USHEEN di Naike Ror

USHEEN di Naike Ror

Titolo: Usheen
Autore: Naike Ror
Serie: r.U.d.e. Serie
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 24 Ottobre 2016
Editore: Self Publishing

TRAMA

Per Ryana Murphy, impiegata di San Francisco con un passato da ballerina classica, mantenere il controllo sulle proprie emozioni è una necessità. La sua esistenza è scandita da regole ben precise, da ligie abitudini, almeno finché Samuel McQueen, giornalista d’inchiesta, non irrompe nella sua vita trascinandola in un vortice di dubbi e agghiaccianti sospetti sul passato della famiglia Murphy.
Decisa a scoprire la verità, Ryana è costretta a tornare nella città in cui è nata; a Derry, come la chiamano i cattolici, o Londonderry, come la chiamano i protestanti come lei. In quel posto dal duplice nome, che però non cambia volto quando si tratta di mostrare una tra le più radicate faide religiose, c’è l’unica pista in grado di condurla alla scoperta della verità sul passato di suo padre. Lì, tra gli antichi vicoli della città vergine, circola ancora il nome di colui che può dare una spiegazione a tutto ciò che ha condizionato l’esistenza di Ryana.
E quel nome è quello di Usheen Doherty.

Vivere a Derry è difficile. Tra quelle strade, spesso è il credo religioso a fare la differenza e Usheen, cattolico cresciuto nel ghetto di Bogside, lo sa bene. A volte, la sua divisa da poliziotto lo porta a rincorrere la giustizia con metodi non convenzionali e a stringere alleanze con persone poco raccomandabili. Qualcuno pensa che combatta dalla parte sbagliata, altri credono che la sua missione sia legittima. Solo Usheen sa quali siano la verità e il suo obiettivo.
Ciò che ignora è che il suo destino sta per incrociare quello della sua nuova vicina di casa, una misteriosa americana dall’aspetto algido e dai movimenti sinuosi, che potrebbe non essere chi dice davvero di essere.

RECENSIONE


“Usheen” è una storia difficile da tanti punti di vista: da digerire, da capire, da scrivere ma soprattutto da dimenticare. Rileggerla dopo anni dalla sua prima pubblicazione è stato un viaggio intenso, che non credevo mi facesse rivivere sensazioni ancora più forti della prima volta, in cui ignara di cosa mi aspettasse fui travolta da un libro crudo, potente e magnetico.


Ryana non aveva mai avuto voglia di urlare di rabbia, ma appena quei bastardi uscirono dalla sua sala mise lo stereo al massimo del volume e urlò. Urlò contro la vita che le metteva in continuazione il viso di Usheen Doherty davanti.


Due protagonisti caustici e ruvidi, personaggi comprimari e secondari altrettanto imperdibili, una trama complessa incentrata sulla ricerca di verità e sul filo della vendetta in un contesto sociale, politico e religioso tra i più controversi del vecchio continente.

Sono questi gli ingredienti predominanti che utilizzerei per riassumere in poche parole “Usheen”, un libro tra i più indimenticabili per me, in cui mi sono immersa a capofitto senza esitazione, per fare ritorno nuovamente a Londonderry/Derry, e rivivere questa storia attraverso gli occhi dei suoi protagonisti.


La storia di Usheen nasce in questa ambientazione e si svolge in una città dal duplice nome: Derry (se siete cattolici) /Londonderry (se siete protestanti). Gli accenni che leggerete a fatti di cronaca sono tutti ispirati ad avvenimenti realmente accaduti così come sono realmente esistite le discutibili leggi contro il terrorismo. Particolare menzione va fatta per i meravigliosi murales di Bogside che un giorno spero di poter visitare.


Già dal prologo l’autrice ci offre un quadro accurato sulla situazione che ha devastato per anni l’Irlanda del Nord, pervasa da un feroce clima di odio, e facendo capire così l’enorme ricerca che è stata necessaria per costruire una trama tanto avvincente quanto credibile, ispirata in parte a episodi realmente accaduti.

Londonderry/Derry , un luogo, due nomi ad indicare uno scontro di radici antiche capace di sfociare in una lotta armata durata decenni e che ha contrapposto famiglie, comunità, quartieri. Un conflitto di minoranze religiose oppresse che tra gli anni sessanta e settanta degenerò in episodi di guerriglia urbana violentissima tra cattolici e protestanti, lasciando ferite profonde e cicatrici ben visibili.

Un contesto intricato che fa da cornice a questo libro, i cui i primi capitoli sono fondamentali a introdurre l’articolato quadro narrativo della storia, che intesse ad arte le fila dei legami che intrecciano i destini dei molteplici personaggi, uniti a livelli diversi tra loro, come fosse la struttura di un romanzo giallo.
Man mano che lo scenario si fa chiaro, contestualmente la distanza tra gli attori principali si riduce, fino a che il sipario del romanzo si alza su Derry (la chiamerò così per rispetto del protagonista e del suo credo), trasportando il lettore con sapiente precisione nelle sue strade, vicoli, nei murales di Bogside, quartiere simbolo della città, nelle rive del fiume Foyle, nei tradizionali pub fino alle meravigliose campagne circostanti che raggiungono il mare grazie a scogliere mozzafiato.

A Derry però niente è come sembra, l’apparenza è il più feroce degli inganni e ogni sentimento che nasce trasforma tutti in facili bersagli, scoprendo così il fianco al nemico, ovvero chi? Chiunque, un vicino di casa, un poliziotto oppure una misteriosa insegnante di danza classica giunta in città da lontano.


«Allora Bainne, sappiamo che hai una vicina con un probabile bel culo e che è sempre a dieta. Ascolta musica di merda e non passa i sabato pomeriggi all’Ikea.»


In un attento e progressivo avvicinamento Ryana e Usheen si studiano, si spiano perché basta un dettaglio, un accento diverso, a far nascere congetture, a entrare in un mirino.

Due combattenti legati dal rigore e divisi dal sospetto, che si sondano per paura, si provocano per un’insanabile attrazione che li renderà vittime e carnefici allo stesso tempo in un complesso rapporto in cui non mancheranno colpi di scena, tensione, commozione e passione.

Una lotta ostinata, così potente da graffiare la pelle e lasciare lividi che fanno male al cuore fino a crepare il muro di sospetto eretto per difendersi.

La ricerca della verità diverrà per entrambi un vortice di ambiguità, dubbi ed interrogativi, fino a che una missione in incognito si trasforma in qualcosa di inaspettato, ovvero un’esperienza umana così profonda da segnare un risveglio emotivo in grado di scongelare un cuore pietrificato dal dolore e dalla rabbia.


«I sentimenti sono come delle frecce, se ti colpiscono al punto giusto sono letali.»


Sentimenti dati per perduti come l’amicizia, l’affetto più puro fino ad un barlume d’amore riaffiorano in un luogo mai dimenticato, seppure ancora oscuro e diviso da fazioni appese ad un precario equilibrio, ancora alla ricerca di una pace reale.

Una rinascita non facile ma capace di rimettere tutto in discussione, ribaltare ruoli, infrangere certezze.


«Il mio arruolamento equivale al tuo smettere di danzare.».
Ryana capì perfettamente quello che Usheen intendeva; le loro vite avevano finito per essere come i loro appartamenti; perfettamente speculari. «Sai quando la situazione si complica?» Le domandò retoricamente. «Quando iniziamo a volere bene a qualcuno.» Rispose Ryana e fu il turno di Usheen di annuire.


Chi è il buono e chi il cattivo?
Difficile rispondere se non leggendo fino all’ultima pagina di questo romanzo straordinario, che grazie alla magistrale bravura dell’autrice dosa il ritmo della narrazione tra suspense, eros e dramma, intrecciando presente e passato come fossero incastri impossibili e per sognare un futuro (di pace) finalmente possibile.


Solo lei gli provocava tutto questo, smontava il suo umore come uno stupido cubo di Rubik, mettendo a repentaglio la lucidità che la situazione richiedeva. Doveva dominare quel sentimento proprio come doveva dominare lei e ci sarebbe riuscito a costo di usare le maniere forti, l’avrebbe protetta a costo di spazzarla via dalla sua vita.


Tornare a Derry ha equivalso per me ad un viaggio nei miei ricordi, quelli più lontani e preziosi in cui mi sono innamorata della lettura di storie straordinarie.
Spero un giorno di farci visita a Derry, e vedere i murales di Bogside, tra cui la scritta “You are now entering Free Derry“, state entrando nella Derry libera.
Pare che sia possibile fare dei tour commemorativi alcuni dei quali organizzati proprio da Paul Doherty, figlio di una delle vittime della sanguinosa domenica di Derry, in cui persero la vita 14 civili innocenti nel 1972, in quella che fu chiamata “Bloody Sunday”.

Sarebbe bello vedere questo libro trasposto sul grande schermo. Io sarei in prima fila.

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AMOR FUGIT di Vera Demes

AMOR FUGIT di Vera Demes

Titolo: Amor fugit
Autore: Vera Demes
Serie: autoconclusivo
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 22 Novembre 2021
Editore: Self Publishing

TRAMA


Imprevedibilità è una parola che Oliver Walton, brillante e stimato archeologo, non include nel proprio vocabolario. Ogni cosa ha una collocazione, ogni attività è programmata e decisa, niente è lasciato al caso. Così, quando il Mallory Institute of Archaeology della Brown University viene coinvolto nel Grande Progetto Pompei sotto la sua guida esperta, vi si dedica con rigore e abnegazione. Oliver non conosce incertezze ma non ha fatto i conti con gli occhi intensi di Clorinda Bentivoglio, giovane antropologa che studia le vite del passato come se ne facesse parte. Lui non sa abbandonarsi ai sentimenti, lei è istinto che brucia appassionato. Esistenze perdute, voci lontane, tracce di antichi amori soffocati dalla violenza di un evento ineluttabile. Senza accorgersene Oliver e Clorinda si inoltrano in un luogo in cui è possibile essere sé stessi e in cui ogni certezza sembra svanire assumendo nuove, straordinarie e inaspettate forme. Nella struggente malinconia delle rovine pompeiane, nei chiari di luna sul mare di Ravello e nelle albe tenui piene di parole non dette, niente sembra più lo stesso. Ma oltre alle vestigia logorate dal tempo esiste la realtà che non fa sconti a nessuno. Oliver lo sa. E Clorinda deve accettarlo. Eppure il passato può rivelare l’essenza più profonda di noi, ciò che abbiamo perduto. Un privilegio. Un attimo rubato e incorruttibile.

L’amore fuggito che vince su tutto. Per l’eternità.

RECENSIONE


Dal primo momento in cui aveva messo piede tra quelle rovine e percepito l’energia vitale che vi era stata racchiusa per centinaia di anni non era riuscita a distaccarsene. Ogni volta era un affastellarsi di sensazioni violente, una strana commistione di stimoli che la trasportava lontano, in un altrove in cui riusciva a liberare la sua essenza più profonda. Il passato le parlava e le raccontava emozioni.


