IL RIBELLE D’IRLANDA di Pitti Du Champ

IL RIBELLE D’IRLANDA di Pitti Du Champ

Titolo: Il ribelle d’Irlanda
Autore: Pitti Du Champ
Serie: La Confraternita dei Leoni
Genere: Historical Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: Gennaio 2023
Editore: Self Publishing

TRAMA


Irlanda 1820 – Sean O’Connor, Conte di Clare, è disposto a tutto per scrollarsi dalle spalle l’identità irlandese, un marchio che ha fatto di lui un reietto, un emarginato. Forse andare via è l’unica soluzione: nè inglese nè irlandese ma solo europeo nelle colonie; circondato dal lusso e dai soldi che ha guadagnato con le miniere messicane.

Il destino però ha in serbo sorprese e colpi bassi. Quando Sean eredita dal padre il titolo di Marchese di Galway, ecco che il sangue e la terra d’Irlanda tornano a pretenderlo. E a chiamarlo a sè è anche Aoife, pronta a ogni sacrificio per rivendicare i diritti dei cattolici irlandesi, perfino a rinunciare all’amore. Perfino a rinnegare Sean.

Un uomo in cerca del suo posto nel mondo, una donna che lotta per i diritti del suo popolo, un amore violento e intenso come il verde d’Irlanda.

RECENSIONE


Leggere Pitti Du Champ è sempre appassionante. Lo è in tutte le sue interpretazioni letterarie, che vanno dal contemporary romance, alla narrativa fino al genere storico, con cui a mio avviso questa autrice dal talento sofisticato ha un’affinità particolare.
Scrivere di altre epoche presuppone una ricerca storica rilevante, perché per essere credibili e creare nel lettore quella sospensione spazio-temporale necessaria a immergersi nel passato occorre che vi siano dialoghi adeguati, ambientazioni finemente ricostruite e dinamiche umane, relazionali e sociali quanto più autentiche possibili e in linea con la cornice del periodo. Se l’autore rispetta queste condizioni, avviene la magia, che garantisce al lettore un viaggio nel tempo che ammalia e rapisce.
Pitti Du Champ è artefice costante di questo innato tocco, senza mai un’incertezza, mai una sbavatura.


«Sono irlandese e cattolica come lo è il popolo della mia terra. Voi siete un meschino traditore e io non intendo legarmi a un uomo che si vende per pochi spiccioli». Aoife percepì distinto il suono sordo del suo cuore che si frantumava, il groppo di lacrime che saliva alla gola e il respiro mozzato dal dolore. Lo splendido giovane che la stava accompagnando nella danza la guidò per un solo altro passo e poi, dando pessimo spettacolo di sé stesso e inducendo lei in un tremendo imbarazzo, la mollò in mezzo alla sala.


Ed ecco qui, un passaggio che racchiude in poche righe le forti personalità dei due protagonisti de Il Ribelle d’Irlanda, quinto capitolo della serie La confraternita dei Leoni. Due giovani uniti da una passione giovanile irrefrenabile e l’indomito sangue irlandese che scorre nelle loro vene. Tanto attratti l’uno dall’altra quanto divisi nel profondo, senza neppure esserne consapevoli.
Due cuori ribelli, che il destino divide per far nuovamente incontrare solo dopo anni. Un lungo tempo in cui ognuno ha fatto scelte, subito perdite, conosciuto l’amarezza di doversi ricostruire un presente, soprattutto dopo che la guerra ha cambiato vite e cancellato ogni sicurezza. Eppure, rivedersi dopo anni, quando la gioventù è divenuta ormai un ricordo, ha il sapore amaro di un rimpianto, il calore di un fuoco mai spento:


I petali candidi dell’orchidea gli riportarono alla mente la pelle lattea di Aoife. Era cambiata in meglio, la natura era stata generosa con lei: le guance si erano assottigliate negli ultimi dieci anni, gli occhi avevano assunto una nuova profondità, le labbra erano divenute meno sfacciate ma neanche una sfumatura era sbiadita del suo spirito selvaggio.


Sean è uno dei protagonisti maschili più incisivi e profondi mai letti. Il suo conflitto interiore è devastante, il tormento che lo affligge origina da un passato intriso di sensi di colpa e voglia di riscatto che non lascia indifferenti. La vita lo ha invalidato dalle sue origini, rendendolo un errante senza tregua.
Dall’altra parte, Aoife, tanto bella quanto combattiva e tenace, inesorabilmente vocata a sacrificare la sua vita per il suo popolo. Lei invece basa la sua vita sui valori della terra dove è nata. Non vi è mai traccia di cedimento, le sue convinzioni sono dure come le rocce delle scogliere irlandesi.
Ogni loro incontro, dialogo, contatto, sguardo suscita quella perfetta alchimia di evasione ed emozione che solo le grandi storie riescono a offrire in chi legge, quella in cui sono i sentimenti a scombinare ogni traccia di razionalità:


«Non ti prenderò, mia Orchidea Selvaggia, perché il ricordo di me deve rimanere puro e indelebile. Non lo sporcheremo con insinuazioni sciocche, non dovrai mai pensare che ti ho trattato come una puttana. Ciò che ci lega è questo: desiderio e negazione.»


