L’AMICO RITROVATO di Fred Uhlman

L’AMICO RITROVATO di Fred Uhlman

Titolo: L’amico ritrovato
Autore: Fred Uhlman
Serie: Autoconclusivo
Genere: Narrativa
Narrazione: Prima persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 27 dicembre 2012
Editore: Feltrinelli

TRAMA


Nella Germania degli anni Trenta, due ragazzi sedicenni frequentano la stessa scuola esclusiva. L’uno è figlio di un medico ebreo, l’altro è di ricca famiglia aristocratica. Tra loro nasce un’amicizia del cuore, un’intesa perfetta e magica. Un anno dopo, il loro legame è spezzato. “L’amico ritrovato” è apparso nel 1971 negli Stati Uniti ed è poi stato pubblicato in Inghilterra, Francia, Olanda, Svezia, Norvegia, Danimarca, Spagna, Germania, Israele, Portogallo. Introduzione di Arthur Koestler.

RECENSIONE


Ci sono temi e argomenti di tale durezza e dolore a volte che si pensa sia possibile parlarne solo in certi termini, come se la violenza e l’odio potessero essere raccontati solo mostrandola spietatamente e senza filtri. 

Non è così. 

Spesso si può parlare di dolore solo facendolo filtrare tra le righe, come un sottofondo che fa capire la drammaticità di certi eventi proprio invece grazie a parole del tutto opposte: quelle sull’amore, sui sogni, sull’amicizia, sulla giovinezza. 

Fred Hulman lo ha fatto, raccontando di un’amicizia tra due sedicenni nella Germania degli anni più terribili della storia. 

L’amico ritrovato racconta attraverso gli occhi e i ricordi di Hans ormai adulto la sua profonda per quanto breve amicizia con un nobile coetaneo ai tempi della scuola, Konradin, conte di Hohenfels. 


Poi con un gesto stranamente goffo ed impreciso, mi strinse la mano tremante. “Ciao, Hans,” mi disse e io all’improvviso mi resi conto con un misto di gioia, sollievo e stupore che era timido come me e, come me, bisognoso di amicizia. 


Di per sé le amicizie formatesi in giovinezza tendono a essere fatte di una lega dura, solida nella sua costruzione ma tenera nella sostanza composta di istinto, cuore, genuinità e sogni, perché la realtà delle esperienze non hanno ancora intaccato la purezza dello spirito. 

Se però a tutto ciò aggiungiamo il fatto che i due ragazzi in questione sono il figlio di un medico ebreo e il rampollo di una nobile famiglia filonazista negli anni 30 allora un legame così può assumere connotazioni ancora più importanti. 

Ce la farà un affetto così forte come quello tratteggiato a resistere ad un background agli antipodi, alle diversità di pensiero, di religione, al condizionamento delle famiglie, all’ideologia nascente e dilagante del disprezzo e dell’odio razziale? 

Tutto questo è condensato in poche pagine, perché più che un romanzo questa è una novella che però ha tutte le caratteristiche del romanzo, solo in miniatura, come viene spiegato nella prefazione: uno stile molto descrittivo, tanto da immergere il lettore nei verdi paesaggi della Svevia, nei suoi colli azzurrini, e nei profumi della Foresta Nera, dove i boschi scuri, odorano di funghi e di resina, una narrazione in prima persona volta a rievocare il passato, che avvicina molto il lettore al narratore e alla sua sensibilità di sedicenne immerso nelle fatiche adolescenziali, che si nutrono dell’insicurezza di sé e dell’ l’incertezza del futuro, in cui tutti possiamo riconoscerci nonostante il periodo storico differente. 


Non andavo mai a casa loro né loro venivano mai a trovare me. Un altro motivo della mia freddezza, forse, era che avevano tutti una mentalità estremamente pratica e sapevano già cosa avrebbero fatto nella vita, chi l’avvocato, chi l’ufficiale, chi l’insegnante, chi il pastore, chi il banchiere. Io, invece, non avevo alcuna idea di ciò che sarei diventato, solo sogni vaghi e delle aspirazioni ancora più fumose. Volevo viaggiare, questo era certo, e un giorno sarei stato un grande poeta. 


Man mano che si procede nella lettura si passa ad una narrazione che comincia a far intravedere il precipitarsi degli eventi, che annunciano l’oscurità che sta per ammantare la ridente e vivace Stoccolma. 


