bonus track” è un regalo che l’autrice ha voluto fare ai suoi lettori, un omaggio silenzioso ma prezioso che riporta indietro ai momenti spensierati di un gruppo di amici come tanti, che avevano ancora con la vita davanti da vivere.

Un balzo nel passato in cui ritroviamo Sara e Paolo, due amici che nelle poche pagine di chiusura si sfiorano impercettibilmente facendo vivere per un istante indimenticabile una scena sognata da sempre. Il sigillo perfetto che chiude una serie capolavoro.

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FINO ALLE STELLE di Elle Eloise

FINO ALLE STELLE di Elle Eloise

Titolo: Fino alle stelle
Autore: Elle Eloise
Serie: How to diappear completely series #4
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: POV alternato (Sam e Mia)
Tipo di finale: chiuso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 8 Dicembre 2019
Editore: Self Publishing

TRAMA


Samuel vive la vita come si guarda un film: immagina dialoghi e situazioni, vola di fantasia, senza vivere davvero. Regista alle prime armi e studioso di Cinema al D.A.M.S. di Torino, da quando due anni prima ha perso suo fratello Max in un incidente, la passione per il cinema non fa altro che acuire la distanza che lui interpone tra sé e gli altri.

Questo capita soprattutto con Mia, la timida compagna di università che invece vorrebbe vivere l’amore con tutta l’intensità che esso richiede. Il cortometraggio che dovranno girare insieme potrà giocare a loro favore o dividerli per sempre.

Il cinema è lo sfondo ideale per una storia di amicizia, amore, passione in una Torino che diventa un crocevia di vite, destini, personaggi. Dopo “Cuore d’inverno”, “Come una tempesta”, “Voci nel vento” e la raccolta di novelle spin off “Bonus Track”, “Fino alle stelle” è la nuova edizione self publishing, riveduta e corretta, di “Solo noi nell’universo”, quarto e ultimo volume autoconclusivo della serie “How to disappear completely”.

RECENSIONE


Capelli rossi, occhi azzurri e barba incolta, Samuel è un ragazzo di ventiquattro anni al quale la vita ha già tolto molto. A distanza di due anni dalla notte che lo ha cambiato per sempre, vive senza farsi coinvolgere da niente e nessuno, cercando di anestetizzare un dolore troppo forte da gestire.
L’unica ancora di salvezza che lo tiene in piedi è la passione per il cinema. È proprio durante un corso universitario che conosce Mia.

Un incontro che fin dal primo momento definisce i contorni di due vite vissute agli antipodi senza, apparentemente, avere nulla in comune.
Un cortometraggio da girare insieme sarà la ragione per avere a che fare l’uno con l’altro, trovandosi ben presto al centro di un vortice che li risucchierà, fino a sfidare le loro convinzioni. In un crescendo di emozioni e ritorni nel passato, Sam e Mia dovranno decidere se salvarsi a vicenda oppure perdersi per sempre.

A fare da sfondo a questa storia è il cinema, con i suoi linguaggi, i suoi tempi, le sue tecniche e la sua magia.

Ci sono tutti gli ingredienti necessari a intrappolare il lettore sul divano come davanti ad un grande schermo (popcorn inclusi): amicizia, amore, dolore, passione.
Due ragazzi che vivono sospesi, alla ricerca di qualcosa che pensano essere fuori dalla loro portata: riscattarsi da una vita senza felicità.

Samuel si fa inquadrare subito: burbero, arrabbiato e pieno di silenzi.
Il suo sguardo disincantato sul mondo ne definisce le ammaccature e gli spigoli, che mostra soprattutto quando interagisce con gli altri, a partire dai suoi familiari fino ai suoi amici. Più che vivere lui sopravvive e lo fa utilizzando la sua immaginazione, applicando alla vita lo schema di un regista che dirige un film, nascondendosi dietro la telecamera:


“Vorrei fermare il tempo, vorrei che non andasse così veloce. Nei film basta mettere in pausa, ma nella realtà appena io mi fermo gli altri sembrano andare al doppio della velocità”.


