
SUPERFICI MOBILI di Valentina Gemesio
Titolo: Superfici mobili | |
Autore: Valentina Gemesio | |
Serie: Autoconclusivo | |
Genere: Narrativa | |
Narrazione: Terza persona | |
Tipo di finale: Aperto | |
Editing: ottimo | |
Data di pubblicazione: 22 Gennaio 2021 | |
Editore: 0111 Edizioni |
TRAMA
Due esistenze agli antipodi quelle che Swati e Becca conducono ai capi opposti del mondo: in India lo slum di Dharavi e la battaglia per la vita, in Italia i locali di Torino e la leggerezza di chi quella stessa vita la vuole distruggere. La determinazione di Swati nel costruirsi un futuro diverso da quello al quale la nascita l’ha destinata la fa muovere per la megalopoli con libri tra le mani e borse di studio in tasca, anche quella che un giorno potrebbe regalarle l’Europa. Riuscirà a raggiungere quel continente conosciuto solo nei libri, che le aprirebbe le porte del benessere tanto agognato, per sé e per la famiglia? Ed è poi tutto così roseo in quel luogo dove una bionda pittrice viziata, viziosa e annoiata, trascina le sue giornate verso un baratro sempre più profondo? Grazie all’avvicendamento e intreccio delle loro storie, le protagoniste scopriranno che la realtà della natura di ognuno giace sotto quella superficie che, sporca o immacolata, nasconde l’anima di un’intera cultura.
RECENSIONE
In questo romanzo tutti i personaggi sono protagonisti della storia: ognuno cerca, come può, di trovare il suo posto nel mondo, toglie qualcosa all’altro o aggiunge esperienze, lo aiuta ad affogare o lo salva da se stesso.
Swati ha 24 anni e vive per strada a Mumbai con la madre e i fratelli; le loro preoccupazioni sono trovare un riparo, cibo, proteggersi l’un l’altro e aspettare la stagione dei monsoni per farsi finalmente una doccia a cielo aperto. La incontriamo nel momento in cui si trasferisce nello slum, una baraccopoli, ammassata con la sua famiglia in pochi metri quadri in condizioni disumane.
L’unica salvezza che ha è l’amore per lo studio e la letteratura. Swati è una delle ragazze fortunate che può accedere agli studi grazie ai suoi eccellenti meriti scolastici; altre sue coetanee alla sua età sono sposate da anni con uomini, a volte più vecchi di loro e che non conoscono nemmeno. Le donne nella cultura indiana hanno da secoli il ruolo di semplici riproduttrici e custodi del nucleo famigliare che esse stesse hanno imparato ad amare; alle donne non è concesso poter scegliere o decidere, devono accettare passivamente e con rassegnazione il loro status. Se appartengono a una casta disagiata la loro condizione di sottomissione è ancora più radicata.
“Quel mondo disordinato le fa paura da sempre, il caos aveva cercato di assorbirla dalla nascita ma lei, caparbia, era riuscita a difendersi con la razionale organizzazione delle pagine scritte.”
Le descrizioni dei luoghi sono vive, colorate, odorano di povertà, di fogna e sudore di anni, di aria che non passa, di angoscia, di piedi nelle pozzanghere, di risate dei bambini, di silenzi rassegnati e della paura negli occhi che guardano in basso per non vedere la realtà e per non cadere tra i rifiuti.
Quando la candidatura di Swati viene proposta alla commissione e poi selezionata per preparare la sua tesi a Torino si trova a dover lasciare il suo paese per la prima volta. Un cambiamento che la stravolge parchè per lei è tutto nuovo, splendente ma senza più colori: Swati ha le lacrime agli occhi e un vuoto nello stomaco. Il silenzio è la prima cosa che la colpisce, abituata alla confusione e al brulicare della gente. L’incontro con il suo supervisore Alessandro e con la sua ragazza Becca cambierà la permanenza in Italia e da quel momento, la vita di queste tre persone non sarà più la stessa.
Swati si rende subito conto del divario tra loro, all’inizio non sembra trovare punti di contatto, si nasconde dietro uno sguardo schivo e una timidezza per non rivelare la verità. Alessandro la attrae con la sua eleganza e gentilezza, a cui lei non è abituata, ma chi la conquista è Becca. Una ragazza dotata di un fascino naturale capace di ammaliare tutti con i suoi modi affabili, i sorrisi, la parlantina; una superficialità apparente che in verità nasconde tante fragilità.
“Becca è una cascata impetuosa, ti fa venire le vertigini sì, ma con la sua forza ti affoga. Crea talmente tanto vapore che ti annebbia la vista, non capisci cosa ci sia dietro.”
Swati viene travolta dalle follie di questa giovane ragazza, che la contagerà con la sua allegria facendole esplodere addosso tutta la vita che non ha mai vissuto finora, invadendola di così tante emozioni fino a farla sentire sopraffatta e a tratti in colpa, al ricordo della situazione di stenti in cui vive la sua famiglia in India. Tra Becca e Swati nascerà una bella amicizia fatta di momenti spensierati anche se ognuna rimarrà chiusa nella propria superficie per non farsi scoprire. Swati ha vissuto in strada e sa riconoscere la sofferenza, come quella che percepisce in Becca, che forse riesce a capire meglio di Alessandro.
“Swati crede di aver capito le sue paure. Quel cambiare discorso ogni volta che si parla del futuro, della fine dell’università, delle speranze per il dopo. Il suo volto che si rabbuia, i sospiri profondi, gli occhi che improvvisamente perdono la vitalità che li contraddistingue, per farsi vacui e guardare l’incertezza.”
Becca è un personaggio complesso, all’inizio non riuscivo a comprendere appieno la sua eccessiva vitalità, la sua incapacità di crescere e il menefreghismo; solo verso la fine quando ha gettato la maschera, diventando più vera, ho avuto modo di rivalutarla.
Il protagonista della storia che mi è arrivato leggendo non è una persona di questi due mondi ma l’amore universale: l’amore per il nucleo familiare che si cerca di tenere unito a tutti i costi, l’amore per i figli che alcuni genitori responsabilizzano a 7 anni e altri invece li lasciano liberi di distruggersi fregandosene, l’amore per gli amici che a volte sono dalla tua parte, altre appoggiano le tue esagerate follie. E infine l’amore per la persona amata, quello più difficile da comprendere e accettare. Tutti questi amori hanno un denominatore comune:
“L’amore in fondo è soltanto questo: farti sentire bene. Terreno stabile e sicuro, che quando metti il piede in fallo e sprofondi in una buca, ti offre subito l’opportunità di salvarti con l’altro piede. Che anche quando tutto perde significato, ti dà un senso.”
Ho chiuso il libro con un finale aperto, non poteva essere altrimenti. Swati e lo slum mi sono rimasti dentro, così come la voglia di prendere uno zaino e partire perché vorrei vedere con i miei occhi tutta quella povertà, vorrei sentire gli odori e immergermi in quella che per me è una non vita, ma per loro, è l’unica sopravvivenza che conoscono. Vorrei poter capire se, nonostante il colore diverso della pelle, la differenza di origini e tradizioni, mi sentirei anche io come Swati, a mio agio in tutta quella diversità.
E mi è anche rimasta la voglia di fare un pigiama party con Becca, bere insieme a lei un bicchiere di vino e affogarci dentro i pop-corn, magari dipingere un quadro in mutande, guardare scorrere il Po e ballare contando le stelle, assecondare le sue pazzie e far parte del suo mondo almeno per un po’.
Un libro consigliato a chi è stanco di sopravvivere e vuole finalmente vivere.
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