THE FUCKING FOREVER SERIES di Bianca Marconero

THE FUCKING FOREVER SERIES di Bianca Marconero

Titolo: The Fucking Forever Series
Autore: Bianca Marconero
Serie:The Fucking Forever
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: POV alternati (Brando e Agnese)
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 2016 2019
Editore: Self Publishing

TRAMA


Agnese ha diciannove anni, è la figlia di un senatore piuttosto influente e ha ricevuto un’educazione rigida. Le piace disegnare ma ha messo i sogni nel cassetto e si è iscritta a Giurisprudenza. Dopo la morte della madre, ha imparato a nascondere a tutti i suoi veri sentimenti ed è diventata la classica ragazza ricca, perfetta, composta e fredda, ma in realtà piena di insicurezze. Quando la sua incapacità di lasciarsi andare allontana il ragazzo di cui è innamorata da anni, Agnese capisce di avere bisogno di aiuto. Vorrebbe qualcuno che le insegni a essere meno impacciata e Brando, il suo fratellastro appena acquisito, sembra proprio la persona giusta. Lui lavora di notte, suona in una band e cambia ragazza ogni sera. Peccato che il bacio che i due si scambiano per “prova” sia lontano anni luce da un esercizio senza conseguenze. Così le loro lezioni di seduzione ben presto diventano qualcosa di più…

Cosa sei disposto a fare per la persona che ami? Cosa sei disposto a fare per ritornare a casa?
Brando e Agnese si sono lasciati. Sono passati tre anni dalla loro separazione. I ricordi sono i loro compagni silenziosi ma cercano di andare avanti e ricostruire le loro vite. Brando, dopo le vicende accadute a Montréal, desidera una felicità di base, fatta di amicizia, lavoro e affetti. Vuole consolidare il successo della sua band, gli Urban Knights, e soprattutto desidera innamorarsi di nuovo. Quando incontra Penny, una giovane fotografa, si convince di aver trovato la persona che può aggiustare il suo cuore spezzato. Agnese vive a Milano e ha un unico obiettivo: proteggere la persona più importante della sua vita. Affronta le difficoltà a testa alta, in fuga dal padre, il senatore Goffredo Altavilla e in lotta continua con Lucio, divenuto ora l’avvocato del senatore. Dopo una serie di appuntamenti mancati con il destino, Brando ritrova Agnese e scopre l’esistenza di Jacopo. L’incontro fornirà l’occasione per ripartire un’altra volta o sarà l’ennesima caduta verso un finale sbagliato? In che direzione va il “per sempre”, quando i segreti del passato diventano troppo ingombranti, quando l’amore deve essere gridato, quando la fiamma brucia ancora, pronta a divampare, per l’ultima volta?

RECENSIONE


Era il 2019 quando lessi per la prima volta questa dilogia. Una folgorazione, la netta sensazione di un legame immediato con una nuova dimensione che avrebbe avuto molti significati per me. Raccontarvi la storia di Brando e Agnese è doveroso e lo faccio a poche settimane dall’uscita del romanzo del loro secondo figlio Niccolò di cui vi parlerò prestissimo e in prospettiva di avere tra le mani il libro del loro primo genito, Jacopo, che chiuderà la serie di questa famiglia amatissima.

Così in attesa di arrivare alla conclusione, ho voluto riprendere in mano tutti i fili di questo articolato mosaico, per unire i dettagli, vedere sfumature che mi erano sfuggite e immergermi nuovamente con anima e cuore in un viaggio che mi ha fatto tornare a casa.
E non vi è emozione più grande che il senso di familiarità di una storia che ti appartiene nel profondo, che in un certo senso è stata l’inizio di un’avventura meravigliosa, tuttora in corso. Fu proprio per conoscere Bianca Marconero che 3 anni fa visitai da sola la prima edizione del FRI. Non avevo idea di cosa mi aspettasse ma sapevo che lo zaino in spalla mi sarebbe servito, non solo per riempirlo di libri ma anche di sogni.
Fu una giornata in cui capì che qualcosa era nato dentro di me, una giornata perfetta.