Ha talento Sam, la sua passione per la regia potrebbe davvero portarlo lontano perché ha tanto da raccontare ma è bloccato, stritolato in un meccanismo che lo imprigiona e che lui stesso alimenta:


“La libertà a volte può essere la più claustrofobica delle prigioni, ora lo so. … io sono ancora quel bambino che vive nel silenzio, da solo”.

«Ho voluto concentrarmi su ciò che non si vede, ciò che rimane nell’ombra, qualcosa che sembrerebbe poco importante ma che invece nasconde qualcosa di fondamentale… Il senso si coglie dall’equilibrio tra il visibile e l’invisibile, quindi ho voluto parlare anche di ciò che sta al di fuori dell’inquadratura, a partire dai suoni fino a concentrarmi sull’oggetto della visione di chi sta in scena»


Mia è timida e insicura, molto lontana dall’idea di una ragazza nel fiore degli anni e che vive la sua età con leggerezza.
A causa della balbuzie che l’affligge fin da piccola e che l’ha resa facile preda di pesanti cattiverie a scuola, Mia ha subìto dei traumi in grado di crearle profonde ferite che diventano certezze nell’avere a che fare con gli altri e soprattutto con sé stessa, facendola sentire diversa, strana fin tanto da scegliere l’invisibilità come unica arma di difesa.

Ma il dolore le ha insegnato a incassare, a essere forte, trasformandola in una guerriera moderna, che sopravvive restando in piedi, che subisce continuando a credere in qualcosa di bello, magari un amore vero, dove sentirsi speciale.
È una sognatrice che immagina e crea fantasie per sfuggire ai momenti più bui, trovando rifugio in un mondo parallelo, un universo fatto di stelle e “piccoli momenti perfetti” che le consentono di carpire attimi di felicità. Mia è un personaggio complesso, pieno di sfumature poetiche, che affascina in modo del tutto inconsapevole ed è per questo che l’ho davvero sentita. Uno dei personaggi femminili più belli che abbia mai letto.


“Perché, come dice la canzone, l’amore è da condividere. Io l’ho sempre donato ma mai ricevuto, ma è come correre una maratona zoppicando. Ti sembra che manchi sempre qualcosa, mentre io voglio avere tutto, voglio essere una di quelle persone che merita un amore come quello. Voglio essere la ragazza della canzone, voglio essere quel tipo di persona a cui si dedicano parole come quelle che Paul ha dedicato alla Asher”.


L’incontro con Sam la destabilizza, la congela. Dal canto suo Sam resta incuriosito, in parte anche affascinato, da questa “stramba creatura”:


“Mi viene da ridere per il suo modo di approcciarsi alle persone: è silenziosa, ma se le dai corda diventa un segugio”.


 La passione per il cinema che li accomuna sarà l’inizio di qualcosa che nessuno dei due ha mai sperimentato prima e che li attirerà inesorabilmente, ponendoli difronte ad una scelta, ad un’evoluzione.

La storia che sceglieranno di realizzare per il cortometraggio li metterà a dura prova e diventerà un percorso sofferto e catartico. Non sarà facile superare i muri che si sono costruiti, illuminare le ombre, uscire dalla telecamera diventando loro stessi i protagonisti del film delle loro vite:


«La storia di un ragazzo e una ragazza, e di come le cose non sono come sembrano.» Altri baci interrompono il suo racconto e si posano sul mio ventre teso. «Di come due anime riescano a incontrarsi in un universo di possibilità, come se fossero destinate a trovarsi per cominciare a vivere. Di come l’invisibile dia il senso al visibile.»


“Fino alle Stelle” forza il cuore, lo incrina fino a scomporlo in piccoli pezzi luminosi come stelle, quelle che Mia ammira sul suo soffitto in camera ogni sera. Stelle che, leggendo questa storia, si ricompongono in una costellazione che rende l’universo più bello.