Il lungo e crudele processo che mi avrebbe portato a perdere le mie radici era iniziato e già le luci che avevano guidato il mio cammino si stavano affievolendo. 


Non si viene però afferrati dall’angoscia perché i terribili eventi che si stanno affacciando al presente dei due protagonisti vengono fotografati nella loro assurdità proprio attraverso i pensieri dei due ragazzi così presi, immersi e coinvolti nel fondamento del loro affetto amicale che i fatti storici finiscono per restare in secondo piano, sullo sfondo di cui parlavo all’inizio. 

Il lettore sa quale sarà la gravità e la portata di tali eventi ma sente, anche grazie alla profondità e al realismo descrittivo dell’ ambientazione sia fisica che temporale con cui l’autore racconta questo legame, che un affetto di tale portata in qualche modo dovrà per forza sopravvivere allo tsunami che sta per abbattersi sull’Europa e sul mondo. 

Il lettore spera quindi, perché è proprio la speranza che ha resistito nei tremendi anni del nazismo e della guerra. 

Una lettura questa che è stata assegnata a mio figlio quattordicenne per le vacanze natalizie e che mi è capitata quindi per caso, ma non a caso in questo periodo. 

Ho deciso di leggerlo ed è stata una scoperta, nella sua semplicità e brevità è stata una carezza, un tocco di tenerezza e nostalgia che mi hanno commossa. 

Adatta per questo sia a ragazzi che adulti. 

Da questo libro è stato tratto anche un film del 1989 di produzione francese per la regia di Jerry Schatzberg. 

Un racconto che commuove, per tutti coloro che desiderano ricordare e hanno ritrovato qualcosa o qualcuno nonostante pensassero di averlo perso per sempre. 


VIOLETA di Isabel Allende

VIOLETA di Isabel Allende

Titolo: Violeta
Autore: Isabel Allende
Serie: Autoconclusivo
Genere: Narrativa
Narrazione: Prima persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: Febbraio 2022
Editore: Feltrinelli

TRAMA


Violeta nasce in una notte tempestosa del 1920, prima femmina dopo cinque turbolenti maschi. Fin dal principio la sua vita è segnata da avvenimenti straordinari, con l’eco della Grande guerra ancora forte e il virus dell’influenza spagnola che sbarca sulle coste del Cile quasi nel momento esatto della sua nascita. Grazie alla previdenza del padre, la famiglia esce indenne da questa crisi solo per affrontarne un’altra quando la Grande depressione compromette l’elegante stile di vita urbano che Violeta aveva conosciuto fino ad allora. La sua famiglia perde tutto ed è costretta a ritirarsi in una regione remota del paese, selvaggia e bellissima. Lì la ragazza arriva alla maggiore età e conosce il suo primo pretendente… Violeta racconta in queste pagine la sua storia a Camilo in cui ricorda i devastanti tormenti amorosi, i tempi di povertà ma anche di ricchezza, i terribili lutti e le immense gioie. Sullo sfondo delle sue alterne fortune, un paese di cui solo col tempo Violeta impara a decifrare gli sconvolgimenti politici e sociali. Ed è anche grazie a questa consapevolezza che avviene la sua trasformazione con l’impegno nella lotta per i diritti delle donne. Una vita eccezionalmente ricca e lunga un secolo, che si apre e si chiude con una pandemia.

RECENSIONE


Violeta è una storia di profondo amore per la vita, di lutti, passioni, conquiste e sofferenze. Violeta è una bambina difficile, con un carattere ribelle ed indisponente. È, però, dotata di grande intelligenza e con il passare del tempo si trasforma in una giovane donna talentuosa.

Cosa ho amato di Violeta? Il suo essere così mentalmente indipendente, il voler inseguire ciò che ama davvero anche se questo contrasta con la morale del tempo, il suo essere così tenacemente attaccata alla propria indipendenza economica. Non ha paura di dare scandalo, è una donna che ha il coraggio di inseguire le proprie passioni.


Mio marito desiderava una donna che provasse un amore incondizionato come il suo, lo assecondasse e gli professasse l’ammirazione che credeva di meritare, ma ebbe la sfortuna di innamorarsi di me”.


Violeta è un turbinio di creatività, è sempre capace di reinventarsi, prende a morsi la vita. La donna narra in prima persona a suo nipote Camilo gli avvenimenti della sua vita, non tralasciando aneddoti espliciti sulla sua vita sessuale.