La perfezione esiste ed è in una giornata come questa”.


Sono queste le parole che aprono “Un maledetto addio” la novella che introduce “The Fucking Forever Series”, grazie alla quale l’autrice Bianca Marconero permette al lettore di sbirciare nei precedenti due anni dall’inizio della tormentata storia di Brando e Agnese, due ragazzi giovanissimi e profondamente diversi che si troveranno indissolubilmente destinati a vivere un amore assoluto e disperato, non solo per la loro giovane età ma anche per le intricate e dolorose vicende familiari che li travolgeranno.


La casa mi accoglie come un abbraccio nero. Sembra un luogo dove non abita più nessuno. Prima qui c’erano un senso e un significato. C’era mio padre, che scriveva la sua musica e amava mia madre e c’ero io che giocavo con i Lego sul tappeto. Che costruivo i sogni, un desiderio alla volta. Ora mi sdraio su quello stesso tappetto, lo cerco sotto le dita. Vorrei trovare uno dei miei vecchi mattoncini, uno solo in mezzo alla lana. Solo uno per ricordarmi come si fa a costruire un sogno. Ma c’è solo il nero. Il vuoto mi circonda e mi ammazza il cuore.


Il nero, il senso di solitudine, i sogni infranti, la paura del cambiamento. E’ così che conosciamo Brando, e non vi è pagina in cui non si respiri la sua inclinazione a proteggere chi ama, la sua ingenuità, la purezza del suo animo, che lo rende così simile all’amatissima madre Isabella, capace di incarnare in modo profondamente complesso e per questo autentico l’amore materno per antonomasia, il senso di sacrificio.

La natura del rapporto tra Brando e la madre, basato su un fortissimo senso di protezione ed accudimento, è una delle parti più profonde che ci offre questa novella, che stende le basi per quelli che saranno i conflitti, le disfunzioni, le ombre, gli equilibri, le attitudini come anche gli errori e le incomprensioni che segneranno la vita di tutti i protagonisti della serie, fino alla seconda generazione, inclusi alcuni personaggi collaterali come Alice, protagonista della serie “Tabloid”, che ritroveremo più volte.

Schietta, diretta, bellissima e con una spiccata personalità, Alice è una delle poche persone che vedrà Brando nella sua essenza, instaurando con lui una relazione libera ma anche profonda, con un affetto incondizionato fino a fare breccia nelle sue più nascoste paure e insicurezze. Il loro rapporto è di un’autenticità impressionante, ricordandoci in poche parole una grande verità, che molti di noi hanno sperimentato nella vita:


Potevano essere magnifici , ma siamo semplicemente accaduti nel momento sbagliato.


Perchè la vita a volte ci toglie qualcuno, privandoci della possibilità realistica di essere completi e felici, mettendoci difronte la persona più diversa da noi, come due universi paralleli inconciliabili, senza orizzonti comuni, senza lo stesso sole che rischiara il giorno, senza la stessa luna che illumina la notte. Ed è così che accade per Brando e Agnese:


E succede che a forza di guardami nello specchio vedo accanto alla mia immagine il riflesso di un’altra persona, lontana. Una ballerina da carillon che alza il braccio e mi rivela il suo profilo.
Assume a comando pose plastiche di una grazia quasi poetica. Una sarta misura, l’altra segna. Mi viene in mente un ritmo, e intuisco una melodia. Qualcosa da appoggiare sopra a questi gesti.


“Una ballerina da carillon” talmente bella come un’apparizione, una visione mistica, da ammirare estasiati. Una descrizione che sembra il perfetto segno premonitore di quanto l’apparenza possa essere ingannevole e fuorviante, preannunciando uno dei fili conduttori che caratterizza questa storia.


Guardo la sua schiena sottile e il movimento gentile dei fianchi finché non sparisce. E per qualche ragione che non riesco ad afferrare continuo a vederlo anche dopo che ho chiuso gli occhi. Mi resta attaccato addosso. E lo porto con me, dentro ai miei sogni.


