
CHE COSA TI ASPETTI DA ME? di Lorenzo Licalzi
Titolo: Che cosa ti aspetti da me? | |
Autore: Lorenzo Licalzi | |
Serie: Autoconclusivo | |
Genere: Narrativa | |
Narrazione: Prima persona | |
Tipo di finale: Chiuso | |
Editing: Ottimo | |
Data di pubblicazione: 12 Giugno 2012 | |
Editore: BUR |
TRAMA
Tommaso Perez, brillante fisico nucleare, ripercorre la sua esistenza: gli anni d’oro in compagnia dei più grandi scienziati del Novecento e quelli grigi, spesi isolato in una casa di riposo. Stanco di vivere e disilluso, non sa che la vita ha ancora in serbo qualcosa per lui. Quando Elena entra nel suo mondo, e a poco a poco lo rivoluziona, Tommaso ritrova fiducia in un futuro diverso, e scopre che può ancora voltare pagina. Anche dopo i settant’anni. È questo amore fuori tempo massimo che gli permetterà di “oltrepassare il confine dove il sé si confonde con l’altro e il sé e l’altro diventano tutt’uno”. Un romanzo cinico ed esilarante, ironico e commovente, capace di raccontare la realtà in tutta la sua fragile, gloriosa e imprevedibile umanità.
RECENSIONE
E la vecchiaia alla fine vincerà la guerra, anzi l’ha già vinta, mi ha già ucciso tenendomi in vita.
Non avrei mai immaginato che questa lettura mi avrebbe conquistata a tal punto.
Smettere di vivere senza essere morti, questo fa il protagonista del libro di Lorenzo Licalzi Che cosa ti aspetti da me?
La vecchiaia non va accettata va conquistata afferma Tommaso Perez, anziano fisico nucleare colpito da una malattia che lo costringe a essere ricoverato in una casa di riposo.
Lo spietato resoconto della vita in questa struttura di degenza per anziani autosufficienti e non, costituisce la prima parte del libro, un ritratto cinico, a tratti drammatico ma desolatamente realistico e nello stesso tempo ironico, di giornate scandite da gare su carrozzine più o meno all’avanguardia il cui traguardo è riuscire a farsi mettere per primo a letto, o accaparrarsi la poltrona più vicina ai bagni.
In questa casa di riposo va in scena ogni giorno la parodia delle bassezze umane, che la vecchiaia, come un regista maledetto, esalta fino alla massima potenza.
Lo stile dell’autore, ha avuto una grande incidenza sulla mia capacità di assorbire questa prima parte del racconto senza esserne disturbata perché onestamente non sono pagine che è semplice digerire.
Fondamentale è stata la capacità dell’autore di raccontare la decadenza del corpo, la vulnerabilità della mente e la vita come attesa della morte, con un realismo sfiorato a tratti da un velo di ironia, dando una connotazione alla narrazione così dissacrante da renderla quasi grottesca.
Questo ha notevolmente attutito la tristezza, il senso di dignità perduta e la solitudine che inevitabilmente sgorgano dalle pagine.
Lo scrittore utilizza il protagonista come un filtro che in prima persona fa comprendere al lettore quella che è la visione disincantata, decadente, cinica della vita da parte di Tommaso, ma non lasciatevi ingannare dal suo racconto, che utilizzando la prima persona rende molto tangibili le emozioni e le sensazioni del protagonista.
Perché anche se vi sembrerà di essere lì con lui nella sua stanza a fissare la crepa nel soffitto in attesa che una ennesima giornata vuota e triste inizi, in realtà questo è un racconto di rinascita.
Certamente inconsueta, inattesa, di un uomo al tramonto della sua esistenza che deve accettare la vecchiaia e non combatterla, ma pur sempre trattasi di un risveglio interiore, narrato con uno stile che scalda nonostante la freddezza delle situazioni, intenerisce nonostante la durezza delle vicende, trasmette speranza là dove sembra non essercene più.
Così la vita in un mondo che non ti appartiene finisce per perdere tutto il valore che ha.
Inizialmente è proprio così, per Tommaso la vita non ha più valore e desidera ardentemente la morte.
Da scienziato è sempre stato molto pragmatico, anche un po’ misantropo, ma è anche un uomo che ha covato un grande sogno e che è capace di incantarsi a guardare un cielo pieno di stelle.
