TUTTO IL BUIO DEI MIEI GIORNI di Silvia Ciompi

Tutto il buio dei miei giorni

TUTTO IL BUIO DEI MIEI GIORNI di Silvia Ciompi

Titolo: Tutto il buio dei miei giorni
Autore: Silvia Ciompi
Serie: Autoconclusivo
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: POV alternato (Teschio e Camille)
Tipo di finale: chiuso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 20 Maggio 2018
Editore: Sperling & Kupfer

TRAMA


«Noi siamo cicatrici, siamo incendi, siamo bruciature e cenere.»

Camille ha vent’anni, ama lo stadio nelle domeniche di primavera, con le maniche corte e le bandiere mosse dal vento, e ama la sua curva, in ogni stagione. Lì salta sugli spalti, tiene il tempo con le mani: è la cosa che ama di più al mondo. È l’unico posto dove si sente davvero viva.

Ma un giorno, proprio fuori dallo stadio, la sua vita si spezza. Un’auto con a bordo un gruppo di ultras la investe.Tra di loro c’è anche lui: in curva tutti lo chiamano Teschio. Sembra il cliché del cattivo ragazzo, ricoperto di tatuaggi e risposte date solo a metà. Eppure Teschio e Camille sono come due libri uguali rilegati con copertine differenti. Due anime che non hanno fatto in tempo a parlarsi prima, a guardarsi meglio. Si sono passati accanto migliaia di volte, ma non sono mai stati davvero nello stesso posto. Lo sono ora.

Ora che il dolore si è mangiato tutto ciò che Camille era.

Tutto il buio dei miei giorni è lo straordinario esordio di Silvia Ciompi, una giovane autrice italiana, già apprezzata su Wattpad da oltre tre milioni di lettrici, e tuttora in vetta alle classifiche. Una potente e struggente storia d’amore che ci ricorda che, quando tutto sembra perduto, l’amore è l’unica luce dentro al buio.


RECENSIONE


Quando tutto sembra perduto, l’amore è l’unica luce.


E’ da questa frase che traggo ispirazione per iniziare a parlare di una storia scoperta quasi per caso due anni fa, quando la lettura iniziava a prendere sempre più spazio nella mia vita fino a divenire una necessità, una dimensione personale irrinunciabile. Un libro che col tempo ho consigliato e non ho mai dimenticato, per poi decidermi finalmente a rileggerlo.

Se dovessi trovare una parola che possa riassumere questo libro direi “luce”. Un termine dai mille significati che potrebbe fuorviare rispetto al titolo del libro. Silvia Ciompi ha effettivamente raccontato una storia difficile, dolorosa, in cui la sofferenza non risparmia nessuno, nemmeno il lettore e forse neppure lei al momento di scriverla.

Camille è un ragazza di vent’anni come tante, con due genitori che la amano, una vita appena iniziata all’università e amiche fidate con cui condivide tempo e sogni. La sua più grande passione è andare allo stadio per seguire la squadra di calcio della sua città, cantando a squarcia gola i cori della curva intonati ad ogni partita.


Non solo mi divertivo, ma non mi sentivo più fuori posto, mi sentivo incastrata perfettamente con quel luogo.


Con gli anni l’amore trasmessole dal padre si è insinuato sotto pelle, facendo diventare lo stadio con i suoi colori e i suoi rumori il luogo dove si sente più viva e al centro di sé stessa.


La curva divenne il mio posto. Più crescevo, più imparavo ad amarla e a capirla.

Con gli anni smisi di credere alle favole, ma dentro di me rimase comunque quella sensazione di essere chiusa in un mondo a parte, piccolo ed enorme allo stesso tempo, con le sue regole, i suoi odori, i suoi soprannomi. L’ho imparato crescendoci dentro.


Teschio, alias Luca, ha ventotto anni ed è conosciuto da tutti per i suoi modi bruschi e, a volte, anche violenti che nel corso degli anni gli hanno provocato problemi con la giustizia. Un ragazzo al quale la vita ha concesso troppo poco, ma molto per cui diffidare.


Zitto e schivo, con quel carattere imbruttito dalla vita, storto e spigoloso.


