
SABBIA BIANCA di Pitti Duchamp
Titolo: Sabbia bianca | |
Autore: Pitti Duchamp | |
Serie: I giganti del Calcio Storico #1, Autoconclusivo | |
Genere: Contemporary Romance | |
Narrazione: Terza persona | |
Tipo di finale: Concluso | |
Editing: ottimo | |
Data di pubblicazione: 16 Settembre 2020 | |
Editore: Words Edizioni |
TRAMA
La perfezione, ecco cosa pretende l’avvocato Leopoldo Carsini dalla vita. Quando conosce Olimpia, quello a cui mira in ogni cosa che fa si concretizza nell’azzurro intenso dei suoi occhi. Lei ha tutte le carte in regola per stargli accanto e lui la vuole, spinto da un desiderio razionale distante da ogni sentimentalismo. Ma la complessità di Olimpia si svela a poco a poco, durante la ricerca di un fratello sparito nel nulla, mentre riaffiorano dispiaceri e solitudine da un passato familiare sofferto.
E così, il cuore di Leo, impantanato nella sabbia di piazza Santa Croce, là dove le partite del calcio storico fiorentino danno vita a leggendari scontri tra gladiatori moderni, comincia a battere più forte. Una storia d’amore e di cambiamento con tre protagonisti: un avvocato dalla doppia faccia, una ragazza di buoni sentimenti e una Firenze sospesa tra il presente e un passato attualissimo, vissuta, graffiata, leccata e amata.
RECENSIONE
Premetto che questo è il primo libro che leggo di Pitti Duchamp e la curiosità di conoscerla come autrice mi inseguiva da tempo. Il caso ha voluto che l’abbia incontrata prima di persona nei panni di lettrice appassionata durante l’ultima edizione della “La città dei lettori” a Villa Bardini, luogo magico da cui si gode la vista più suggestiva di Firenze. E’ stato curioso ritrovarmi a leggere “Sabbia bianca”, edito dalla Words Edizioni, per scrivere questa recensione non solo dopo averla incontrata di recente ma, specialmente, perché il libro è ambientato in una città che, in un certo senso, appartiene ad entrambe.
“Sabbia bianca” racconta una storia bellissima, fatta di luce e ombra, un’opera in chiaroscuro, un effetto artistico che mi ha ricordato i vicoli del centro storico di Firenze, in cui il cielo azzurro si alterna alle scure mura medievali.
Un libro che fin dalle prime pagine mi ha immediatamente rapita, avvolgendomi come un mantello di seta preziosa dai colori caldi e fili d’oro, per trasportarmi in una dimensione particolare, quasi senza tempo. Un ponte sospeso tra passato e presente in cui una delle città più belle al mondo fa da teatro ad una storia davvero coinvolgente.
Firenze, culla del Rinascimento, con le sue tradizioni e il suo prestigioso passato, è indiscutibilmente tra i protagonisti di questo libro, insieme a lei due gioielli, Olimpia e Leopoldo.
Leopoldo è un fiorentino D.o.c., proveniente da una nota famiglia aristocratica. E’ un vincente, un avvocato stimato, un perfezionista maniaco dell’ordine, un uomo dotato di grande sicurezza personale oltre che di ammirato fascino. Ma dietro questa facciata di indiscusso successo e patinata perfezione si nasconde qualcosa di diverso, di inaspettatamente potente: un ribelle, un lottatore, un gladiatore moderno, un “calciante”, ovvero un esponente del calcio storico fiorentino.
Per chi non lo sapesse, ogni anno a Firenze il 24 giugno, in celebrazione di S. Giovanni patrono della città, si svolge un evento molto sentito dai fiorentini ovvero il “calcio in costume”, un mix tra rugby, calcio e pugilato, che riecheggia una tradizione risalente al medioevo. I calcianti che ne fanno parte hanno profili fisici e psicologici particolari: oltre ad essere originari dei rioni della città, sono uomini tra i più spericolati, adatti a rischiare, a mostrare sulla polvere della Piazza di S. Croce chi può sgusciare fino all’altra parte del campo. In quel momento loro sono i veri, indiscussi, protagonisti della città. Il calciante a Firenze è una sorta di santo laico che vive una consacrazione, esprimendo in pieno un tema atavico come quello della virilità ed in essa della destrezza, dell’acume e della potenza fisica:
Non c’era compassione né bontà nell’arena di piazza Santa Croce; c’erano bestie in corpi umani, sensuali e magnifici, elettrizzati dall’adrenalina e dalla violenza, che si scontravano a mani nude nella più antica forma di guerra: la lotta.
Come può un avvocato di nobili natali come Leopoldo avere a che fare con soggetti appartenenti ai rioni dove primeggiano schermaglie e irriverenza sfrontata? Uno sport così, dove occorre essere pronti all’aggressività che fa spettacolo, figlia della rabbia più autentica, può far parte della vita di un professionista in giacca e gilet?
Eppure Leopoldo ne fa parte con orgoglio e dedizione e non teme nulla quando corre in squadra con convinzione, anche se sembra giochi solo per sé, facendo affiorare l’individualismo che lo contraddistingue, soprattutto nella ponderata scelta di stare lontano dai sentimenti. L’apparenza che collide con la sostanza, oppure sono l’una parte dell’altra? Forse, due facce della stessa medaglia. Leopoldo, con il suo chiaroscuro, con la sua paura d’amare, rappresenta per me uno dei personaggi maschili più intriganti che abbia mai letto.
Ogni traccia di malizia era svanita dal volto fascinoso e aveva anche smesso di toccarsi quella bocca favolosa. Come se avesse la testa o forse la faccia divisa in due: una da simpatica canaglia, l’altra da coscienzioso e affermato professionista.