Non c’era proprio amore, ma solo puro e semplice desiderio, un desiderio brutale, schietto, senza giri di parole né rimorsi, un desiderio senza rispetto per nulla e per nessuno; eravamo l’unico uomo e l’unica donna dell’universo, abbandonati al proprio desiderio”.


La prosa elegante e la scrittura evocativa di Isabel Allende fa sentire il lettore quasi come al cinema: è come vedere un film ed assistere ad uno spettacolo lungo una vita intera. Il lato straordinario di questo romanzo è proprio questo: il racconto dell’intera esistenza di un essere umano, una vita talmente intensa che vola via come un soffio. E questo mi ha portato molto a riflettere, perché la nostra vita qui in fondo è un breve attimo e bisogna sfruttarlo al meglio, proprio come ha fatto Violeta .

Una vita di grandi passioni, di dolori terribili come quello della perdita di una figlia, lotte sociali, con un contorno di personaggi secondari ma straordinari come Torito, un domestico ingenuo e dal cuore d’oro, o anche Teresa e Mrs Taylor, due donne omosessuali in un periodo storico dove l’essere gay costituiva un enorme scandalo.

Violeta è una donna forte e coraggiosa, una donna che ammette i suoi errori ma anche consapevole delle proprie qualità e del suo fiuto per gli affari. Violeta può essere un grande romanzo di formazione anche per i più giovani, in quanto propone un modello positivo  e con grandi valori: la resilienza, la tenacia, la passione. Bisogna riconoscere l’infinito talento di Isabel Allende e il suo straordinario lavoro di ricerca storica, oltre al grande amore per il suo paese natale, il Cile, un tema presente in quasi tutti i suoi romanzi.

Un altro tema affrontato è quello della perdita di un figlio, esperienza vissuta dalla stessa Allende che ha perso anni fa sua figlia Paula: questo tragico evento è in qualche modo sublimato dalla consapevolezza che in qualche modo ci ricongiungeremo ai nostri amati in un’altra vita. Violeta è un po’ il ritratto della stessa autrice: una donna volitiva, che si è saputa reinventare, una donna emancipata e che non ha rinunciato all’amore in età avanzata, un qualcosa che è ancora un tabù in effetti, come se nell’ultima fase della vita si dovesse per forza rinunciare ai sentimenti e alla sessualità.


Dopo aver vissuto un secolo, mi sembra che il tempo mi sia scivolato fra le dita. Dove sono finiti questi cento anni?”


BUSKASHI’: VIAGGIO DENTRO LA GUERRA di Gino Strada

BUSKASHI’: VIAGGIO DENTRO LA GUERRA di Gino Strada

Titolo: Buskashì: Viaggio dentro la guerra
Autore: Gino Strada
Serie: Autoconclusivo
Genere: Narrativa
Narrazione: Prima persona
Tipo di finale: chiuso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 11 Dicembre 2013
Editore: Feltrinelli Editore

TRAMA


La buskashi è il gioco nazionale afghano: due squadre di cavalieri si contendono la carcassa di una capra decapitata. È violento, senza regole. L’unica cosa che conta è il possesso della carcassa, o almeno di quello che ne resta al termine della gara. È come il tragico gioco a cui partecipano i numerosi protagonisti del conflitto afghano. Una partita ancora in corso, solo che al posto della capra c’è il popolo dell’Afghanistan.Buskashi è la storia di un viaggio dentro la guerra, che inizia il 9 settembre 2001 con l’assassinio del leader Ahmad Shah Massud, due giorni prima dell’attentato di New York. Un viaggio “clandestino” per raggiungere l’Afghanistan nel momento in cui il paese viene abbandonato da tutte le organizzazioni internazionali e si chiudono i confini. L’arrivo nella valle del Panchir, l’attraversamento del fronte sotto i bombardamenti per raggiungere Kabul alla vigilia della disfatta dei Talebani, la conquista della capitale da parte dei mujaheddin dell’Alleanza del Nord, la Kabul “liberata”: l’esperienza della guerra vista dagli unici testimoni occidentali della presa di Kabul.Un viaggio nella tragedia delle vittime, e insieme una riflessione sulla guerra, sulla politica internazionale, sull’informazione e sul mondo degli aiuti umanitari. 

