LA MEMORIA DELLA CENERE di Chiara Marchelli

LA MEMORIA DELLA CENERE di Chiara Marchelli

Titolo: La memoria della cenere
Autore: Chiara Marchelli
Serie: Autoconclusivo
Genere: Narrativa contemporanea
Narrazione: Prima persona (Elena)
Tipo di finale: Concluso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 24 Gennaio 2019
Editore: NN Editore

TRAMA


Elena è una scrittrice, sa leggere le storie sui volti delle persone. Una notte, un aneurisma la colpisce nella sua casa di New York. Sopravvive, e insieme a Patrick decide di trasferirsi in Francia, nell’Auvergne, in un paesino ai piedi del vulcano Puy de Lúg. Durante la convalescenza, la mente di Elena arde di pensieri, di memorie interrotte, di sentimenti riscoperti, di attese e incertezze, come il magma che ribolle sottoterra, a pochi chilometri da lei. Quando i genitori vengono a trovarla per un breve soggiorno, il loro arrivo coincide con un’improvvisa eruzione del vulcano. E mentre una colonna di fumo, cenere e lava inizia a uscire dalla bocca del Puy de Lúg, i protagonisti si trovano bloccati tra le mura di casa, in un tempo sospeso che sovverte ruoli e sicurezze, paure e desideri. “La memoria della cenere” racconta di una rinascita, di un’anima che si rigenera, alla ricerca di un fragile, delicato equilibrio con le verità impassibili che governano la vita.


RECENSIONE

“La memoria della cenere” è un romanzo che  racconta della rinascita di Elena come scrittrice, moglie e figlia, dopo che il suo equilibrio è stato improvvisamente spezzato da un aneurisma. Si salva grazie al tempestivo intervento del compagno Patrick e dei medici ma, come se fosse tornata bambina, dovrà imparare di nuovo a mangiare, bere, camminare. Tutta la sua vita è rallentata e anche la scrittura che prima era inarrestabile, ora subisce un blocco: Elena non riesce più a leggere le storie sui volti delle persone, la scrittura per lei non è più evasione, creatività. Elena deve capire cosa vuole dalla vita, riappropriarsi della propria identità e riprendersi tutto.


“Attraversare tutti gli stadi dell’emorragia: angoscia, apprensione, speranza, domande. Sarei guarita? Sarei tornata quella che ero? Oppure menomata, paralizzata, distorta? Aspettarmi. Provo, e ascolto il corpo che un giorno dopo l’altro ritrova la curiosità, il movimento, la fame.”


Sono stata con Elena durante la fase dura delle domande e della guarigione. Così come le è stato accanto Patrick. Il loro rapporto è particolare perché  ognuno ha i suoi spazi, la sua indipendenza; Elena ama la scrittura, Patrick invece ama le sue ricerche, il vino e la cucina. È una relazione in cui ci si accudisce nel bisogno ma non si soffoca l’altro con inutili attenzioni. La malattia di Elena li porta a decidere di lasciare New York per trasferirsi in Francia, in un paesino ai piedi del vulcano Puy de Lúg.


“Non era mio, ed era per quello che lo volevo. Un luogo che non somigliasse a ciò che non ero più.”


 Sia il paese che il vulcano non esistono realmente, si tratta di una libertà di scrittura che si è presa l’autrice, voleva scoprire il paese insieme ad Elena e ne ha inventato uno. L’incipit del romanzo è di forte impatto e ti fa entrare nella storia; poi il ritmo di lettura diventa lento e ripetitivo perché asseconda l’andamento della ripresa di Elena, fino al colpo di scena dell’eruzione del vulcano che costringe la coppia e i genitori di lei a rimanere chiusi in casa.


“Sono anni che fa così, dicono i giornali: il Puy de Lúg che si gira nel letto, si agita, fa parlare di sé e poi torna silente. Un vecchio signore capriccioso, scrivono, che ha ancora bisogno di sentirsi al centro dell’attenzione.”


 La forza della natura, il tremito della terra, il fumo e la cenere li osservano tutti  dalla finestra e ne sono affascinati e spaventati allo stesso tempo. Questa coabitazione forzata porterà alla luce la tipica insofferenza che hanno i figli quando si trovano a convivere con i genitori e viceversa: abitudini diverse, vecchi rancori, questioni irrisolte. Il tutto è amplificato da Elena che si trova in una situazione delicata e con tutte le attenzioni su di sé. Ci si trova  a leggere frasi spezzate, dialoghi interrotti, gesti al posto delle parole. In questo l’autrice è geniale perché riesce così a trasmettere al lettore l’incomunicabilità di alcuni momenti; quando si è in situazioni al limite e per quieto vivere non si può esprimere quello che si vorrebbe esternare.  Il romanzo è narrato in prima persona dal punto di vista di Elena, questa scelta di solito penalizza un libro perché focalizza l’attenzione solo un personaggio. In questo romanzo non accade perché Elena è una scrittrice e sa come presentare e far conoscere tutti i personaggi al lettore. La scrittura è coinvolgente, tagliente ed essenziale; l’autrice non usa parole superflue ma sceglie quelle esatte, adatte al momento.

È un libro che fa riflettere sul ritrovarsi a 40 anni sul punto di morire, veder ribaltata la propria vita e dover trovare il proprio posto nel mondo. Non è facile perché tutta l’intimità e l’introspezione psicologica porterà Elena ad aprire gli occhi; si accorgerà di quante cose ha tralasciato, di quante persone e situazioni ha dato per scontato, di quanti  segreti si i nascondono sotto tanta serenità. Quando sono arrivata all’ultima pagina mi sono rimaste dentro tante domande, mi sono chiesta come mi sarei comportata in una situazione simile, se avessi reagito e come o se, conoscendomi, mi sarei lasciata andare. Trovarsi ad affrontare la morte e poi venire salvati serve solo a sopravvivere, per vivere invece occorre tirare fuori la stessa grinta ed energia di Elena. La frase che più mi ha colpito è proprio questa:


“Credo che esista una misura di saturazione oltre la quale non si può andare. Nei sentimenti, nei pensieri. Colmi quella misura e, se non ti fermi, il corpo si ferma per te.”


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