Si dice che il popolo irlandese sia orgoglioso, testardo, accogliente e protettivo delle sue tradizioni. Mai come in queste pagine se ne descrive l’anima che smuove questa gente così assennata, mai come in un romanzo storico si superano i diffusi stereotipi di personaggi o trame prevedibili.
Pitti Du Champ esce dagli schemi come farebbe un’appassionata donna irlandese, fiera di raccontare a suo modo un romance di epoca Regency originale non solo per la trama ma anche per la sapiente bravura di aver intrecciato alla narrazione personaggi storici vissuti davvero, come il personaggio secondario Daniel O’Connel, detto “Il liberatore”, che ha fatto la storia di queste terre. Allo stesso modo, vi sono raccontati e descritti in modo sopraffino luoghi unici come la Contea di Galway, ad oggi città portuale sulla costa occidentale dell’Irlanda.


«È magnifico, vero?» domandò lui, e parve ad Aoife che lo chiedesse a se stesso più che a lei. «Si può morire per un paesaggio così» aggiunse. «Eppure tu vuoi andartene.» Lui si voltò, gli occhi scintillanti di umidore che Aoife sospettò fossero lacrime.


Questa storia coinvolge in ogni senso possibile e celebra con particolare intensità i molteplici significati che possono riferirsi all’espressione “passione”: per i valori umani in cui credere, per la salvaguardia della dignità, per l’orgoglio di essere parte di un popolo e vivere in una terra imperversata dalle divisioni e l’oppressione straniera. La passione straziante che ci lega a qualcuno, ma anche quella di vivere secondo il proprio credo e tenere fede ai principi a cui ci sentiamo di appartenere, per essere coerenti e fedeli a noi stessi, alla nostra cultura e natura.
«Il richiamo del sangue e della terra», una frase che riecheggia spesso tra le pagine di questo romanzo meraviglioso, quasi a ricordare l’importanza delle origini, la forza delle radici. Il Ribelle d’Irlanda condensa nella scelta del titolo lo spirito sovversivo che pervade questa storia ricca di emozione, quella più persistente, che graffia e marca la pelle. E che non si dimentica.

 Una prova d’autore impeccabile, che conferma il raffinato tratto di una penna di rara bravura.

GEOMETRIE VARIABILI di Pitti Duchamp

GEOMETRIE VARIABILI di Pitti Duchamp

Titolo: Geometrie variabili
Autore Pitti Duchamp
Serie: autoconclusivo
Genere: Narrativa, Contemporary Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: Ottobre 2022
Editore: Words Edizioni

TRAMA


Cosa succede se, all’improvviso, vengono meno tutti i punti di riferimento della tua vita?

Viviana, manager in carriera, da un giorno all’altro si trova costretta a fare i conti con tutto ciò che ha lasciato in Italia quando, otto anni prima, è andata via. Soprattutto con la figlia Atena, una dodicenne troppo perfetta per avere la normale vita di un’adolescente, che viene seguita come un’ombra dall’amica Celeste, talentuosa ma troppo ingenua, a sua volta provata dalla perdita della madre e dal rapporto col padre Silvano.

I quattro si trovano così a dover circoscrivere un nuovo concetto di famiglia, perdendo pezzi e guadagnandone altri, ricomponendosi in figure geometriche più solide e sfaccettate. E se la sfortuna, per una volta, lasciasse il passo al destino e a una seconda occasione per essere felici?

RECENSIONE


L’amore concede sempre seconde possibilità.


Il significato di questo romanzo potrebbe racchiudersi in questa frase, un richiamo a pochi ma fondamentali concetti. Da una parte l’amore, da concepire nelle sue estensioni più ampie, ovvero l’amore genitoriale, quello tra marito e moglie, tra amiche, ma anche l’amore verso la vita, verso sé stessi.

Geometrie variabili, ultima opera di Pitti Du Champ, conferma con semplicità la complessa e raffinata sensibilità di un’autrice bravissima, capace di offrire una storia che riassume moltissimi aspetti che segnano la vita di tutti noi, quasi come fosse il percorso simbolico di tutte le fasi che un individuo è chiamato a percorrere durante la propria esistenza: la crescita, l’evoluzione personale, la perdita di chi amiamo, la faticosa elaborazione del lutto, il primo amore, le prime delusioni, i laceranti sensi di colpa, la gioia di poter ricredere alle proprie certezze, il bruciore del tradimento, la rinascita emotiva, il valore incommensurabile dell’amicizia, il complesso universo della famiglia, l’umiliazione sociale, il senso di protezione verso chi ha più bisogno di noi, la solitudine, l’incapacità di amarsi, l’inganno delle apparenze, il pregiudizio e l’incomunicabilità.
Quante emozioni in questa storia così vera, così toccante e autentica, che offre quattro personaggi disegnati ad arte, in grado di rispecchiare le molteplici sfumature della dimensione umana.