Si dice che innamorarsi di una persona totalmente opposta a noi nasconda l’istintiva necessità di ritrovare lo stimolo di sviluppare delle qualità che non abbiamo e che sono fondamentali per migliorarsi, per fare un passo in più nella costruzione della propria personalità.

Brando e Agnese ampliano il significato di questo bisogno in modo sublime e veritiero, in un turbine di conflitti, ingenuità, immaturità e fraintendimenti dovuti non solo alla loro giovinezza ed inesperienza ma anche per i condizionamenti di chi è intorno a loro, di chi li ha feriti e amati allo stesso tempo.

Entrambi di una forza ed una fragilità disarmanti. Così veri da sembrare reali, vivi:


Tuttavia il marchio della sconfitta io ce l’ho addosso. Lo sento ogni volta che apro gli occhi in questa casa, ogni volta che guardando me vedo mio padre. Siamo qui, io e mia madre, perché io ho promesso l’impossibile. Perché non sapevo neppure come cominciare a prendermi cura di lei e alla fine mamma ha sposato il senatore. L’ha sposato perché io non so mantenere le promesse.


Brando è un’anima tormentata, in perenne lotta con sé stesso e la vita, vinto da un senso di colpa dilaniante che lo fa sentire perennemente in bilico e inadeguato, con un’insicurezza interiore capace di renderlo cieco all’evidenza.


La mia matrigna è una donna bellissima ma senza cervello, che tollero per quieto vivere. Suo figlio, un debosciato che mi limito a ignorare. Quindi ho dei familiari, ma non una famiglia che mi possa aiutare.


Agnese figlia ideale, ubbidiente, inquadrata, in costante dimostrazione di essere adeguata alla società a cui appartiene, rispettosa e meritevole di un affetto paterno agognato ma inesistente, così priva di affetti reali, e sinceri da intenerire, come quello di una famiglia.

Quanto il destino possa essere generoso e al contempo traditore perfino crudele si scopre durante il racconto degli eventi che travolgeranno questi due giovani ragazzi, che grazie ad una convivenza forzata si coinvolgono in una relazione di natura educativo-formativa, suggellata da uno scambio apparentemente innocuo che in realtà innescherà un gioco pericoloso, quasi letale, per entrambi:


La facilità con cui l’ho convinta mi esalta. Sono così teso che sto male. Se non la bacio, muoio. E qualcosa mi dice che il bacio che sto per darle sarà una botta al cuore.


Una storia capace di conficcarsi nel cuore, in cui nessuno è vittima e nessuno è carnefice. Ed è questa la sensazione che marchia la pelle del lettore, che lo pone difronte a delle domande a cui è impossibile rispondere in modo univoco. Bianca Marconero si addentra con magistrale bravura nel dedalo delle dinamiche delle relazioni e delle emozioni, offrendo non un semplice romanzo bensì una chiave interpretativa preziosa che promette di rispondere a questioni che sono alla base della nostra vita sentimentale, familiare: quanto è difficile risolvere i conflitti, affrontare i cambiamenti, comprendere ed accogliere le emozioni di chi ci è vicino?

Spesso è più facile fermarsi in superficie, limitarci a vedere quel che gli altri ci mostrano di sè, perché scendere al di sotto di ciò che appare richiede coraggio, significa rinunciare all’ossigeno e imparare a respirare con il cuore, ascoltando i silenzi, guardare al di là delle ombre, mettendo in pausa in cervello.


La perfezione esiste. È in questo momento, tra le mie braccia. Si chiama Agnese. È una perfezione imperfetta, penso, mentre è nuda, in questo letto, girata di schiena e io la abbraccio.


Una piccola mansarda, un amore così assoluto da pretendere l’eternità, non descrivibile in parole ma misurabile in gesti, sguardi, battiti così forti e potenti da crepare le mura erette a difesa di due cuori progettati per palpitare all’unisono, segnando la resa finale di una lotta persa in partenza.