In questa citazione si racchiude il senso profondo di questa storia. Individuarla non è stato facile, lo ammetto, perché Vera Demes ha il dono di scrivere romanzi come fossero lunghe e sospiranti poesie, in cui semplici frasi si rivestono di versi evocativi grazie ad una prosa raffinata e dal sapore antico.


A Pompei contava il cuore. E ci sarebbe stato silenzio. Per chi il cuore non ce l’aveva mai avuto. Proprio così.


Pompei, luogo intriso di storia e ricco di spiritualità, fa da sontuosa cornice ad un libro tra i più belli letti quest’anno. Un posto mistico che ho visitato pochi anni fa e che ho rivissuto grazie alle pagine di questa storia, ripercorrendo le sue silenziose vie, i suoi scorci senza tempo, lasciandomi guidare dalle tracce preesistenti ed immergermi così nelle rovine di una civiltà che ha lasciato qui uno dei suoi segni più evidenti.

Un posto immutato nel tempo che testimonia una delle più immani tragedie avvenute nella storia, così devastante da cancellare in pochi istanti la vita dei suoi abitanti ma lasciandone tracce così profonde da cristallizzare nel tempo la morte e anche la vita stessa. Un dramma che ha fatto risorgere dalle ceneri un passato che sembra ancora oggi vivo, eternamente presente.

E’ qui che si intrecciano i destini dei due protagonisti, Oliver, archeologo americano dal piglio scostante e intransigente, e Clorinda, giovane antropologa italiana appassionata di storia antica, dolce e caparbia.

Profondamente distanti, per estrazione sociale, età, esperienza e sogni da realizzare, l’amore per l’archeologia e per Pompei è l’unico legame ad unirli, con quella passione per la scoperta di rovine che hanno ancora molto da raccontare.


L’archeologia era un settore competitivo, un ambiente in cui gelosie, ritorsioni e ripicche erano all’ordine del giorno. Era difficile ma poi c’era la magia di riportare alla luce ciò che era stato nascosto dai secoli, civiltà sepolte, segreti custoditi dal tempo, le origini dell’umanità che potevano rivelare l’essenza della vita.


Il ritrovamento di un raro manufatto, inconfondibili citazioni lasciate a memoria sui muri, tracce indelebili di un antico affresco costituiranno l’inizio di un intenso viaggio che li coinvolgerà inesorabilmente. Un percorso intimo e commuovente che li unirà sempre di più, fino a far rovesciare i ruoli tra l’esperto professore e l’inesperta dottoranda.

A guidare la scoperta non basteranno la competenza di lui perché a fare la differenza saranno proprio il talento e l’innato istinto di lei, tanto giovane quanto in grado di ascoltare come nessuno le voci dal passato, per interpretare segni, scorgere significati al di là dell’apparenza e percepire vita laddove tutto sembra immobile, perduto.


Perché Clorinda Bentivoglio aveva un dono speciale, quello di vedere oltre, l’istinto capace di guidarla attraverso gli strati del tempo rivelandole la vita nel momento esatto in cui era stata vissuta.


Pompei acquisisce le sembianze di una dimensione spirituale, in cui i due protagonisti perdono il senso del tempo quasi come fossero vittime di un potente incantesimo innescato dal passato per unire i loro destini, portandoli alla scoperta di un’antica e struggente storia d’amore, tra una giovane promessa sposa e un gladiatore. Due segreti amanti che ritorneranno in vita per divenire protagonisti anch’essi di questa storia grazie ad un mosaico di ritrovamenti testimoni del loro amore clandestino.

Una magia che prende vita pagina dopo pagina, in un susseguirsi di emozionanti scenari del passato che compenetrano il presente fino a rivelare un sentimento che travolgerà entrambi. Un rinvenimento tanto prezioso quanto fragilissimo, come i delicati pezzi di un reperto antico da tenere insieme.

Quanto è difficile lasciarsi andare ad un sentimento totalizzante se si è emotivamente impreparati?

Oliver e Clorinda si troveranno a percorrere un itinerario ignoto, in alcuni tratti stretto come gli oscuri vicoli di Pompei e in altri magnifico come la vista su un giardino fiorito nascosto da antiche mura. Una strada in cui la ragione non conta più, bensì sarà l’istinto a guidare e predominare il loro viaggio, così travolgente da placare dubbi, dimenticare incertezze e modificare priorità

La bellezza della lettura è quella di perdersi nel tempo e nello spazio, facendo proprie le vite dei personaggi. “Amor fugit” me lo ha permesso, facendomi vivere l’incanto e lo stupore di un amore passato e toccante, come quello della giovanissima Claudia e il suo tormentato amante Ottaviano, così forte da oltrepassare il tempo fino a riprendere vita nel sentimento che nasce tra Clorinda e Oliver.


Per lei l’amore era altro. Erano i versi latini che narravano di antichi amanti, emozioni struggenti e tormentate che aveva percepito con nitidezza studiando gli affreschi delle abitazioni di Pompei, passeggiando tra corridoi e stanze, disorientata dalla sensazione che ancora ci fosse vita, che tra le pietre sconnesse del passato permanessero le parole, gli sguardi, le carezze, gli abbracci, la vividezza dei sentimenti di chi vi aveva vissuto e amato senza riserve.


Grazie a questa storia, ho rivissuto l’esperienza di essere a Pompei tra le sue antiche rovine, le sue strade rimaste lastricate come un tempo, quando erano piene di vita. Un passato che non si può dimenticare, solo alla vista dei calchi che hanno testimoniato in modo straziante gli ultimi istanti di vita di intere famiglie, di amanti sfortunati, di animali indifesi.

Un luogo unico al mondo, sovrastato dalla tetra cima che si staglia in cielo, simbolo dell’ineluttabilità del destino, ma anche animato dai resti di una vita risorta dalle sue rovine e che continua ancora oggi a parlarci. Un monito che ricorda il destino di una civiltà e in senso assoluto anche il divenire e il trapassare.

Un libro meraviglioso, che conferma la bravura di questa autrice a connettere luoghi con l’anima dei suoi protagonisti, amplificando le loro emozioni e donando magia alla storia d’amore. Una sensazione profonda mediante cui Vera Demes trasmette ai suoi lettori l’importanza che alcune ambientazioni rappresentano per lei, non solo per l’accuratezza delle descrizioni ma soprattutto per la magia di cui li riveste, come è successo nel suo ultimo romanzo, “Breath” un viaggio on the road ricco di ambientazioni indimenticabili che pervadono di significato l’amore dei due giovani protagonisti.

“Amor fugit”, l’amore fugge, ma il vero amore sopravvive anche allo scorrere del tempo. Il cuore è un palpitare di emozioni dove il tempo sembra essersi fermato.

Una lettura che avvolge lo spirito di chi legge, toccando gli angoli più nascosti dell’anima, ricordandoci come in un mondo frenetico e vorace come il nostro, dove tutto corre senza spesso lasciare traccia, sarebbe bello ritornare a contemplare, ascoltare e seguire l’istinto per indicarci la via, nella speranza che sia l’amore a salvare, sempre, fino a superare il tempo.

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PER IL TUO NOME SOLTANTO di Arianna Di Luna

PER IL TUO NOME SOLTANTO di Arianna Di Luna

Titolo: Per il tuo nome soltanto
Autore: Arianna Di Luna
Serie: Autoconclusivo
Genere: Historical Romance
Narrazione: Prima persona (Yvette)
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 18 Novembre 2021
Editore: Cigno Nero

TRAMA


Saint-Denis, 1936. Le estati sulla Manica sono grigie e fredde. Lo sa bene Yvette Chambry, che trascorre le vacanze a Nord-Pas-de-Calais, a casa della nonna. Yvette ha dodici anni, vestiti e abitudini da maschiaccio, e una sconfinata ammirazione per i suoi cugini più grandi, Charlotte e Armand. E da qualche tempo ha anche una cotta per Aramis Leroux, il migliore amico di Armand. Ma sa bene che è un amore impossibile. Aramis la tratta gentilmente e non si prende gioco della sua goffaggine e del suo arrossire, ma ha dodici anni più di lei. Per lui, Yvette è solo una bambina.  

Parigi, 1943. A diciannove anni appena compiuti, Yvette è rimasta sola in una Parigi occupata e pericolosa. I suoi genitori sono stati arrestati dai nazisti e l’unico modo per sopravvivere è raggiungere Saint-Denis, dove si trova tutto ciò che resta della sua famiglia: sua cugina Charlotte.
Ed è lì che si trova anche Aramis Leroux.
Yvette non ha mai smesso di pensare a lui, non ha mai dimenticato la cotta che aveva per quel ragazzo gentile. Ma Aramis non è più la persona che lei conosceva, e la notte in cui lo incontra per caso, Yvette si rende conto che è diventato gelido, crudele, feroce. E le fa paura, anche se sta dalla parte giusta. È un comandante partigiano, combatte per la Resistenza contro l’occupazione nazista.
E non si ricorda minimamente di lei, è convinto di non averla mai vista prima.
Dimenticarsi di lui è l’unica soluzione, ma pur non volendo Yvette deve fare i conti con la sua presenza, con l’attrazione che prova e che cerca di soffocare, senza rendersi conto che anche Aramis adesso lotta per reprimere ciò che sente.
Perché Yvette non è più una bambina. È diventata una donna, una donna coraggiosa e testarda che non ha paura di sfidare la morte e i nazisti per amore della libertà. Una donna che non esita a imbracciare le armi e a combattere per difendere il suo Paese dagli invasori tedeschi.
E Aramis se n’è accorto.
Lui, che ora la guarda con diffidenza e desiderio. Lui, che non può permettersi di volerla.
Perché volerla per sé significa spezzarle il cuore.
E più di tutto, volerla per sé significa metterla in pericolo.

RECENSIONE


«Diventerai una bellissima ragazza, un giorno.» Aveva capito che avevo una cotta per lui, ma era gentile e non voleva umiliarmi. «Anche Charlotte lo dice sempre» borbottai goffa, tanto per dire qualcosa. «Tua cugina ha ragione.» La musica sfumò lentamente, le coppie in pista si fermarono. Aramis mi sciolse dalla stretta, continuando però a tenermi le mani sulle spalle. «Grazie per questo ballo» disse. «Posso darti un bacio?»


Un ricordo lontano ma bruciante, un’istante di pura felicità. Poche righe capaci di raccontare un attimo fugace in cui l’emozione predomina la mente, fino ad offuscarla.
Un’istantanea di vita che diverrà più nitida solo più avanti, quando gli spensierati giorni dell’infanzia di Yvette Chambry, protagonista femminile di questa storia, verranno cancellati dal dramma della guerra. Un ballo, un bacio, attimi di felicità nell’età dell’innocenza e dei sogni che la sfiorano e che le imprimeranno nel cuore ricordi indelebili.

