IL BAMBINO DELLE VIGNE di Elena Vatta

IL BAMBINO DELLE VIGNE di Elena Vatta

Titolo: Il bambino delle vigne
Autore: Elena Vatta
Serie: Autoconclusivo
Genere: Narrativa
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 2 dicembre 2022
Editore: Youcanprint

TRAMA


Abbandonato dalla madre in un collegio femminile a nemmeno due anni, Giuseppe cresce benevolmente accudito tra le verdi colline del Collio goriziano: apparentemente un’infanzia spensierata a cui non manca nulla, ma in cui il primordiale bisogno di amore esclusivo e incondizionato viene costantemente disatteso dall’assenza materna sempre più definitiva. Crescendo impara ad esorcizzare quella mancanza convincendosi di essere emotivamente indipendente e affrontando le sfide quotidiane come opportunità di riscatto. Eppure quell’amore materno negato lascia delle crepe nell’uomo che diventa: finisce col non abbandonarsi mai completamente ai sentimenti, con l’amarsi da sé come avrebbe voluto essere amato e con l’assecondare un infantile bisogno di accudimento. «Adulto troppo presto, bambino per sempre.» Finché non si imbatte nell’occasione inaspettata di pareggiare i conti col passato, di lasciarsi travolgere dall’amore e di far pace con la sua Storia. Liberamente ispirato ad una vicenda vera, «Il bambino delle vigne» è un delicato inno alla vita e alle molteplici possibilità di riscatto che offre. «Dicono che il primo amore non si dimentichi mai, che ti segni per sempre. Ma cosa dire dell’amore prima del primo amore? Di quello materno che non solo segna ma crea l’impalcatura su cui reggere tutto l’edificio di una vita?»

RECENSIONE


È sempre con piacere che assisto alle presentazioni di libri che ho amato particolarmente, ne ricavo uno sguardo su libro e autore che mi dà conferma o meno sulle idee e sensazioni suscitate dalla lettura e mi permette di guardarvi dentro più in profondità. 

Quando ho ascoltato quindi Elena Vatta a Monfalcone parlare della sua prima creatura letteraria “Il bambino delle vigne” ho ritrovato il peso delle parole da lei scritte, suddiviso tra sofferenza e riscatto. 

A partire dalla scelta di ambientare la storia nel territorio in cui vivo, un luogo che si sposa benissimo con le emozioni evocate dalle vicende narrate, un passo a due in cui ambientazione e trama si specchiano. 

Il Collio friulano infatti racchiude in sé la bellezza dei paesaggi ma anche una nascosta asperità, sa mostrare insieme colore e silenzio. 

È qui che si svolge la prima parte della vita del protagonista Giuseppe, affidato ad appena due anni alla struttura di Villa Russiz, azienda agricola tuttora in opera e insieme casa di accoglienza per bambini in situazioni familiari difficili. 

L’ autrice ci accompagna nella crescita di Giuseppe durante la quale l’ assenza materna diviene una presenza tangibile. 

L’ immagine di un ragazzino che attende le visite di una madre che il più delle volte non si presenta esce dalle pagine e si imprime nel cuore del lettore, con la forza della delusione primaria, quella di non sentirsi amati da chi ci ha messo al mondo. 



Non bisogna cadere però nell’ errore di credere che la storia sia solo quella di un abbandono, è una storia di mancanza certamente, ma anche di riscatto. 

Elena Vatta racconta la crescita di Giuseppe in un ambiente non tradizionale ma non privo di amore. 

È nella figura di suor Alessandra che si concretizza un affetto materno nei confronti di Giuseppe, un personaggio che è mamma senza essere mamma. 

Simbolo di quella propensione alla cura, all’ amore incondizionato e alla presenza rassicurante che contraddistingue l’ istinto materno a prescindere dalla biologia. 



Un’ evoluzione quella del protagonista a cui assistiamo attraverso la narrazione su due linee temporali in cui incontriamo Giuseppe adulto, alle prese con le fragilità che si porta dietro dall’ infanzia ma deciso a farne strumento di accettazione e affermazione di sé. 

Una crescita interiore in cui riconoscere il proprio dolore ma non diventarne prigioniero.  

L’ autrice sviscera temi profondi e delicati quali la maternità, l’ accettazione di sé, il senso di colpa, la fragilità delle relazioni. 

Lo fa con uno stile piacevolissimo alla lettura, scorrevole, delicato e che spinge all’ introspezione. 

Non ultima menzione merita la cover che riprende con un’ immagine l’ essenza della storia, un cammino che sembra solitario, avvolto dai filari che costituiscono riparo e direzione, verso una strada da cui questo bambino di spalle riuscirà a trarre il perdono divenuto adulto.