
NON PIU’ DI DIECI PAROLE di Rebecca Quasi
| Titolo: Non più di dieci parole | |
| Autore: Rebecca Quasi | |
| Serie: auto conclusivo | |
| Genere: Contemporary romance | |
| Narrazione: Terza persona | |
| Tipo di finale: chiuso | |
| Editing: Ottimo | |
| Data di pubblicazione: aprile 2024 | |
| Editore: Self Publishing |
TRAMA
L’esistenza dell’avvocato Nicola Maschieri scorre placida in serena monotonia e profonda dedizione al lavoro, fino al giorno in cui il posto di Procuratore Reggente viene assegnato alla dottoressa Francesca D’Aragona.
Tra i due scatta da subito un’affinità che va oltre la rivalità professionale e che mette in discussione la vita di entrambi.
Il matrimonio in crisi di Francesca si scontra ben presto con la prepotenza di un sentimento che solo la forza di volontà può tenere a bada. Provare a negarlo, nascondendo la testa sotto la sabbia, si rivela impossibile.
RECENSIONE
Se dovessi riassumere con una parola questo romanzo parlerei del tempo: il suo scorrere, la sua ineluttabilità, quanto porta via, quanto può ridare indietro, anche se solo parzialmente. Una sensazione che chiunque di noi vive, in modo diverso ovviamente, a seconda dell’età, il temperamento e il momento di vita. Il tempo sbagliato e quello giusto per cosa? Per aspettare, restare o incontrare qualcuno, le variabili sono tantissime. Sta di fatto che quando il destino gioca le sue carte migliori lo fa mettendoci alla prova con l’inaspettato, confondendoci e facendoci perdere l’orientamento: incontrare l’amore della nostra vita nel momento sbagliato. Questa è una storia che non può lasciare indifferenti.
Lo Squalo Bianco andava a prendere sua nipote all’asilo. Era capace di fare a pezzi la gente in tribunale e poi uscire di corsa per arrivare alla scuola dell’infanzia prima delle quattro perché, in caso contrario, Elena, di cinque anni, gli rifilava una ramanzina.
Di Nicola Maschieri, detto “Lo Squalo Bianco”, abbiamo avuto un quadro piuttosto esaustivo nel “Il gigante col violino” di cui vi ho parlato qualche giorno fa.
Avvocato dal piglio assertivo e penalista stimato da tutti per il suo innato carisma in aula, capace di vincere ogni causa. Allo stesso tempo, un uomo vocato alla famiglia, soprattutto ai nipoti, diretti e acquisiti, che segue come un padre putativo.
Un personaggio interessante e tridimensionale, che prende la scena da protagonista in questa storia e lo fa con particolare intensità.
Lui era un passista, preferiva farsi un’idea sulla lunga distanza. Lo chiamavano lo Squalo Bianco, ma non aveva certo l’aggressività del predatore, anche se era altrettanto letale.
Un osservatore, quindi, capace di profilare una persona e riconoscerne dai gesti e dallo sguardo lo stato d’animo, di prevederne le mosse e capire nel profondo le emozioni che lo attraversano. Capacità affinate col tempo e solidificate con la professione, che gli consentono di giudicare attenendosi ai fatti per vedere oltre la superficie, un’arma utile nel lavoro che gli si ritorce contro a livello personale:
C’era una persona seduta dietro il Corriere della Sera. Belle gambe, le tette non si vedevano. «Nicola Maschieri» si presentò avvicinandosi. La donna abbassò il giornale. «Francesca D’Aragona.» Il viso sembrava dipinto da un preraffaellita, poi però doveva essere intervenuto Dioniso a ritoccare il colore delle labbra, il taglio degli occhi e a pennellare di verde le iridi gialle.
Un incontro che lo incuriosisce inizialmente, lo stuzzica poi fino a destabilizzarlo in seguito. Una situazione quasi compromettente che lo mette difronte allo specchio di chi come lui, professionista affermato, deve fare i conti con una donna, altrettanto capace e preparata.
Si era scrollato di dosso stupore e ammirazione solo quando si era accorto che, anche lui, come quegli imbecilli dei suoi colleghi, l’aveva sottovalutata perché era una donna. Lui poi era stato il più fesso di tutti perché era anche convinto di essere immune da certi pregiudizi, di essere superiore. Ad aggravare la faccenda ci si era messa pure un’attrazione inopportuna.
Bella, avvenente e intelligente, Francesca è il nuovo giovane Procuratore Reggente con cui si trova ad avere a che fare Nicola.
«No, non ha sbagliato. Sono fredda.» La frase parve sospesa, come se Francesca avesse evitato di proposito di aggiungere qualcosa. «Perché?» le chiese a bruciapelo sporgendosi verso di lei. Francesca esitò. In un certo senso era come scambiarsi i piani di guerra; Nicola se ne rendeva conto, ma la cosa stava assumendo connotazioni irresistibili. «Una donna che si accalora è assai prevedibile e, come suppongo lei abbia appurato, essere prevedibile non è funzionale.»