«Atena finirà per odiarti se non ti deciderai a stare un po’ con lei. Io e te ormai non cambieremo, ma abbiamo lei a cui pensare. Se non vuoi farlo per me, smetti con le trasferte almeno per lei» le sussurrò Cristiano dopo l’amplesso.


Viviana, Atena e Cristiano. Madre, figlia e padre, rispettivamente. Una famiglia disfunzionale, come tante. Un matrimonio intiepidito dalla distanza fisica e emotiva; il profondo legame di una figlia con un padre amato e sempre disponibile ma, purtroppo, poco in ascolto; un rapporto madre figlia inesistente.  Se si dovesse riassumere in poche parole, una famiglia mancante delle basi, che non riesce a soddisfare i bisogni primari e basilari dei suoi componenti, e che lascia più spazio al conflitto che alla comunicazione, o al senso di protezione e accudimento. Eppure, nonostante le difficoltà, le incomprensioni, i silenzi e le assenze una famiglia a cui si riesce a volere bene, soprattutto grazie al personaggio di Atena, adolescente orgogliosa e coriacea, capace di odiare la madre quanto di sacrificarsi per proteggere l’amica Celeste.


Amare è da gente forte, e più persone e cose si amano, più si diventa potenti.


Celeste, tanto fragile e insicura, forse il personaggio che intenerisce e commuove di più in questa storia meravigliosa. Accade di commuoversi per le sue paure, il dolore di ragazzina ancora troppo acerba e indifesa per elaborare una perdita troppo grossa per lei.


Il dolore aveva preso così tanto spazio nel suo corpo, che solo il cibo liquido riusciva a trovare pertugi per passare allo stomaco. Era questione di misure.


Accanto a lei, il padre Silvano, “comodo” per il suo stile di vita, le sue leggerezze, il suo amore per una figlia da accudire e poco accudita, il suo amore per le piante. Lo si potrebbe anche detestare, ma Silvano si ama lo stesso, perché tanto ingenuo quanto accogliente.


Celeste scosse la testa. «Se io avessi ancora mia madre non mi staccherei da lei neanche cinque minuti» la rimproverò. «Se io avessi mio padre, idem. Ma non ci sono più, facciamocene una ragione e proviamo a sopravvivere.»


Due adolescenti rimaste prive degli affetti centrali, due adulti incapaci di capirle. Eppure, a volte la vita mette di fronte a noi dei cambiamenti che stravolgono, ribaltano ciò che conoscevamo gettandoci nell’incertezza, prove durissime in grado di spostare sicurezze, e forse per questo così potenti da creare nuovi equilibri, far crescere, evolvere.

Un processo che coinvolge tutti i quattro protagonisti, uniti tra loro da legami sempre più indissolubili, formati da perdite e arricchiti di nuovi elementi: Atena che perderà sempre più strati della spessa corazza imparando a fidarsi del cuore; Celeste che raccoglierà quei pezzi, frammenti preziosi di un nuovo corpo e una maggiore consapevolezza; Viviana che cambierà pelle, divenendo più mamma e compagna; Silvano che imparerà l’arte dell’accudimento verso gli esseri umani, oltre che quello del suo mondo fatto di terra ed esperimenti botanici. Ognuno di loro accorcerà distanze, testerà terreni impervi fino a entrare, ognuno a proprio modo, nella bellezza della vita, aprendo il cuore e schiudendo porte rimaste chiuse.

Le geometrie del cuore è vero variano, non hanno una forma prestabilita, assumono dimensioni e contorni tutti loro, che riempiono spazi lasciati vuoti, innescano incastri anche improbabili ma non per questo meno credibili, fino a creare un universo nuovo, colorato e tridimensionale.


Lei voleva essere al centro del mondo di sua madre. Per una volta si concesse un capriccio.


A rendere questo libro assolutamente sublime lo stile elegante di Pitti Duchamp, esploratrice dell’animo umano come poche, attenta indagatrice del mondo di complicati adolescenti ma anche ingenui adulti. I quattro punti di vista di Atena, Celeste, Silvano e Viviana raccontano con acume ogni tonalità, spigolo, lato, avvallamento della sfera emotiva dei protagonisti.
Un viaggio da non farsi mancare, assaporando ogni pagina, dialogo, parola, silenzio ed emozione.

