
IL RIBELLE D’IRLANDA di Pitti Du Champ
Titolo: Il ribelle d’Irlanda | |
Autore: Pitti Du Champ | |
Serie: La Confraternita dei Leoni | |
Genere: Historical Romance | |
Narrazione: Terza persona | |
Tipo di finale: Chiuso | |
Editing: Ottimo | |
Data di pubblicazione: Gennaio 2023 | |
Editore: Self Publishing |
TRAMA
Irlanda 1820 – Sean O’Connor, Conte di Clare, è disposto a tutto per scrollarsi dalle spalle l’identità irlandese, un marchio che ha fatto di lui un reietto, un emarginato. Forse andare via è l’unica soluzione: nè inglese nè irlandese ma solo europeo nelle colonie; circondato dal lusso e dai soldi che ha guadagnato con le miniere messicane.
Il destino però ha in serbo sorprese e colpi bassi. Quando Sean eredita dal padre il titolo di Marchese di Galway, ecco che il sangue e la terra d’Irlanda tornano a pretenderlo. E a chiamarlo a sè è anche Aoife, pronta a ogni sacrificio per rivendicare i diritti dei cattolici irlandesi, perfino a rinunciare all’amore. Perfino a rinnegare Sean.
Un uomo in cerca del suo posto nel mondo, una donna che lotta per i diritti del suo popolo, un amore violento e intenso come il verde d’Irlanda.
RECENSIONE
Leggere Pitti Du Champ è sempre appassionante. Lo è in tutte le sue interpretazioni letterarie, che vanno dal contemporary romance, alla narrativa fino al genere storico, con cui a mio avviso questa autrice dal talento sofisticato ha un’affinità particolare.
Scrivere di altre epoche presuppone una ricerca storica rilevante, perché per essere credibili e creare nel lettore quella sospensione spazio-temporale necessaria a immergersi nel passato occorre che vi siano dialoghi adeguati, ambientazioni finemente ricostruite e dinamiche umane, relazionali e sociali quanto più autentiche possibili e in linea con la cornice del periodo. Se l’autore rispetta queste condizioni, avviene la magia, che garantisce al lettore un viaggio nel tempo che ammalia e rapisce.
Pitti Du Champ è artefice costante di questo innato tocco, senza mai un’incertezza, mai una sbavatura.
«Sono irlandese e cattolica come lo è il popolo della mia terra. Voi siete un meschino traditore e io non intendo legarmi a un uomo che si vende per pochi spiccioli». Aoife percepì distinto il suono sordo del suo cuore che si frantumava, il groppo di lacrime che saliva alla gola e il respiro mozzato dal dolore. Lo splendido giovane che la stava accompagnando nella danza la guidò per un solo altro passo e poi, dando pessimo spettacolo di sé stesso e inducendo lei in un tremendo imbarazzo, la mollò in mezzo alla sala.
Ed ecco qui, un passaggio che racchiude in poche righe le forti personalità dei due protagonisti de Il Ribelle d’Irlanda, quinto capitolo della serie La confraternita dei Leoni. Due giovani uniti da una passione giovanile irrefrenabile e l’indomito sangue irlandese che scorre nelle loro vene. Tanto attratti l’uno dall’altra quanto divisi nel profondo, senza neppure esserne consapevoli.
Due cuori ribelli, che il destino divide per far nuovamente incontrare solo dopo anni. Un lungo tempo in cui ognuno ha fatto scelte, subito perdite, conosciuto l’amarezza di doversi ricostruire un presente, soprattutto dopo che la guerra ha cambiato vite e cancellato ogni sicurezza. Eppure, rivedersi dopo anni, quando la gioventù è divenuta ormai un ricordo, ha il sapore amaro di un rimpianto, il calore di un fuoco mai spento:
I petali candidi dell’orchidea gli riportarono alla mente la pelle lattea di Aoife. Era cambiata in meglio, la natura era stata generosa con lei: le guance si erano assottigliate negli ultimi dieci anni, gli occhi avevano assunto una nuova profondità, le labbra erano divenute meno sfacciate ma neanche una sfumatura era sbiadita del suo spirito selvaggio.
Sean è uno dei protagonisti maschili più incisivi e profondi mai letti. Il suo conflitto interiore è devastante, il tormento che lo affligge origina da un passato intriso di sensi di colpa e voglia di riscatto che non lascia indifferenti. La vita lo ha invalidato dalle sue origini, rendendolo un errante senza tregua.
Dall’altra parte, Aoife, tanto bella quanto combattiva e tenace, inesorabilmente vocata a sacrificare la sua vita per il suo popolo. Lei invece basa la sua vita sui valori della terra dove è nata. Non vi è mai traccia di cedimento, le sue convinzioni sono dure come le rocce delle scogliere irlandesi.
Ogni loro incontro, dialogo, contatto, sguardo suscita quella perfetta alchimia di evasione ed emozione che solo le grandi storie riescono a offrire in chi legge, quella in cui sono i sentimenti a scombinare ogni traccia di razionalità:
«Non ti prenderò, mia Orchidea Selvaggia, perché il ricordo di me deve rimanere puro e indelebile. Non lo sporcheremo con insinuazioni sciocche, non dovrai mai pensare che ti ho trattato come una puttana. Ciò che ci lega è questo: desiderio e negazione.»
Si dice che il popolo irlandese sia orgoglioso, testardo, accogliente e protettivo delle sue tradizioni. Mai come in queste pagine se ne descrive l’anima che smuove questa gente così assennata, mai come in un romanzo storico si superano i diffusi stereotipi di personaggi o trame prevedibili.
Pitti Du Champ esce dagli schemi come farebbe un’appassionata donna irlandese, fiera di raccontare a suo modo un romance di epoca Regency originale non solo per la trama ma anche per la sapiente bravura di aver intrecciato alla narrazione personaggi storici vissuti davvero, come il personaggio secondario Daniel O’Connel, detto “Il liberatore”, che ha fatto la storia di queste terre. Allo stesso modo, vi sono raccontati e descritti in modo sopraffino luoghi unici come la Contea di Galway, ad oggi città portuale sulla costa occidentale dell’Irlanda.
«È magnifico, vero?» domandò lui, e parve ad Aoife che lo chiedesse a se stesso più che a lei. «Si può morire per un paesaggio così» aggiunse. «Eppure tu vuoi andartene.» Lui si voltò, gli occhi scintillanti di umidore che Aoife sospettò fossero lacrime.
Questa storia coinvolge in ogni senso possibile e celebra con particolare intensità i molteplici significati che possono riferirsi all’espressione “passione”: per i valori umani in cui credere, per la salvaguardia della dignità, per l’orgoglio di essere parte di un popolo e vivere in una terra imperversata dalle divisioni e l’oppressione straniera. La passione straziante che ci lega a qualcuno, ma anche quella di vivere secondo il proprio credo e tenere fede ai principi a cui ci sentiamo di appartenere, per essere coerenti e fedeli a noi stessi, alla nostra cultura e natura.
«Il richiamo del sangue e della terra», una frase che riecheggia spesso tra le pagine di questo romanzo meraviglioso, quasi a ricordare l’importanza delle origini, la forza delle radici. Il Ribelle d’Irlanda condensa nella scelta del titolo lo spirito sovversivo che pervade questa storia ricca di emozione, quella più persistente, che graffia e marca la pelle. E che non si dimentica.
Una prova d’autore impeccabile, che conferma il raffinato tratto di una penna di rara bravura.