Intervista a Stefania Nosnan

Intervista a Stefania Nosnan

La nostra Annalisa non poteva farsi scappare l’occasione di conoscere un’autrice sua conterranea, che nel libro “Una salita per amore” racconta di donne vissute nelle zone della Carnia, regione storico-geografica prevalentemente montana, situata nella parte nord-occidentale della provincia di Udine, in Friuli, terra d’origine di Stefania Nosnan, autrice del libro.

Donne conosciute come le portatrici carniche, che nel corso della prima guerra mondiale operarono, lungo il fronte della Carnia, trasportando con le loro gerle rifornimenti e munizioni fino alle prime linee italiane, dove combattevano i reparti alpini.
Figure poco conosciute e dimenticate dalla storia che hanno dato un grande contributo all’esercito al fronte durante la grande guerra, con coraggio e fatica, pagando nel caso di Maria Plozner Mentil, anche con la vita.

Maria fu colpita a morte da un cecchino austriaco il 15 febbraio 1916 a Malpasso di Pramosio, sopra Timau, il suo paese. Alla sua memoria il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro conferì nel 1997 la medaglia d’oro al valor militare.
Abbiamo quindi colto l’occasione per intervistare l’autrice di un romanzo che narra le vicende di una giovane portatrice, in occasione della presentazione del suo libro alla libreria Lovat di Villorba.

Condividiamo qui l’intervista.

Stefania Nosnan insieme ad Annalisa Sinopoli.

Come mai secondo te le figure di queste donne così importanti per la storia alla fine invece dalla storia sono state un po’ dimenticate? Sono poco conosciute soprattutto fuori dal territorio del Friuli-Venezia Giulia. Come mai ?

Non vorrei passare per femminista, ma gli storici sono tutti maschi e quindi hanno preferito ricordare le gesta  degli uomini. In passato gli studiosi erano uomini, le donne che hanno studiato sono arrivate dopo e grazie anche a queste donne specializzate nella storia, abbiamo conosciuto certe figure come le crocerossine., quello che hanno fatto e anche le portatrici. Anche perchè su queste ultime non c’è qualcosa di scritto, è una tradizione tramandata oralmente. Le loro gesta, il loro ricordo quindi piano piano sono andati a scomparire, e adesso vengono ricordati dai nipoti che sono orgogliosi delle loro nonne, vogliono farle conoscere, motivo per cui anche la lista di queste donne, che prima era statica adesso sta aumentando aggiungendo nuove figure.

Da dove è nata la decisione di scrivere di queste figure appunto così poco conosciute?

Dall’incontro con Manuela Di Centa: noi ci eravamo incontrate per  un altro romanzo di cui le avevo chiesto la prefazione, sempre con ambientazione storica nel “biennio rosso” sull’emigrazione friulana, parlando è uscito questo discorso delle portatrici, di sua nonna, e da lì dato che io sono curiosissima l’ho pregata di raccontarmi.

Io conoscevo la figura della portatrice carnica essendo del Friuli ma non sapevo avessero operato anche durante la prima guerra mondiale.

Quindi questa storia mi ha preso tantissimo e da lì è nato il romanzo che è stato pubblicato nel 2019.

Possiamo dire che è il primo romanzo, non saggio, su queste figure. Prima c’era qualche libro a livello biografico o di saggistica.

Vuoi raccontarci come è nata la collaborazione con Manuela Di Centa, importante atleta dello sci italiano?

Io sono molto sfacciata, su questo devo dire non sono proprio friulana, le ho mandato una email in cui le chiedevo se come ambasciatrice del Coni, allora conosciuta in tutto il mondo e molto importante per il Friuli, poteva fare una prefazione per questo romanzo.

Da cosa è nata cosa quindi sono stata molto felice di questo.

Anche nella presentazione fatta a Udine alla presenza del sindaco Fontanini Manuela era presente, ha letto dei pezzi del libro è stato emozionante.

Perchè lei per me è la figura più vicina ad una portatrice carnica, essendo stata sua nonna una di loro e avendomi raccontato la sua storia.

Quanto il contributo delle portatrici era motivato dal dovere e quanto invece da altre motivazioni e di che tipo?