Teschio è un ultras che vive per lo stadio insieme al gruppo di amici con cui è cresciuto in periferia, con cui condivide valori e ritualità come in una famiglia, quella alla quale sente di appartenere davvero, l’unica rimasta. Una fede profonda fatta di gesti, parole, urla e silenzi che lo identificano nel profondo.


Io non mi sono mai sentito davvero solo. Con un padre in carcere e una madre morta di cancro, rientro a pieno titolo tra le persone che sulla carta non hanno nessuno, eppure non mi sono mai sentito solo. I miei amici non sono mai stati amici ma fratelli, quel genere di legame che va oltre alle botte date e prese, agli insulti, alle ferite fisiche che ci siamo inferti l’un l’altro. Lo stadio non è mai stato uno stadio, ma casa mia.


Teschio e Camille si sono incontrati mille volte allo stadio, ma non si sono mai conosciuti. Si sono visti solo una volta, scambiandosi uno sguardo tra le fila della curva in un giorno di pioggia, con la faccia bagnata tra i cori dello stadio. Si sono guardati negli occhi solo un’istante, fulminati da una connessione fugace che segnerà l’inizio del legame che li unirà inesorabilmente per poi spezzarli, ognuno a proprio modo.


Erano rimasti incastrati l’uno nell’altra. Lei era arrossita ma non si era voltata. E avevano continuato a guardarsi, a scavarsi buchi dentro, zitti e fermi, inzuppati di pioggia. Poi Camille aveva abbassato gli occhi, Teschio si era acceso una sigaretta e non si erano guardati più.


Quante volte e in quanti modi ci si può spezzare? Quante ferite si è in grado di sopportare per non impazzire?

Impossibile rispondere senza leggere questa storia, in cui dolore, sofferenza e amore si mischiano magistralmente come nuvole e sole prima del temporale, come i più intensi colori al tramonto, in cui il cielo si stria di rosso, arancio e viola.

Tutto il buio dei miei giorni fa male al cuore, lo fa sanguinare in un susseguirsi di emozioni fortissime, un elettroshock che blocca i muscoli cardiaci. Quando tutto sembra perduto il battito riparte fino a che l’adrenalina si rilascia per non far sentire più dolore. Forza, vigore e un amore totalizzante irrompono come un’esplosione, capace di far bruciare i muscoli, urlare d’odio, corrodere col rimorso e far sentire spezzati dai rimpianti, fino a togliere il sonno per la fiducia ricevuta.


E mi baci, torni a farmi respirare. Sei il mio ossigeno e io ti odio. Odio la tua pelle sulla mia. Perché sono un codardo: non ce l’ho la forza di mollarti qui a sopravvivere. E te sei peggio di me, spezzata, te mi fai restare, mi vuoi tanto che fa male da morire.


Ho amato Camille per la sua forza, la sua voglia di vita, perchè lotta e cede, e non vuole reagire, perchè ha paura e chiede ossigeno per respirare. Nonostante lei abbia perso la speranza continua a vedere la luce, quella della vita, anche quando non lo sa, anche quando non crede più. Ne sente il calore Camille, aldilà del buio, della disperazione, aldilà di sé stessa.


Qualche volta me lo sono chiesta se morire faccia male, più male di vivere, più male di questo. Perché anche per morire ci vuole fegato, ci vuole rabbia, ci vuole vita. Non può morire qualcosa che è già morto. E io non sento niente, non ce l’ho più la vita dentro.


Ho amato Teschio per la sua fragile cattiveria, per le sue vigliacche paure, per il suo odio verso sé stesso, per l’amore che accende in Camille, il modo in cui la fa bruciare di rabbia per non farla spegnere, per la sua anima danneggiata.


«Mi sono perso in un’altra persona e non riesco a respirare se non c’è lei. E non so come dirglielo, mi servi te, mi serve che mi prendi a calci. Perché io la amo, e prima di rovinarla mi ammazzo da solo. Ma’… stavolta non ne esco, stavolta ci rimango.»


Due anime fragili, spezzate ma tanto forti da comunicare con l’odio, l’unico sentimento in grado di accenderli e incidersi, reciprocamente, ferite profonde che gli consentono di sentirsi vivi.

Teschio e Camille sono state due cicatrici che con questa rilettura si sono trasformate in tatuaggi indelebili di inchiostro nero, marchi a fuoco sulla pelle.