L’incontro con Olimpia è divertente e intrigante sin da subito. Lei lo ammalia e lo confonde, inebriando olfatto e udito, prima ancora della vista:
«Buonasera, avvocato.» Era la voce di una prostituta di alto bordo, sì, una di quelle creature mitiche di cui molti amici del padre avevano favoleggiato negli anni. Di sicuro, fantasticò, una geisha moderna strapagata per compiacere il proprio accompagnatore. Una escort, ecco, o forse una speaker di radio dalla voce divina. In un attimo l’aria fu piena di profumo, dolce e morbido, con qualche nota speziata. Vaniglia, di sicuro, e poi qualcosa che non riuscì a definire.
Olimpia Borromini gli appare come una visione, una bellezza rinascimentale, una “Venere bruna” dai tratti botticelliani che lo strega:
La ragazza doveva avere meno di trent’anni. Una lunghissima chioma sciolta, nera come pece e liscia come il mare di notte, splendente alla luce artificiale del lampadario dell’ufficio, le accarezzava la schiena.
Oltre che di aspetto divino, Olimpia è una brava ragazza dai modi gentili ed eleganti, intelligente, cresciuta in una nota famiglia borghese fiorentina, un’efficiente impiegata. Eppure, nonostante sia indiscutibilmente dotata di invidiabili virtù, l’apparenza nasconde l’inatteso: una ragazza sola, insicura, piena di ansie e timori che hanno origini lontane. Una madre distante e anaffettiva che ha radicato in lei un profondo senso di inadeguatezza verso gli altri, facendola sentire quasi immeritevole di essere amata. L’unico legame che l’ha sempre sostenuta e che gli resta accanto dopo la morte dei genitori è quello con l’amato fratello maggiore, Lanfranco.
Quando improvvisamente lui scompare, lasciandola in una situazione economica disperata, per Olimpia crolla tutto e l’unico appiglio al baratro è l’aiuto legale di Leopoldo, Leo, al quale si rivolge per evitare la perdita dell’eredità dei genitori. Con l’avvocato, Olimpia prova da subito ad instaurare un rapporto professionale, rispettoso delle parti, nonostante l’immediata e fastidiosa attrazione che entrambi provano reciprocamente:
Aspettare non gli piaceva, le attese erano tempo perso e lui invece non vedeva l’ora di poter dire con legittimità che quella Venere bruna era solo sua. Bisognava che risolvesse quell’imbroglio con il fratello, poi di sicuro le cose sarebbero andate lisce come l’olio.
«Uno di quelli che ti prende il cuore e ne fa una marmellata. Non è certo il momento di perdere la testa, con tutti i problemi che ho e che teoricamente lui dovrebbe risolvere.»
Ma sarà proprio questo fortissimo magnetismo ad accendere i riflettori su loro stessi per condurli lontano, svelando lati nascosti, affinità elettive e passioni comuni, come l’amore per Firenze.
Il loro sarà un percorso molto difficile, costellato di attese e delusioni, fino a che tutto verrà messo in discussione, compromettendo il precario equilibrio raggiunto. Non è facile fidarsi per Olimpia, abituata più alle delusioni e agli abbandoni che all’affetto sincero. Entrambi metteranno tutte le loro paure su un campo di “Sabbia bianca”, scontrandosi l’uno con l’altra per giocare la partita finale, dove nulla è certo.
Dire cosa mi è piaciuto di questa storia è un po’ complesso perché mi ha rapita irrimediabilmente. L’ho già detto all’inizio, le emozioni provate hanno messo la mia mente un pò in subbuglio. Sicuramente uno degli aspetti che mi ha catturata da subito é la forma di scrittura: raffinata, elegante ma anche ironica e pungente. Uno stile irreverente e allo stesso tempo poetico, capace di parlare al cuore di sentimenti svelati con una maestria inconsueta.
Poteva lasciarla dormire e guardarla un po’ mentre il seno appiattito sul costato si alzava e si abbassava in respiri regolari e rilassati. Aveva tanti capelli, una nuvola scura e lucente, sparsa sul celeste delle lenzuola.
Il celeste le donava moltissimo, pensò Leo, forse perché era abituato ad associarla a quegli occhi che perforavano l’acciaio, forse perché metteva in risalto quella massa di capelli nero pece. Da lì in avanti le avrebbe fatto solo regali celesti.
Protagonisti ben delineati e una trama originale si aggiungono ad un quadro generale che mi ha davvero inebriata, oltre al fatto di aver toccato temi interessanti ed attuali; tra questi, l’accettazione della diversità, l’ipocrisia e il conformismo imperanti, in una società dove l’apparire primeggia sull’essere, soprattutto in una città dal glorioso passato ma dalla mentalità provinciale, in cui lo stato sociale di appartenenza può valere più del capitale umano. Ma, su tutto, a mio avviso, brilla una storia che parla di sentimenti finemente raccontati, personaggi profondi e sfaccettati, un viaggio magnifico, insomma, che porterò sempre con me.
E proprio durante la lettura mi è capitato di trovarmi a Firenze, visto che ci vivo a due passi e in parte ci lavoro, così passeggiando tra i suoi vicoli, ammirando i sontuosi palazzi rinascimentali e costeggiando l’Arno mi è venuta voglia di cercare Leo e Olimpia, immaginandoli camminare insieme tenendosi per mano mentre si godevano la loro città. Ogni volta che tornerò in Santa Croce penserò a loro.
Uno dei libri più belli letti quest’anno, per cui per me assolutamente da leggere.
Brava Pitti, continuerò a leggere le tue storie con enorme piacere e con la nostra amata Firenze sempre nel cuore. Mi ricorderò di averti incontrata per la prima volta con la vista sul cupolone.
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Recensione precedentemente pubblicata sul blog All Colours of Romance