
RISPLENDO NON BRUCIO di Ilaria Tuti
| Titolo: Risplendo non brucio | |
| Autore: Ilaria Tuti | |
| Serie: Autoconclusivo | |
| Genere: Narrativa, storico | |
| Narrazione: Terza persona | |
| Tipo di finale: Chiuso | |
| Editing: Ottimo | |
| Data di pubblicazione: 1 ottobre 2024 | |
| Editore: Longanesii |
TRAMA
La neve è macchiata di sangue, attorno alla torre del castello di Kransberg. A pochi metri di distanza, il Führer è asserragliato in un bunker, preda di deliri e paure dopo l’attentato del luglio 1944. Ma Johann Maria Adami non ha tempo di pensare al poco spazio che lo separa dal dittatore, ultimo responsabile del suo internamento a Dachau. Il professor Adami ha un incarico: scoprire la verità che si cela dietro la morte sospetta di un soldato nazista. Suicidio? O un complotto alle spalle di Hitler? Veil Seidel, l’ufficiale delle SS che lo ha prelevato d’imperio dal campo di concentramento, è un suo ex allievo e costringe Johann a una sfida contro il tempo: deve ricorrere a tutto il suo acume per sciogliere l’enigma, non solo nella speranza di salvare se stesso, ma per tenere al sicuro chi più ama. La neve è macchiata di sangue, attorno alle mura della Risiera di Trieste. Non è la prima volta che succede, e Ada teme, anzi, sa che non sarà l’ultima. Ma individuare l’assassino è un’impresa impossibile quando la città stessa è invasa di assassini, che hanno riempito l’aria di cenere e di terrore. Nel seguire le tracce del colpevole, Ada è più che mai sola: non ha più suo padre, catturato dai nazisti perché dissidente e portato chissà dove. Non ha più un compagno, scomparso insieme ai partigiani in fuga. Ha soltanto se stessa, il suo cuore, le sue capacità mediche… e un segreto. Da proteggere a tutti i costi. Questa è una storia di resistenza e coraggio, di orrore e saggezza, di fragilità ed eternità. Questa è la storia di un padre e una figlia, divisi dalla Storia e costretti a lottare con tutta l’anima perché la luce possa tornare a splendere…
RECENSIONE
È del secondo conflitto mondiale e della Resistenza che Ilaria Tuti racconta nel suo ultimo libro, ambientato tra Trieste e la Germania, destreggiandosi egregiamente come è solita fare, tra un’accurata ricostruzione storica, una narrazione dei sentimenti intensa e l’intreccio giallo che qui guida il lettore alla risoluzione di due casi investigativi.
La lettura di quest’autrice ha sempre una grande presa su di me, accompagnandomi in un crescendo di curiosità e di appagamento che passa non solo attraverso una trama ben congeniata, ma anche attraverso l’ umana consistenza dei suoi personaggi.
Due in particolare sono quelli che ci regala in “Risplendo non brucio”, ovvero i protagonisti Johann e Ada Adami entrambi medici, padre e figlia messi di fronte a scelte difficili ed eventi tragici durante la seconda guerra mondiale.
Le vicende si snodano su due piani narrativi differenti, uno per ciascun protagonista, così come su ambientazioni che si alternano nei capitoli, portandoci in due luoghi lontani ma intrisi di oscurità ognuno a modo proprio.
Ilaria Tuti racconta infatti di una Trieste dal cielo plumbeo dove la neve si mescola a cenere: è dalla Risiera di San Sabba che l’ occhio dell’aquila del Reich decide della vita e della morte, ed è proprio attorno a questo sito all’interno del quale stazionano molti prigionieri, che però non si vedono mai uscire, che si attuano una serie di aggressioni sui quali Ada non può fare a meno di investigare nonostante i pericoli connessi.
Trieste pareva un presepe addormentato sulle propaggini del Carso, ma in realtà era diventata il tempio di un nuovo culto pagano. I sacrifici di sangue al dio della guerra si compivano ogni giorno.
Parallelamente il padre Johann dovrà invece scoprire la natura di una morte misteriosa niente meno che presso il castello di Kransberg, sede della Gestapo e del bunker in cui il Fhurer si rifugia dopo un attentato mentre le sorti del conflitto volgono verso la disfatta tedesca.
Ciò che li accomuna oltre a un’indole votata alla ricerca della verità, è il viaggio investigativo che i due intraprendono per scovare un assassino.
Un viaggio dalle tinte gialle, ma anche rosse, come il sangue versato in un capitolo della storia tra i peggiori del passato, quelli dei lager nazisti e dell’ideologia della pulizia etnica in favore della superiorità ariana.
Uno sfondo che non abbandona mai le vicende e che illustra tanto il male quanto il bene a cui l’ umanità può votarsi.
Ilaria Tuti delinea personalità e relazioni dalle sfaccettature complesse come il rapporto allievo e maestro tra Johann e il suo ex studente ora ufficiale nazista.
Le dinamiche tra i due infatti accompagnano il lettore in un duello psicologico tra vittima e carnefice, affascinante, lucido e costante, in cui ogni sguardo, silenzio o parola può sancire la salvezza o la morte.
Anche la decomposizione di un’anima poteva affascinare le menti curiose, lo sapevano entrambi, e il modo in cui il nazista tentava di scrutare dentro di lui gliene diede conferma.
Oppure ancora il legame tra padre e figlia, in apparenza pieno di contrasti che poi invece si rivelano essere affinità caratteriali.
Una lotta interiore quella di Ada al cui risultato non può fare nulla per sottrarsi, come è stato per suo padre: tra il desiderio di preservare la salvezza dei propri cari e l’esigenza etica di non restare a guardare inerti il male compiersi senza opporvisi come si può.
La Resistenza non si fa solo con un fucile tra le braccia, la incoraggiava la madre della sua amica Lidia, disfacendo il corredo della figlia. Si resisteva in silenzio anche con ago e filo, e fine biancheria intima tramutata in bende.
Una storia densa di personaggi di fantasia dalla struttura psicologica approfondita e articolata, e di personaggi realmente esisti inseriti alla perfezione nelle vicende.
Un’accuratezza che si evince anche dalla descrizione dei luoghi del conflitto, territori a me familiari e conosciuti che ho conservato nella memoria attraverso i racconti del passato di chi li ha vissuti.
Pagine queste che mi hanno riportato a vedere Trieste e le zone di confine con gli occhi con cui li osservavo da bambina, quando ancora la divisione tra Jugoslavia e Italia portava su di sé le ferite di un odio recente e l’Europa era un mosaico da assemblare.
Grazie all’autrice per un libro il cui titolo racchiude il significato della speranza di cui fa messaggere le proprie storie e di cui c’è ancora estremo bisogno.