Tutto il buio dei miei giorni è una storia che abbaglia di luce, come quella che acceca Camille sul tetto dell’ospedale, quella che impedisce a Teschio di vedere fuori dalla chiesa e quella innocente degli occhi verdi di lei. La luce bianca di un fulmine, come il titolo di “The Lightning Strike” degli Snow Patrol, canzone che rappresenta per me la colonna sonora di questo libro. Un brano dal ritmo crescente e caratterizzato da sonorità sporcate da voci lontane, in cui si parla del potere distruttivo delle tempeste e di quello salvifico del tempo, in grado di trasformare e lenire. Come per quel modo doloroso che Teschio e Camille impareranno per riuscire ad per amarsi, bruciando in un’unica fiamma, per sentirsi ancora vivi.


TI amo. Mi manchi. Ti odio. Ti vorrei vedere morto. Ti odio. Torna. Me lo sogno ogni notte che alla fine la porta si apre e tu sei lì, mi guardi e non dici niente. Mi guardi e basta. E io ti odio con tutta me stessa, te lo grido in faccia che ti odio. Ti mordo, ti strappo via la carne, mi riprendo tutto. Tutto quello che mi hai tolto, tutto quello che mi hai dato e io non lo volevo. Io non lo volevo uno come te, un amore così, un buio che non riesci a vederne la fine. Io non lo volevo.


Le lettere che Camille scrive a sé stessa sono intense poesie, belle a tal punto da avermi commossa per la loro autentica semplicità, parlando di dolore ma anche di speranza. Passaggi che rendono, a mio avviso, questa autrice una poetessa moderna.


Cara me, ho pensato che mi piacerebbe averti qui, qui vicino per sentirti dire che non importa quanto io stia male adesso, io vivrò, il cielo sarà ancora lì e sarà azzurro per lasciarsi guardare come quando ero bambina. Mi piacerebbe che un po’ della forza che dovrò avere per superare tutto questo me la spedissi qui nel tuo passato, nel mio presente, e che mi venissi ad abbracciare a lungo, per tutto il tempo che serve a farmi sentire ancora una persona vera.

Spero che tu stia bene, spero che tu abbia imparato a sorridere di nuovo, lo spero con tutto il cuore. Perché una vita senza più sorridere è peggio di tutto quello che ho perso per strada fino adesso.


E’ stato meraviglioso ritornare a vedere il mare che Silvia Ciompi ama tanto, immaginare l’inverno sulla costa con la sabbia e il vento che sporcano i vestiti, la voglia di urlare allo stadio, lo squallore dei calcinacci di un bagno in disuso, l’oscurità delle zone portuali e le storie di persone vere, autentiche dai sogni infranti che con la vita fanno a cazzotti tutti i giorni. Teschio e Camille non sono i soli a illuminare questo libro; insieme a loro gli amici di una vita come Bolo, Vale, Fabio, Serena, Eleonora e quelli appena trovati come Margherita e il gruppo del Santa Cecilia. Personaggi unici, veri che esprimono le molteplici forme dell’amicizia, quella spontanea che resta, non chiede e che capisce i silenzi.

E’ da storie così che ho imparato a connettermi in modo più profondo con me stessa e con la mia vita, per apprezzarne ogni sfaccettatura, anche quella apparentemente più insignificante ma che invece di valore ne ha tanto. Sono racconti così che mi ricordano il potere e la bellezza dei libri.

Un capolavoro da leggere.

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Recensione precedentemente pubblicata da Alessia sul blog All Colours of Romance

UN PROFESSIONISTA DELL’AMORE di Miss Black

Un professionista dell'amore

Un professionista dell’amore di Miss Black

Titolo
Autore
Serie
Genere
Narrazione
Tipo di finale
Editing
Data di pubblicazione
Editore

TRAMA


Dopo una giornata particolarmente dura in tribunale, Kaia Evans, avvocatessa e socia di un grande studio legale di Boston, decide di concedersi una notte di divertimento con un ragazzo di un’agenzia di gigolò. Ma l’uomo che si presenta alla sua porta, non è quello che ha scelto. È meno giovane, è più complicato e ha un dolore negli occhi che Kaia non riesce a dimenticare. E il sesso con lui è la fine del mondo.

