OLTRE LA RECENSIONE
Riflessioni su “Così lontano così vicino” di Paola Garbarino
Abbiamo deciso di offrire un approfondimento ad un romanzo che affronta temi attuali e controversi in un libro quest’ultimo di Paola Garbarino che parla di giovani per parlare anche ai giovani.
Il tema dei pregiudizi e delle apparenze affrontati in una breve riflessione di Annalisa Sinopoli che ha provato ad aprire una piccola finestra sulla discriminazione e sulle famiglie disfunzionali.

Discriminazione razziale e famiglie disfunzionali di Annalisa Sinopoli
“Nessuno si sceglie i genitori, possiamo scegliere gli amici, gli amanti, i mariti, ma non la famiglia in cui capitare.“
“Ero abituato ai bulli, ho imparato a difendermi molto presto da chi ce l’aveva con me solo per il fatto di non essere italiano al cento per cento, ma non pensavo che il sapermi difendere sarebbe diventato quello che faccio per vivere.“
La lettura da cui sono estrapolati questi estratti trascina con sé il lettore davanti a due tematiche differenti ma in un certo qual modo secondo me collegate.
Yuma, protagonista di Così lontano così vicino è un giovane dai marcati lineamenti indiani essendo il padre un indiano d’America e la madre italiana.
Un aspetto esteriore il suo che non lo ha aiutato nella sua giovane e complicata vita, causa quel bagaglio di pregiudizi nei confronti di razze diverse o culture da noi molto distanti, di cui ancora si nutre purtroppo una parte della società.
La riflessione che sorge a tal proposito è che ancora adesso in un epoca globalizzata siamo schiavi delle apparenze.
Per un meccanismo irrazionale ma comunque diffuso si tende ad accostare l’ esteriorità, la provenienza, la diversità a determinati tratti caratteriali, ad una particolare indole, al tipo di persona che si è.
La narrazione del libro ci dimostra un esempio di questo errore: Yuma con l’appellativo dispregiativo di “pellerossa” viene bullizzato a scuola, coinvolto suo malgrado nell’illegalita, costretto a combattere per difendersi perché il suo aspetto e la sua provenienza lo hanno di fatto incasellato nella categoria degli sbandati, dei ragazzi da tenere alla larga, quando in realtà egli racchiude un animo buono, capace di sacrificio, un giovane che desidera affrancarsi dal tipo di vita a cui è stato costretto, alla ricerca della propria identità e della realizzazione dei suoi sogni.
“Certa gente la lotta l’ha nel sangue, avevo udito mio nonno dirlo alla nonna, un giorno in salotto pensando che non fossi nei paraggi, commentando la notizia che Yuma era passato dalla categoria pugili aspiranti a quella Schoolboys. Come se secoli di soprusi e il desiderio di rivalsa degli Indiani d’America potessero passare tramite DNA.“
Sarà infatti un altro il personaggio del libro realmente pericoloso, manipolatore e violento, mascherato però da uomo di successo, colto e apprezzato, un borghese dall’aspetto rassicurante che rivelerà al contrario un animo perverso.
Dovremmo essere consapevoli che l’abito non fa il monaco eppure spesso si cade in questo inganno, perché alla fine è proprio così, l’apparenza inganna.
Una lezione che Amelia imparerà sulla propria pelle ma grazie alla quale raggiungerà una maggiore consapevolezza di sé e degli altri.
Se ad un aspetto esteriore che provoca diffidenza si aggiunge la mancanza di solide basi famigliari, allora è molto facile inciampare nel proprio cammino di crescita.
Dicevo che i due aspetti del background di questo protagonista sono collegati: credo che la discriminazione a volte sia come un timbro che ci viene impresso alla nascita: nasce dall’evidenza di essere venuti al mondo e di vivere ai margini rispetto agli altri, perché coloro che dovrebbero garantirci sicurezza, solidità, affetto e forza, non lo fanno.
Va da sé che, se già il proprio piccolo microcosmo come la famiglia di origine si rivela ostile se non addirittura nociva, può sembrare una battaglia persa in partenza cercare di sopravvivere anche all’ ostilità dovuta ad un diverso colore della pelle da parte del mondo esterno.
Bisogna essere concreti, nascere e crescere in una famiglia disfunzionale ti pone in posizione di svantaggio nella corsa della vita.
Le famiglie di questo tipo purtroppo esistono e molte lo sono inconsapevolmente, adulti inadeguati che devono ancora crescere e quindi sono inadatti a fare i genitori, oppure genitori problematici che troppo presi dalle loro debolezze trascurano completamente i loro figli o vi si appoggiano, come se i ruoli fossero invertiti.
C’è una tale varietà di problematiche all’interno dei nuclei familiari di diversa provenienza che sarebbe difficile analizzarle tutte.
Ecco perché quello di cui invece preferisco parlare pensando al personaggio che ci ha regalato Paola Garbarino, è la grande capacità della vita di darti la capacità di recuperare in corsa nonostante ti abbia fatto partire in svantaggio alla nascita.
La parola chiave è riscatto: fortunatamente appartenere a culture differenti da quelle in cui si è cresciuti o in un ambiente famigliare tossico, non precludono per forza la possibilità di affrancarsi da una condizione in cui questi due elementi creano difficoltà.
Possibilità infatti è l’altra parola che mi piace molto in questo contesto: siamo noi a costruircele, alimentando affetti e relazioni in cui l’origine razziale così come altri aspetti della persona non sono elementi che hanno peso nella costruzione di rapporti sani e sinceri, e cercando di migliorare la propria posizione sociale con ogni mezzo, con lo studio, il lavoro o con il coltivare i propri talenti.
Non è semplice è ovvio, le vicende narrate nel libro ne sono un esempio, molto facile cadere nella trappola del guadagno facile, dell’illegalità e della violenza.
Ma non impossibile.
Un pizzico di fortuna, una strizzata d’occhio del destino ma anche molta forza, perseveranza e contornarsi di affetti sinceri sono senz’altro ingredienti che aiutano in questo processo.
Non tutti nasciamo fortunati, non tutti nasciamo uguali e non tutti riusciamo ad uscire dal pantano di alcune situazioni.
Ma certamente tutti possiamo aspirare a provarci.