«Non voglio niente tra di noi». «Agnese, no», protesta in un soffio che muore sulle mie labbra. «Già devo stare attento. Non voglio farti stare male, voglio che sia bello, voglio…». «È già bello», rispondo. «È stato bello da subito, e lo è stato sempre. Non puoi farmi male, Brando. C’è troppo amore».


Troppo amore, un sentimento così devastante da rasare al suolo tutte le certezze, da spazzare via dubbi, da capovolgere il tempo e lo spazio, così cieco da illudersi di sopravvivere alle bugie, di dimenticare le promesse fatte fino a sgretolare la speranza di un sognato “per sempre”.
Il primo romanzo si chiude con un epilogo di un’intensità straziante, a tal punto da sospendere il giudizio su chi è innocente e su chi è il colpevole perché quello che l’autrice mostra è la traccia definitiva che delinea il confine del prima e del dopo di due vite, che non saranno mai più come prima, togliendo significato ai “se”.
Il fragore incessante della pioggia fa da teatro ad uno dei momenti più incisivi di questo libro magnifico, in cui l’acqua del cielo sembra fondersi con le lacrime di un amore finito. La pioggia che lava via tutto, che cancella le tracce di ciò che è stato e che si collocherà al centro di un’altra scena struggente, di cui vi parlerò dopo domani.


«Non è questa la domanda che devi farti, Agnese. Non chiederti se ti perdonerò. Cerca piuttosto di capire se potrai mai perdonare te stessa». E piange anche lui mentre lo dice. Piange. Mi gira le spalle e se ne va. Oggi siamo morti tutti.


Un viaggio lungo tre anni in cui niente sarà più come prima, nessuno è stato risparmiato dal tempo e dalle vicissitudini che hanno trasformato vite, stravolto i destini, sovvertito le priorità.

Stravolgimenti che grazie alla novella “Montreal” conosciamo nei dettagli, in cui l’autrice porta il lettore negli abissi di Brando, sprofondato in un buio senza fondo, e nella feroce solitudine di Agnese, abbandonata da chi diceva di amarla, in un percorso parallelo di resa e di rinascita, di dolore e scelta di sopravvivenza.


Il dolore ci ha messo in prigione. Io qui, e lui dall’altra parte del mondo.


Montreal e la Sicilia saranno i due emisferi in cui i due protagonisti combatteranno le loro battaglie con strumenti completamente diversi: lui armato di rabbia e dolore, lei fortificata da una nuova identità. Due percorsi che segnano inesorabilmente la loro trasformazione in adulti, amplificando le loro diversità, mettendo maggiore distanza tra loro.

Nel secondo romanzo “Un maledetto per sempre” ritroviamo due ragazzi completamente diversi, a cui la vita ha tolto moltissimo dimostrando però una reazione alle difficoltà e uno spirito di adattamento al cambiamento per le ferite subite diametralmente opposti.


Il cambiamento in sé non è buono o cattivo. È, potenzialmente, entrambe le cose.


Se da un lato Brando si è perso e dato per vinto fino all’oblio in un saliscendi di successi e fallimenti, Agnese è cambiata, totalmente, scendendo a patti con una nuova realtà, quella di una vita dura ma dignitosa, rivestendo i panni di una combattente pragmatica capace di oltrepassare anche sé stessa per un amore ancora più grande, totalizzante, salvifico, l’unico legame che le consente di amare indirettamente l’amore della sua vita:


Lui si gira di tre quarti, lanciandomi un’occhiata furtiva. E finalmente lo vedo. Ha due enormi occhi verdi come foglie. È più arrabbiato che spaventato, ma a parte questo sembra un miracolo. Ha il tipo di bellezza che richiede un contributo a chi la guarda, ti devi posizionare lì, sull’orlo delle lacrime. Sembra un quadro tratteggiato a occhi chiusi da qualcuno che lo desiderava esattamente così. È una dichiarazione d’amore in carne e ossa.