L’AQUILA E MAJA di Pitti Duchamp

L’AQUILA E MAJA di Pitti Duchamp

Titolo: L’aquila e Maja
Autore: Pitti Duchamp
Serie: Autoconclusivo
Genere: Romance storico
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 4 dicembre 2021
Editore: Mondadori

TRAMA


Il barone Umberto Riccardi, spericolato pilota di aerei, aspetta che l’Italia entri nel pieno della Grande Guerra: non vede l’ora di sfidare la morte alla guida del suo velocissimo biplano. Alba è una sarta talentuosa. Sedotta dal barone, cede al piacere sublime della trasgressione. Ma lui ha in mente solo la gloria e non c’è spazio per nient’altro nella sua vita. Sarà la guerra a far incrociare nuovamente i loro destini. Umberto ritroverà Alba, impavida e bellissima, con la divisa della Croce Rossa, e scoprirà che per lui la vera battaglia non è contro il nemico austriaco, bensì contro un passato che non smette di tormentarlo. Basterà la passione a unire i loro cuori coraggiosi?

RECENSIONE


La pelle di luna della ragazza riluceva di un bagliore opalino in contrasto con i tessuti cupi. Aveva capelli ramati, morbidi boccoli né solo rossi né solo biondi, ma di entrambi i colori in dosi perfette, che scendevano a incorniciare le spalle di alabastro. Spiccavano gli occhi viola, non grigi o azzurri, non blu, ma di un violetto inusuale che, Umberto ci avrebbe scommesso, era costato ore di tentativi di riproduzione al povero pittore.


Uno sguardo fugace, un colpo di fulmine così immediato da far prevalere l’istinto sulla ragione, fino a invaghirsi di un corpo dipinto sperando che esso prenda vita.


Quella una ragazza per bene? Non c’era da scommetterci. I suoi occhi erano diversi da tutti quelli che gli era capitato di incontrare. Bruciavano di passione, di sfida alla vita. Erano fuoco viola, incandescenti come il più suggestivo dei tramonti.

«Ha un tipo di avvenenza particolarissimo, delicato e signorile eppure così accattivante. Nonostante la sua grazia leggera, ha una bellezza di carattere».


Un ritratto come una visione onirica intrigante come un quadro, la “Maja desnuda”, una delle opere più famose di Goya. Un capolavoro che ritraeva una nudità di una donna ordinaria e sensuale che superava i miti classici tanto che costò all’artista spagnolo un processo in tribunale e il ritiro del quadro dalla vista al pubblico per decenni, a cui rispose con una versione vestita. Un dipinto scandalo che divenne simbolo della seduzione femminile: una donna ritratta con le mani incrociate dietro la testa e lo sguardo diretto e provocatorio.

Un’opera che diviene l’innesco della scintilla che fa incontrare i due protagonisti di questo libro: lui, Barone Umberto Riccardi, sergente aviatore dell’aeronautica italiana; lei, Alba, semplice sartina dalle umili origini. Due protagonisti così diversi che sembra di assistere al confronto tra un diavolo, dal volto sfregiato dal vaiolo, e un angelo bellissimo, dalle fattezze di una giovane dal corpo seducente e una chioma rossa come la visione di un tramonto mozzafiato.


Quell’aria da suorina dimessa non si accordava bene con il violetto sfacciato delle iridi, né con il suo corpo, minuto e pieno di promesse.


Alba sarà chiamata da Umberto sempre con il nome di “Maja”, a rimarcare un ricordo indelebile di quel corpo nudo dipinto etereo capace di emanare una luminosità propria tale da creare un forte contrasto con lo sfondo su cui è stata ritratta.

Una contrapposizione di luce e ombra che segue le linee che contornano le vite di entrambi: Umberto, che si sente vivo solo volando in una continua sfida alla morte, inseguito da demoni troppo grandi da affrontare; Alba, giovane e con la voglia di vivere e trasgredire, anche se succube figlia di una madre rabbiosa, incattivita con la vita e capace di farla sentire colpevole e sbagliata, fino a rifiutarla.

Due mondi tanto opposti da collidere, accedendo una bruciante passione che finirà per cambiare i loro destini. Due vite in bilico che la guerra cambierà inesorabilmente e che farà cambiare, stravolgere, perdere e ritrovare, seppure nulla e nessuno sarà come prima.


Non poteva pensare di amarlo ancora, eppure, ora che se lo trovava davanti indifeso, c’era un nodo di emozioni potentissime che le bloccava lo stomaco. Rancore, nostalgia, passione, vergogna, tenerezza erano solo alcuni dei fili che componevano la matassa e se lei cercava di tirarne uno per scioglierla, tutti gli altri si stringevano di più, provocandole un dolore tremendo.


Possibile continuare ad amare ancora dopo il rancore, la vergogna, l’umiliazione? Si dice che non si può dimenticare un amore, piuttosto si può imparare a vivere senza di esso. Sarà quello che accadrà ad Alba ed Umberto, che seppure lontani nel tempo e nello spazio non potranno dimenticare un sentimento indelebile come i tratti di un dipinto di rara preziosità.