Conosce la sofferenza del cuore ma non è abituato a quella del corpo e la poca dignità che contraddistingue la vita nella casa di riposo lo hanno definitivamente convinto dell’inutilità di una vita di questo tipo.
Arrivati alla seconda parte del libro l’autore vi sorprenderà cambiando decisamente registro.
Il racconto si tinge di una lieve dolcezza e scopriremo che è possibile trovare l’amore e grazie ad esso ritornare a guardare con fiducia al futuro anche nella vecchiaia.
Leggendo ho pensato che questo è un messaggio importante ma non comprensibile a tutti, a volte forse anche non accettato dai più giovani.
Perché avere davanti un anziano costituisce uno specchio di quello che attende nella maturità dell’esistenza e non sempre questo riflesso rimanda una condizione accettabile dal punto di vista fisico ed emotivo.
Ciò che rende tragico questo posto sono le persone che lo abitano, sono io… siamo noi. Sono i vecchi, costretti a vedere negli altri che vivono qui il riflesso della loro vecchiaia. Ed è questo che ci disturba, in fondo, e che disturba i giovani, perché guardandoci vedono il riflesso del loro destino…
Penso onestamente che spaventi non arrivare alla vecchiaia, ma spaventa anche arrivarci in un certo modo, con il fardello della possibile perdita d’indipendenza, la prospettiva della solitudine, del sentirsi un peso, della sofferenza fisica.
A riprova però che non conta solo quel che si sceglie di raccontare ma soprattutto come lo si racconta, Lorenzo Licalzi ha dipinto con realismo e sostanza questa paura, riuscendo però a squarciarla, mostrando all’interno di questo strappo uno scorcio di vita in cui non tutto è perduto.
Come sempre l’affetto è capace di plasmare anche le situazioni più difficili fino a renderle più leggere o se vogliamo più dolcemente sopportabili perché il peso della sofferenza è condiviso, spalmato sulle spalle di chi si ama e ci ama diventa più leggero.
Che cosa ti aspetti da me? chiede ad un certo punto il protagonista e sta tutta in questa frase il senso profondo di questa lettura.
Il peso delle aspettative possono essere catene che pesano su di noi fino a condizionare la nostra formazione, la nostra visione delle cose, diventando zavorra, fonte di preoccupazione, rinunce e conquiste che non ci appartengono veramente.
L’amore che l’autore celebra attraverso i protagonisti è quello che non ha aspettative ma prende e si nutre di quello che uno è in grado di offrire.
Un tipo di amore questo che porta con sé una inattesa felicità a Tommaso e una nuova serenità.
Non fu la pace interiore a fargli scoprire l’amore ma il contrario: fu la scoperta dell’amore a farlo sentire sereno.
Grazie ad un tipo di amore del tutto diverso come solo può essere quello vissuto da “vecchi”.
Incredibilmente quando pensi che la vicenda sia vicino ad una conclusione dolceamara l’autore sorprende nuovamente con una terza parte del libro che costituisce una sorta di visione delle vicende narrate in una prospettiva più ampia e da un’angolazione differente ma che dà alla storia un senso di completezza.
È stato difficile scegliere quali estratti inserire in questa recensione, perché ogni passaggio, ogni frase porta con sé qualcosa a cui pensare, idee sopite in fondo alla nostra mente e forse ancora di più in fondo al cuore, che hanno bisogno di parole come queste per venire a galla, semplici ma che scuotono.
La lettura di Licalzi mi ha veramente sorpresa con una scrittura fluida, diretta, tragicamente esilarante in alcuni passaggi ma densa di significato tanto che è stata una sottolineatura continua.
Una riflessione sull’esistenza, sulla fisica, sulla filosofia, su Dio, sull’amore, un contenitore vario e misurato ma anche intenso e commovente.
Quindi non lo so se la velocità della luce un tempo non era costante, ma so che un uomo che ha avuto per tutta la vita il sogno di dimostrarlo, anche se poi non l’ha dimostrato, ha cullato un grande sogno, uno di quei sogni per cui vale la pena di vivere e di vivere una vita che vale la pena di essere raccontata.
Questa è una storia che vale la pena di leggere che parla della condizione umana fragile, decadente, imperfetta ma pur sempre una meravigliosa, emozionante umanità.
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