L’incontro in un bar, lo scontro in un’aula del tribunale, il ritrovo casuale in un parcheggio di sera, la sala di una pizzeria e un ascensore rappresentano gli scenari, con gradi di intensità crescente, in cui prenderà sempre più forma il legame che coinvolgerà anima e cuore dei due protagonisti. Due vite già adulte e impostate, soprattutto quella di lei con un marito e due figli.
Eppure, conoscersi e nello stesso istante riconoscersi quante volte accade nella vita? Pochissime. Come poter voltare le spalle al destino che fa incrociare la strada di una persona con quella di qualcuno per cui sentire immediatamente un senso di appartenenza così rassicurante e appagante fino a esserne affine nel profondo? Un segno che travolge e che solca il confine del prima e del dopo dell’incontro di Nicola e Francesca, che rimette in discussione ogni scelta, che pone ogni dettaglio in una nuova prospettiva. Trovare la propria anima gemella, ma nel momento sbagliato. Che fare?
«Credevo non ci fossi arrivata» buttò là Nicola tentando di contenere una contentezza incontenibile. «A cosa?» «All’agnizione.» «Com’è che l’hai chiamata?» «Agnizione. Colpo di fulmine mi pare riduttivo. E poi un colpo di fulmine, per definizione, è ripetibile. L’agnizione no.» Francesca allargò lo sguardo e lasciò tracimare lo stupore.
Lo scrittore ed esploratore francese A. Gide diceva che gli esseri umani non possono scoprire nuovi oceani se non hanno il coraggio di perdere di vista la riva. Si potrebbe affermare che lo stesso accade in amore. Osare, essere audaci, correre dei rischi e scendere a compromessi sembra la via più fattibile se incontriamo l’amore della nostra vita anche nel momento meno adatto, quando siamo impegnati oppure abbiamo il cuore sanguinante per essere reduci da una rottura. Non avere rimpianti è un po’ un mantra che spesso sentiamo in ogni forma, ma è sempre possibile lasciarsi andare, si è sempre disposti a pagare il prezzo delle nostre azioni?
Rebecca Quasi offre al suo pubblico una storia matura, a tratti sofferta, in cui aleggia un senso di nostalgia che pervade il lettore segnandolo nel profondo. L’amore totalizzante di Nicola e Francesca supera gli schemi, non ha bisogno di riconoscimenti legali, è un sentimento così viscerale da essere capace di attendere, di essere appeso a un filo sottile ma indistruttibile.
La luce tardiva della sera, il tramonto rosso che s’intravedeva tra i tetti delle case e i brandelli di nuvole nere strappate dal vento offrivano uno spettacolo suggestivo, adattissimo a quella serata che aveva l’aria di essere la prima del resto della loro vita.
Una storia intrisa di sacrificio, fiducia reciproca, di un’intensa capacità di rinuncia fino a lasciare andare chi si ama con la ferrea consapevolezza di esserci sempre, al di là del tempo e della distanza, l’uno per l’altra. Un amore eterno, unico, ma anche malinconico per il tempo che passa e che a volte impone l’attesa, richiede affidamento, scandisce le fasi della vita di chi è legato indissolubilmente dal destino, nonostante i condizionamenti, un’educazione rigorosa e una cultura familiare radicata.
“Non più di dieci parole” è il titolo di questo romanzo nonché una frase che tra queste pagine meravigliose assume il valore di una promessa da mantenere e a cui affidare ogni pensiero, ogni speranza. Rebecca Quasi ha scritto un romanzo che apre la mente e il cuore non solo al significato di amore ma pone la lente di ingrandimento sul senso del matrimonio, su cosa tenga insieme due persone al di là delle difficoltà, del non riconoscersi più, di come sia difficile quando ci sono dei figli e di come oggi siano cambiati i tempi rispetto ad anni fa.
Una storia intensa e profonda che parla dell’imperfezione delle famiglie, della differenza tra nuove e vecchie generazioni, di come i legami di sangue siano tanto importanti come quelli dettati dal cuore. Un libro che, senza ombra alcuna, suggerisce delle domande, che scava inesorabilmente nelle emozioni del lettore. Un racconto che resta impresso anche oltre l’ultima pagina.
È così che si riconoscono le storie che, una volta lette, porteremo con noi negli anni, sentendole addosso dopo giorni, rivivendone le scene, la potenza dei dialoghi e soprattutto per l’ostinata volontà di elaborarne il senso, capirne il messaggio. Perché è con questa sensazione che in una storia si è trovato un pezzo di noi, del nostro vissuto.
«Dimmelo un’altra volta, Nicola» sussurrò. «Dimmi com’è trovarla e capire che è lei.» «È la cosa più bella del mondo, non hai più bisogno di niente, non hai più paura… e poi diventi la tua versione migliore, l’amore della tua vita tira fuori il meglio di te. Quindi, ragazze mie, non accontentatevi di niente di meno.» «Di niente di meno» ripeterono entrambe.
Nicola e Francesca mostrano al lettore quale sia la forza di un amore predestinato, paziente, ritrovato. Un sentimento nato con un tempismo sbagliato e che si ritrova con gli anni ad essere finalmente giusto, diventando eterno.
Chapeau.