«E’ una storia di guerra e libertà. Ma anche, e soprattutto, una storia d’amore».

Sono queste le parole che l’autrice, Arianna Di Luna, usa nel prologo del suo ultimo romanzo, una frase che introduce in modo perfetto quello che il lettore deve aspettarsi.

“Per il tuo nome soltanto” è un romanzo che colpisce al petto e che non risparmia nulla al lettore della ferocia della guerra, con le sue violenze e ingiustizie, descrivendo con accuratezza la vita di chi ha vissuto davvero gli anni dell’invasione nazista, alla soglia della liberazione dei primi anni ‘40.

Ogni pagina mi ha ricordato i racconti di mio nonno, partigiano, catturato dai tedeschi proprio in quegli anni e che da bambina ogni tanto mi riportava alcuni episodi che lo avevano segnato nel profondo. Mia nonna diede alla luce mia mamma proprio il pomeriggio dell’8 settembre del 1943, giorno dell’Armistizio, in cui l’Italia accolse finalmente le truppe alleate anglo-americane firmando il disimpegno con Hitler.
Credo che, come è accaduto a me, capiterà a molti di riconoscere comuni frammenti del passato appartenuti ai nonni o genitori, perché nonostante questa storia sia ambientata in Francia, la devastazione della guerra fu la stessa che investì altri parti d’Europa.

Durante la lettura è sempre stata viva la sensazione che l’autrice abbia vissuto la stessa esperienza, non solo per il fatto che lei stessa ne abbia fatto menzione nel prologo, ma soprattutto dall’intenso coinvolgimento che emerge tra le pagine.

Tutto il libro è pervaso da descrizioni accurate di luoghi finemente tratteggiati, come spiagge, campagne, piazze di paese, boschi e paludi. Paesaggi del Nord della Francia che sembra di avere davanti agli occhi come suggestivi scenari tratti da un film.
Ad aggiungere intensità alla lettura le forti emozioni che Yvette ci racconta, perché è il suo l’unico punto di vista di narrazione che conosciamo.

Una scelta che se da una parte focalizza totalmente l’attenzione sulle sue paure, i suoi desideri, le sue incertezze e percezioni dall’altra lascia un preciso alone di mistero che rende Aramis Lacroix, protagonista maschile della storia, più enigmatico e oscuro di quanto già non lo sia, fino a caricarlo di potente carisma.


Aramis. Aramis Leroux è a tre metri da me, tiene Charlotte tra le braccia e adesso, davanti ai miei occhi, si china su di lei, le asciuga le lacrime e la bacia.

Gli occhi, però, rimangono freddi. Gelidi. Non hanno più il colore del miele, adesso sono quelli di un animale feroce. Una serie di piccole rughe gli increspa la fronte. È cambiato, la sua espressione gentile è svanita.


Un comandante della Resistenza armata, un ribelle ricercato ostile e diffidente, molto diverso dal palpitante ricordo del giovanotto gentile con cui aveva ballato anni prima.

E’ la trasformazione di Aramis in “Lince” a testimoniare in prima persona quello che la guerra può indurre a fare, con le sue barbarie. Il suo coraggio, la sua voglia di libertà marcano profondamente Yvette, che sceglierà di unirsi a lui e i suoi compagni diventando “Nemo”. Un processo duro condotto con tenacia e caparbietà, destinato a cambiare le loro vite e quello di un paese, il Nord-Pas-de-Calais.

Le nefandezze e la crudeltà di quegli anni fanno da cornice ad un romanzo d’amore meraviglioso e struggente in cui l’autrice non ha voluto risparmiare nulla che non fosse credibile di anni che hanno impresso le sorti di moltissimi giovani.

Non vi sono parti della trama da raccontare o anticipare, perché chiunque deciderà di leggerla dovrà percorrere questo viaggio e vivere ogni pagina con il cuore in mano, come è accaduto a me, per nascondersi con loro nei boschi, fibrillando di paura nel buio, con lo stomaco vuoto e il corpo stanco. Vale la pena conoscere tutto, anche ogni straziante dettaglio, per ammirare il nascere di un amore puro e senza tempo, bello come il mare sotto le scogliere di Cap d’Opale.

La caratterizzazione di tutti i personaggi è magistralmente sviluppata: Oliver, Gerard, Charlotte fino agli odiosi comandati tedeschi come il comandante Von Brunner prendono vita dalle pagine, in un susseguirsi di commozione e odio, tenerezza e compassione, speranza e morte.


«Io so chi sei, Aramis. Non conta niente il tuo nome.» «E chi sono, Yvette?» «L’uomo migliore che io abbia mai conosciuto. La persona più generosa, coraggiosa, altruista di questa parte di mondo.»


“Per il tuo nome soltanto” è una storia d’amore ma anche di vendetta, sacrificio, resistenza e di speranza.

Un testimonianza autentica che oltrepassa il valore di un nome perduto, di un passato da ricostruire, perché è la memoria a salvare e rendere giustizia, a chi ha conosciuto la ferocia della guerra, amandosi sotto le bombe nonostante il dolore e la sofferenza, e decidendo di resistere e combattere gli invasori, in ogni modo possibile.

«Ho vent’anni, sono di Parigi. Mi chiamo Yvette Chambry. Quando sarai all’inferno, di’ a tutti che ti ha ucciso una donna.» E gli sparo.

Il coraggio di Yvette, il suo innato eroismo, omaggiano con onore le molte donne che hanno donato la loro vita per la libertà.

Il primo romanzo storico di questa talentuosa scrittrice, e mi auguro onestamente non sia l’ultimo. Un’ammirabile prova che segna un notevole cambio di passo rispetto alle sue opere precedenti, che ho avuto modo di leggere e apprezzare tantissimo.

Un capolavoro, come tutti quei libri che graffiano il cuore per renderlo più forte, più preparato ai colpi e più sensibile a riconoscere la bellezza delle storie a cui vale la pena affidarsi, e dedicare tempo e istanti di toccante emozione.


Nessuno qui fuori sa chi eravamo. Nessuno sa cosa abbiamo fatto nella nostra vita precedente, che abbiamo iniziato ad amarci in mezzo al fango, al freddo, sotto le bombe. Nel sangue degli uomini che abbiamo dovuto uccidere.


Chapeau Arianna. Alla prossima storia.

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VOYEUR di Fiona Cole

VOYEUR di Fiona Cole

Titolo: Voyeur
Autore: Fiona Cole
Serie: Voyeur series #1
Genere: Erotic
Narrazione: POV alternato (Callum e Oaklyn)
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 21 Aprile 2018
Editore: Believe edizioni

TRAMA


Non sapevo fosse una mia studentessa la prima volta che ho pagato per guardarla al Voyeur.

Appena quella matricola dell’università è entrata nella mia classe, sapevo di dover smettere di recarmi al club. Evitare di guardarla.

Ma non ci sono riuscito. Tutto in lei mi fa desiderare di più… Ma la parte peggiore è che non immagina minimamente che l’uomo che la spia dietro quel vetro, sono io.

Devo solo sperare che una volta scoperta la verità, lei mi voglia tanto quanto la desidero io. Perché ora che ho visto tutto di lei, non voglio staccarle gli occhi di dosso…


RECENSIONE


“Voyeur” , ovvero letteralmente “chi guarda”. Un titolo intrigante per un libro che richiama alla mente il concetto più ampio di voyeurismo.

Il voyeurismo è una delle fantasie erotiche più comuni, che in letteratura affonda le sue radici nell’antica Grecia, mediante le opere di Erodoto nel V sec. a.c. che per primo raccontò un episodio allegorico del re Caudale che espose le nudità della moglie, ritenuta bellissima, allo sguardo della propria guardia del corpo. Questo concetto racchiude a più livelli il senso di questa storia, in cui la vista è la percezione sovrana che predomina il racconto, sconfinando in strati più profondi del semplice guardare, ovvero farsi guardare fino a guardarsi interiormente.

Un viaggio sensuale ed introspettivo percorso mediante le vie dell’eros, alla scoperta di cosa ci sia nell’abisso di un animo umano danneggiato. Un libro interessante che tratteggia la ricerca del piacere con sapienza, intersecando in un abile gioco di seduzione le vite dei due protagonisti, Oaklyn e Callum.


Voyeur era un lavoro ed io ero un’attrice.


Oaklyn è una giovane studentessa di giorno e dipendente di un club privato, il “Voyeur”, di notte. Nonostante la sua giovane età, è tenace, determinata e focalizzata a raggiungere gli obiettivi che si è prefissata, ovvero finire il college senza chiedere aiuto a nessuno.
Se da una parte l’intraprendenza le consente di sfidare i suoi limiti, dall’altra la sua innocente sensualità scardina le regole che si è imposta.


Andavo lì perché, anche così incasinato, avrei avuto almeno il miglior tipo di porno disponibile. Guardavo ciò che non riuscivo a costringere il mio corpo a sopportare..


Callum ha ventinove anni. Ha una passione per tutto ciò che riguarda il cielo, le stelle e le costellazioni. Un amore per il cosmo così potente da averlo salvato in passato e che ha coltivato fino a farne una professione, divenendo un giovane professore di Astronomia. Nella vita ha imparato ad applicare il controllo su tutto, come una severa forma mentis per non concedersi debolezze e sentirsi fragile. E’ bello, dotato di un fascino riservato d’altri tempi che ricorda Clark Kant, capace di far girare la testa a tutte le studentesse del suo corso. Un giovane uomo apparentemente irreprensibile che nasconde in realtà irrisolutezza e vulnerabilità profonde.


Non importava quanto si sforzasse, mi guardava come se sapesse cosa fosse il desiderio e immaginai di darglielo tutto.


Il Voyeur è un club esclusivo, uno spazio dove ricercare piacere assistendo a spettacoli ad alto livello erotico e soddisfare le proprie fantasie e perversioni, con la garanzia della massima riservatezza. Luogo oscuro, fatto di vetri e tende mediante cui spiare ed essere spiati, dove si intrecciano i destini di Oaklyn e Callum. Sguardi, sensazioni e fantasie prenderanno la consistenza di un lento ma costante vortice di desiderio, passione, eccitazione che metterà alla prova entrambi.


Risi perché mi ero divertita. Mi piaceva l’idea dell’uomo dietro il vetro che veniva mentre mi guardava. Risi perché non sapevo come gestire questi sentimenti e perché ridere era più facile.


Una storia che avvolge tutti i sensi con un eros puro, mai volgare, senza estremismi o surreali dinamiche di rapporti tra chi domina e chi subisce.

