L’ARTE SCONOSCIUTA DEL VOLO di Enrico Fovanna

L’ARTE SCONOSCIUTA DEL VOLO di Enrico Fovanna

Titolo: L’arte sconosciuta del volo
Autore: Enrico Fovanna
Serie: Autoconclusivo
Genere: Thriller Gialli
Narrazione: Prima persona
Tipo di finale: chiuso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 8 Gennaio 2020
Editore: Giunti Editore

TRAMA


Premosello, Piemonte settentrionale, 1969. È il primo novembre, vigilia del giorno dei morti, e una scoperta agghiacciante sta per risvegliare l’orrore in paese, sconvolgendo l’infanzia di Tobia. Su una strada di campagna, vicino al ruscello, è stato rinvenuto il corpo di un suo compagno di scuola. A pochi mesi di distanza dal ritrovamento del cadavere di un’altra ragazzina. In paese si diffonde il terrore: ormai è evidente che per le campagne si aggira un mostro, un mostro che uccide i bambini. Tobia è afflitto dal senso di colpa e dalla vergogna, perché con quel ragazzo aveva fatto a botte proprio il giorno della sua scomparsa, desiderando davvero di liberarsi di lui. Adesso è difficile tornare alla vita di prima, all’amore innocente ed esaltante per Carolina, ai giochi spensierati con padre Camillo e con Lupo, il matto del paese. Soprattutto quando i sospetti dei paesani si concentrano su una persona molto vicina a Tobia, sulla cui innocenza lui non ha alcun dubbio. Quarant’anni dopo, Tobia vive a Milano e fa il medico legale. Demotivato dal lavoro e lasciato dalla moglie per l’impossibilità di avere un figlio, sta vivendo uno dei momenti più bui della sua vita. Sarà una telefonata di Ettore, il suo vecchio compagno di scuola, a convincerlo a tornare dopo tanti anni nei luoghi dell’infanzia, per il funerale di Lupo. E questo inatteso ritorno cambierà la rilettura del suo passato…

RECENSIONE


Tobia è un bambino timido e timoroso a cui piace stare da solo; ama trascorrere le giornate a osservare il mondo con occhi meravigliati, seduto su un albero con il viso all’insù a padroneggiare l’infinito come gli uccelli. Tobia ha un rapporto particolare con la natura, per spiegarvelo posso dirvi che lui la natura la sente, fuori e dentro di sé, e questa sensazione l’ha trasmessa anche a me leggendo. La sua fortuna è stata quella di nascere a Premosello, un paesino di poche anime in Piemonte dove Tobia riesce a distinguere il ronzio di un’ape dal batter d’ali di una farfalla; a calmarsi con la brezza che passa attraverso le foglie o ascoltando lo sciabordio delle acque del fiume. Nella prima parte del libro ci racconta la sua infanzia  in modo semplice, smaliziato e curioso, come solo un bambino delle elementari saprebbe fare. Gli sta vicino una famiglia d’altri tempi: la mamma con la sua dolcezza gli insegna l’arte della pazienza e della rassegnazione e il papà, dedito instancabile al lavoro, gli dimostra come si fa a mettere amore e determinazione  in ogni cosa e a combattere per i propri ideali ogni giorno. Quello che sogna spesso Tobia è volare, ma non semplicemente librarsi in aria e lasciarsi trasportare dal vento. No, per Tobia volare significa leggerezza, libertà e soprattutto potere


“Volessi semplificare, direi che sognavo di volare. Ma sarebbe riduttivo: controllavo piuttosto la forza di gravità, pedalando nell’aria.”


Tobia volando ha il comando della  gravità e avanza, restando sospeso, senza sfiorare la terra, senza farsi toccare dai problemi, il più possibile lontano dai guai e dai pericoli. Ma il Male non guarda in faccia nessuno, neanche i bambini e accadranno due episodi che sporcheranno la sua infanzia e comprometteranno il suo futuro. Vi confesso che le meraviglie della natura e la storia appassionante che gira attorno a Tobia, alla sua famiglia e al paese, mi hanno distratto dalla ricerca del colpevole dei due inspiegabili infanticidi. Come Tobia adulto, che racconta di sé nella seconda parte del libro, ho quasi cancellato tutto e ricominciato da zero. Le descrizioni dei paesaggi sono talmente immersive e reali che sembra davvero di essere lì a guardare i boschi intricati di alberi e a sentirne il silenzio, a percepire il fruscio dell’acqua tra i sassi sul fondo e lo stridio delle cavallette. Mi hanno anche distratto le giornate di Tobia a scuola, i compagni, ognuno con la propria particolarità e i pomeriggi trascorsi insieme a padre Camillo; un personaggio che ha un ruolo importante nella crescita di Tobia e che con i suoi insegnamenti mi ha lasciato grazia e pace:


«E… e come faccio ad avere pazienza?» Camillo sorrise.

«Come con le farfalle. Il segreto è nell’attenzione. Ricordati questa parola. E per essere attento devi rallentare, questo ti permette di vedere davvero quel che hai davanti. Di essere qui, e non da un’altra parte, mi capisci?»


Sono passati 40 anni, ancora non si è fatta luce sui due omicidi e Tobia si ritrova a Premosello dopo essere scappato tanti anni fa. I ricordi di infanzia, gli amici, l’amore sono tesori che ha nel cuore. Così come i tarli che lo fanno vivere sospeso. Rintracciare il movente e il colpevole sarà fatto con casualità, tasselli che si incastrano nella memoria, non tanto per un senso di giustizia verso quei due bambini. Quanto per calmare l’inquietudine e il flusso delle emozioni di Tobia che si ritrova bloccato e insoddisfatto della propria vita e solo la verità riuscira’ a farlo rinascere. La scrittura dell’autore è scorrevole e pulita e fino all’ultima pagina mi ha lasciato in sospeso; Tobia aveva capito da un po’ chi era il colpevole, io avevo solo ragionevolmente scagionato il primo sospettato, ma non avrei mai potuto immaginare chi fosse l’artefice di tanto orrore. Ho apprezzato l’inserimento di eventi storici dell’epoca, le lotte di classe di quegli anni e un episodio molto evocativo riguardante il ruolo dei partigiani durante la guerra. Il racconto di Tobia bambino mi ha fatto tenerezza e mi ha strappato sorrisi ma, in alcuni punti mi sono commossa; leggevo e lo struggimento, la malinconia mi facevano lacrimare gli occhi, senza che me ne rendessi conto. Un libro in cui mi sono ritrovata immersa e da cui è stato difficile uscirne perché ritornare alla propria infanzia fa stare bene. Mi ha lasciato un senso di pace e nostalgia, soprattutto un gioco che fa Tobia da bambino e anche da adulto. Piaceva tanto farlo anche a me. Un giorno o l’altro devo decidermi a tirare fuori la mia parte bambina e ritrovarmi. Forse, come Tobia, avrò un attimo di serenità anche io.

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