Consapevole che innamorarsi di un professionista dell’amore sarebbe un’idiozia, Kaia decide di non chiamarlo mai più. Dal canto suo Taylor è stato chiaro: le uniche relazioni che concepisce sono a pagamento.

Ma il destino a volte è beffardo, e quando Kaia viene a sapere che il suo studio ha assunto un nuovo caso pro bono che riguarda uno gigolò sfigurato da una cliente, in fondo non si stupisce di scoprire che è Taylor. Le loro vite si intrecceranno in modi che nessuno dei due avrebbe potuto prevedere… nel bene e nel male.


RECENSIONE

Kaia Evans ha 39 anni e dopo l’ennesimo divozio è single convinta. A darle piena soddisfazione c’è il lavoro: Kaia è un avvocato di successo a capo di uno studio legale molto affermato di Boston, rilevato dalla socia fondatrice Christie, ritirata qualche anno prima per motivi d’età.

Dopo anni di successi, le capita improvvisamente una brutta giornata, una di quelle da dimenticare a cui non è più abituata, un’eccezione alla sua inviadibile carriera legale.


Il sistema legale americano era fatto in modo che se spendevi un sacco di soldi in avvocati, di solito vincevi. Vincevi anche se eri colpevole, o comunque limitavi i danni. Quella mattina era stata un’eccezione.


Ed è nei momenti difficili che avere qualcuno a casa ad aspettarti potrebbe fare la differenza, almeno per non sentirsi troppo soli, trovando magari il conforto necessario per staccare la spina e ripartire meglio di prima:


Il brutto di perdere una causa e di essere Kaia Evans, aveva scoperto Kaia, era che nessuno aveva voglia di venire a bersi una cosa con te per tirarti su di morale. Davano per scontato che tu non ne avessi bisogno, perché eri Kaia Evans, una delle avvocatesse afroamericane più pagate e influenti in città. Una che mangiava sassi a colazione e non aveva rimpianti.


Così, per sopperire ad una sconfitta in tribunale, Kaia decide di distrarsi con un buon bicchiere di vino e con della compagnia senza impegno, magari a pagamento.


Kaia se ne tornò al suo attico e pensò che era proprio quando le cose andavano male che una ragazza aveva il diritto di concedersi un premio di riserva.


Ma i suoi piani per la serata hanno un piccolo cambio di programma. Per un’imprevisto improvviso il giovane ragazzo scelto online non è più disponibile per cui l’agenzia alla quale si era rivolta le propone una sostituzione. Quando il campanello di casa suona, Kaia si trova davantia a sé non un giovane simile al prescelto bensì un uomo adulto, maturo che la confonde al primo sguardo, con una singolare e magnetica mascolinità.


Doveva avere più di quarant’anni, le guance segnate da diverse rughe dritte, gli occhi chiari sulla pelle abbronzata, la barba di cinque giorni, così a occhio e croce.

Bisognava ammettere che aveva un bel fisico, era un tizio alto e con due belle spalle, abbigliamento casual: jeans che non nascondevano delle gambe snelle, camicia a scacchi con le maniche rimboccate su dei bicipiti molto okay.


Taylor Vaughan ha 42 anni ed è padre di una ragazza adolescente, Jenny, che cresce da solo quasi da sempre. Taylor lavora come gigolò da 7 anni. I motivi che l’hanno portato su questa strada sono puttosto complicati e legati inesorabilmente a questioni da cui non può più fuggire. Un mestiere che gli riesce bene ma che non è facile gestire, un micidiale mix di divertimento e squallore. Una scelta dettata da pura necessità e trasformata nell’opportunità di guadagnare molti soldi in breve tempo. Un vita dai toni contrastati, in cui mantenere la dignità è diventato un lusso.


Aveva un’espressione seria, concentrata… non molto festiva, per così dire.


L’incontro tra Kaia e Taylor è programmato, pianificato. Un appuntamento fissato con un obiettivo chiaro. Alla fine si tratta di uno scambio commerciale in cui si paga per dare e ricevere piacere. Tutto facile, no? Ma se in questo passaggio di denaro e sesso, un sesso indimenticabile tra l’altro, qualcosa stona, che fare?