Una storia di amore e di guerra destinata a rimanere impressa nel lettore soprattutto perchè la maggior parte del libro è basata su fatti e personaggi realisticamente esistiti, scelta che amplifica indiscutibilmente il coinvolgimento durante la narrazione grazie alla bravura della bravissima autrice che descrive con estrema accuratezza il contesto sociologico, storico e politico della storia.


Tenente, la vittoria ha senso solo se abbiamo qualcosa o qualcuno per cui raggiungerla. Se nulla ci tiene legati alla vita, se non abbiamo niente per cui lottare, che senso ha?—Quelli erano discorsi che avrebbe fatto suo padre, si disse Umberto, pieni di senno, lungimiranza, onore. Ma lui non era buono come Baracca e aveva terminato la propria riserva di umanità sul letto di morte di suo padre, sprecando invano tutte le preghiere e le lacrime che aveva.—Lascio a voi la vittoria, maggiore. Io mi accontento di morire combattendo


In questa citazione, ammetto tra le più commuoventi del libro, un confronto tra Umberto e il valoroso maggiore Francesco Baracca, suo comandante e patriota italiano a cui Firenze, e non solo, ha dedicato mezza città. Questo libro ne evoca con meticolosa attenzione le gesta e la vita, quella di un combattente straordinario , insignito della medaglia d’oro al valor militare. Un asso dell’aviazione italiana che passò alla storia per il famoso cavallino disegnato sul fianco del suo biplano, reso celebre poi da Enzo Ferrrari al quale ne fece dono, pare, la madre dell’eroe aviatore affinchè la memoria del figlio fosse conservata, senza sapere che sarebbe divenuto un altro mito italiano. Conoscere la sua storia è una delle ragioni per cui leggere “L’Aquila e Maja”, e apprezzare chi ne ha voluto ricordare il valore umano immenso.

Oltre a questo eore, nel libro non mancano citazioni di altri personaggi storici eccellenti come Gabriele D’annunzio, il temibile Barone Rosso e Margherita Parodi, a cui fu attriibuita la medaglia d’onore per aver servito il suo paese sotto i bombardamenti, restando al suo posto con audacia e fermezza. Una testimone di rilievo di quello che fu il difficilissimo e fondamentale ruolo delle Croce Rossine durante la prima Guerra Mondiale, esempi di forza e coraggio in un momento storico imperversato dalla più feroce disumanità.

Pezzi di storia incasellati con dovizia di particolari, profonda ricerca e quella rara sensibilità che rende Pitti Duchamp un’autrice imperdibile che consegna ai suoi lettori un romanzo struggente, pieno di amore e speranza.

Una lettura che consente di attraversare una parte importante della nostra storia sorvolando vicende dolorose e mai dimenticate, ma soprattutto permettendo di scoprire l’infinito amore di un uomo senza pace ed una giovane donna coraggiosa.


Lo amava in modo completo e razionale: non perché lui fosse la sua unica scelta, ma perché l’unica scelta possibile per dare valore all’esistenza era amare lui.



Chapeau Pitti.


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MANI SUGLI OCCHI di Pitti Duchamp

MANI SUGLI OCCHI di Pitti Duchamp

Titolo: Mani sugli occhi
Autore: Pitti Duchamp
Serie: Autoconclusivo
Genere: Narrativa
Narrazione: Prima persona/ POV alternati
Tipo di finale: Concluso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 26 Gennaio 2021
Editore: Words Edizioni

TRAMA


L’amore può insinuarsi in una vita fatta di doveri e soddisfazioni professionali e demolire l’egocentrismo di un chirurgo oftalmico di fama internazionale? Può sostituirsi all’ambizione di una giornalista di talento e darle un’altra densità, modificarle lo spirito? Un uomo e una donna al centro delle proprie vite, concentrati sulle loro aspettative, sugli egoismi, sulla paura di distrarsi dai propri obiettivi, entrambi troppo adulti e solidi per scendere a compromessi e rinunciare a una parte di loro stessi. Un amore inaspettato che sovverte e disordina, squassa e stacca e non dà possibilità di scelta se non la fuga. Eppure, quando l’indipendenza si trasforma in solitudine, solo un sentimento profondo può riparare l’anima. Se una vocazione perde di significato è nell’amore che può tornare a recuperarlo. Aiace e Scilla sono la dimostrazione che non c’è età per scoprire quanto i sentimenti possano indurre al cambiamento.

RECENSIONE


Una vita frenetica e dedita al lavoro spesso non concede tregua, e quando ci si scontra on l’incubo di una malattia è difficile accettare che tocchi proprio a te.

E’ quello che succede a Scilla Chiaravalle, giornalista in carriera totalmente assorbita da articoli e interviste esclusive, che viene obbligata a fermarsi per un grave e improvviso distacco della retina, che oltre a portarla d’urgenza in sala operatoria lo obbliga a dover dipendere dagli altri, proprio lei abituata ad essere da sempre sola con sé stessa.

