QUANDO TUTTO SEMBRA IMMOBILE di Roberto Emanuelli

QUANDO TUTTO SEMBRA IMMOBILE di Roberto Emanuelli

Titolo: Quando tutto sembra immobile
Autore: Roberto Emanuelli
Serie: Autoconclusivo
Genere: Narrativa
Narrazione: Prima persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: ottobre 2022
Editore: Sperling & Kupfer

TRAMA


Roma, 2022. Erba appena calpestata, pini mossi dal vento e sale. È di questo che profuma il quartiere in cui Daniele è cresciuto. Un quartiere di periferia, dove tutti si conoscono e si aiutano, ma dove basta un attimo per prendere la strada sbagliata. Ed è qui che, dopo tanti anni, Daniele ha deciso di tornare per cercare conforto: Margherita, l’unica donna che ha mai amato, se n’è andata. Lui è distrutto ma non riesce ad ammetterlo. Con nessuno, nemmeno con gli amici che pure sono sempre al suo fianco. Daniele è fatto così: ha un universo di emozioni nascosto in fondo al cuore, ma non è capace di esprimerlo. La vita è stata dura con lui e gli ha insegnato che, per non soffrire, i sentimenti vanno celati, soffocati. È come se fosse paralizzato, in trappola, mentre una guerra silenziosa lo agita nel profondo. Una guerra che non può vincere. Contro se stesso, contro Margherita, contro il suo passato. Ma è proprio la lotta con il passato che lo porta a intraprendere un lungo e doloroso viaggio. Ciò che scoprirà alla fine del cammino, però, è che la felicità è sempre stata a un passo da lui. Perché, a volte, bisogna restare immobili per andare avanti.

RECENSIONE


Alcuni libri hanno il pregio di riuscire a trasportarci in una dimensione che è o è stata nostra, evocando l’essenza di un momento vissuto, la sensazione di dejavu, la familiarità con tratti caratteriali che ci appartengono, momenti dell’esistenza che sono o sono stati fotocopia della nostra.

La scrittura di Roberto Emanuelli è in grado di far sentire i pensieri e gli stati d’animo dei suoi personaggi, nodi in gola, nostalgia, inquietudine, tenerezza.

È attraverso il protagonista del libro, Daniele, un personaggio tra i più autobiografici tra quelli dei suoi precedenti lavori, che l’autore ci fa sentire tutto quello che anche questo protagonista prova e che si percepisce essere anche molto vissuto dell’autore.

Più di tutte rispetto alle altre Daniele ci fa percepire l’immobilità citata nel titolo.


Forse, mi dico, dovrei farmi aiutare, dovrei parlare con qualcuno: forse potrei convivere meglio con quello che ho dentro, con questa mia sensibilità troppo grande per un mondo che corre e corre e mi fa sentire piccolo, inadeguato, in affanno, indietro. Mi immobilizza. Ecco, mi sento immobile, affacciato a una finestra, a guardare la vita degli altri che passa.


Un’immobilità a cui la storia d’amore con Margherita non sopravvive e che lo costringe a una continua lotta con sé stesso e con la sua incapacità a manifestare le emozioni, a vivere sempre con il freno a mano tirato, atterrito dalla paura, dalla sensazione di inadeguatezza.

Vi è mai successo di sentirvi così?

Fermi, prigionieri, come con i piedi nel fango, incapaci di uscire da una dimensione, dalla solitudine, dalla prigione dello spirito?

Come afferma Roberto Emanuelli, provare l’immobilità dell’anima, sentirsi intrappolati dai nostri stessi pensieri, non riuscire a riempire quel buco interiore che divora da dentro può rappresentare una condanna.

Chi l’ha provato su di sé, chi ne è tuttora prigioniero e chi ci sta combattendo lo sa bene.

