Intervista a Elle Eloise

Intervista a Elle Eloise

La protagonista di questa intervista esclusiva è un’autrice a cui siamo particolarmente legate in quanto madrina e “Special Guest” di Reading Marvels.

Dotata di una spiccata sensibilità e capace di forgiare storie originali e intime, Elle Eloise percorre i tortuosi sentieri dell’animo umano con incredibile maestria.
Viaggi dove il cammino porta spesso lontano.

Ci ha rilasciato quest’intervista in occasione dell’uscita di “Cosmic love”, il suo ultimo romanzo.

Buona lettura!

Come è nata la tua passione per la scrittura? Ricordi il momento in cui hai deciso di scrivere il tuo primo libro?

Durante un tema in classe alle scuole medie, quando una professoressa d’italiano che io amavo molto, oltre alle solite tracce saggistiche, aveva chiesto in alternativa il primo capitolo di un romanzo giallo. Indovinate cosa ho scelto? Così al primo tema scrissi il primo capitolo e poi continuai il resto dei capitoli nel tempo libero, mentre la mia professoressa non si perdeva una puntata. Mi ha dato molta fiducia, dicendomi che ero portata per la scrittura. Ho continuato a scrivere racconti di narrativa anche durante il liceo: distopici, fantascienza, fantasy e storie giovanili. Superati i trent’anni, dopo la morte di mia madre, ho deciso di riprendere in mano questa passione (che avevo abbandonato durante l’università) per elaborare il lutto. Ho cominciato così il mio primo romanzo distopico, che con il tempo si è allungato fino a diventare un tomone di oltre mille pagine, poi suddiviso in tre parti ma mai finito davvero. Non ero soddisfatta, c’era qualcosa che ancora non avevo espresso e che desiderava uscire, ma avevo bisogno di una formula più intima. Fu in quel periodo che cominciai “Vite di passaggio”, la prima edizione self publishing di “Cuore d’inverno”. È stata la mia salvezza.

Nei tuoi romanzi le ambientazioni sono sempre accuratamente descritte: Torino e i suoi dintorni montani, Londra, gli Stati Uniti fino in Austria. Luoghi in cui sei stata e che conosci o che vorresti visitare?

Di solito sono luoghi che ho visitato e che conosco, non amo andare troppo alla cieca. I luoghi ispirano i personaggi e le scene: non esisterebbe un Paolo senza la sua Torino, non esisterebbe Danny senza Londra, non esisterebbe Alice senza West Yellowstone, o Sara senza Sanct Jakob.

Le trame delle tue storie offrono spesso spaccati di vita quotidiana, in cui è facile identificarsi. Per scriverle prendi spunto da episodi reali, vissuti direttamente o indirettamente, oppure è solo frutto della tua immaginazione, o entrambi i casi?

Molti episodi sono fatti di cronaca romanzati e modificati: le dinamiche dell’incidente automobilistico in cui gli amici di Sara e Paolo hanno perso la vita in Cuore d’inverno e Come una tempesta (storia che ho intrecciato con i ricordi di un’amica morta in un incidente con i suoi amici quando aveva appena diciotto anni), il bambino salvato dalla metropolitana di Milano in Invisible Sun, la folla impazzita descritta in Cosmic Love. Altri episodi riguardano precarie situazioni psicologiche e fisiche (sindrome bipolare, disturbo post traumatico da stress, bulimia, anoressia, dipendenza da droghe e alcool) raccontate in interviste, forum o da persone che conosco.

Nel tuo ultimo romanzo, “Cosmic love”, la paura di fidarsi ed affidarsi a qualcuno si intreccia ad una storia che racconta l’amore in modo profondo e maturo. Quanto è difficile parlare di sentimenti oggi nei libri?

Non è tanto un discorso di difficoltà o di facilità, credo che sia difficile parlarne in modo profondo e non didascalico. In molti romance trovo ancora alcuni modi di esprimersi che farebbero evaporare la curiosità di ogni lettore. Dire come si sente un personaggio in quel dato episodio è sfibrante sia per chi scrive che per chi legge. Trovo molto più stimolante far emergere il sentimento dalle azioni, dai dialoghi, dalla prossemica, dal contesto, con sporadiche incursioni descrittive che fanno “intuire” quel sentimento senza “dirlo” in modo diretto. In questo modo il lettore può fare uno sforzo di comprensione e interpretazione del personaggio che lo aiuterà a entrare in empatia con esso, a capirlo in modo profondo, a visualizzarlo, a viverlo. Si crea un legame indissolubile, ciò che fa credere a chi legge che quel personaggio esista davvero.

Qual è il personaggio dei tuoi romanzi a cui sei più legata, e perché? Quale invece quello da cui ti senti più distante e che hai faticato a raccontare?