Callum è un uomo che ha perso il senso dell’intimità senza riuscire a instaurare relazioni durature con donne, un ragazzo danneggiato che ricerca il piacere solo indirettamente; Oaklyn è una ragazza intraprendente e adulta, che non subisce ma decide per sé, sopportando e accettando. Tra loro si innesca un rapporto di dipendenza che evolve in un sentimento autentico, rendendo questo libro particolarmente godibile da leggere.


Mi aveva calmato e centrato, ma aveva anche spinto i miei limiti di controllo. Le due emozioni si erano intrecciate dentro di me e non sapevo cosa farne. Tutto quello che sapevo era che non ero pronto a rinunciare a nulla. Non al mio controllo e decisamente non a lei.


Lo stile di narrazione è emozionale e coinvolge il lettore in modo intenso. Il POV alternato permette di entrare in sintonia con entrambi i protagonisti e capirne le sfumature delle rispettive personalità. I dialoghi si alternano a domande introspettive che trasmettono efficacemente l’evoluzione di un amore difficile e condiscendente, che nasce lentamente, ramificandosi nel cuore dei due protagonisti in un susseguirsi di dubbi, fiducia, cedimenti e affidamento.


Era molto di più che attrazione. Ogni volta che la vedevo, sentivo che il mio petto stava per esplodere dall’emozione per lei. Era la mia cometa di Halley. Che arrivava solo una volta nella vita.


Una storia profonda e bellissima, il cui tema centrale offre uno sguardo su come oggi con i nuovi mezzi di comunicazione la tendenza al Voyeurismo non è solo presente ma perfino aumentata, generando una forma di “voyeurismo mediatico”. In questo senso, basti pensare alla possibilità che si ha di spiare i profili di altri sui social network, oppure di guardare tramite webcam la vita quotidiana dei partecipanti ai reality show. Molti odierni voyeuristi tendono, quindi, a soddisfare il proprio desiderio solo connettendosi sul web.

Una riflessione su quanto questo abbia ormai cambiato l’approccio alle relazioni e alle connessioni tra le persone.

Da leggere.

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MOLTO PERSONALE di Miss Black

MOLTO PERSONALE di Miss Black

Titolo: Molto personale
Autore: Miss Black
Serie: Autoconclusivo
Genere: Erotic, Thriller
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 27 Ottobre 2021
Editore: Little Black Tales

TRAMA


Quando la polizia contatta Isla Hurley, medico e psicoterapeuta, è per un motivo terribile: Emma, una delle sue pazienti, è stata uccisa. Isla non aveva mai contemplato l’idea che il delitto potesse entrare a far parte della sua vita ordinata, riflessiva e tranquilla. Certo, Emma aveva dei problemi con un ex fidanzato, Jordan. Insieme, avevano lavorato sul loro rapporto distruttivo ed Emma era arrivata a denunciarlo per stalking, ma Isla non credeva che la situazione potesse degenerare a quel punto.
E forse non è successo. Il detective incaricato delle indagini, Giovanni Vallespinosa, sembra un uomo capace e pacato. Cosa più importante, sembra avere davvero a cuore la morte della sua paziente e non è convinto che il responsabile sia Jordan.
Tra lui e Isla nasce una collaborazione asimmetrica, curiosa, e un’attrazione intricata. Isla interpreta il mondo come un insieme di fatti emotivi, lui cerca un’obiettività forse impossibile. E le ferite di entrambi entrano subito in gioco, rendendo le indagini una faccenda molto personale.

RECENSIONE


L’uscita di questo libro è stata inaspettata, senza annunci o avvertimenti. E’ arrivata improvvisa cogliendomi con la solita frenesia di attendere una nuova storia di Miss Black, che con “Molto personale” si è divertita a legare due generi affini, ovvero l’erotico, suo immancabile e rassicurante marchio di fabbrica, e il thriller poliziesco. Un connubio sopraffino, in cui si intersecano molteplici piani narrativi: quello investigativo, psicologico e quello del coinvolgimento sentimentale che lega i due protagonisti, diventando esso stesso il motore della trama.

Un delitto efferato, un’assassino da individuare, un’indagine che sembra portare altrove e al di là di indizi frastagliati e controversi fanno da cornice a questa storia in cui predomina inizialmente la protagonista femminile, Isla Hurley, psicoterapeuta della giovane e sfortunata vittima. Solo lei e i suoi cupi pensieri.


Non le era mai successo che una sua paziente morisse così. Era una cicatrice di un tipo del tutto nuovo. Una psicoterapia era una conversazione molto personale, sospesa al di sopra delle banalità quotidiane.


A condurre le indagini il detective Giovanni Vallospinosa, uomo enigmatico e pragmatico, dai modi sicuri e ruvidi:


Di base Giovanni non era un uomo paziente. Era un massimalista, uno che tagliava gli angoli e arrivava dritto al punto con una singola frase deflagrante.


Isla e Giovanni, due mondi paralleli, due ruoli scomodi in un quadro offuscato da un’insana attrazione che rischia di trasformarsi in sentimento, e che diviene ostacolo ad un bene superiore, ovvero rendere giustizia ad una giovane vittima e ricercare il suo omicida. Un omicidio, non un “semplice” femminicidio e in questo l’autrice ne distingue con accuratezza i diversi contorni:


«Riporta tutto al sesso della vittima. Oh, ora non dica che il sesso è il piatto forte di noi strizzacervelli. “Femminicidio” è stato concepito per attirare l’attenzione su un problema, ma se ogni volta in cui una donna muore qualcuno dice “femminicidio”, finisce per attirarla solo su un aspetto del problema. Preferisco credere che sia tutto più complicato».


Complicato sì, come il disorientamento profondo della protagonista, che si ritrova immersa di insicurezze, paure, sensi di colpa così radicati da far destabilizzare la più diligente delle psicoterapeute.
Un esercizio quasi catartico, che coinvolge fino ad intenerire il lettore, smascherando la spessa corazza che a volte può contraddistinguere coloro che per mestiere ci aiutano ad essere più centrati e consapevoli nella vita, dotandoci dei giusti strumenti ad affrontare il viaggio, e magari a volerci più bene.
Miss Black si è messa di punta stavolta, scambiando i ruoli e mettendo nel lettino del paziente proprio il medico (e non solo per sottoporsi a sedute da psicoterapeutiche, ovviamente).

Divertente, no? Forse più ironico, tratto stilistico che non manca quasi mai nelle sue storie:


Era tutto sudato e si era disfatto di quasi tutti i vestiti, tranne i calzini. Per completare il quadro di degrado, i calzini avevano ancora il segno delle infradito, pur non essendo calzini con l’alluce separato.


Passaggi che ci ricordano, rassicurandoci, la sublime maestria di questa autrice di dosare sapientemente l’eros, stavolta carnale e crudo, con il giusto sarcasmo, tocco che rende i suoi personaggi sempre profondamente umani e deliziosamente imperfetti.

Proprio come accade a Isla e Giovanni, coinvolti in una corsa costellata di reciproci dubbi e incertezze, che scavano nei loro passati delineando un presente troppo complicato da affrontare e che si intreccia inesorabilmente con quello della vittima, Emma, ancora troppo “paziente da salvare” per la psicoterapeuta e troppo “vittima a cui rendere giustizia” per il detective.


E a seguire, ecco il pensiero normalizzante, puntuale come un gendarme svizzero: forse la sua vita non era solo “un po’ disordinata” (che cosa vuol dire “un po’ disordinata”?), forse c’erano delle ombre nascoste. Dovevano esserci, è vero? Perché così era più facile continuare a pensare che alla gente perbene certe cose non succedevano. E se alla gente perbene non succedevano, non succedevano a noi. Perché noi siamo perbene.


“Molto personale” induce il lettore a immedesimarsi nei pensieri di Isla, afflitta da sensi di colpa divoranti, coinvolta in modo quasi intimo dalla morte della sua paziente. Un processo che assomiglia molto all’espiazione in cui il sentimento diventa una complicazione, un risveglio dell’anima da non meritare.
In questo lungo viaggio mentale, Isla è la prima ad impegnarsi ad indagare, ripescando ricordi, processando dettagli imparando così ad affondare sotto la superficie di quello che può apparire irrilevante, per capire forse anche più sé stessa.


In terapia, a volte, c’era un momento in cui ti rendevi conto di aver seguito le difese del tuo paziente. Se le seguivi senza riconoscerle e analizzarle, quelle difese ti portavano a occuparti della cosa sbagliata nel modo sbagliato. Ti perdevi in mille rivoli, in mille problemi che erano solo apparenti, che stavano sopra la superficie del problema come una coperta mimetica, proteggendo quel nucleo delicato (erano difese, d’altronde: difendevano) e impedendo a chiunque di mettere le mani sul problema vero, il problema grosso.


156 pagine di intensa narrazione, con dialoghi sempre graffianti, intrisi di domande, possibili risposte da leggere tutto di un fiato e un’eros potente, primordiale quasi caustico, che infuoca gli animi dei due protagonisti e che rende questo libro l’ennesimo gioiello di Miss Black.


Li mise da parte, non c’entravano. Ma poi non era vero, i sentimenti c’entravano sempre. Erano un filo teso dalle mani del tuo inconscio per guidarti tra i ricordi. Una linea rossa su un campo grigio, come nel navigatore della macchina.


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FALLING DOWN, L’EDUCATORE di Anna Chillon

FALLING DOWN, L’EDUCATORE di Anna Chillon

Titolo: Falling Down, l’Educatore
Autore: Anna Chillon
Serie: Autoconclusivo
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: Prima perosna (Eileen)
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 30 Ottobre 2021
Editore: Self Publishing

TRAMA


“A volte ti sembra di cadere, invece stai solo imparando a volare.”
Un ultimo atto di coraggio, una piccola spinta, e sarei precipitata dal venticinquesimo piano di un grattacielo di Chicago, mettendo fine a tutti i miei problemi. Sarebbe andata così, se lassù non avessi incontrato lui. Evans, l’uomo più cinico in cui potessi incappare, pensò di fare di me il suo esperimento. Colpevole, senza speranze… Chi ero io per rifiutare? Seguirlo fu facile, il difficile venne dopo. Ciò che pretese mi sconvolse: lui non era chi sembrava. Fin dall’inizio mi scontrai con la sua volontà d’acciaio e i suoi modi anticonvenzionali. Ma resistetti. Sarebbe davvero riuscito a dare un nuovo senso alla mia vita? Oppure, alla fine, gli avrei chiesto di ricondurmi in cima a quel grattacielo? Tre mesi di pianti, risa, segreti da svelare, frantumi da seppellire, insieme ai batticuore più folli che avessi mai provato. Poi avrei avuto il mio verdetto.