C’era qualcosa di triste, nello scambio mercenario appena concluso. Si chiese se Taylor fosse più trasparente del ragazzo con cui era stata un decennio prima, o se fosse più vecchia lei. Al contrario di allora, ora capiva che il professionista che aveva chiamato non si era divertito, aveva solo fatto un lavoro, un lavoro che non gli piaceva nemmeno poi molto.


Difficile gestire l’imprevisto, soprattutto se l’inaspettato crea ricordi che non ti lasciano in pace, neppure dopo giorni. Così quando Kaia decide di richiamare Taylor per rivivere una serata di sesso spettacolare, capisce che a rischiare è proprio lei. Perchè forse non basta una notte per essere soddisfatta, non del tutto, soprattutto se in gioco subentra altro.


Taylor rappresentava il suo ideale maschile, non c’era altro da dire, e l’intensità con cui le piaceva era pericolosa, considerando che era un professionista a pagamento molto bravo a rigirarsi le persone attorno a un dito.


Kaia è molto intrigata da questo aitante quarantenne dallo sguardo sicuro ma triste, capace di darle piacere in modo mai provato prima. Ma percepisce il pericolo di un’ammaliante attrazione verso l’uomo oltre che verso il professionista. Così, consapevole di essere tanto sicura sul lavoro ma altrettanto insicura a livello emotivo, decide di evitare ulteriori incontri e dimenticarlo.


«Vedi come sei diabolico? Il modo sottile che hai di lusingare la gente. Senza mentire, lasciando intendere. Ma sono un avvocato, bambino mio».

«Il che va benissimo, intendiamoci. Le donne con una bassa autostima riguardo alle proprie qualità seduttive sono il sale della mia clientela».


Ma se a metterci lo zampino si mette un destino bizzarro, si può fare poco e ricadere nella trappola delle proprie emozioni è un’attimo.

Kaia e Taylor si ricontrano dopo mesi proprio nello studio legale di lei.


La Williams, Evans & Partners, come molti grossi studi legali, prendeva un sacco di casi pro bono. In parte per le detrazioni fiscali, certo, ma in parte anche per motivi di prestigio. Che uno studio dal fatturato multimilionario come il loro non facesse nulla per la comunità sarebbe stato giudicato in modo molto negativo.


Questa volta però i ruoli sono invertiti e lo scambio che li aveva visti al centro del tavolo la prima volta avviene su un piano diverso, in cui è lui ad avere bisogno di lei.

Da questo ritrovamento, Taylor e Kaia si troveranno difronte a verità inconfessabili, ricatti e tradimenti in cui non sarà facile districarsi. Si troveranno nudi, non solo nel senso primordiale della parola, bensì dal punto di vista dello svelamento di loro stessi. Se da una parte Taylor dovrà imparare ad affidarsi a qualcuno, dall’altra Kaia dovrà mettersi in gioco davvero, senza paracaduti a sostenerla, provando a gestire la nascita di un sentimento conflittuale, senza rinunciare a del sesso divino.


No invece. Te l’ho già detto che mi piaci. Più volte. Se spegni un attimo l’insicurezza puoi anche arrivarci no? Ci sono mille motivi per cui è ovvio che tu piaccia a me. Ma il contrario? A parte il packaging?

Kaia lo guardò. Guardò quegli occhi chiari, e stanchi, e belli, e capì che ormai era fregata. Provava per lui qualcosa di profondo e complesso, non ne sarebbe più uscita.


Un professionista dell’amore mostra alcuni tra i temi più cari a Miss Black, come quello della giustizia, che assume significati contradditori: chi è davvero colpevole e chi innocente? Chi merita di essere salvato e chi deve essere punito?

Oltre alla giustizia, c’è la bellezza, quella autentica. Qual’è la reale bellezza? La canonica oppure quella in cui ci si mostra difronte allo specchio con le nostre imperfezioni? Si è belli nonostante il passare del tempo? Belli nonostante le ferite di una vita sbagliata e aldilà delle proprie insicurezze?


A volte si trovava a ripensare a quegli occhi acuti, stanchi e con dentro una scintilla ironica. Era riuscito dove parecchi dei suoi colleghi fallivano: tenerle testa, ma senza diventare ostile. Riguardo al suo lavoro era riuscito a essere onesto senza essere insultante. E a letto era stato divino.