“Spengo anche l’ultima fonte luminosa e rimaniamo completamente al buio. Le stelle brillano come la prima volta che mio nonno me le ha fatte trovare in camera, diceva che erano una magia. Anche adesso penso che siano una magia insieme alla versione acustica di This must be the place interpretata dai Lumineers, che ascoltiamo per la terza volta di fila.
«Q-quella è Andromeda. Lì ci s-sono i segni zodiacali… Ariete, Sagittario, Scorpione…» vado avanti a spiegare fin quando, con la coda dell’occhio, mi accorgo che Samuel non sta più ammirando il soffitto, ma è rivolto verso di me. Con il cuore in gola, piego la testa nella sua direzione. I suoi occhi azzurri sono ancora più luminosi delle stelle che ci osservano dall’alto del soffitto, ma quando si avvicina per baciarmi, scompaiono dietro le ciglia. È un bacio lento, morbido, straziante”.


Si dice che il fine ultimo dell’arte sia far vibrare l’anima. Chi compone, non importa con quale strumento, suono, colore o parola, vuole lasciare un segno negli altri, suscitare ricordi o emozioni.
In questo senso il cinema è la summa delle arti, quando le luci si spengono e immagini, dialoghi, melodie ci avvolgono e ci trasportano altrove, nel tempo e nello spazio. Elle Eloise con “Fino alle Stelle” ha fatto questa magia.

Leggere questa storia per me è stato come guardare un bellissimo film, in cui la regista si riconferma un’autrice capace di emozionarmi.

“How to disappear completely mi ha insegnato che da una singola storia ne possono nascere infinite, come infiniti sono i punti di vista sulla realtà”.

Dopo “Cuore d’inverno”, “Come una tempesta” e “Voci nel Vento”, “Fino alle Stelle” chiude la serie “How to disappear completely “scritta magistralmente da Elle Eloise, grazie alla quale abbiamo conosciuto le storie di un gruppo di ragazzi segnati dal destino che, ognuno in modo diverso, cerca la strada per tornare a casa.

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Recensione precedentemente pubblicata da Alessia sul blog All Colours of Romance

LE OTTO MONTAGNE di Paolo Cognetti

LE OTTO MONTAGNE di Paolo Cognetti

Titolo: Le otto montagne
Autore: Paolo Cognetti
Serie: Autoconclusivo
Genere: Narrativa
Narrazione: Prima persona (Pietro)
Tipo di finale: chiuso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: Aprile 2016
Editore: Einaudi

TRAMA


Pietro è un ragazzino di città, solitario e un po’ scontroso. La madre lavora in un consultorio di periferia, e farsi carico degli altri è il suo talento. Il padre è un chimico, un uomo ombroso e affascinante, che torna a casa ogni sera dal lavoro carico di rabbia. I genitori di Pietro sono uniti da una passione comune, fondativa: in montagna si sono conosciuti, innamorati, si sono addirittura sposati ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo. La montagna li ha uniti da sempre, anche nella tragedia, e l’orizzonte lineare di Milano li riempie ora di rimpianto e nostalgia.
Quando scoprono il paesino di Grana, ai piedi del Monte Rosa, sentono di aver trovato il posto giusto: Pietro trascorrerà tutte le estati in quel luogo «chiuso a monte da creste grigio ferro e a valle da una rupe che ne ostacola l’accesso» ma attraversato da un torrente che lo incanta dal primo momento. E lí, ad aspettarlo, c’è Bruno, capelli biondo canapa e collo bruciato dal sole: ha la sua stessa età ma invece di essere in vacanza si occupa del pascolo delle vacche.
Iniziano cosí estati di esplorazioni e scoperte, tra le case abbandonate, il mulino e i sentieri piú aspri. Sono anche gli anni in cui Pietro inizia a camminare con suo padre, «la cosa piú simile a un’educazione che abbia ricevuto da lui». Perché la montagna è un sapere, un vero e proprio modo di respirare, e sarà il suo lascito piú vero: «Eccola lí, la mia eredità: una parete di roccia, neve, un mucchio di sassi squadrati, un pino». Un’eredità che dopo tanti anni lo riavvicinerà a Bruno.

RECENSIONE


Un vecchio nepalese disegna nel terreno una ruota divisa da otto raggi, poi afferma: “Noi diciamo che al centro del mondo c’è un monte altissimo, il Sumeru. Intorno al Sumeru ci sono otto montagne e otto mari. … “Avrà imparato di più chi ha fatto il giro delle otto montagne, o chi è arrivato in cima al monte Sumeru?”.