Non si può chiedere a una madre a quale dei figli è più legata, è sleale! La verità è che sono legata a tutti loro, in un modo o nell’altro e per ragioni differenti. Li ammiro, tutti, perché nonostante i numerosi sbagli sono stati in grado di rialzarsi in piedi, più volte, e di ricominciare a camminare. Forse il personaggio da cui mi sento più distante è Noemi di Come una tempesta, uno dei personaggi femminili più amati dalle mie lettrici. Rispetto alle altre protagoniste, Noemi sembra non avere fragilità: simpatica, carina, sportiva, divertente e con la battuta pronta, sexy, forte e determinata. Amo invece i personaggi che nascondono delle crepe e lei, per i miei gusti, ne ha poche.

Parlando di tutti i tuoi romanzi, qual è in assoluto la scena che ti ha emozionato di più scrivere?

C’è una sequenza in Fino alle stelle, quando si trovano sul molo di Imperia e Samuel ricorda Max, il fratello morto nell’incidente due anni prima: lo visualizza nella sua testa, mentre corre sul molo. Lo vede come un bambino, che corre insieme a lui, come quando erano piccoli. Raggiungono il muretto dove il fratellino piccolo aveva scritto “Max era qui” e dove aveva provato a fotografare il mare ma con scarsi risultati. “Perché il mare è troppo grande”. È una scena molto potente e davvero triste, non riesco a rileggerla senza piangere. È stato faticoso correggere quel libro, non mi era mai capitato con gli altri romanzi: se letto con profondità e attenzione, Fino alle stelle può essere davvero toccante.

Quali sono i generi letterari che prediligi e quelli che invece che non hai ancora mai letto, oppure scritto?

Mi piacciono i fantasy, i distopici, i gialli e gli erotici. Ho scritto un distopico e un distopic-fantasy che non so quando vedranno la luce. E ho pubblicato anche erotici con un altro nome che non vi dirò qui…

Hai degli autori che leggi o che ammiri particolarmente e che ti ispirano sia come autrice che come lettrice?

Nel mio genere, il romance, mi sono lasciata travolgere da Amy Harmon e Colleen Hoover: di entrambe non mi perdo una pubblicazione. Amo J. K. Rowling, Stephen King, Alexandra Clare e Charlene Harris. Generalmente però non mi fisso su un solo autore, non sono una di quelle persone che dopo aver amato un romanzo devono leggere tutta la bibliografia di quello scrittore. Mi piace cambiare.

Che rapporto hai con i social? Credi siano uno strumento utile per chi ama leggere o scrivere?

Ho un rapporto davvero molto conflittuale, infatti li uso pochissimo, cosa che si traduce anche sulle vendite. Può essere utile per chi legge a orientarsi nel mare magnum di titoli che escono ogni settimana, e per chi scrive perché è praticamente l’unico modo che uno scrittore self publisher ha per farsi conoscere.  È utile nel momento in cui mette in comunicazione chi vende con chi compra. Ma può anche essere uno strumento fuorviante, un mezzo poco chiaro e pilotante. Non amo particolarmente l’effetto fandom intorno ad alcune autrici di dubbia bravura e mi fa rabbia l’invisibilità di altre meritevoli di attenzione anche se non hanno i mezzi e il tempo di promuoversi sui social. Ma d’altronde la pubblicità funziona se la fai, se non ti rivolgi mai ai lettori come fai a fare in modo che loro vengano da te? Certo, il passaparola aiuta se sei brava, ma non basta.

In Cosmic Love, così come nei tuoi precedenti lavori, si parla anche di diversità e di invisibilità, in contrapposizione a una società fondata principalmente sull’immagine (sui social), un’immagine che deve essere accettata e condivisa dalla massa. A volte, leggendo i tuoi libri, si ha l’impressione che i protagonisti possano fungere da simboli di tutto ciò che è contro l’omologazione che invece va di moda oggi. Ce ne vuoi parlare?

Sono sempre stata una ragazzina allegra ma “diversa”, o meglio, mi sono sempre sentita “diversa” rispetto alle mie compagne di classe. Ci andavo d’accordo, ma in fatto di divertimenti, di musica, di film, di letture, ero totalmente in disarmonia con loro. All’epoca, lo vivevo per lo più come un disagio. Oggi non la penso più così, perché quella solitudine mi ha insegnato molto su me stessa. Mi sono indagata molto sul mio carattere e sulla mia personalità. Ho esplorato mondi immaginari realizzando fumetti e racconti. E con gli anni ho imparato a capirmi e soprattutto ad accettarmi, proprio perché “diversa”. Siamo tutti diversi in fondo, ma molti vogliono omologarsi, evitare di distinguersi, per essere accettati. Io ho smesso di voler essere accettata a tutti i costi dagli altri, a volte è fatica sprecata e finisci per non piacerti più. Mi piace la mia diversità, mi piace il mio carattere conciliante e la mia personalità creativa e originale. Nei miei personaggi c’è molto di tutto questo: i miei protagonisti non amano “apparire”, preferiscono “essere”, con tutti i loro pregi e i loro difetti, con tutta la loro diversità e a volte con la loro invisibilità. E li amo per questo, ognuno a modo suo.

Ci puoi anticipare in esclusiva qualche progetto a cui stai lavorando o che vorresti scrivere?

Sono ancora in alto mare per il futuro… ho in mente un progetto personale di tutt’altro genere: lo scoprirete a novembre!