Le dinamiche delle trame e la scelta di personaggi spesso imperfetti, colpevoli, sbagliati, stanchi e feriti mi hanno fatto amare questa autrice in modo irrimediabile. Kaia e Taylor sono creature meravigliose, capaci di avermi preso per mano durante la lettura e portarmi dietro un grande sipario. Una pesante tenda di velluto color rubino, come quelle della passione che trasuda nel racconto. Dietro al sipario, mi ha mostrato verità nascoste: abili artigiani che muovono fili invisibili utili alla scena, insieme a straordinari truccatori in grado di realizzare maschere perfette, impeccabili e realistiche.

E’ il palcoscenico della vita che va in scena ogni giorno, in cui spesso quello che sembra è molto lontano da quello che è in realtà.


E sarebbe stato difficile. Sarebbe stato un casino, perché era vero che non avevano nulla in comune e che le insicurezze di entrambi remavano contro. Ma non poteva evitare di provarci e se si fosse ferita… be’, almeno, per una volta, avrebbe vissuto.


Ammiro Miss Black per la sua capacità di scavare nell’animo umano con ironia, sensualità e magistrale intelligenza senza mai prendersi troppo sul serio. Personaggi autentici che amo per le loro fragilità, inspessite di una solida corazza ma addolcite da un sense of humour di raffinata intensità, grazie anche a dialoghi intriganti e divertentissimi. Storie d’amore come poche, insomma, arricchite da scene di sesso bollente scritte con rara sapienza, perchè mai volgari, mai inadeguate.

Una magica alchimia difficile da trovare, che mi affascina ogni volta e mi ricorda la bellezza della scoperta, quella di offrire al lettore vivi spunti di riflessione sulle storture della società e sull’approccio alla vita: quello che appare spesso è molto diverso dal quel che si rivela essere. E lo fa con elegante bravura, senza eccedere mai. Senza crederci troppo.


Penso che si possa scrivere romance senza essere stupide e senza cadere negli stereotipi. Le mie cercano di essere storie divertenti e coinvolgenti. Quindi, per favore, prima di pensare “Pff, erotico!”, date un’occhiata. Potreste restare stupiti.


Forse non per tutti ma, per quello che conta, sicuramente per me.

Miss Black I love you!

Indimenticabile.

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Recensione precedente pubblicata da Alessia sul blog All Colours of Romance

INVISIBILE SUN di Elle Eloise

INVISIBLE SUN di Elle Eloise

Titolo: Invisible Sun
Autore: Elle Eloise
Serie: Autoconclusivo
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: POV alternato (Edo e Fiona)
Tipo di finale: chiuso
Editing: ottimo
Data di pubblicazione: 3 Novembre 2020
Editore: Self Publishing

TRAMA


Mi sentii improvvisamente esausto, sconfitto.
«Non volevo una storia di sesso, Fiona.»
«E cosa volevi?»
Scrollai le spalle. «Baciarti.»
Mi appoggiai allo stipite della porta della mia stanza e incrociai le braccia.
«Volevo baciarti. E quando l’ho fatto ho voluto farlo ancora. E ancora. E ancora.» Deglutii, senza fiato. «Ti è mai capitato che un singolo bacio ti desse la sensazione di cadere dentro qualcuno? Sono volato giù da una cascata, Fiona, e adesso sono immerso nell’acqua fino al collo.»


Per lei, Edo è un vero eroe: come altro definire qualcuno che salva la vita di un bambino, per poi dileguarsi senza pretendere nemmeno un grazie? Lei prova da subito una profonda fiducia nei suoi confronti, ricomincia a credere che nelle persone possa nascondersi  invisibile che le sprona a fare la cosa giusta, a non perdere la speranza, a cercare germogli anche in terreni poco sani. Si fida così tanto di quell’introverso ragazzo con il volto ferito, da convincerlo ad affittarle una stanza del suo appartamento e a farla entrare nel suo piccolo mondo, fatto di abitudini inattaccabili, di dolorosi ricordi e di ragazze senza volto alle quali non cede mai il suo cuore.