Durante la lettura sono delineate molto bene le varie fasi di accettazione della malattia, il rifiuto di qualcosa di non atteso, la rabbia di dover fermare tutto per essere sottoposta alle cure, la depressione di essere sola ad affrontare qualcosa di spaventoso, ed infine l’accettazione.

Scilla si rende conto che da sola non ce la fa e si arrende all’aiuto degli altri, in quel momento nella sua vita arriva Aiace.

Aiace Scuderi è il primario del reparto dove è stata operata, e a sorprendere la ragazza sono di sicuro i suoi modi gentili e professionali e le sue mani.

Mani che le toccano gli occhi in maniera delicata e perfetta dopo le tante visite fredde e asettiche che avevano seminato il terrore nel suo cuore.


Era una pressione rilassante, appena percepita, eppure incisiva. E mi scopro a volerne ancora. Un attimo solo, tanto dura la sua osservazione, eppure quelle mani hanno lasciato su di me un tatuaggio indelebile.


Un bellissimo esempio di come un malato debba essere trattato con rispetto, e non come l’ennesimo caso clinico da studiare e con cui arricchire il proprio curriculum.

Una storia raccontata in prima persona diventata da subito una lettura reale e sincera, dandomi l’impressione che l’autrice mi stesse raccontando in maniera fluida e coinvolgente  qualcosa accaduto realmente.

E’ ambientata a Firenze, città che offre un ottimo sfondo alla vita frenetica dei due protagonisti, contornati da molti personaggi secondari che arricchiscono la storia ma restano in disparte tenendo Scilla e Aiace al centro dell’attenzione per tutto il tempo.

Due persone apparentemente complete, che raggiunta una età adulta non si aspettano più troppe sorprese dalla vita.


Il ritmo che vorrete dare al vostro ballo insieme lo sapete solo voi, o forse non lo sapete e lo scoprirete solo ballando. Fagli spazio nella tua vita, concedigli tempo, concedigli attenzione: fai in modo che la tua energia vitale non diventi arroganza.


La malattia di Scilla però, se pur spaventosa la mette all’improvviso di fronte ad una semplice realtà; e le fa capire che è necessario fermare la frenesia con cui conduce la sua vita per rendersi conto delle cose davvero preziose che diventano giorno dopo giorno le sue piccole priorità.

Aiace invece, è descritto come il classico uomo tutto d’un pezzo, chirurgo di fama mondiale stimato da tutti;  quando incontra Scilla pensava di essere già completo, e che il suo lavoro e un amore fugace potevano bastare a renderlo felice.


Dovrei scappare da una circostanza così bizzarra, eppure mi sembra di sentirmi bene, mi sovviene l’idea che il luogo in cui voglio stare e quello in cui sia necessario che stia combacino.

La voglia di andarmene è scomparsa.


La sua paziente fa crollare ogni certezza, e vi emozionerete come è successo a me scoprendolo pieno di un entusiasmo nuovo, travolgente, che lo rende una persona diversa dentro e fuori.

La storia di un amore delicato, nato per caso ma cresciuto con la forza che riesce a sciogliere il cuore di due personaggi che resteranno di sicuro nel vostro cuore

E’ la prima volta che mi approccio ad un libro di questa autrice, e sono felice di aver iniziato con questa storia semplice che mi ha regalato infinite emozioni e che consiglio di leggere col cuore aperto a qualcosa di unico

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SABBIA BIANCA di Pitti Duchamp

Sabbia bianca

SABBIA BIANCA di Pitti Duchamp

Titolo: Sabbia bianca
Autore: Pitti Duchamp
Serie: I giganti del Calcio Storico #1, Autoconclusivo
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Concluso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 16 Settembre 2020
Editore: Words Edizioni

TRAMA


La perfezione, ecco cosa pretende l’avvocato Leopoldo Carsini dalla vita. Quando conosce Olimpia, quello a cui mira in ogni cosa che fa si concretizza nell’azzurro intenso dei suoi occhi. Lei ha tutte le carte in regola per stargli accanto e lui la vuole, spinto da un desiderio razionale distante da ogni sentimentalismo. Ma la complessità di Olimpia si svela a poco a poco, durante la ricerca di un fratello sparito nel nulla, mentre riaffiorano dispiaceri e solitudine da un passato familiare sofferto.

E così, il cuore di Leo, impantanato nella sabbia di piazza Santa Croce, là dove le partite del calcio storico fiorentino danno vita a leggendari scontri tra gladiatori moderni, comincia a battere più forte. Una storia d’amore e di cambiamento con tre protagonisti: un avvocato dalla doppia faccia, una ragazza di buoni sentimenti e una Firenze sospesa tra il presente e un passato attualissimo, vissuta, graffiata, leccata e amata.

