
DILLO ALLA PIOGGIA di Bianca Marconero
Titolo: Dillo alla pioggia | |
Autore: Bianca Marconero | |
Serie: Serristori | |
Genere: Contemporary Romance | |
Narrazione: POV alternato (Niccolò, Cecilia) | |
Tipo di finale: Chiuso | |
Editing: Ottimo | |
Data di pubblicazione: 3 Aprile 2022 | |
Editore: Sel Publishing |
TRAMA
«Non posso crederci. Sono stato fottuto, in ogni senso possibile, dalla futura moglie di mio fratello».
Una notte: è bastata una notte perché Niccolò Serristori perdesse la sua amata Cecilia. Lei ha scelto la danza e Londra. E ha scelto di partire con Jacopo, il fratello perfetto di Niccolò.
24 ore: sono sufficienti 24 ore perché Niccolò abbandoni la boxe e il sogno di diventare un professionista e perché suo padre, Brando, gli confessi qualcosa che Niccolò non avrebbe mai voluto sentire.
9 mesi: nove mesi non bastano per ritrovare la felicità e Niccolò si accontenta di vivere in un garage, esserci per i suoi fratelli e rimediare una birra e una ragazza. Una qualsiasi sarebbe la scelta migliore, ma è difficile resistere alla persona più sbagliata, se questa rappresenta la vendetta perfetta. Una vendetta che ha armi di seduzione imprevedibili.
Una festa in giardino: basta una festa di fidanzamento in giardino perché Niccolò sbatta contro l’evidenza che la vita è un gioco di specchi bugiardi e nessun riflesso racconterà mai la verità.
Ogni singolo istante: il tempo che Niccolò sacrificherà per ricomporre i cuori che ha spezzato in una notte di follia.
Sullo sfondo di una Roma che va dai sampietrini ai tetti dei palazzi patrizi, tra ring di periferia e i templi della danza, tra baci proibiti e cadute nel peccato, Niccolò dovrà battersi per salvare ciò che ama e trovare il coraggio di buttare il cuore al di là dell’ostacolo, con il rischio di perderlo per sempre.
Fino all’ultimo respiro. E oltre.
RECENSIONE
“La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia.”
Così diceva il grande filoso e politico indiano Mahatma Gandhi, che con questa immagine di grande poesia invita a riflettere sul nostro modo di affrontare le avversità, soprattutto in quei momenti in cui la vita ci mette a dura prova e la tempesta sembra non finire mai. E come non siamo in grado di governare una tempesta, allo stesso modo non possiamo controllare le difficoltà più grandi che a volte intercettano il nostro viaggio.
Un incoraggiamento a non lasciarsi sopraffare, a vivere intensamente ogni istante, nonostante la tempesta. E non solo. La tempesta può persino rivelarsi un’occasione per imparare a danzare e mai come in questo libro questa esortazione trova compimento, ampliando il suo significato grazie alla magistrale bravura di Bianca Marconero.
“Dillo alla pioggia” è un romanzo che si attendeva da tempo, e mai l’attesa è stata ripagata, superando ogni più alta aspettativa. Le ragioni sono molteplici e forse non sarà possibile racchiuderle tutte in poche righe, ma ci proverò iniziando a parlare del magnetico protagonista maschile di questa storia, Niccolò Serristori.
Ribelle, inquieto, tormentato, avvolto da un buio interiore che spesso rischia di inghiottirlo fino a confondere i suoi scuri lineamenti, totalmente opposti al chiarore quasi angelico dei membri della sua famiglia.
Una diversità somatica che lo distingue per definirlo in molti sensi, come fosse una banco di nuvole nere e minacciose cariche di pioggia che appaiono all’orizzonte, una densa macchia nera su una superficie bianchissima, così densa da compenetrare anche lo strato sottostante.
So che dovrei smetterla. So che dovrei fare un passo indietro. Invece corro incontro alla tempesta perché, quando il nero mi chiama, io devo entrarci. Sempre.
E’ il nero che ricorre e sembra definire Niccolò, non solo per il colore dei suoi capelli e degli occhi ma anche per l’inchiostro che ricopre la sua pelle, capace di parlare una lingua muta che non necessita di parole, preferendo esprimersi con disegni e simboli a ricordo di istanti, momenti, legami indissolubili, così importanti da tenere segreti.