Al primo incontro, lui paragona Fiona a un fastidioso folletto invadente, con un sorriso che emana la luce del sole, non per questo innocuo. Quando, durante una notte fatta di tuoni e di fulmini, lei ricompare proprio davanti a casa sua, fradicia di pioggia, lui non vede più soltanto il sole. Trova due lune fluorescenti al posto degli occhi, capaci di emanare pericolosi sortilegi d’amore e di fargli compiere azioni inaspettate. È così che Fiona entra nella sua vita fatta di schermi e di cancelli, di una casa vuota che ha congelato il passato e di lenzuola che hanno visto più ragazze che lavaggi. Lui non ha tempo per i sentimenti, non ha il cuore per l’amore. Eppure, inevitabilmente, il suo universo comincia a popolarsi di piante magiche che si arrampicano sui palazzi, di piccole lune che fingono di essere occhi e di liane d’oro che nascondono segreti.

RECENSIONE

Se dovessi definire questa storia parlerei di una “fiaba 2.0”, in cui streghe, cavalieri, pozioni magiche e sortilegi, capaci di annebbiare la mente, mi hanno portato altrove, lontano nel tempo. Mai come in questo romanzo ho amato ritornare bambina, rivivendo in piccoli attimi le emozioni vissute dalla lettura delle fiabe. Mai come in questo libro essere donna è stato complesso, toccante e allo stesso modo bellissimo.

Si dice che le fiabe agiscano a livello inconscio e conscio, perché oltre ad un meccanismo di comprensione logico e razionale, attivano un processo di identificazione con i personaggi e questo permette di acquisire maggiore consapevolezza dei propri stati d’animo e delle situazioni da affrontare.

In Invisible Sun sono i due protagonisti, Edoardo e Fiona, ad essere al centro di questa consapevolezza.

Fiona Mancini è una giovane donna di venticinque anni dai modi diretti e un aspetto raggiante che incanta, un sorriso luminoso irradiato da mille lentiggini, capelli biondi, un carattere spumeggiante in un fisico minuto.


Sorrisi con quel sorriso che tra gli amici mi aveva ribattezzata “Sunshine”.


Sunshine come raggio di sole, perchè Fiona piace a tutti, come non potrebbe? E’ solare, altruista, simpatica e sempre sorridente. Lei appare così a tutti quelli che la conoscono, proprio nel modo in cui le riesce meglio, quello in cui è più abituata a mostrarsi. E se in realtà la luccicante superficie nascondesse altro? E se piacere a tutti fosse una maschera ben indossata per nascondere una natura diversa, un’identità scomoda che fa sentire sbagliati? Difficile distinguere due identità così opposte, perchè il sorriso di Fiona confonde.

Ed è con lo stesso sorriso che conosce Edoardo la prima volta a scuola a quindici anni, il medesimo che indossa quando lo rivede per caso dieci anni dopo a Milano. Stesso sorriso, stessa maschera, un guscio spesso costruito ad arte per difendersi da un dolore antico, un marchio genetico irrimediabile.


Mi sentivo ingabbiata nel ruolo che mi avevano affidato senza nemmeno chiedere: Sunshine. Una bambina un po’ ribelle ma sempre sorridente, sempre di buon umore, sempre altruista. Io non ero così.


Edoardo Pellegrini è uno dei personaggi maschili più complessi e interessanti che abbia mai conosciuto. Un giovane uomo dal cuore grande ma dalla scorza dura. Un ragazzo ferito, chiuso al mondo esterno e profondamente sfiduciato per dolori troppo grandi da accettare, soprattutto se a deluderti sono stati i tuoi affetti più cari.


Erano anni che avevo rinunciato all’idea che i genitori sapessero fare i genitori come se fosse una competenza naturale, fisiologica. Mia zia, che madre non era, si stava dimostrando un genitore molto più competente di chi mi aveva donato il proprio codice genetico.


Eppure Edoardo, dai modi distaccati e gelidi, si trova protagonista incosapevole di un atto di coraggio straordinario che lo travolge: salvare la vita di un bambino caduto sui binari della metropolitana. Un gesto che compie senza esitazione, unicamente guidato dal proprio istinto, lo stesso che gli impedisce di restare per essere acclamato, il medesimo che gli impone di fuggire e scomparire lontano da tutti.


«Cosa ti è sfuggito del concetto che io non voglio comparire da nessuna parte?» sibilò mantenendo la calma. Ma sapevo che stava trattenendo la rabbia. «Mi dispiace, mentre scrivevo mi sono lasciata prendere dalla storia.» «E spiegami un’altra cosa, Fiona Mancini. Perché la tua visibilità deve essere più importante del mio desiderio di essere invisibile?»