Potendo assistere alla presentazione del libro di persona ho constatato che anche l’autore lo sa bene e ha voluto condividerlo con i suoi lettori proprio attraverso questo protagonista, un uomo in lotta con le sue paure, incapace di esprimere le proprie emozioni, al contrario impegnato perennemente a soffocarle, schiavo delle sue ossessioni unico appiglio in una realtà che sembra subire, e che sono l’unica cosa che lo aiutano ad andare avanti.

Daniele è stato un personaggio che mi ha suscitato sensazioni opposte: da un lato la fatica del sentire questo dolore così impregnante in vari aspetti della sua vita e così familiare per alcuni aspetti, dall’altro il fascino esercitato da un uomo così problematico.

Credo che quest’ ultimo aspetto sia da ricondurre al fatto che quella stessa tenebra che lo avvolge e lo tormenta è anche il tratto che ne decreta la grande fragilità e di conseguenza la spiccata sensibilità.

Un dualismo che credo sia ben rappresentato da questo estratto:


Non so farmi scivolare facilmente le cose di dosso. Non ne sono mai stato capace. Io che mi innamoro delle stelle in quel cielo blu e illuminato, mentre dentro di me è tutto troppo buio e pieno di guerra per raccontarlo.


Daniele si fa attraversare dalle cose che gli si radicano dentro, non sa farle scivolare via e con lui le sentiamo anche noi lettori, incastrati sempre più pagina dopo pagina nella profondità di questo abisso che si apre anche al nostro sentire attraverso i suoi pensieri, ossessivi, cupi a volte, ostinati.


Questa fitta profuma di stazioni abbandonate, colme di malinconia e solitudine. Io le sento le cose, quando arrivano, quando restano, quando se ne vanno: è la mia condanna.


Una condanna verso cui comunque egli non si dimostra mai passivo: la guerra che sente dentro la combatte strenuamente, usando tutti gli strumenti che ha a disposizione e che è in grado di esercitare nella forma di atteggiamenti ossessivi, fobie, piccole manie.

È una lotta contro se stessi quella che ci racconta l’autore in cui la storia del protagonista non è niente altro che il tentativo di sopravvivere a questa guerra.

Ben costruita la narrazione in un’alternanza di presente e passato attraverso cui riusciamo a conoscere meglio Daniele e a cogliere sempre di più questo suo essere intrappolato, fin dai tempi della sua formazione.

Questa infatti è anche una storia che parla di famiglia e di quanto abbia il potere di plasmarci così come l’ambiente in cui nasciamo.

L’ autore ci racconta della sua amata Roma, dei suoi angoli meno luminosi, quelli di periferia dove non tutti si salvano ma nemmeno soccombono.

Ci racconta della paura dell’abbandono, della solitudine, di un sogno dalle forme di torte e meringhe, di fratellanza, di amici e amori e uno degli aspetti che più mi hanno colpita, anche dei profumi.

Il profumo di un luogo, di una situazione, di uno stato d’animo:


Che non è mai solo il profumo vero di quella cosa. Il mare, per me, non odora solo di mare, ma anche di mandarino, di albero di Natale, di albe al campeggio, di foglie mosse dal vento, di promesse che sapranno resistere a tutto senza infrangersi mai.


Lo fa utilizzando passaggi degni della poesia più sensibile, tracce disseminate sulle pagine di un cammino di crescita personale, fatto di consapevolezza e trasparenza che poi si rivela anche dal punto di vista artistico.

È lo stesso autore a raccontarlo in occasione del firma copie del libro a cui ho assistito durante il quale con totale onestà spiega come “Quando tutto sembra immobile” è coinciso con un nuovo percorso rispetto ai suoi libri precedenti e che corrisponde anche  all’aver affrontato disturbi e difficoltà proprie di un’anima sensibile, emotiva, a volte fragile.

«Il problema siamo noi esordisce davanti alle sue lettrici in quell’occasione.»

Una consapevolezza di cui Daniele è l’emblema e attraverso cui l’autore ci sta anche dicendo che è una lotta certo, ma una lotta che si può vincere, perché a forza di provarci dall’ immobilità si può uscire.