Ed è forse la preziosità di certi sentimenti a spaventare chi ha troppo bisogno di amore, chi si sente inadeguato, insicuro, immeritevole di essere amato fino a far predominare il buio interiore, il nero che sovrasta rendendoci incapaci di comunicare, in un costante conflitto con noi stessi e il mondo.
Il pugilato è l’ultimo dei miei punti fermi. L’unico che sono riuscito a conservare.
E’ così che Niccolò vive il rapporto con sé stesso, come fosse eternamente sul ring a tirare pugni alla vita e soprattutto a sfidare chi ama di più, come suo padre Brando, che gli ha donato tutto di sé, le sue fragilità, la sua irruenza e soprattutto il suo cuore immenso.
La natura del rapporto tra Brando e suo figlio è di una autenticità incredibile, proprio perché tratteggiato con una profondità spiazzante, in ogni discussione, ogni parola sbagliata, ogni lacrima versata. Senza dubbio rappresenta una delle parti che ho amato e sentito di più di questo romanzo meraviglioso.
Un legame così genuino in cui è impossibile non specchiarsi fino a commuoversi, in un saliscendi di conflitti, incomprensioni, sfide, ricompense, distanze e riavvicinamenti che raccontano la complessità di certi legami che viviamo con le persone che più ci somigliano ma con cui spesso è più difficile relazionarci.
Bianca Marconero offre con questo libro una chiave di lettura sulle relazioni familiari, nel senso più ampio del termine. Una dimensione ordinaria costituita da sentimenti straordinari che sperimentiamo ogni giorno, in cui l’amore incondizionato che ci unisce alle persone che amiamo è spesso contrapposto alla difficoltà di interagire, all’incapacità di capirsi, rendendo questa lettura un viaggio indimenticabile.
Sono solo un vigliacco che non ha mai avuto un colpo di fortuna. Nessuno, a parte essere amato da lei. Mi basta la sua bocca per accendermi, mi bastano le sue mani per essere suo. Il mio corpo reagisce alla sua presenza come se fosse la destinazione di un viaggio della speranza. Una terra promessa da un mago bugiardo, in cui coltivare tutte le nostre illusioni.
Un romanzo di crescita e di cambiamento che divampa con la potenza di un uragano capace di spazzare via certezze, crepare le superfici più dure e incrinare le mura più alte. Una tempesta tanto devastante da rompere i legami apparentemente più solidi ma che in verità nascondono ancora fessure mai sanate, in cui riecheggia un passato troppo pesante da elaborare, come quello che ha segnato le vite di Brando e Agnese. Un cataclisma che però mai come adesso diventa necessario affrontare per continuare a camminare nello stesso orizzonte:
Non è vero che negli anni si cambia, puoi smettere di pensare alle ferite iniziali, quelle che ti hanno trasformato, nel bene e nel male, ma non le puoi guarire né dimenticare. Loro crescono con te, sono la zavorra della tua sicurezza, il contrappeso delle ambizioni e i nemici delle speranze.
Si dice che si matura con gli anni, altre volte, invece, sono le delusioni ed i fallimenti a farci maturare, anche attraverso il dolore, la perdita, la mancanza. Sono proprio i momenti di maggiore difficoltà e di grande sofferenza a farci crescere di più, mettendoci difronte allo specchio e vedere davvero i nostri limiti e le potenzialità. E non vi è un manuale che insegni ad evolvere, anche se si sta insieme da vent’anni oppure se li abbiamo appena superati anagraficamente, come per Niccolò e Cecilia, perché per ognuno vi sono tempi diversi e soprattutto esperienze diverse.
Considerando come è finita, tra me e la mia ex migliore amica, costruire una riserva di caccia che coinvolge tutte le ragazze legate a lei è stata un po’ la mia missione da quando mi ha girato le spalle ed è partita per Londra.
Sottile, dalle sembianze di una fata dei boschi, con una pelle dal candore abbagliante, i capelli come “fili di liquirizia” e gli occhi “del colore della neve”. Un insieme che le conferisce un aspetto etereo, e danzando l’effetto si espande trasformandosi in un’essenza immateriale. La danza richiede impegno e dedizione, divenendo una maestra di vita e che regala la possibilità di capire le proprie capacità creative, un’esperienza individuale unica, ricca di volontà ed amore.