RECENSIONE


Una parte di me era terrorizzata, l’altra invece ambiva soltanto alla pace assoluta pregustando il meraviglioso cessare del dolore: solo una piccola spinta, mi diceva, e sarà tutto finito. Lo avevo calcolato: venticinque piani erano sufficienti perché tutto finisse in pochi istanti.


Venticinque piani, venticinque anni. Un piano per ogni anno di età. Un’altezza da terra sufficiente a morire, un’età troppo giovane per resistere ad un senso di colpa divorante. Il mondo visto dall’alto, una grande città che brulica di vita è lo scenario che apre “Falling Down” ultima opera di Anna Chillon, che ho avuto il piacere di leggere in anteprima e di cui aspettavo con frenesia l’uscita.

Un’attesa premiata perchè questa storia graffia, come la penna della sua creatrice, che se dovessi definire userei il termine “sperimentatrice”, perchè capace di mettersi alla prova in generi diversi, dal fantasy, all’erotico fino al contemporary romance, con consapevolezza e bravura, mediante trame originali e ricche di sfumature, come questo libro, davvero particolare, a tal punto da non essere catalogabile su un genere specifico.

“Falling Down”, cadere giù, calare. Un’azione apparentemente comune che mediante questa storia si avvalora di maggior significato, ovvero quello della scoperta di non sapere mai quanto in basso si possa scendere, quanto possa essere catartico piombare verso la propria oscurità, circondati dal buio interiore intriso di paure, senso di colpa e quella patologica inadeguatezza che rende incapaci di stare al mondo e meritarsi qualcosa di bello.
E’ quello che accade a Eillen, protagonista di questa storia, divorata da demoni troppo grandi da affrontare. E’ grazie a lei che conosciamo la sua storia, narrata in prima persona e che non lascia scampo al lettore, costretto ad entrare nella sua mente, a vedere con i suoi occhi, a respirare le sue esitazioni e vivere l’importanza dell’attimo che le cambierà il corso della vita. Un’incontro che assume le sembianze di un momento quasi mistico, spirituale.


Non so se fossi più io a stringere le sue nocche tra le mie o lui a tenermi al guinzaglio, fatto sta che tenevo forte quella mano in cui stavo riponendo la mia misera vita. Non avevo altro a cui aggrapparmi.


Logan Evans, quarant’anni, lavavetri. Chi è veramente? Un salvatore di anime dannate oppure un angelo della morte? Rispondere a questa domanda rappresenta il filo conduttore di questa storia, divisa in due parti, un forte richiamo alla metafora del bivio che apre il romanzo:


“Sliding doors”, ecco cosa stava accadendo. Mi trovavo davanti a un bivio dalle proporzioni gigantesche e in entrambi i casi mi attendeva l’ignoto.


La prima parte si sviluppa in modo più introspettivo, in cui le emozioni sovrastano le azioni, facendo predominare un lungo flusso di coscienza che ricorda il cinema “Kammerspiel”, in cui ad essere in primo piano è la percezione delle sfumature nelle emozioni dei protagonisti.
Come accade nei primi capitoli di questa storia, che offrono un viaggio a tappe, in cui Isabelle, che ha preso il posto di Eileen, sperimenta diverse fasi emotive: la disperazione, la rassegnazione, la lotta con l’orgoglio, la rinuncia.
Pagine intime che inducono il lettore a immergersi in un complesso ed enigmatico rapporto a due tra l’educatore e l’allieva, come a rimarcare il ricorrente dualismo che pervade la storia: la vita e la morte, la salvezza e la colpa, il bianco e il nero, l’accettazione e il rifiuto, binomi contrapposti che duelleranno in un intenso processo di espiazione.


Sul grattacielo avevo pensato a lui come a un angelo, invece era il negromante che uccideva Eileen ogni giorno un po’ di più per ottenere l’oggetto il cui nome non era Eileen, da comandare a bacchetta.


Si dice che «Insegnare è facile come scagliare pietre dall’alto di un campanile. Mettere in pratica quello che si insegna invece è difficile come portare pietre in cima al campanile.» Uscire dal guscio e mettersi in gioco dopo aver imparato a poter usare le ali sarà la sfida di Isabelle, riuscire a consentirle di volare la scommessa di Logan.
A volte è più facile sentirsi protetti in una prigione, per quanto dura, che uscire e vivere davvero, soprattutto quando la vita inizia a calare le sue carte più faticose in un susseguirsi di scoperta e vecchie fragilità, consapevolezza alternata a dubbi, con nuovi orizzonti da guardare e vecchi demoni da affrontare.
La seconda parte di questa storia è leggermente più dinamica della prima, anche se tutto continua a ruotare, oltre i protagonisti, intorno a pochi personaggi comprimari, tra cui Noah e Yuko, rifugiati e sopravvissuti anche loro come Isabelle ma al contempo portatori di esperienze dolorose offerte a lei come fossero illuminanti pezzi di un puzzle da ricostruire, che svelerà il senso della vita.

Anna Chillon regala ai suoi lettori la storia di Logan e Isabelle come fosse una scatola segreta fatta di molteplici strati di carta da svelare, da capire e aprire con cura, aiutati dalla magistrale attitudine di questa scrittrice a tenere il ritmo della narrazione lento o ritmato, a seconda del contesto e dello stato emotivo dei suoi protagonisti. Una tortuosa sospensione verso l’ignoto di un libro che si scopre pagina dopo pagine fino a che il lettore ne vuole di più, fino a voler capire cosa ci sia nel profondo.
Lo stile di narrazione è evocativo e ricco di metafore utilizzate ad arte per richiamare sentimenti, ispirare emozioni:


Così vicino a lui mi sentii fortificata. I defunti si dileguarono con la pesantezza dei loro rimpianti, indeboliti da un sentimento che vinceva sul dolore. Un sentimento tenace, benché lieve sullo spirito, come una nevicata di primavera.


“Falling Down” è un viaggio straordinario che fa pensare, arricchisce portando il lettore in una dimensione ricca di riflessioni importanti: quanto un senso di colpa possa invalidare o indurre all’autolesionismo, quanto sia vitale concedersi il perdono, trasformare le proprie debolezze in punti di forza e salvarsi, anche da noi stessi.

Una lettura profonda che consiglio senza dubbi o perplessità, fino ad indurmi ad aggiungere un nuovo aggettivo a descrivere Anna Chillon, ovvero “osservatrice dell’animo umano”, ovvero capace di costruire trame così potenti da rendere i suoi libri avventure introspettive formidabili.
Chapeau.


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IRRESISTIBILE di Adele Vieri Castellano

IRRESISTIBILE di Adele Vieri Castellano

Titolo: Irresistibile
Autore: Adele Vieri Castellano
Serie: Legio Patria Nostra
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 28 Ottobre 2021
Editore: Self Publishing

TRAMA


Tre come i moschettieri. Pericolo, avventura, missioni speciali, a volte senza ritorno. Eppure loro, i tre legionari, ce l’hanno fatta. Ora hanno fama, denaro, donne, una palestra a Roma in cui insegnano arti marziali. Ivan Conti, il più simpatico e irresistibile dei tre, accetta di partire per il Messico per risolvere un mistero che sembra avvolgere Rebecca Griswold Morley e la sua spedizione archeologica nelle oscure profondità dei cenote. Una missione che considera una seccatura ma che non può rifiutare visto che, come ex legionari della Legione Straniera, perseguono un unico obiettivo: proteggere i deboli. Ben presto il viaggio si rivelerà una trappola mortale perché la giungla nasconde insidie e pericolosi abitanti che non saranno gli unici nemici da dover affrontare.

RECENSIONE


Per il finale di questa avvincente trilogia, “Legio Patria Nostra”, la penna talentuosa di Adele Vieri Castellano regala un viaggio al lettore oltre oceano, nella giungla più selvaggia dello Yucatan in Messico, dove i pericoli non sono solo rappresentati dalla fauna locale. Un ambientazione appassionante che riveste un ruolo fondamentale in questo romanzo dove presente e passato si intersecano l’un l’altro, in un susseguirsi di azione, sentimenti, suspense, giochi del destino e immancabili valori fraterni. Protagonista maschile Ivan, terzo componente di questo gruppo di virili legionari, che avevamo conosciuto nei due precedenti libri della serie e che si era già fatto notare per molte ragioni.


Alto, tutto muscoli, spalle larghe, capelli folti e biondi che le sue dita spasimavano dalla voglia di toccare di nuovo. E gli occhi? Mio Dio, gli occhi che non ti aspettavi. Azzurri? No, sarebbe stato banale. Iridi dello stesso colore dell’ambra Chiapas, un miele chiaro, un brandy stravecchio.


Brillante, ironico, incallito seduttore, Ivan aveva avuto modo di presentarsi in “Irriducibile” e “Implacabile”, facendo delle spassose apparizioni in un misto di ironia, irresistibile fascino e un innato spirito goliardico tale da colpire chiunque. Oltre questa ammaliante facciata, per chi lo conosce resta un uomo solido, presente e un amico fedele su cui fare affidamento totalmente, sempre pronto ad aiutare i suoi compagni di vita. Tutto qui? No, perché questo istrionico ragazzo nasconde ai più, quasi con elegante riservatezza, un animo più profondo e ricercato, accuratamente celato, salvo alla sua grande amica Sara. Un dettaglio non banale a conferma di un personaggio dalle molteplici sfumature in grado di affascinare, davvero:


Tutti credevano che nel tempo libero si dedicasse ancora a bollenti sedute di sesso. Glielo faceva credere, era più facile così. In realtà, da qualche tempo, preferiva l’arte al sesso. O meglio, anche l’arte gli dava emozioni: osservare un quadro era diventata un’esperienza quasi extrasensoriale: a volte aveva l’impressione di provare le stesse sensazioni dei personaggi ritratti, di rievocare i movimenti compiuti dalle mani dell’artista.


Ma quanto si può resistere al richiamo del destino se esso cala giù si di noi le carte più intriganti e complesse, in grado di rivelare paure e mettere a repentaglio ogni nostra particella?

Difficile rispondere se non leggendo questa storia in cui un lungo intreccio tessuto ad arte farà incontrare sulla strada di Ivan la sua nemesi, Rebecca, archeologa italo-americana di fama mondiale nonché donna coriacea e indipendente, più propensa a scavare a mani nude la terra per cercare reperti utili alla ricerca che vivere una vita come una giovane donna della sua età farebbe.
Ma si sa che a volte gli atteggiamenti più rigidi e scontrosi sono un escamotage difensivo, una copertura creata per proteggere fragilità interiori e ferite sanguinanti, pezzetti acuminati che vagano nell’anima di un cuore spezzato da delusioni non elaborate o ancora peggio non accettate. E allora meglio immergersi nelle profondità di acque inesplorate o in buie caverne sconosciute per trovare frammenti di un passato da riportare alla luce. Tutto, purché non guardare nell’oscurità della nostra anima. Tutto, pur di non restare fermi a pensare.