RECENSIONE


Qui, nella vita degli afgani è il vero confine, il territorio della mente che dobbiamo ancora esplorare per capire la guerra, e per odiarla. Con le pietraie del passo, bisogna lasciare alle spalle anche il pensiero occidentale. Siamo in Afghanistan. “Vivo o morto” è diverso, ora. Ora siamo dentro la guerra.


Lo spiega molto chiaramente Gino Strada in questa sua opera dal titolo Buskashi`: il tentativo di raggiungere e superare il confine afgano nel settembre 2001 per riaprire l’ospedale Emergency di Kabul, di cui questa opera è il resoconto, è in realtà il simbolo del superamento della mentalità occidentale.

Quella che ritiene la guerra un male necessario, nonostante poi a pagarne il prezzo siano i civili indifesi soprattutto bambini, e che si creda non ci riguardi perchè infesta luoghi molto lontani da noi.
Perché di questo si tratta, superare un limite mentale, un confine ideologico che va oltrepassato, espresso alla perfezione in questo passo, uno dei più conosciuti.


Questo è il vero confine, quello più difficile da attraversare. Fare propria, rispettare l’esperienza degli altri, quello che stanno provando, non ignorarla solo perché riguarda “altri” anziché noi stessi. Perché se uno di noi, uno qualsiasi di noi esseri umani, sta in questo momento soffrendo come un cane, è malato o ha fame, è cosa che ci riguarda tutti. Ci deve riguardare tutti, perché ignorare la sofferenza di un uomo è sempre un atto di violenza, e tra i più vigliacchi.


L’autore di questo libro ha passato la sua intera esistenza dentro i conflitti, un argomento di cui non è semplice parlare, si corre il rischio di cadere in una retorica spiccia, perché diciamocelo che ne sappiamo noi della guerra?

Al di là delle ovvie considerazioni astratte sugli orrori che porta con sé, per noi che la vediamo filtrata dai media, dall’informazione, dai racconti di popoli lontani, resta una realtà che possiamo provare ad immaginare ma che in realtà non conosciamo e forse ancor meno comprendiamo.

Paradossale se pensiamo invece che per chi la vive sulla propria pelle è invece quanto di più concreto si possa toccare : paura, violenza, sofferenza, dolore, povertà e incertezza sono molto concrete per chi le deve vivere ogni giorno. Così ho voluto provare a toccare un po’ di questa concretezza attraverso le parole scritte di chi la guerra la conosce bene, perché l’ha vissuta da molte angolazioni, l’ha provata sulla propria pelle, l’ha dovuta inserire nelle trame della vita propria e della propria famiglia.


Mi sono trovato a parlare con me stesso. Un déjà vu, e insieme una situazione nuova, imbarazzante. Che cosa fai qui? Come lo spieghi a Cecilia, a Teresa? Che cosa dici loro, per convincerle che è giusto che tu sia qui, per far credere che tutto ciò valga il loro rischio di non rivederti?


Nasce così questo piccolo omaggio al compianto Gino Strada, in ricordo del primo mese trascorso senza di lui. Un personaggio di una caratura morale tale da ispirare molto più che ammirazione e forse anche un senso di riverenza per la forza del messaggio che ha costituito la sua intera esistenza. Buskashi` racconta eventi passati ma purtroppo molto attuali, nonostante siano trascorsi vent’anni dagli accadimenti in esso descritti. Il fondatore di Emergency non delude nemmeno in qualità di scrittore : emerge prepotente lo spessore di questo essere umano che ha votato la propria esistenza alla cura e al sostegno dei deboli e degli indifesi.

Attraverso di esso lascia ai lettori messaggi molto chiari, che non si riconducono solo al desiderio di pace ma a molto di più. Pensieri e posizioni espresse consapevolmente perché  frutto di esperienze vissute in prima persona, che personalmente condivido, tra i quali spicca una verità che in molti paesi non è realtà: i diritti umani vanno costruiti non declamati. Un messaggio molto potente e sicuramente nitido: tutti hanno diritto ad una vita dignitosa, libertà e cure mediche, che non si ottengono con politiche astratte e discorsi filosofici ma con azioni concrete, tradotte in istruzione, assistenza medica, lavoro.