L’incontro che si racconta in questa citazione tra il vecchio nepalese e Pietro, protagonista e voce narrante di questo libro, avviene solo nella seconda metà del racconto, eppure si può dire che è in questo passaggio che si concentra il significato profondo dell’opera “Le otto montagne” di Paolo Cognetti.
Un romanzo potente che racconta la storia di un’amicizia tra due ragazzi, Pietro e Bruno, divenuti poi adulti, così diversi da sembrare inconciliabili. Ma spesso sono proprio i poli opposti che si attraggono, fino ad assomigliarsi e completarsi.

Pietro è un ragazzino ombroso, introverso, che ha sempre vissuto in città, insieme ai genitori di origine veneta e amanti della montagna, luogo prediletto dal padre e dove ogni estate trascorrono le vacanze lontano dall’odiata città.
A Grana, piccola località montanara, Pietro conosce Bruno, suo coetaneo che a differenza sua non è mai uscito dal suo paese ed ha già abbandonato la scuola per lavorare nell’alpeggio della famiglia come pastore.

Dal loro primo incontro i due ragazzini instaurano un legame indissolubile che li terrà uniti per tutta la vita.


Quella sera nel mio letto faticai ad addormentarmi. Era l’eccitazione a tenermi sveglio: venivo da un’infanzia solitaria, e non ero abituato a fare le cose in due. Credevo, anche in questo, di essere uguale a mio padre. Ma quel giorno avevo provato qualcosa, un improvviso senso di intimità, che allo stesso tempo mi attirava e spaventava, come un varco su un territorio ignoto.


Un’amicizia che nasce tra due personalità simili, introverse e taciturne, più capaci a comunicare e comprendersi tramite gli sguardi che con le parole. Un rapporto fraterno che diviene collante delle loro vite, in cui le fughe e i ritorni di Pietro, che cresce sempre più tormentato e in cerca di una sua identità, si controbilanciano al radicamento di Bruno, sempre più attaccato a non lasciare la sua valle.

Ed è in questo contrasto che risiede l’essenza del libro, riportando al passaggio iniziale della leggenda delle otto montagne raccontata dal vecchio nepalese a Pietro durante uno dei suoi viaggi. Sarà Pietro che dopo aver vagabondato per il mondo e spinto dalla sua viscerale attrazione per i monti, o l’amico Bruno, che non ha pressoché mai abbandonato le montagne dove è cresciuto, ad aver imparato di più dalla vita?

Una storia dalla trama semplice che lascia così ampio spazio all’evoluzione psicologica ed esistenziale dei due protagonisti, reale forza motrice del romanzo. Un legame basato su un’intesa profonda, quasi atavica, che li compenserà gradualmente nei reciproci momenti del dolore e della perdita, che si alternano nelle loro vite. Durante la lettura si carpiscono i tratti emotivi e psicologici di Pietro e Bruno, rivelati dallo scrittore con naturalezza e autenticità, pur nella loro complessità.


L’estate cancella i ricordi proprio come scioglie la neve, ma il ghiacciaio è la neve degli inverni lontani, è un ricordo d’inverno che non vuole essere dimenticato.”


Due diversi percorsi di crescita che coinvolgono in modo straordinario, in cui l’irrequietezza di Pietro contrasta la tenacia di Bruno, lasciando al lettore la bellezza di capirne virtù e fragilità, forza e debolezza, senza giudizio alcuno.

Terzo indiscusso protagonista del libro è la montagna, non semplice luogo bensì potente metafora poetica, in grado di essere fredda e inospitale e allo stesso tempo accogliente e ristoratrice dell’anima.


«Qualunque cosa sia il destino, abita nelle montagne che abbiamo sopra la testa».

La montagna non è solo neve e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli. La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all’altro, silenzio, tempo e misura.


Uno spazio mistico di meditazione, fatica, silenzio, pericoli che ripercorre le vite dei protagonisti attraverso lunghe distanze, sia geografiche che temporali. La voce narrante di Pietro accompagna il lettore con immagini suggestive dall’inizio alla fine, facendo percepire odori, sapori e permettendo di ammirare la purezza di luoghi descritti in modo realistico.