Le immersioni la affascinavano eppure ogni volta, dopo una scoperta importante, si sentiva svuotata e agitata. L’unico modo per ritrovare la calma era suonare lo strumento che aveva tenuto in mano a sette anni.

Mentre finiva il dottorato, aveva capito che il violoncello non sarebbe mai stato la sua vita e si sera buttata nello studio a capofitto. Il risultato era stato una laurea in archeologia con specializzazione nell’epoca classica Maya e una passione viscerale per la musica.


Ivan e Rebecca, due personalità quasi spigolose, toste da combinare insieme, così opposti da divenire perfino simili per il livello di orgoglio, la forte caparbietà e soprattutto la totale abnegazione che mettono nel condurre i loro mestieri, e per quanto di loro stessi preservano agli altri. Lui l’arte e lei la musica.


Per lui non ci sarebbe mai stato il momento giusto per quel sentimento così totalizzante: era solo una scocciatura fatta di impegno, costanza e devozione. Lui non era né costante, né devoto e quella donna, più di tante altre, era ombrosa, padrona di sé e non scendeva mai a compromessi, glielo aveva dimostrato tenendolo a distanza come fosse un appestato.


“Irresistibile” non è però solo un bellissimo romanzo d’amore, perché il filo conduttore che ricorre nella serie è il grande valore dell’amicizia, che in questa storia trova una coinvolgente interpretazione grazie al profondo legame che unisce il protagonista a Damiano e Riccardo, ex legionari come lui e divenuti ormai fratelli. Insieme a loro Valerio Corvino, dell’arma dei Carabinieri, sempre presente e disposto a supportarli in ogni modo. Ad aggiungersi la sorella di Riccardo, Sara, la più piccola del gruppo, ma sempre pronta a essere presente ad ogni necessità, oltre poi al poi altri personaggi secondari come Massimiliano Neri, un Indiana Jones contemporaneo ed esperto archeologo. Tutte figure secondarie ma capaci di cesellare ad arte la qualità di legami indissolubili in cui lealtà e fiducia fanno da collante a intensi rapporti umani che amplificano il messaggio dell’autrice su quanto sia basilare aiutarsi e aiutare gli altri, facendo fronte comune pur nel rispetto delle proprie diversità.

Lo stile di narrazione in terza persona si conferma evocativo, celebrando la bellezza di paesaggi e ambientazioni attraverso accurate descrizioni, arricchite da appassionati racconti di usi e costumi appartenenti ad antiche civiltà, evidente risultato di ricerca e studio.

Una lettura interessante anche per mostrare le due facce di un paese, il Messico, grande nel passato per avere visto nascere due grandi civiltà come quella Maya e Azteca, e che oggi è al centro di un impero del crimine sanguinario. Due livelli paralleli raccontati con autentica bravura, che attraverso la difficile missione in Ivan e Rebecca saranno coinvolti, suscitano riflessioni sulla tragica evoluzione di un popolo, martoriato da guerre più che mai attuali.

Una componente come marchio di fabbrica di questa raffinata autrice, che pur sperimentando un romanzo ambientato in epoca moderna non ha rinunciato a impreziosirlo con la sua mirabile conoscenza per la storia antica, immedesimandosi nell’amore di Rebecca per il suo lavoro e trovando in Ivan la voce che sorprende per accenni all’affascinante mitologia greca.


«Da Rebecca sono diventata Rea.» «Non male.»

«Bravo mister Conti. Rea Silvia, per la precisione.» «E le Titanidi sono sorelle e mogli dei Titani, gli dèi più antichi, le forze primordiali del cosmo.» Lei si fermò di botto, gli occhi brillanti. «Sono folgorata da questo sfoggio di cultura classica.»


Roma fa capolino in sottofondo, con le sue vedute millenarie, i suoi scorci indimenticabili che fanno sognare chiunque ricordi la travolgente bellezza della città eterna, a cui Adele Vieri Castellano offre un sublime omaggio.
Leggere questo libro offre molte emozioni, in un saliscendi di curve a perdifiato, tra fughe nella foresta tropicale, scoperte di reperti antichissimi, misteri da svelare e una tensione sensuale che vibra ad ogni pagina aggrovigliando il lettore tra le liane della giungla più impervia in cui sarà avventuroso districarsi tra attesa, paura, passione e la voglia di trovare un posto da chiamare casa.


«L’amore è un atto di fede» disse, facendo scorrere i pollici avanti e indietro sulla pelle morbida. «Lo è sempre stato. Gli uomini e le donne continuano a fare questo atto di fede da tempo immemorabile.» «Anche al tempo dei Maya» mormorò lei.


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PLAYING LOVE di Moloko Blaze

PLAYING LOVE di Moloko Blaze

Titolo: Playing love
Autore: Moloko Blaze
Serie: autoconclusivo
Genere: Hot Contemporary Romance
Narrazione: POV singolo (Jolene)
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 19 Ottobre 2021
Editore: Self Publishing

TRAMA


Quando Jolene Davis, giovanissima vedova di venticinque anni dai modi alquanto ruvidi, chiede a Rhys Aglukark, l’aitante fotografo dello star system proveniente da New York, di farle delle foto per un appuntamento al buio, non avrebbe mai creduto di finire dentro a un vortice di passione e di sensualità. In poco tempo, si innamora perdutamente di quell’uomo misterioso e sfrontato, che pare trovarla bella nonostante la cicatrice che le deturpa il volto e che le ha fatto perdere fiducia negli uomini. Sembra tutto perfetto fino a quando non si scoprono le carte nel complicato gioco dei sentimenti, fino a quando questo gioco non diventa un massacro. Un avventuroso viaggio in completa solitudine a bordo di un camper, porterà Jolene a riconquistare quella forza e quella consapevolezza per essere di nuovo padrona della sua vita.
Da una prima parte ambientata sulle montagne del Vermont a una seconda on the road per gli Stati Uniti, Rhys e Jolene si scopriranno semplici compagni di giochi e poi amanti, ossessionati l’uno dall’altra. In Playing Love non mancano sensualità, passione, avventura e soprattutto… amore, quello che può far bene ma anche molto male, quello che però è anche in grado di condurre i due protagonisti in un luogo che possono finalmente considerare “casa”.


RECENSIONE

Playing love”, ovvero letteralmente giocare all’amore. Due parole apparentemente semplici da comprendere ma che in verità nascondono un fitto intreccio di significati.

Quali? Difficile rispondere in poche righe perchè stavolta Moloko Blaze ha superato i canonici confini del genere erotico per espandersi verso sfumature dalle tonalità di un rosa davvero intenso, offrendo un romanzo difficilmente etichettabile e che grazie ad una trama ricercata ed originale affronta con magistrale bravura tematiche emotivamente complesse. Una dislocazione di genere particolarmente interessante che non disorienta ma anzi libera il lettore da comuni stereotipi, rendendolo testimone privilegiato di un romanzo straordinario e potente.

Un’esperienza in cui ci si perde fin dalle prime pagine per ritrovarsi nello strato più profondo dell’anima fino a trovarsi travolti da un susseguirsi di emozioni contrastanti: la riscoperta della passione, la rabbia verso sé stessi, la rinascita di un sentimento, il senso dell’abbandono, la tristezza del fallimento, la meraviglia di sentirsi amati, la paura di soffrire, il terrore di fidarsi. Scenari che alternano luce e ombra e su cui predomina sovrana l’abbagliante bellezza di una struggente storia di amore che una volta letta è difficile lasciare andare.


Le uniche differenze che avevo riscontrato rispetto ai soliti turisti erano che fosse un nativo americano con scurissimi capelli lunghi e la pelle terrosa, che avesse un aspetto a dir poco attraente e che fosse piuttosto giovane.


Rhys Aglukark, 35 anni, fotografo. Misterioso, affascinante, di un’intrigante bellezza dai tratti esotici tale da divenire uno dei protagonsti maschili più intensi e autentici conosciuti negli anni. Un uomo dagli “occhi antichi”, ricco di anima ed di esperienze, tratteggiato ad arte dalla penna di questa autrice che per lui non si è risparmiata nulla, delineandone ogni sguardo e dettaglio fino a far percepire al lettore il suo profumo “terroso”. Una personalità solida, capace di trasmettere sicurezza e quella assertiva consapevolezza propria di chi della vita ha voluto sperimentato tutto, forse fin troppo, e che ha fatto del controllo un’attitudine personale.


«Io sono Jolene. Ma tutti mi chiamano Joy.» Non specificai il fatto che mi chiamavano “Joy”, Gioia, in modo ironico visto che sorridevo raramente e parlavo poco.


Jolene, 25 anni. Una vita vissuta a metà, tra un passato da espiare e un futuro inesistente. Schiva, riservata, scontrosa, indipendente e troppo ferita per concedersi agli altri, troppo insicura per vivere davvero. Giovanissima sposa e giovane vedova, acerba nelle esperienze di vita ma troppo matura per aver già conosciuto il dolore grazie ad un marito violento e carnefice, capace di annullarla come donna e privarla della sua giovinezza. Jolene, una sopravvissuta resiliente e combattiva, una protagonista femminile straordinaria in cerca di riscatto ma imprigionata dai sensi di colpa con un corpo, un cuore e una faccia divisi a metà.


Aveva ragione lui, mi ero sentita libera per la prima volta in vita mia. Libera di dire di no, libera dalle responsabilità, libera dal perbenismo che mi inchiodava in una vita da vedova senza futuro. Mi ero sentita di nuovo una donna, non una ragazzina violata. Rhys mi guardava dall’alto della sua statura, potevo avvertire il calore emanato dal suo corpo tanto era vicino al mio.


Per quanto si possa aver paura di fidarsi ancora, di meritarsi un futuro, per quanto si possa aver sofferto, a volte l’incontro con qualcuno segna l’inizio di una resa, lanciando minime ma inconfondibili avvisaglie che sarà l’istinto a prevaricare sulle nostre scelte, e farci percepire anche il più piccolo richiamo a quel risveglio desiderato. Sensazioni così primordiali e potenti da farci immaginare liberi dalle catene, e creare una crepa nella più spessa delle corazze.

Una storia di rinascita toccante al cui centro c’è Jolene, che racconta in prima persona la sua voglia di vita, le sue paure e soprattutto quell’inconsapevole desiderio di sentirsi ancora giovane e riprendersi quando tolto.


Mi guardò per un attimo infinito e io fui certa che da quel momento in avanti il tempo e lo spazio avrebbero perso ogni concretezza in sua presenza. E che avrei misurato tutto in funzione di lui. Rhys Aglukark, l’artista della mia immagine, lo scultore del mio corpo, il paziente artigiano della mia femminilità.