Sono una ballerina, io sorrido con tutto il peso sulla punta di un piede, è per quello che riesco a sembrare implacabile.
Cecilia è una “combattente sulle punte”, capace di esprimersi solo grazie alla danza, in cui riversa i suoi conflitti interiori, generati da un’antica paura di essere abbandonata, dalla solitudine, da una profonda insicurezza interiore e da una diffidenza innata. Eppure è con Niccolò, il suo “Cocò”, che da sempre è in connessione esclusiva, un legame basata su una condivisione delle stesse paure, del senso profondo di insicurezza. Così apparentemente diversi da essere identici nell’anima, nel cuore.
Lo stesso che li unisce e che batte all’unisono, fin dal loro primo incontro, narrato nella bellissima novella “Un’estate al mare”:
E’ piccolina, ma proprio tanto, con i capelli neri tutti spettinati. Ha un vestito bianco come la sua voce e ha gli occhi, come sarebbe il cielo se lo guardassi attraverso un ghiacciolo al limone. «Ehi!!» Lei tace. «Eìtu», dice lei.
Bianca Marconero regala con questo romanzo una prova magistrale della sua sensibilità come persona e della sua bravura come autrice, impeccabile sotto ogni punto di vista, catturando il lettore fino alla fine grazie ad uno stile evocativo magnifico, dialoghi acuti e potenti, un ritmo d’azione serrato e una perfetta coerenza narrativa che ha unito con sapienza e dovizia ogni dettaglio che accade nelle novelle precedenti, fino a raggiungere l’apice tra queste righe.
«Vorrei farti vedere il mio cuore, un secondo soltanto, e lo troveresti pieno di te», mi prende la mano e se la preme sul petto. «Io ho bisogno che tu sia te stessa, per essere me stesso. Ho bisogno della passione che metti nelle cose, per sentirmi realizzato», afferra il mio viso.
L’amore è un percorso fatto di cadute e risalite, in cui è facile perdersi e a volte impossibile ritrovarsi, perchè l’incapacità di capirsi e di comunicare pone trappole, imbrogli, sensi di colpa creando il feroce inganno del fraintendimento.
È nelle azioni e nelle intenzioni che si vede quanto siamo in gradi di capire l’altro, le parole spesso non bastano, non sono risolutive, soprattutto se non sono attuate da gesti allineati con il pensiero, quello del cuore.
Le parole possono non essere abbastanza è vero, quindi? Allora guardiamo il cielo sopra di noi, anche quando piove, anche quando la tempesta ci travolge e impariamo a ballare aspettando che passi, prendendo confidenza con l’acqua come fosse la vita che ci scorre addosso, lasciandoci senza fiato ma felici, col cuore a mille dalla fatica. Facciamolo, come Cecilia e Niccolò, sublimi danzatori di questo capolavoro.
Ed è così che dovrebbe finire il racconto di una storia d’amore, con i sogni proiettati nel futuro, due corpi legati per sempre e un bacio senza inizio né conclusione, senza partenza né arrivo. E potrei dire che questo bacio ne vale dieci, ma mentirei. Perché in verità è come Niccolò. Questo bacio è semplicemente infinito.
L’unica consolazione alla fine di una magia e aspettare che presto ne arrivi un’altra:
Ti è mai capitato di immaginare tanto una cosa, di disegnarla nella tua mente e poi renderti conto che quello che hai realizzato non è come quello che avevi progettato?». Ci penso, la domanda merita attenzione. Poi annuisco. «Certo, credo capiti a tutti. C’è sempre un divario tra realtà e fantasia». «Be’, a me non è mai successo. Quello che vedo nella mia testa coincide con ciò che creo. Non ci sono scarti tra un progetto e un’opera». «Okay, e quindi?» «Non sono abituato a questa sensazione», dichiara. «Mentre ora ce l’ho».
Resto in attesa che Jacopo e Clara ci prendano per mano e ci conducano all’epilogo di questa serie indimenticabile, con la consapevolezza che quando i fuochi saranno terminati, essi ci restituiranno un cielo più vasto e silenzioso, e per questo non finiremo mai di guardarlo, né di leggere le storie di Bianca Marconero.