BLUES PER I NATI SENZA UN CUORE di Ferdinando Salamino

BLUES PER I NATI SENZA UN CUORE di Ferdinando Salamino

Titolo: Blues per i nati senza un cuore
Autore: Ferdinando Salamino
Serie: Autoconclusivo
Genere: Thriller Noir
Narrazione: Prima e terza persona
Tipo di finale: Concluso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 13 Maggio 2021
Editore: Golem Edizioni

TRAMA


Un trafiletto di cronaca nera, la fotografia di un volto fin troppo familiare e quelle parole come una sentenza sospesa: non ancora imputata. Michele Sabella torna a Milano, deciso a scagionare l’unica donna che abbia mai amato da una possibile accusa di omicidio. Elena ha davvero ucciso il marito? E cosa significano gli strani movimenti di denaro attorno alla ditta della vittima, passata dal fallimento a un’ascesa inspiegabile? Mentre Elena appare determinata a dichiararsi colpevole ed entrambi cercano di venire a patti con un passato che non ha mai smesso di tormentarli, le indagini di Michele lo portano nel cuore di un operoso villaggio della Brianza dove tutti sembrano nascondere qualcosa. A pochi giorni dall’Avvento, le tragiche conseguenze di un antico baratto vengono alla luce, reclamando un credito di sangue, e Michele scopre a poco a poco di non essere il cacciatore, ma la preda.

RECENSIONE


Il Male non può essere fermato, è un fiume nero che esonda e puoi soltanto cercare riparo o, se ti senti fortunato, tentare di deviarlo. È quello che sto facendo io, sto deviando il fiume nero da qualche altra parte. Lontano da me, lontano da Elena.”


Le parole escono dalla bocca del protagonista de “Il kamikaze di cellophane” e “Il margine della notte” che ritroviamo in questo capitolo finale che chiude la trilogia. Michele è ormai abituato a stare con il Male attorno; negli anni ha avuto un rapporto conflittuale: l’ha scansato senza riuscirci, ha imparato a conviverci, l’ha cercato ardentemente e ora vuole liberarsene, ma non lo fa per lui. L’ho sempre visto come un eroe anche se le sue mani si sono macchiate di sangue e il suo amore per Elena è così intenso e disinteressato, come un kamikaze che sacrifica tutto e annienta sé stesso pur di arrivare all’obiettivo. E’ un amore bastardo il loro, sfuggente ma grande. Il Male non ha attaccato Michele ma Elena e per salvarla è pronto a tutto, a rimettersi in gioco, a indossare  i guantoni e a prendere a pugni la sofferenza. La loro storia nasce da un bacio rubato nell’istituto dove sono stati entrambi ricoverati. Si sono amati a modo loro, il Male li ha avvicinati, aiutati e ostacolati. Poi il tradimento, il rancore e la vita li ha divisi. Elena è accusata di aver ucciso il marito, tutto riconduce a lei. Michele non vuole e non può crederci e fa di tutto per cercare indizi e possibili soluzioni. Elena mi ha fatto impressione in questa storia, molto più rispetto al primo libro dove indossava solo un vestito di ossa appuntite.

Qui l’ho vista fragile, traballante sui tacchi, sfibrata, sfiancata, quasi rassegnata al suo destino. Michele invece l’ho trovato maturato e più consapevole ma sempre con il suo strato di cellophane che lo protegge e la sua immancabile vena di follia che lo incita e che me l’ha fatto adorare sin dall’inizio. Ferdinando Salamino mi ha stupito anche stavolta per l’attenzione che ha dedicato alle descrizioni, all’ambientazione, al profilo psicologico di tutti i personaggi coinvolti. La sua scrittura si riconferma cruda, tagliente, diretta, ironica, malinconica, a tratti molto violenta. E come non menzionare le sue immancabili metafore agghiaccianti che mi lasciano sempre senza parole, chiusa a riflettere e allo stesso tempo con la mente aperta per recepire tutti i messaggi nascosti tra le righe. Ci sono due personaggi che mi hanno incollato alle pagine, una mi ha incuriosito, l’altro impressionato. Virginia è una giovane stagista stravagante, intraprendente, colorata, sia esteriormente che nell’anima, che affianca Michele e si rende disponibile in prima persona nella ricerca della verità. E poi c’è l’antagonista di Michele, la personificazione del Male, un uomo a cui l’autore non dà un vero nome, ma descrizioni mirate che lo identificano. Tra le tante lo chiama “Denti Gialli” per il suo eccessivo fumare, ma quello che mi ha dato i brividi sono state le sue affermazioni, le parole pesanti sputate qua e là nei discorsi e la sua passione per la morte. Non so dirvi se sia stato per la fine di un viaggio che non ero pronta ad affrontare o per il coinvolgimento emotivo negli eventi narrati; ad un certo punto mi sono trovata a precipitare su uno scivolo, a leggere senza riprendere fiato e quando l’adrenalina è scemata, ecco arrivare un fiume, mi sono commossa; ed è strano per un noir dove l’attenzione è rivolta all’indagine, alla trama tessuta di bugie, non certo ai meri sentimenti. Quando ti rendi conto che il Male è dappertutto, che la sua ragnatela è intricata e infinita, che non c’è un solo colpevole ma si accetta tutti di essere assassini; allora capisci che gli orrori del mondo non si fermano né si accettano se la morte si è portata via tutto, senza guardare in faccia nessuno e rimangono solo le lacrime, mie e quelle di tutti i personaggi, nessuno escluso.


“Dio mio, il male che ti ho fatto. Non perdonarmi, Micky, non fare questo a te stesso.”

“Il perdono non c’entra niente. Non perdoni l’aria per essere sporca. La respiri e preghi che nessuno te la porti via. Mai più.”


Michele e Elena non posso dimenticarli e se leggerete questa trilogia non lo farete neanche voi. Di Michele mi sono rimaste le cicatrici indelebili, il rasoio, il sangue, i pugni presi e dati; di Elena ho impresso il suo passo a volte deciso, a volte traballante, l’eleganza e la sua forza. Vi faranno credere di essere due persone fredde, insensibili, vuote.


Ci siamo dissolti per riaddensarci, vapore acqueo che si fa pioggia  e, alla fine, ghiaccio.”


Per un po’ ci ho creduto anche io, poi li ho visti soffrire in silenzio, sanguinare copiosamente e piangere: un cuore ce l’hanno eccome, gonfio di dolore ma soprattutto di amore.

Quello che ricorderò tatuato sul cuore è anche la poesia che apre il libro e ti fa scivolare subito nella storia: parole pesanti e potenti di Claudia Speggiorin, un inno alla libertà che ha sempre un prezzo da pagare. E non si tratta di poter scegliere tra il bianco e il nero, il vero traguardo è non essere costretti a fare alcuna scelta.

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