
LE ASSAGGIATRICI di Rosella Postorino
| Titolo: Le assaggiatrici | |
| Autore: Rosella Postorino | |
| Serie: Autoconclusivo | |
| Genere: Narrativa, storico | |
| Narrazione: Prima persona | |
| Tipo di finale: Chiuso | |
| Editing: Feltrinelli | |
| Data di pubblicazione: 11 gennaio 2018 | |
| Editore: Einaudi |
TRAMA
La prima volta che entra nella stanza in cui consumerà i prossimi pasti, Rosa Sauer è affamata. “Da anni avevamo fame e paura”, dice. Con lei ci sono altre nove donne di Gross-Partsch, un villaggio vicino alla Tana del Lupo, il quartier generale di Hitler nascosto nella foresta. È l’autunno del ’43, Rosa è appena arrivata da Berlino per sfuggire ai bombardamenti ed è ospite dei suoceri mentre Gregor, suo marito, combatte sul fronte russo. Quando le SS ordinano: “Mangiate”, davanti al piatto traboccante è la fame ad avere la meglio; subito dopo, però, prevale la paura: le assaggiatrici devono restare un’ora sotto osservazione, affinché le guardie si accertino che il cibo da servire al Führer non sia avvelenato. Nell’ambiente chiuso della mensa forzata, fra le giovani donne s’intrecciano alleanze, amicizie e rivalità sotterranee. Per le altre Rosa è la straniera: le è difficile ottenere benevolenza, eppure si sorprende a cercarla. Specialmente con Elfriede, la ragazza che si mostra più ostile, la più carismatica. Poi, nella primavera del ’44, in caserma arriva il tenente Ziegler e instaura un clima di terrore. Mentre su tutti – come una sorta di divinità che non compare mai – incombe il Führer, fra Ziegler e Rosa si crea un legame inaudito.
RECENSIONE
Mia madre diceva che quando si mangia si combatte con la morte. Lo diceva prima di Hitler, quando andavo alla scuola elementare di Braunsteingasse 10, Berlino, e Hitler non c’era.
Nel pensiero comune, anche inconscio, l’ atto del nutrirsi è strettamente collegato alla vita e alla sopravvivenza, un istinto primordiale che si manifesta appena si viene al mondo.
In questo libro invece assume una connotazione esattamente opposta, ogni boccone può portare alla morte.
Ispirato alla vera storia di una di loro, “Le assaggiatrici” di Rosella Postorino racconta in un romanzo ibrido, a metà strada tra storia e narrativa, il lavoro che hanno svolto alcune donne tedesche tra il ‘43 e il ‘44 presso il quartier generale di Hitler nascosto nella foresta.
Pagate per assaggiare il cibo del Führer nel caso questo fosse stato avvelenato, la storia ruota attorno ad una di loro Rosa Sauer.
Una protagonista che l’ autrice non concede del tutto ai lettori, donandoci una donna dall’ atteggiamento sempre un po’ distaccato nei confronti degli eventi personali e storici.
Un distacco esteriore che contiene paura, dolore, così come coraggio e forza, ma che fa sì che non si empatizzi del tutto con Rosa, nonostante la narrazione sia costituita dal costante flusso dei suoi pensieri.
Si avverte la stessa lontananza che avvertono le sue compagne, donne abituate alla vita di campagna molto diverse da lei che viene dalla Berlino ormai distrutta.
Un romanzo molto intenso, una narrazione accarezzata da uno stato di tensione continua, i legami stessi tra queste donne così diverse la trasmettono.
Costrette ad aspettare una possibile morte a ogni pasto, legate da una convivenza che genera sia affetto che conflitto, obbligate a sottostare agli ordini e alle “maniere” maschili di un sistema che ha disumanizzato anche la popolazione tedesca al fine di farne strumento del regime.
Non era un nazista, non siamo mai stati nazisti. Da ragazzina non volevo entrare nella Bund Deutscher Mädel, non mi piaceva il foulard nero che passava sotto il colletto della camicia bianca. Non sono mai stata una buona tedesca.
Un incarico forzato che attraverso le amicizie e le rivalità più o meno nascoste tra queste donne, in qualche modo colma la loro solitudine essendo tutti i mariti al fronte, dispersi o caduti, garantisce di non essere più schiacciate dal morso della fame, nonostante ogni piatto possa essere letale, e costituisce un lieve barlume di normalità in un dedalo di sofferenze.
Non c’è giudizio etico che si possa applicare a questi personaggi, nonostante siano tutti alle “dipendenze” del Führer sono solo la narrazione del tentativo dell’ essere umano di sopravvivere.
Una storia forte nei contenuti e nelle atmosfere in bilico tra disperazione, coraggio e amore.
Quest’ ultimo aspetto è forse quello che meglio rappresenta il tentativo di vivere, nonostante ormai la vita sia completamente sfuggita al proprio controllo.
Una “liaison” quella raccontata nella storia che non ha nulla di romantico o di romanzesco ma che testimonia l’ aggrapparsi a qualcosa che faccia sentire vivi in mezzo al vuoto.
Tornai a pensare che non avessimo il diritto, noi, di parlare d’amore. Abitavamo un’epoca amputata, che ribaltava ogni certezza, e disgregava famiglie, storpiava ogni istinto di sopravvivenza.
Lo stile di Rosella Postorino è ricercato ed evocativo, affascina e colpisce, con un’ eleganza sferzante.
Dal libro è stato tratto il film per il cinema che, seppur con qualche licenza nella sceneggiatura, ben ricalca le atmosfere della narrazione scritta.
Una vicenda poco nota che la stessa reale protagonista a cui il libro si ispira ha tenuto nascosta fino quasi alla propria morte.
A testimonianza che dall’esperienza della guerra anche chi è sopravvissuto in qualche maniera è comunque “morto” perdendo o dovendo seppellire delle parti di sè.