RECENSIONE


Premetto che questo è il primo libro che leggo di Pitti Duchamp e la curiosità di conoscerla come autrice mi inseguiva da tempo. Il caso ha voluto che l’abbia incontrata prima di persona nei panni di lettrice appassionata durante l’ultima edizione della “La città dei lettori” a Villa Bardini, luogo magico da cui si gode la vista più suggestiva di Firenze. E’ stato curioso ritrovarmi a leggere “Sabbia bianca”, edito dalla Words Edizioni, per scrivere questa recensione non solo dopo averla incontrata di recente ma, specialmente, perché il libro è ambientato in una città che, in un certo senso, appartiene ad entrambe.

“Sabbia bianca” racconta una storia bellissima, fatta di luce e ombra, un’opera in chiaroscuro, un effetto artistico che mi ha ricordato i vicoli del centro storico di Firenze, in cui il cielo azzurro si alterna alle scure mura medievali.

Un libro che fin dalle prime pagine mi ha immediatamente rapita, avvolgendomi come un mantello di seta preziosa dai colori caldi e fili d’oro, per trasportarmi in una dimensione particolare, quasi senza tempo. Un ponte sospeso tra passato e presente in cui una delle città più belle al mondo fa da teatro ad una storia davvero coinvolgente.

Firenze, culla del Rinascimento, con le sue tradizioni e il suo prestigioso passato, è indiscutibilmente tra i protagonisti di questo libro, insieme a lei due gioielli, Olimpia e Leopoldo.

Leopoldo è un fiorentino D.o.c., proveniente da una nota famiglia aristocratica. E’ un vincente, un avvocato stimato, un perfezionista maniaco dell’ordine, un uomo dotato di grande sicurezza personale oltre che di ammirato fascino. Ma dietro questa facciata di indiscusso successo e patinata perfezione si nasconde qualcosa di diverso, di inaspettatamente potente: un ribelle, un lottatore, un gladiatore moderno, un “calciante”, ovvero un esponente del calcio storico fiorentino.

Per chi non lo sapesse, ogni anno a Firenze il 24 giugno, in celebrazione di S. Giovanni patrono della città, si svolge un evento molto sentito dai fiorentini ovvero il “calcio in costume”, un mix tra rugby, calcio e pugilato, che riecheggia una tradizione risalente al medioevo. I calcianti che ne fanno parte hanno profili fisici e psicologici particolari: oltre ad essere originari dei rioni della città, sono uomini tra i più spericolati, adatti a rischiare, a mostrare sulla polvere della Piazza di S. Croce chi può sgusciare fino all’altra parte del campo. In quel momento loro sono i veri, indiscussi, protagonisti della città. Il calciante a Firenze è una sorta di santo laico che vive una consacrazione, esprimendo in pieno un tema atavico come quello della virilità ed in essa della destrezza, dell’acume e della potenza fisica:


Non c’era compassione né bontà nell’arena di piazza Santa Croce; c’erano bestie in corpi umani, sensuali e magnifici, elettrizzati dall’adrenalina e dalla violenza, che si scontravano a mani nude nella più antica forma di guerra: la lotta.


Come può un avvocato di nobili natali come Leopoldo avere a che fare con soggetti appartenenti ai rioni dove primeggiano schermaglie e irriverenza sfrontata? Uno sport così, dove occorre essere pronti all’aggressività che fa spettacolo, figlia della rabbia più autentica, può far parte della vita di un professionista in giacca e gilet?

Eppure Leopoldo ne fa parte con orgoglio e dedizione e non teme nulla quando corre in squadra con convinzione, anche se sembra giochi solo per sé, facendo affiorare l’individualismo che lo contraddistingue, soprattutto nella ponderata scelta di stare lontano dai sentimenti. L’apparenza che collide con la sostanza, oppure sono l’una parte dell’altra? Forse, due facce della stessa medaglia. Leopoldo, con il suo chiaroscuro, con la sua paura d’amare, rappresenta per me uno dei personaggi maschili più intriganti che abbia mai letto.


Ogni traccia di malizia era svanita dal volto fascinoso e aveva anche smesso di toccarsi quella bocca favolosa. Come se avesse la testa o forse la faccia divisa in due: una da simpatica canaglia, l’altra da coscienzioso e affermato professionista.


L’incontro con Olimpia è divertente e intrigante sin da subito. Lei lo ammalia e lo confonde, inebriando olfatto e udito, prima ancora della vista:


«Buonasera, avvocato.» Era la voce di una prostituta di alto bordo, sì, una di quelle creature mitiche di cui molti amici del padre avevano favoleggiato negli anni. Di sicuro, fantasticò, una geisha moderna strapagata per compiacere il proprio accompagnatore. Una escort, ecco, o forse una speaker di radio dalla voce divina. In un attimo l’aria fu piena di profumo, dolce e morbido, con qualche nota speziata. Vaniglia, di sicuro, e poi qualcosa che non riuscì a definire.


Olimpia Borromini gli appare come una visione, una bellezza rinascimentale, una “Venere bruna” dai tratti botticelliani che lo strega:


La ragazza doveva avere meno di trent’anni. Una lunghissima chioma sciolta, nera come pece e liscia come il mare di notte, splendente alla luce artificiale del lampadario dell’ufficio, le accarezzava la schiena.