Ero fatto a modo mio, starmi accanto non doveva essere affatto semplice. Non sentivo la necessità di condividere qualcosa con altre persone, né sui social né nella vita reale.


Edoardo è una voce fuori dal coro, un personaggio che rompe gli schemi di una società che vuole sempre di più imporre i propri canoni di accettazione e successo sociale, in cui bisogna essere perfetti, patinati, “visualizzabili”, eroi senza macchia, senza fragilità o zone d’ombra, soldatini conformi agli altri.


In mezzo a una folla di addormentati, viziati, pompati, figli di papà, così ci avevano più volte definiti i media e gli opinionisti, Edoardo rappresentava qualcosa di diverso, un’alternativa valida su cui riversare la propria fiducia.


Quando Fiona reincontra Edoardo si trova ad essere testimone di un atto di puro eroismo, un gesto che scatenerà una collisione in entrambi, una rottura capace di abbattere le mura di protezione erette per difendersi dagli altri e da sè stessi. Uno scontro da cui inizierà lo sgretolamento della corazza di un cavaliere ferito, ormai incapace di amare, e lo smascheramento di una strega incapace di amarsi.

Dai binari ordinari di una metropolitana di città prenderà vita una magia straordinaria, che mi ha ammaliata e commossa. Un viaggio indimenticabile che preferisco raccontare tramite le emozioni, tralasciando accenni sulla trama, troppo preziosa per essere rivelata al lettore.


Mi domando, Fiona, cosa vedano quei padri e quelle madri quando girano la testa da questa parte. Forse una piccola foresta magica nel cuore di un condominio, fatta di rampicanti e di fiori azzurri a forma di stella, abitata da una bellissima strega e da un cavaliere dal volto ferito, vittima di un elisir d’amore che sarebbe dovuto durare solo tre notti, ma che invece si sta rivelando come un intruglio che ha effetti nefasti senza rimedio. Capisci, Fiona cosa hai combinato?


Ho avuto il privilegio di leggere in anteprima Invisible Sun come betareader, insieme a delle donne incredibili come Sara, Maria Giovanna e Renata, compagne di un viaggio che non dimenticherò.

Una fiaba 2.0 in cui l’autrice ha scelto ogni parola con estrema cura, come un’artista seleziona i pennelli per la propria opera d’arte, affinchè ogni dettaglio sia dipinto con dovizia di particolari e ogni sfumatura di colore dosata a dovere. Credo che solo con questa meticolosa attenzione sia stato possibile creare un romanzo d’amore così complesso e poetico, ricco di magia e al contempo incisivo nel trattare temi molto delicati e dolorosi.

Tra questi la maternità, un tema intimo e ancestrale, che Elle Eloise ha saputo interpretare magistralmente nelle sue mille sfumature. Un caleidoscopio di colori dai toni saturi e contrastati in grado di far riflettere e liberare da diffusi pregiudizi o superficiali connotazioni. Credo anche io profondamente che si può essere madri in molti modi, e da donna ringrazio con profondo rispetto Elle Eloise per aver dato voce a chi non ne ha.

Il potere delle fiabe, con la suggestione del sogno e della fantasia, è stato il cavalletto sul quale l’opera è stata esposta, per arricchire gli occhi e la mente.

Invisible sun irradia sole come il sorriso di Fiona, offrendo un messaggio di potente speranza che mi è arrivato dritto al cuore, senza indugio, senza esitazione come il gesto eroico di Edoardo, da cui ha avuto inizio la storia.


«Un sole invisibile. Un sole coperto dalle nuvole. È il suo modo di dirmi che, anche se non si vede, il sole c’è e che presto sarà di nuovo visibile. La speranza che avvenga qualcosa di bello, di positivo, capisci? O l’occasione per essere buoni.»


Una storia meravigliosa che nutre il cuore con un elisir d’amore potente, avvolgendolo con piante rampicanti e fiori del colore del cielo a forma di stella con il sole dentro. Un balcone fiorito in cui è stato bellissimo rifugiarmi.

Indimenticabile.

Link per l’acquisto di Invisible Sun QUI

Recensione precedentemente pubblicata da Alessia sul blog All Colours of Romance