Un percorso tortuoso in cui a farle da coraggioso pigmalione sarà Rhys, che le farà riscoprire la femminilità perduta mediante l’arte della fotografia in un gioco di visioni e percezioni capaci di riaccendere la fiamma del piacere di guardarsi ed essere guardata da chi è capace di vedere al di là di un viso a metà. Un’esperienza educativa che li connetterà intimamente e sentimentalmente ma che non basterà perché per superare convinzioni e paure troppo invalidanti occorre andare oltre i limiti conosciuti e sperimentare altro, quanto ci è sconosciuto per crescere, cadere e rialzarsi.

Una scelta coraggiosa che Jolene affronta con un viaggio on the road appassionante ambientato nelle strade dell’America più vera, dal Vermont, al North Carolina, Texas, Utah fino in California. Un’avventura in cui ogni miglio le regalerà momenti di vita negati e che ribalterà gli equilibri tra lei e Rhys, a conferma di quanto l’autrice ami mettere in discussione le certezze dei suoi personaggi, sempre indiscutibilmente così autentici da toccare nel profondo, proprio perché imperfetti e quanto più lontani dall’essere accomunati a facili stereotipi.

Un libro in due parti che richiama un ricorrente dualismo che si dipana a più livelli: una faccia a metà, la zucca Missy ammaccata dura fuori ma dolce dentro, l’essere lupo o agnello, vittima o carnefice, l’ambientazione della metropoli in cui perdersi e quella pervasa dalla natura in cui ritrovarsi, in un complesso intreccio che rende “Playing love” un romanzo davvero indimenticabile perché in grado di celebrare l’amore più istintivo e primordiale, anche verso sé stessi, in un lungo viaggio che riporti a casa.

Come accaduto per le precedenti opere, ovvero “The Undressed Series” e “Playing time”, l’autrice predilige il POV della protagonista femminile, lasciando volutamente più nel mistero quello maschile, a rimarcare il potere e il fascino dell’immaginazione. Un’accurata selezione musicale ricorda l’altro marchio di fabbrica di Moloko Blaze, che per questo libro ha scelto sonorità retrò tra Elvis Presley e Jhonny Cash, senza dimenticare la mitica Dolly Parton, con la sua “Jolene”.

L’epilogo raccontato in terza persona è la ciliegina sulla torta, che nobilita un finale impeccabile consegnato al lettore come un regalo, dotato di un perfetto distacco emotivo ma tale da far entrare la storia nell’anima di chi lo leggerà.
Jolene toccherà il cuore di moltissime donne che come lei sono in cerca di riscatto, che vogliono riappropriarsi di un tempo perduto o semplicemente di una vita diversa. Mi piace pensare che saremo tutte “Jolene” per un giorno, perché in lei è racchiuso un pezzetto di ogni donna.

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VERSO IL FRASTUONO DEL CAOS di Carmen Jenner

VERSO IL FRASTUONO DEL CAOS di Carmen Jenner

Titolo: Verso il frastuono del caos
Autore: Carmen Jenner
Serie: autoconclusivo
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: POV alternati (Jake, Ellie)
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 4 Aprile 2019
Editore: Hope Edizioni

TRAMA


Jake Tucker è un uomo a pezzi. A ventidue anni, ingenuo e inquieto, si è arruolato nel Corpo dei Marines. Nove anni e quattro missioni dopo, Jake ritorna sul suolo americano, anche se la sua mente è rimasta saldamente radicata nelle sabbie dell’Afghanistan, insieme agli uomini che non ce l’hanno fatta.
Ferito, annientato e gettato via dalla guerra, Jake ha come compagnia solo il suo cane, Nuke, una sindrome da stress post-traumatico e il senso di colpa del sopravvissuto. Per nove anni non è passato istante senza che non si sia chiesto quando per lui sarebbe stato l’ultimo giorno, ma c’è ben poco conforto nel fatto che sia ancora vivo, quando nessuno del suo plotone lo è più.
Ellie Mason non ha tempo per gli uomini spezzati dalla vita. È troppo impegnata a cercare di portare del cibo in tavola. E fare fronte alle esigenze di Spencer, suo figlio, affetto da autismo, talvolta è come combattere dietro le linee nemiche. Come se destreggiarsi nei campi minati dell’essere una madre single non fosse sufficiente, Ellie si sente attratta da quel tranquillo Marine, solitario quanto lei. Ma ha già amato uomini traumatizzati, e ne è uscita straziata.
Ambientato nel pittoresco scenario di Fairhope, Alabama, Ellie e Jake si ritrovano coinvolti nel frastuono del caos.
L’amore è guerra. Solo il più forte sopravvive, e la resa è inevitabile.


RECENSIONE


Ho combattuto la loro guerra per nove anni. Adesso, mi sveglio ogni giorno per combattere la mia. Tutto quello che ho è il mio senso di colpa e il mio cane, la cui vita è dedicata ad assicurarsi che non vada fuori di testa e mi faccia saltare le cervella sui muri della mia casa vuota. Tutto quello che mi è rimasto è “niente”, e l’ho pagato un prezzo fin troppo alto.


Non è la prima volta che mi capita di leggere romanzi i cui protagonisti sono militari tornati dal fronte, reduci tormentati come accade proprio in questa storia. Rispetto ad altre letture questa storia mi ha particolarmente colpito per la profonda autenticità nel raccontare, senza fare sconti, il vissuto di chi si è lasciato alle spalle la guerra avendo difronte a sé la più dura da affrontare, ovvero la battaglia per riprendere una vita degna di essere ritenuta tale.

Jake è un Marine che al rientro a casa si ritrova a fare i conti con sé stesso, con quello che ne è rimasto in verità. DPTS, quattro lettere che indicano una patologia tanto invalidante quanto insidiosa, ovvero Disturbo Post Traumatico da Stress. Soffrirne significa trasformarsi in un individuo traumatizzato, in preda ad allucinazioni, incubi, attacchi di panico e ossessioni persecutorie che rendono angosciante anche il suono di un clacson portando a essere violenti o maneschi, come posseduti da demoni interiori troppo forti da combattere. Uno stato che riduce all’isolamento e che spesso viene sottovalutato o peggio non riconosciuto. Incredibile pensare che ad oggi solo in America ne soffre quasi il 30% dei militari che rientrano da missioni di guerra.

Con magistrale bravura, l’autrice Carmen Jenner alza il velo su questo argomento, spesso fin troppo banalizzato ma che invece merita grande accuratezza e consapevolezza nell’essere testimoniato proprio per la sua gravità e complessità, nonchè per l’estrema difficoltà di uscirne. In questa storia la sofferenza di Jake è viva, si percepisce nei suoi pensieri, emerge dai suoi ricordi mediante flashback che spuntano impazziti come pallottole nella sua testa e che col tempo sono divenute schegge acuminate conficcate sotto pelle. Solo così è possibile comprendere la ritrosia a farsi toccare, la scelta della totale solitudine e la fragilità a ricadere in temibili dipendenze come l’alcol e i farmaci. L’unico sostegno su cui ripone la tenuta dei suoi precari equilibri è Nuke, compagno di vita a quattro zampe nonché cane guida addestrato per aiutarlo nelle crisi.

Se è vero che spesso il dolore allontana le persone, è pur vero che a volte provarlo alimenta la sensibilità verso la sofferenza altrui. Forse è questa significativa empatia a tessere il filo che legherà il destino di Jake a quello di Ellie, giovane ragazza madre che entra nella sua vita per puro caso.

Una connessione istantanea che si incunea al primo sguardo fin dal loro incontro, anche grazie a Spencer, figlio di Ellie.


«Spencer soffre di autismo e SPD», dico in fretta. Una parte di me odia dover spiegare la diagnosi di mio figlio. Non è che me ne vergogni, e so che, come genitore di un figlio affetto da autismo, dovrei essere disponibile a rispondere alle domande nella speranza di poter eliminare l’orribile marchio associato a questa sindrome, ma talvolta puoi parlare fino a esaudire il fiato senza che ciò modifichi il pregiudizio delle persone.


Un bambino speciale che rappresenta tutto il mondo per Ellie, dando significato alle sue giornate, a definire i suoi stati d’animo, a determinare le sue preoccupazioni, a donarle gioia. Una dimensione intima a due in cui amore e dolore si mischiano come accade per chi è vicino a persone che soffrono di disturbi complessi come quello del “disordine dell’elaborazione sensoriale”, che impedisce al cervello di percepire in modo corretto stimoli esterni e interni. Un’invalidità che ha reso la vita di Spencer e e sua madre piena di incertezze e alla perenne ricerca di una modalità sostenibile di convivere con una patologia così terribile. L’autrice è bravissima a descrivere le loro sensazioni, che alternano fiducia a paura, sollievo a terrore, mediante dialoghi struggenti.


Lui libera le mani dalla mia stretta e mi afferra una cioccia di capelli, che comincia a sfregarsi tra le dita, ancora e ancora. È un fatto sensoriale, qualcosa che fa da quando è piccolo per calmarsi. Questa è l’unica situazione in cui mi è permesso stare così vicino a mio figlio e, sebbene ogni crisi mi distrugga ogni volta un pezzetto di cuore, ci sono una tale quiete e armonia nell’essere in grado di confortarlo, di stringerlo e di accarezzargli la fronte in questo modo.
Sulla moquette della mia stanza, con le tende aperte e la pioggia che martella sul tetto, ritrovo la pace tenendo mio figlio tra le braccia. Mi sento utile, necessaria, e per la prima volta dopo tanto tempo, mi sento una buona madre. Anche se solo per un istante.


Un legame commuovente che impone rinunce, che consuma togliendo ogni spazio a disposizione laddove l’amore è ingombrante, esclusivo.

L’incontro tra Jake ed Ellie lo segna un destino beffardo, abile a sparpagliare le carte in tavola fino a porli difronte ad uno specchio. Un riflesso in cui riconoscere le stesse ferite e intravedere simili cicatrici per identificarsi nel dolore dell’altro. Ma concedersi, permettersi un futuro è un’altra meta, forse irraggiungibile.


Tutto ciò che conta è che il mio cervello la considera come una minaccia alla mia sanità e il pensiero che, quando sono con lei, sono solo un uomo normale e non qualcuno scampato a una zona di guerra, segnato e terrorizzato dalla propria ombra.


“Verso il frastuono del caos” è una storia che racconta un percorso di dolore, lo spiega, ne definisce i contorni, senza mai essere banale ma anzi offrendo un quadro autentico in cui molte persone vivono ai margini di una società che ci vorrebbe tutti “normali”.

Un romanzo di rinascita che supera i facili stereotipi di un amore nato tra due persone spezzate. Un viaggio difficile, a più fermate, lento e in costante salita perché costellato di continue esitazioni, brevi risvegli, profondo senso di inadeguatezza e l’eterna paura di non potercela fare. Un po’ come accade davvero nella vita reale dove spesso non ci sono scorciatoie per arrivare in fondo, soprattutto quando si hanno carichi fin troppo pesanti da sopportare. Resta la fiducia, quella di credere che forse dividere il peso in due fa andare più lontano. A volte, sì, può accadere.