Oltre che di aspetto divino, Olimpia è una brava ragazza dai modi gentili ed eleganti, intelligente, cresciuta in una nota famiglia borghese fiorentina, un’efficiente impiegata. Eppure, nonostante sia indiscutibilmente dotata di invidiabili virtù, l’apparenza nasconde l’inatteso: una ragazza sola, insicura, piena di ansie e timori che hanno origini lontane. Una madre distante e anaffettiva che ha radicato in lei un profondo senso di inadeguatezza verso gli altri, facendola sentire quasi immeritevole di essere amata. L’unico legame che l’ha sempre sostenuta e che gli resta accanto dopo la morte dei genitori è quello con l’amato fratello maggiore, Lanfranco.

Quando improvvisamente lui scompare, lasciandola in una situazione economica disperata, per Olimpia crolla tutto e l’unico appiglio al baratro è l’aiuto legale di Leopoldo, Leo, al quale si rivolge per evitare la perdita dell’eredità dei genitori. Con l’avvocato, Olimpia prova da subito ad instaurare un rapporto professionale, rispettoso delle parti, nonostante l’immediata e fastidiosa attrazione che entrambi provano reciprocamente:


Aspettare non gli piaceva, le attese erano tempo perso e lui invece non vedeva l’ora di poter dire con legittimità che quella Venere bruna era solo sua. Bisognava che risolvesse quell’imbroglio con il fratello, poi di sicuro le cose sarebbero andate lisce come l’olio.

«Uno di quelli che ti prende il cuore e ne fa una marmellata. Non è certo il momento di perdere la testa, con tutti i problemi che ho e che teoricamente lui dovrebbe risolvere.»


Ma sarà proprio questo fortissimo magnetismo ad accendere i riflettori su loro stessi per condurli lontano, svelando lati nascosti, affinità elettive e passioni comuni, come l’amore per Firenze.
Il loro sarà un percorso molto difficile, costellato di attese e delusioni, fino a che tutto verrà messo in discussione, compromettendo il precario equilibrio raggiunto. Non è facile fidarsi per Olimpia, abituata più alle delusioni e agli abbandoni che all’affetto sincero. Entrambi metteranno tutte le loro paure su un campo di “Sabbia bianca”, scontrandosi l’uno con l’altra per giocare la partita finale, dove nulla è certo.

Dire cosa mi è piaciuto di questa storia è un po’ complesso perché mi ha rapita irrimediabilmente. L’ho già detto all’inizio, le emozioni provate hanno messo la mia mente un pò in subbuglio. Sicuramente uno degli aspetti che mi ha catturata da subito é la forma di scrittura: raffinata, elegante ma anche ironica e pungente. Uno stile irreverente e allo stesso tempo poetico, capace di parlare al cuore di sentimenti svelati con una maestria inconsueta.


Poteva lasciarla dormire e guardarla un po’ mentre il seno appiattito sul costato si alzava e si abbassava in respiri regolari e rilassati. Aveva tanti capelli, una nuvola scura e lucente, sparsa sul celeste delle lenzuola.
Il celeste le donava moltissimo, pensò Leo, forse perché era abituato ad associarla a quegli occhi che perforavano l’acciaio, forse perché metteva in risalto quella massa di capelli nero pece. Da lì in avanti le avrebbe fatto solo regali celesti.


Protagonisti ben delineati e una trama originale si aggiungono ad un quadro generale che mi ha davvero inebriata, oltre al fatto di aver toccato temi interessanti ed attuali; tra questi, l’accettazione della diversità, l’ipocrisia e il conformismo imperanti, in una società dove l’apparire primeggia sull’essere, soprattutto in una città dal glorioso passato ma dalla mentalità provinciale, in cui lo stato sociale di appartenenza può valere più del capitale umano. Ma, su tutto, a mio avviso, brilla una storia che parla di sentimenti finemente raccontati, personaggi profondi e sfaccettati, un viaggio magnifico, insomma, che porterò sempre con me.

E proprio durante la lettura mi è capitato di trovarmi a Firenze, visto che ci vivo a due passi e in parte ci lavoro, così passeggiando tra i suoi vicoli, ammirando i sontuosi palazzi rinascimentali e costeggiando l’Arno mi è venuta voglia di cercare Leo e Olimpia, immaginandoli camminare insieme tenendosi per mano mentre si godevano la loro città. Ogni volta che tornerò in Santa Croce penserò a loro.

Uno dei libri più belli letti quest’anno, per cui per me assolutamente da leggere.
Brava Pitti, continuerò a leggere le tue storie con enorme piacere e con la nostra amata Firenze sempre nel cuore. Mi ricorderò di averti incontrata per la prima volta con la vista sul cupolone.

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Recensione precedentemente pubblicata sul blog All Colours of Romance