Forse il senso del dovere è nato dopo, prima era una voglia di aiutare questi ragazzi che dall’oggi al domani si sono visti trasportare da zone del sud Italia a 2000/3000 metri nella neve e magari non l’avevano mai vista.

E quindi queste donne hanno voluto da subito aiutare.

Hanno contribuito anche loro con i picconi a creare le trincee e trasportavano giù i sassi, quindi da subito si sono messe a disposizione, è stato un gesto umano e anche d’amore verso questi soldati, questi giovani, ma anche di rispetto verso le figure a loro care che invece erano da qualche altra parte, in qualche altro fronte.

Alcuni tuoi libri sono ambientati in epoca di guerra. E’ una scelta dettata solo dalla passione per la storia o pensi che sia un terreno più fertile per raccontare vicende umane che hanno per forza di cose un’intensità diversa?

E’ dettata dal mio amore, dalla mia passione per la storia, sono cresciuta sentendo mio nonno che mi raccontava della seconda guerra mondiale.

Da lì ho sempre letto libri sulla seconda guerra, la mia scrittrice preferita è Hannah Arendt, una filosofa ebrea scappata dal nazismo e quindi questa scelta è dettata dalla passione.

Poi dopo è subentrato anche il bisogno di far conoscere alle nuove generazioni quello che sta pian piano scomparendo, perchè nelle scuole la storia viene un po’ abbandonata, vedo che gli studenti arrivano con difficoltà alla seconda guerra mondiale ed è anche poco approfondita.

Quindi è giusto invece che i ragazzi capiscano che la libertà che c’è adesso è costata un prezzo.

Se dovessi trovare delle figure a cui accostare quelle delle portatrici carniche ai giorni nostri, con chi le identificheresti?

Bella domanda! Penso a quelle donne che lasciano tutto e vanno nei luoghi più sperduti ad aiutare i bambini.

Medici senza frontiere per esempio, o quelli che si prodigano per aiutare questi poveri afgani che stanno scappando, questo tipo di figure qui.

Oppure tornando indietro una Madre Teresa di Calcutta per esempio.

Ce ne sono state e se ne parla sempre poco, ci sono molte figure femminili che anche al di fuori della guerra hanno fatto delle gesta importanti e sono rimaste un po’ più defilate rispetto agli uomini, la lista sarebbe lunga ma se ne parla sempre poco appunto perchè la storia l’ha raccontata sempre l’uomo.

E’ giusto allora che ci sia qualcuno che ne parla.

Racconti di donne vissute in epoche in cui la società negava loro molti diritti e le relegava a ruoli prestabiliti da una mentalità maschilista. E’ una sorta di emancipazione quella che vuoi raccontare nelle tue narrazioni ?

Sì è una sorta di emancipazione , ma anche la voglia di far conoscere quello che hanno fatto, dobbiamo ricordare che l’Italia durante la Prima guerra Mondiale è andata avanti, e le nostre truppe avevano gli armamenti, grazie alle donne che hanno lasciato il focolare casalingo per andare in fabbrica.

E non sapevano cosa fare.

C’è un messaggio a cui tieni in particolare che desideri possa arrivare attraverso i tuoi libri?

Sì io spero sempre che con i miei libri arrivi qualche messaggio e spero che le generazioni di adesso capiscano che la libertà che hanno ora non l’hanno conquistata loro anche se pensano di sì, ma che ci sono state altre figure maschili e femminili che hanno lottato per conquistarla.

La storia a volte non ha reso loro totalmente giustizia e quindi spero che con i miei libri, come anche nel mio romanzo La bicicletta nera, si capisca che quello che è successo, le scelte che hanno fatto uomini e donne in passato, sono costate delle vite, anche la propria, un sacrificio però fatto con coscienza.

E spero che adesso i ragazzi prendano coscienza con libertà anche delle scelte che fanno e che capiscano che queste influiranno sulle vicende future.

Si danno molte cose che abbiamo adesso per scontate ed è forse proprio la mancanza dello studio che fa sì che si dia per scontata la conoscenza.


Grazie per la grande disponibilità.