Il lago laggiú assomigliava a una seta nera, con il vento che la increspava. Anzi no, era il contrario di un’increspatura: il vento sembrava una mano gelida che ne spianasse le pieghe. Mi fece venir voglia di allungare le mie verso il fuoco, e poi tenerle lí a rubargli un po’ di calore.


Un libro magnetico da leggere per sperimentare la bellezza del viaggio, non solo quello fatto di spostamenti bensì quello interiore, in cui ritrovare il significato intimo della propria esistenza e del nostro posto nel mondo.

«Si può dire che abbia cominciato a scrivere questa storia quand’ero bambino, perché è una storia che mi appartiene quanto mi appartengono i miei stessi ricordi. In questi anni, quando mi chiedevano di cosa parla, rispondevo sempre: di due amici e una montagna.
Sí, parla proprio di questo»

(Paolo Cognetti).

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OPEN, LA MIA STORIA di Andrè Agassi

OPEN, LA MIA STORIA di Andre Agassi

Titolo: Open, la mia storia
Autore: Andre Agassi
Serie: Autoconclusivo
Genere: Narrativa
Narrazione: Prima persona
Tipo di finale: Concluso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 27 Ottobre 2015
Editore: Einaudi

TRAMA


Costretto ad allenarsi sin da quando aveva quattro anni da un padre dispotico ma determinato a farne un campione a qualunque costo, Andre Agassi cresce con un sentimento fortissimo: l’odio smisurato per il tennis. Contemporaneamente però prende piede in lui anche la consapevolezza di possedere un talento eccezionale. Ed è proprio in bilico tra una pulsione verso l’autodistruzione e la ricerca della perfezione che si svolgerà la sua incredibile carriera sportiva. Con i capelli ossigenati, l’orecchino e una tenuta più da musicista punk che da tennista, Agassi ha sconvolto l’austero mondo del tennis, raggiungendo una serie di successi mai vista prima.

RECENSIONE


Era da tempo che volevo leggere questa autobiografia, convinta dai numerosi commenti positivi che mi era capitato di sentire da parte di più persone, molte delle quali non sportive e neppure appassionate di tennis. Coincidenza che mi ha incuriosito, ammetto, facendomi superare la diffidenza che ho sempre avuto verso questo genere di libri, considerati più come il risultato di sapienti operazioni di marketing che altro.
Sbagliarsi non è mai stato tanto illuminante perché “Open, la mia storia” è uno dei libri più belli letti fino ad ora.
Un viaggio tanto bello quanto doloroso, in cui fallimenti, vittorie, sconfitte segnano il destino di un uomo divenuto leggenda dello sport, attraverso un percorso umano tortuoso, raccontato dall’infanzia fino al ritiro, avvenuto nel 2006.


Gioco a tennis per vivere, anche se odio il tennis, lo odio di una passione oscura e segreta, l’ho sempre odiato. Quando quest’ultimo tassello della mia identità va al suo posto, scivolo sulle ginocchia e in un sussurro dico: Fa’ che finisca presto. E poi: Non sono pronto a smettere.


Cresciuto a Las Vegas da una famiglia ordinaria, Andre Agassi conosce il tennis fin da piccolissimo grazie al padre, ex atleta e ossessionato da questo sport fino a trasformare la sua vita in una missione: far divenire il figlio un campione. Un padre despota che gli nega un’infanzia fino a chiudere la sua adolescenza in una prigione blindata. Una figura a tratti disturbante e odiosa, con cui Andre nutrirà un rapporto complesso per tutta la sua lunga carriera, fluttuando tra odio e amore, bisogno e rifiuto. Una contraddizione in termini, come lui più volte ammetterà, che riflette i sentimenti interiori vissuti verso lo stesso sport che lo segnerà nel profondo, consacrandolo l’unico tennista ad aver vinto in carriera tutti e quattro tornei dello Slam, la medaglia d’oro del singolare olimpico, il torneo ATP World Championship e la Coppa Davis.
Obiettivi incredibili e impensabili per la maggior parte degli sportivi professionisti, raggiunti pagando però quale prezzo?