Buskashi` è un libro diviso in due parti, la prima appunto un diario di viaggio, difficile, faticoso, impervio dentro un paese violentato da ideologie, interessi e giochi di potere prima e dalla guerra poi. La seconda la cronaca degli eventi vissuti una volta raggiunta la città in questione, prima della sconfitta dei talebani. Un resoconto autentico e tangibile di cosa significa sfidare le difficoltà, non arrendersi, mettere in gioco tutti se stessi nell’intento di aiutare chi soffre a costo della propria incolumità, al termine del quale il lettore prenderà consapevolezza che nascere in luoghi dove regnano democrazia, uguaglianza, libertà e soprattutto pace non è un merito ma una fortuna. Se la guerra incombe su popoli lontani da noi per posizione e cultura è solamente un puro caso.


Perché non si tratterà più di essere musulmani, ebrei o cristiani, né di essere di destra, di centro o di sinistra, per farsi un’opinione sulla guerra. Basterà ricordare quelle storie, e mettere Anna al posto di Jamila, e Mario invece di Waseem.


Un titolo volutamente simbolico: Buskashi` è il nome di un gioco afgano dove ci si contende la carcassa di un animale. Ecco che l’Afganisthan diventa come questa carcassa, un territorio conteso tra i partecipanti ad una guerra che prende ufficialmente il via in seguito a due attentati di natura diversa, ma che in realtà è l’ennesimo tentativo di trarre profitto in un gioco geopolitico che nulla ha a che vedere né con la religione né con la giustizia. Non fosse per il fatto che il libro narra eventi reali durante i quali la sicurezza di Gino Strada e collaboratori è messa in serio pericolo, si potrebbe definire quasi un racconto avvincente, dallo stile incalzante, anche avventuroso. Ma in realtà attraverso queste pagine Gino Strada vuole dire molto di più: ci lascia dei mattoni con cui egli stesso ha iniziato a costruire la pace, un’eredità che tocca a noi continuare.

Mattoni composti da umanità, senso del dovere, generosità, amore per il prossimo, desiderio di aiutare chi soffre, senso della giustizia, tutte qualità di quest’uomo straordinario, incarnate nella sua creatura più importante e più bella, gli uomini e le donne di Emergency.
Questo libro mette inevitabilmente in moto i pensieri, perché è impossibile restare impassibili di fronte al racconto dei giochi di potere, delle ideologie estreme, dell’efferatezza delle azioni umane, di tutte quelle mostruosità che costituiscono la guerra.Una lettura che si è rivelata un forziere con molti tesori, che risplendono soprattutto per lo stile con cui l’autore li ha portati alla luce, facendoli emergere dalle macerie di una bomba esplosa, dalle ferite di bambini mutilati, dalle lacrime di famiglie distrutte.

Un paese martoriato raccontato con uno stile personale, che come in un’altalena alterna cronaca e riflessioni ad un lieve tocco di umorismo. Quasi un’” italianità” dei protagonisti, come un’impronta dello spirito che li contraddistingue, che non solo stempera il dramma che si trovano ad affrontare ma lascia passare in mezzo alle crepe dovute alla distribu anche molto cuore.
Regalatevi la lettura di un libro che è innanzitutto la condanna dei poteri politici che direttamente o no sono di fatto i promotori e i finanziatori dei conflitti, di un’informazione asservita alla politica molto lontana dalla trasparenza e dalla verità. Il racconto dello scontrarsi con l’estremismo, con la perdita di umanità, uno sguardo attento alla disparità di diritti tra i popoli del mondo. E infine una dichiarazione d’amore alla moglie Teresa e alla figlia Cecilia.


Teresa è una sorpresa, ogni giorno. Sorprende tutti coloro che la conoscono, per l’intelligenza e la simpatia, perché è bellissimo ascoltarla, e guardarla. Sorprende per la sua capacità, unica, di capire le persone, di tenere insieme un gruppo, dando molto a tanti, anche nei momenti difficili.


Incontrerete persone autentiche e non personaggi, conoscerete teorie poco ortodosse ma provate sul campo, come il “rischio pecora”. Gino Strada ci ha lasciato tanto, le sue parole scritte sono un ulteriore dono di cui consiglio di avvalersi. Perché con questa testimonianza e soprattutto con il suo esempio ci ha dimostrato che il concetto di utopia è solo nella nostra mente, qualcosa che non è stato ancora fatto ma che si può realizzare se ci si crede. E forse allora un giorno l’espressione “Al salam alekkum” –  “Che la pace sia con te” potrà diventare finalmente una realtà e non più solo un’idea.