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DILOGIA “COLORS” di Mary Lin

DILOGIA “COLORS” di Mary Lin

Titolo: Dilogia “Colors”
Autore: Mary Lin
Serie: Colors, vol. 1 e 2
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: POV alternati (Mansel, Melody, Arden, Hannah)
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 26 Maggio e 30 Giugno 2021
Editore: Self Publishing

TRAMA


Vol. 1

Melody nasconde il suo passato sotto la maschera da ribelle, una spessa armatura di irriverenza e aggressività.
Insieme ai suoi migliori amici, Junior, Arden e Dustin, crea scompiglio tra i corridoi della scuola, fino al giorno in cui si spinge troppo oltre ed è costretta a scappare.
È un giorno di pioggia quello in cui Mansel inchioda con il suo pick-up, per evitare di investire la ragazza che sfreccia tra le auto in corsa. Quel momento cambierà ogni cosa. Per Melody, la ragazzina sfrontata che dissimula la gamma di grigi che macchiano il suo animo. Per Mansel, che è disorientato dal suo atteggiamento provocatorio e si sentirà, di volta in volta, sempre più responsabile per lei.
Per un cuore che ha finora vissuto nelle tenebre, il mondo inizierà a colorarsi di mille diverse sfumature.

Vol.2

Melody, Arden, Junior, Dustin. Quattro ragazzi uniti contro tutti, temuti, isolati, decisi ad affrontare insieme il mondo che li aveva spezzati. Legati da un filo nero che li ha stretti fino a consumare i pochi attimi di pallida felicità.
Finché la vita ha presentato loro il conto più salato.
Da quella terribile notte, ogni cosa è cambiata e nulla sarà più lo stesso.
Quel filo si è rotto. Le scaglie sono esplose, aprendo una ferita che non potrà rimarginarsi.
Melody è caduta in un baratro nero che ha inghiottito ogni altra tinta. Rinchiusa nel suo bozzolo di dolore, non ha più la forza di combattere. Qualcun altro combatterà per lei, per spingerla ad affacciarsi nuovamente alla vita. Per spronarla a respirare, a sentire e a ridare voce ai suoi colori.


RECENSIONE


Noi quattro siamo un’unica cosa, e farei di tutto per loro.


Quattro giovani ragazzi, un legame indissolubile. E’ in questa citazione che si racchiude il senso profondo della dilogia “Colors” di Mary Lin, ovvero l’amore come sentimento universale, che supera il tempo e la distanza, di cui si ha bisogno per vivere con totale pienezza.
Viviamo e dipendiamo da questa esperienza nelle sue diverse forme: dall’essere innamorati, all’amore che nasce in un’amicizia, quello tra fratelli di sangue e non, fino a quello che i genitori provano per i propri figli.

Un sentimento che non si sceglie, è lui a farlo per noi, che non ha regole e su cui non abbiamo controllo, e che spesso è capace di unire persone a volte tanto diverse. Come può accadere? Rispondere è complicato, potrebbe trattarsi di semplice casualità, un disegno del destino, oppure la credenza che due persone sono legate fin dalla nascita da una forza invisibile, un filo magico che tiene due anime connesse nonostante il passare del tempo e la lontananza.

Questa storia richiama a questo tipo di legame, espandendo il significato dell’amore più totalizzante e viscerale che rapisce, strattona, ferisce fino a corrodere l’anima, in un percorso di rinascita di originale intensità. Un romanzo da vivere come un viaggio coinvolgente, nella piena consapevolezza di dover sopportare le vertigini e la fatica di raggiungere le cime emotive più alte, in cui il respiro si fa corto per la mancanza di ossigeno e il cuore a tratti perde il battito.


È perché… sono aggrovigliata a lui. E sono legata a Junior. E sono legata a Dustin. Danneggiarli, deluderli, anche solo contrariarli mi spaventa, mi ferisce, e mi ammazza. Ciò nonostante, non riesco a fare altro che questo. Io… sbaglio sempre.


Al centro del racconto Melody, una ragazzina che a soli 17 anni la vita ha già inferto ferite insanabili. Una protagonista femminile scomoda, difficile, ostile, danneggiata al limite dell’umanamente pensabile; a parlare per lei sono i suoi atteggiamenti da bulla, i silenzi improvvisi, i tagli sulla pelle, la totale assenza di rispetto per il suo corpo e due occhi capaci di gridare senza voce. L’autrice non risparmia nulla al lettore, raccontando con autenticità dove possa spingersi la ferocia umana per strappare dalla realtà e catapultare chi legge nel buio dell’inferno di questa giovane ragazza e mostrarne tutto l’abisso che la avvolge, un groviglio di dolore, paura, inadeguatezza, irriverenza, rabbia e dipendenza.
Da cosa o da chi Melody è dipendente? Dal bisogno di essere protetta, dalla necessità di fuggire dal vuoto ed essere salvata, dall’unica forma di amore che ha mai conosciuto e che la lega profondamente ai suoi 3 amici, e in particolar modo a suo “fratello” Arden.


«Finché rimarremo insieme, potremo funzionare meglio. Se unisci due metà rotte in un unico cuore, forse questo batterà di nuovo.»


Complesso, enigmatico, oscuro, Arden è un personaggio che emerge tra le pagine come un’ombra nera e costante, che segue silente, osserva minaccioso. Una figura carismatica che incute timore fino a rendersi odioso, che disturba e inquieta, capace di plagiare. Il legame che ha costruito con gli anni con sua “sorella” Melody ricalca alla perfezione le sembianze di una relazione tossica, in cui la dipendenza affettiva si alimenta su un senso di protezione e controllo patologici che logora, ricatta e nuoce fino a creare un vortice di sensi di colpa, astinenza, assuefazione, negazione fino alla violenza emotiva.

Nonostante i tratti oscuri e deviati che connotano Arden come il cattivo della storia, resta il fatto che la sua personalità è così stratificata e ben delineata da non mettere d’accordo nessuno, fino a far discutere chi lo vuole salvare e chi solo condannare. In questo giudizio altalenante si racchiude la bravura dell’autrice nell’aver reso credibile un personaggio così impenetrabile. A mio avviso, ogni tipo di giudizio su di lui va sospeso, in attesa di arrivare alla fine della dilogia, quando si sciolgono i nodi che hanno azionato le sue scelte, mosso le sue decisioni, sviluppato i suoi pensieri per capirne fino in fondo la psiche, laddove possibile.


Quest’uomo… è un’immensa distesa di colori. E sono così sopraffatta da ciò che provo per lui anche solo guardandolo, che il cuore mi batte così forte che mi manca il respiro.


A scardinare il legame tra Arden e Melody sopraggiunge Mansel, 28 anni, fratello maggiore di Hannah, compagna di scuola di Melody. Caparbio, a volte brutale e poco avvezzo ai sentimentalismi, il suo destino incrocia quello di Melody in una fase della sua vita molto critica, dove pesanti rinunce personali e grosse responsabilità lo stanno logorando fino allo sfinimento.
In un graduale percorso costellato da irriverenza e pregiudizio, l’incontro tra Mansel e Melody sparpaglia le carte dei loro destini incuneandosi nel profondo fino a stravolgere, quasi inconsapevolmente, le vite di questo gruppo di giovani ragazzi e rivelando soprattutto le contorte dinamiche della torbida relazione che lega lei e suo fratello Arden, fino a svelare il filo nero che da anni li unisce in un connubio perverso di controllo e sottomissione.

Gli effetti collaterali sono devastanti per entrambi ma soprattutto per lei, abituata a vivere al buio, nell’ombra, nell’oscurità profonda di chi ha paura e ha conosciuto la sofferenza, dotata da sempre di una maschera inscalfibile per anestetizzare il dolore. Tutte le sue emozioni traspaiono vive da dialoghi, pensieri e atteggiamenti narrati con enfasi fino a che Mansel le offrirà un risveglio emotivo profondo tale da dare forma ai sogni e coltivare desideri finora repressi.

L’autrice non sbaglia un colpo nel raccontare con grande accuratezza il loro rapporto.

Una relazione complessa che rifugge da ogni tipo di etichetta, perché non ci sono promesse, non si offre fiducia, non ci si tiene per mano. Melody e Mansel lottano e si cercano disperatamente come due poli opposti legati da un filo invisibile che si allenta e si accorcia di continuo, in un duello struggente senza sapere, fino alla fine, chi salva chi.

Lo stile di scrittura è evocativo e ricco di pathos, in cui le voci narranti trasmettono pienamente le loro emozioni fino a scomporle in immagini, suoni, odori e renderle incredibilmente realistiche.

La dilogia “Colors” di Mary Lin è una storia di rinascita difficile, straziante, che traccia solchi profondi, particolarmente nel primo volume, senza lasciare alcuna tregua al lettore in un susseguirsi di accadimenti a volte difficili anche da immaginare. Una narrazione che a tratti toglie il fiato senza far prevedere cosa accadrà, tra lacrime e sollievo, rabbia e commozione.

Nella seconda parte il racconto perde un po’ di ritmo sull’azione lasciando campo ad una narrazione a 4 voci che scorre più lentamente mediante un flusso di coscienza che rende il romanzo più introspettivo. Una scelta che, a mio avviso, offre meno emozioni rispetto alla prima parte ma che, d’altra parte, mostra come l’avanzare del tempo possa generare per alcuni un percorso di maturità che coadiuva la crescita personale, facendo sedimentare esperienze e permettendo a nuovi equilibri di attecchire. Per altri, invece, il tempo ha il sadico potere di irrigidire posizioni e incuneare convinzioni, in un circolo nocivo di silenzio, errori e solitudine.
Un tipo di racconto meno incentrato sull’azione e più sull’elaborazione, che ripercorre il passato e spiega il presente per mostrare le mille sfumature dei vari personaggi, nascoste dagli eventi sotto una coltre oscura di tonalità, che solo sul finale iniziano a distinguersi in modo nitido.

“Colors” è un viaggio tortuoso che non si dimentica perché graffia e scuote, ma insegna anche a volare attraverso i sogni, gli sbagli, il dolore e quel senso straordinario di rinascita che ripaga ogni lacrima versata.
Melody, Mansel, Arden, Junior, Dustin e Hannah resteranno per lungo tempo indelebili ricordi di un romanzo tra i più belli letti ultimamente.


L’amore fa male, e più fa male più ami, e più ami più soffri. Il dolore ti porta a fare scelte stupide, sbagli che si pagano, finendo col dare la colpa a lui, e col dare la colpa a se stessi; ma prima o poi si smette la conta delle colpe, perché non si sceglie di amare. È l’amore che ti sceglie.


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