Il dolore di perdere, il dolore di giocare. Ci ho messo trent’anni io a capirlo, a risolvere il calcolo della mia psiche.


Un costo altissimo, sia a livello fisico che psicologico, che minerà le fondamenta della vita di un ragazzo fragile, alla perenne ricerca di sé stesso e in costante conflitto con il mondo che lo circonda.

Ricordo da ragazzina Agassi come sportivo ma soprattutto come personaggio, per i suoi look stravaganti e i capelli lunghi, che indignavano i giudici di gara di allora e che facevano impazzire le ragazze. Un’icona sportiva e di stile per più di una generazione e che segnò l’epoca dei ruggenti anni ottanta. Un campione che divenne facile preda del mondo del gossip per i suoi matrimoni, il primo con l’attrice Brooke Shields, e la successiva caduta nella dipendenza da metanfetamine, nonché l’irriverente atteggiamento di tennista insofferente alle regole, tra cui il rifiuto di rispettare il dress code imposto dal rigido torneo di Wimbledon, che gli costò la sua partecipazione per anni.
Una patina da star dal quale traspariva la luccicante superficie glamour e che ben nascondeva la sofferenza e il tormento di un ragazzo che visse una gioventù turbolenta, in un mondo altamente competitivo.
Una storia toccante che insegna moltissimo, in cui è facile identificarsi perché il tennis è un po’ come la vita:


Non è un caso, penso, che il tennis usi il linguaggio della vita. Vantaggio, servizio, errore, break, love (zero), gli elementi basilari del tennis sono quelli dell’esistenza quotidiana, perché ogni match è una vita in miniatura.


Un libro messaggero di speranza, in cui riscatto e rinascita sono al centro di una vita vissuta agli estremi, come i lati di un campo, tra l’ossessiva ricerca della perfezione e la paura del fallimento. Un divario come simbolo ricorrente che segna l’eterno conflitto tra ciò che vorremmo e ciò che in realtà facciamo, come succede ad ognuno di noi.

Lo stile narrazione serrato ed incalzante, raccontato al presente, segna il ritmo della lettura e coinvolge senza lasciare sosta, come se si assistesse virtualmente ad un match combattuto all’ultimo sangue su un campo di tennis, in cui è impossibile staccare gli occhi dalla palla.

Alla fine della lettura sono andata a sbirciare nel profilo Instagram di questo campione, incuriosita ancora di più dalla sua vita. Quello che mi ha maggiormente colpito è stato il suo sorriso luminoso, immortalato in scatti privati autentici che lo ritraggono in una vita ordinaria, condivisa da quasi vent’anni accanto alla moglie Steffi Graff, campionessa di tennis con cui ha avuto due figli, oggi adolescenti. Una coppia solida, che forse nasconde il segreto della sua longevità in aver condiviso un’infanzia con dei padri manipolatori e una gioventù vissuta sotto i riflettori. Il sogno più grande che volevano realizzare era proprio quello dell’anonimato, come stanno facendo da anni.

Nonostante i chili in più e un aspetto visibilmente più maturo, quello che oggi appare chiaro è che Andre Agassi è un uomo appagato, sorridente, sereno, sicuramente molto diverso dalle immagini che si alternano nel suo profilo Instagram da giovane, più magro e in forma ma con quegli occhi bellissimi e tristi che ammaliavano orde di ammiratrici.
Sapere oggi cosa nascondesse quello sguardo così malinconico mi ha commosso profondamente, facendomi apprezzare ancora di più la sua storia, costellata di ricordi ed esperienze che testimoniano una vita straordinaria. Un uomo che ha trasformato le sue cadute in trampolini per lanciarsi in sfide sempre più difficili, alla ricerca di sé stesso e di un’identità per anni privata, raggiungendo quella pace interiore così a lungo negata, per trovare il significato della propria esistenza accanto ai propri affetti più cari e facendo del bene agli altri.


Quello che la gente vede adesso, nel bene e nel male, è la mia prima formazione, la mia prima incarnazione. Non ho alterato la mia immagine, l’ho scoperta.


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