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UN RAGAZZO NORMALE di Lorenzo Marone

UN RAGAZZO NORMALE di Lorenzo Marone

Titolo: Un ragazzo normale
Autore: Lorenzo Marone
Serie: Autoconclusivo
Genere: Narrativa
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Concluso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 16 Gennaio 2020
Editore: Feltrinelli

TRAMA


Mimì, dodici anni, occhiali, parlantina da sapientone e la fissa per i fumetti, gli astronauti e Karaté Kid, abita in uno stabile del Vomero, a Napoli, dove suo padre lavora come portiere. Passa le giornate sul marciapiede insieme al suo migliore amico Sasà, un piccolo scugnizzo, o nel bilocale che condivide con i genitori, la sorella adolescente e i nonni. Nel 1985, l’anno in cui tutto cambia, Mimì si sta esercitando nella trasmissione del pensiero, architetta piani per riuscire a comprarsi un costume da Spider-Man e cerca il modo di attaccare bottone con Viola convincendola a portare da mangiare a Moria, la tartaruga che vive sul terrazzo all’ultimo piano. Ma, soprattutto, conosce Giancarlo, il suo supereroe. Che, al posto della Batmobile, ha una Mehari verde. Che non vola né sposta montagne, ma scrive. E che come armi ha un’agenda e una biro, con cui si batte per sconfiggere il male. Giancarlo è Giancarlo Siani, il giornalista de “Il Mattino” che cadrà vittima della camorra proprio quell’anno e davanti a quel palazzo. Nei mesi precedenti al 23 settembre, il giorno in cui il giovane giornalista verrà ucciso, e nel mondo circoscritto dello stabile del Vomero (trenta piastrelle di portineria che proteggono e soffocano al tempo stesso), Mimì diventa grande. E scopre l’importanza dell’amicizia e dei legami veri, i palpiti del primo amore, il valore salvifico delle storie e delle parole. Perché i supereroi forse non esistono, ma le persone speciali e le loro piccole, grandi azioni non muoiono mai e sono come il mare: luccicano in eterno.

RECENSIONE


Da sempre ogni bambino, scatenando la fantasia, desidera emulare il supereroe dei suoi sogni.

C’è chi sogna di proteggere la città con una maschera sugli occhi e un mantello, e chi prova a lanciare ragnatele, e poi c’è Mimì.

Mimì ha 12 anni e vive al Vomero, uno dei quartieri più famosi di Napoli, in una casa superaffollata contornato dal travolgente affetto della famiglia, anche se passa il tempo con i suoi coetanei, agli occhi di tutti è un bambino diverso dagli altri; sognatore nato e affascinato dal suo supereroe del cuore.


Devi imparare a osservare il mondo che ti è intorno. Usa gli occhi per guardare davvero, non fare come la maggior parte delle persone che non sanno nemmeno se il cielo è blu o grigio, o addirittura di che colore sono i capelli della donna con la quale stanno parlando. Non servono poteri telepatici, Mimì, serve solo saper guardare, solo quello.


Niente a che vedere con i personaggi della fantasia, perché l’idolo di Mimì è Giancarlo Siani, un giornalista suo vicino di casa, un ragazzo semplice che non ha paura di affrontare le conseguenze della verità che ogni giorno racconta negli articoli che scrive per un famoso quotidiano.

Per Mimì Giancarlo diventa un mito, un esempio da seguire, e quel timido ragazzino napoletano grazie a lui sogna di avere una vita diversa e un futuro migliore.

Ormai non ho dubbi, quando leggo un libro di Lorenzo Marone sono sicura di trovarci il suo cuore, e anche stavolta non sono rimasta delusa.

In questa storia, troverete tutto l’amore dell’autore per Napoli, la sua città natale, spesso bistrattata e poco considerata, resta un luogo pieno di fascino che accoglie chiunque con amore, aiuto e protezione.

Mimì è apparentemente un ragazzo come gli altri, ma chi gli sta vicino però si rende conto di quanto invece sia diverso e speciale, usa i nomi scientifici di animali e piante, progetta esperimenti innovativi ma soprattutto sogna.

La sua agenda rossa diventa un prezioso scrigno, in cui Mimì ci racchiude i suoi pensieri, la sofferenza per un amore non corrisposto, la speranza di realizzare i suoi sogni; parole chiuse in quelle pagine che magicamente generano libertà.

Scrivendo si sente davvero sè stesso, lontano da qualsiasi distrazione, libero di pensare in grande.

In questa storia ascolterete anche la voce di ogni piccolo particolare di Napoli, le scritte sui muri, i ragazzini che giocano in strada, il fascino di una città che accoglie ma allontana, che si ama e un po’ si odia ma quando ti entra nel sangue non ti abbandona mai e l’epilogo di questo libro ne è la prova.


Tutto quello che credevo di aver perduto avendo a che fare con l’amore, l’ho sempre recuperato dopo un po’, con lo scorrere del tempo, come una moneta che ritrovi per caso nella tasca di un paio di pantaloni che non ti andavano più.


“Un ragazzo normale” è una storia popolata da molti personaggi, ognuno di loro arricchisce la vita di Mimì in maniera perfetta ma resta un po’ in disparte lasciandolo come protagonista principale.

Una storia raccontata in terza persona che sono felice di aver scelto, perchè è stata una lettura piacevole e profonda che mi ha coinvolta dalla prima all’ultima pagina.

Vi troverete a sorridere inteneriti dall’amicizia con Sasà, dalla dolcezza dell’amore per Viola, la ragazza dei suoi sogni; e dal calore della sua famiglia, caratteristica tipica e invidiabile della gente meridionale, persone che ti accolgono a cuore aperto e che ti danno loro stessi in qualsiasi circostanza.


Perché alla fine di quella terribile e magnifica estate capii che gli unici superpoteri a disposizione di noi poveri umani sono i rapporti che riusciamo a costruirci, gli amori, le amicizie, gli affetti.


Consiglio a tutti la storia di questo ragazzino pieno di sogni e speranze, perfetta per farci capire che non smettere di sognare è l’unico modo per aspirare sempre alla vera felicità.

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TUTTO SARA’ PERFETTO di Lorenzo Marone

Tutto sarà perfetto

TUTTO SARA’ PERFETTO di Lorenzo Marone

Titolo: Tutto sarà perfetto
Autore: Lorenzo Marone
Serie: Autoconclusivo
Genere: Narrativa
Narrazione: POV singolo (Andrea)
Tipo di finale: chiuso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 30 Maggio 2019
Editore: Self Publishing

TRAMA


La vita di Andrea Scotto è tutto fuorché perfetta, specie quando c’è di mezzo la famiglia. Fotografo quarantenne, single e ostinatamente immaturo, Andrea ha sempre preferito tenersi alla larga dai parenti: dal padre Libero, comandante di navi a riposo, procidano, trasferitosi a Napoli con i figli dopo la morte della moglie, e dalla sorella Marina, sposata, con due bambine e un evidente problema di ansia da controllo. Quando però Marina è costretta a partire e a lasciare il padre gravemente malato, tocca ad Andrea prendere il timone. È l’inizio di un fine settimana rocambolesco, in cui il divieto di mangiare dolci e fritti imposto da Marina è solo uno dei molti che vengono infranti. Tallonato da Cane pazzo Tannen, un bassotto terribile che ringhia anche quando dorme, costretto a stare dietro a un padre che si rifiuta di farsi trattare da infermo e che continua a sorprenderlo con richieste imprevedibili, Andrea sbarca a Procida e ritorna dopo anni tra le persone e i luoghi dell’infanzia, sulla spiaggia nera che ha fatto da sfondo alle sue prime gioie e delusioni d’amore e tra le case colorate della Corricella scrostate dalla salsedine. E proprio in mezzo a quei contrasti, in quell’imperfetta perfezione che riporta a galla ferite non rimarginate ma anche ricordi di infinita dolcezza, cullato dalla brezza che profuma di limoni, capperi e ginestre e dal brontolio familiare della vecchia Dyane della madre, Andrea trova finalmente il suo equilibrio.


RECENSIONE


La vita è fatta di attimi di perfezione nei quali arriva la giusta luce e tutto ci appare come deve essere, e forse il segreto non è cercare di prolungare questi attimi, di fermarli ad ogni costo, che nulla può essere fermato, ma accontentarsi del bello, di scorgerlo.”


Andrea è il classico quarantenne che ama divertirsi , fa il fotografo di moda, e alterna storie poco impegnative fuggendo da ogni tipo di responsabilità.

Improvvisamente si ritrova, su richiesta di sua sorella Marina, a dover badare al loro anziano padre malato dato che lei è costretta ad allontanarsi per qualche giorno.

I due non hanno mai avuto un buon rapporto, soprattutto perché il padre, un marinaio in pensione, è sempre stato molto assente e poco attento ai bisogni della sua famiglia.

Andrea si trova quindi da solo, a dover seguire le regole ferree stilate dalla sorella, e a gestire il difficile carattere di suo padre, che approfitta facilmente di lui, sentendosi libero di fare tutto quello che la figlia gli ha sempre negato.


Perché il nostro abbraccio è stato come un impatto tra asteroidi, un boato sordo che ha cambiato le nostre traiettorie, e ora ci stiamo entrambi avventurando fuori dalla nostra orbita, verso luoghi sconosciuti, senza la minima idea di cosa ci aspetti lì davanti.


Il desiderio più grande del comandante, è quello di tornare a Procida, la sua isola natale dove i suoi figli sono nati e cresciuti; cerca quindi in Andrea un complice per raggiungere il suo scopo, dato che la malattia non gli permette di fare questa pazzia da solo.


Sai cosa mi ha risposto quando ho tentato di convincerlo a non venire al matrimonio, dicendogli che sarebbe stata una follia, che è vecchio e malato e che, in ogni caso, a Napoli ha l’assistenza di tua sorella? Che non aveva bisogno dell’assistenza di Marina, ma del tuo coraggio.


Riusciranno nella loro impresa?

Riuscirà Andrea, anche grazie al clima di Procida, a fare pace con un passato che per paura ha sempre rifiutato?

Un libro scritto in maniera semplice, una storia apparentemente leggera, ma al tempo stesso impegnativa e piena di spunti di riflessione.

Raccontata in prima persona dall’ironica voce di Andrea, è un libro divertente che ho portato avanti e terminato con molto piacere.

E’ bello vedere come il capitano, dopo una vita di regole che lo hanno tenuto troppo lontano dalla sua famiglia, cerchi in tutti i modi di appoggiarsi a suo figlio per trasgredirle e divertirsi insieme a lui.


Queste cose”, come le chiami perché sei troppo ottuso per capirlo, sono il mio modo per dirti che tu eri la parte migliore della giornata, la nuotata con te era la parte migliore, ciò che mi faceva sentire vivo come quando ero sulle navi.


Andrea dal canto suo, stanco della sua vita e di un lavoro che non lo soddisfa più, grazie a questi pochi giorni con suo padre ritrova con piacere le sue origini, e quella spinta per fare meglio che fino ad allora gli è mancata.

Credo che sia un bellissimo invito a non rinnegare mai quello che siamo, e che siamo stati, anzi a fare tesoro di ogni esperienza che la vita ci riserva, bella o brutta che sia, per cercare sempre di essere migliori.

Molto bella, a mio parere, la figura del capitano, ci fa capire che le persone che hanno vissuto più di noi hanno un prezioso bagaglio di esperienza da condividere con gli altri, sta a noi farne tesoro.


Fu in quel momento che mi accorsi davvero del valore delle sue parole, del valore di ciò che stavo vivendo, che stavamo vivendo, come se la macchina fotografica che portavo al collo avesse il potere magico di rendere tutto più luminoso, di accendere un faro sulle cose mentre mi sussurrava all’orecchio che quell’istante proprio non potevo farlo scorrere via così, senza dargli il giusto tributo.


Bellissime le dettagliate descrizioni dei luoghi, fanno venire voglia di visitare Procida; perla del Golfo di Napoli che da poco è stata nominata capitale italiana della cultura per l’anno 2022.

E’ la prima volta che un’isola riesce ad aggiudicarsi questa ambita nomina, sicuramente merito del suo fascino misterioso e senza tempo.

Io ho avuto l’occasione di visitarla da poco, e devo dire che mi sono letteralmente persa tra i suoi vicoli, ammirandone ogni piccolo particolare e ascoltando la storia che solo un posto così riesce a regalare ai suoi turisti in ogni angolo.

Spero possa essere apprezzata sempre di più

Ho sentito e letto commenti che definivano questo libro triste, per me non lo è per niente, anzi è la classica “lettura perfetta”, e il titolo ne è la dimostrazione

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Recensione pubblicata da Sara precedentemente sul blog Manulandia