E rivedersi dopo che ogni particella è stata ammaccata, dopo che ricomporre i pezzi sembra impossibile, ha il sapore dolce amaro della resa, come se il tempo non fosse passato e lo spazio non avesse allontanato, ricalandosi in una bolla di felicità effimera, un’illusione che non lascia scampo a due cuori induriti ma ancora troppo bisognosi l’uno dell’altra da restare indifferenti.


A volte penso che riassumere Agnese richiederebbe una vita supplementare. Un anno per ogni secondo passato con lei. Quanto fosse ingombrante l’ho capito quando l’ho persa. Mi sono misurato con il vuoto, senza trovare i contorni di quello che non avevo più.


Un lungo e turbolento percorso di espiazione, una catarsi in cui i ricordi riaffioreranno, il dolore riemergerà implacabile per riaprire cicatrici mai sanate.

Tra cadute e risalite, sensi di colpa mai elaborati, passi falsi inesorabili, verità da svelare e segreti inconfessabili, ammissioni che prendono il posto delle bugie, paure irrisolte e fragilità nascoste, Brando e Agnese si graffieranno accarezzandosi, proveranno a capirsi fraintendendosi, comunicheranno un linguaggio a due velocità con la speranza sempre viva che le loro frequenze si allineino per battere allo stesso ritmo, e ricomporre l’unisono di due cuori che vorrebbero solo ritrovare la strada per tornare a casa, in una piccola mansarda dove ricongiungersi ai sogni e alle promesse che avevano lasciato sospese, in Vicolo del Leopardo.

Grazie Bianca per averci raccontato questa storia, per aver creato una dimensione dove rifugiarsi e perdersi tra le pagine di un capolavoro, ricordando che vi sono persone nate per donare emozioni, come te.
La storia di Brando e Agnese estende il significato della parola “amore”, quello così autentico da ferire e lenire allo stesso tempo. Quello che molti di noi hanno sperimentato nella vita.


«Lui è la prova che non ho un sasso al posto del cuore, che c’è stata almeno una persona al mondo che cambiava il colore delle mie giornate. E, comunque andrà la mia vita, so che non morirò senza aver provato un amore assoluto, per qualcuno che non fosse mio figlio. Il mio amore sta in piedi da solo. Anche senza di lui. E non voglio smettere».


Come dici tu “c’è un destino dietro a ogni porta”, ed io ci credo perché quella che mi hai aperto tu è stato un regalo dal valore inestimabile, come quello dei sogni ancora da realizzare e di tutte le porte ancora da aprire.

E dopo Niccolò, che mi ha strappato il cuore in due, aspetto la storia di Jacopo per ridare a lui quella metà che gli appartiene già.

JOEL & SUE di Laura Nottari

JOEL & SUE di Laura Nottari

Titolo: JOEL & SUE
Autore: Laura Nottari
Serie: autoconclusivo
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: POV singolo (Sue)
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 6 Aprile 2022
Editore: Words Edizioni

TRAMA


Terreno di caccia: Manhattan, Greenwich Village.
Cacciatrice: Mary Sue Clarke, pasticciera ventisettenne, mamma di due gatti.
Preda: maschio etero di bell’aspetto, da sposare prima dei trent’anni.

Trovare l’amore a New York è più facile a dirsi che a farsi. Durante una festa, però, Mary Sue conosce Jason, giovane, sexy e simpatico, che ricambia le sue attenzioni. Il principe azzurro ha un solo, grosso difetto: il suo migliore amico Joel, un buco nero umano, caustico e scontroso. Complici un imbarazzante malinteso, un patto e il suddetto principe azzurro partito per chissà dove, Mary Sue e Joel saranno costretti a frequentarsi, tra alti e bassi tutt’altro che amichevoli. Tra loro è odio a pelle, mal sopportazione a prescindere, guerra all’ultima parola.

A lei, Joel non piace per niente… le ha anche dimezzato il nome e si ostina a chiamarla Sue!
A lui dà sui nervi quella sguaiata che si struscia addosso al suo amico.
Al destino, invece, “Joel & Sue” sembra davvero andare a genio.

RECENSIONE


Era da tempo che volevo leggere una storia di Laura Nottari e mai occasione più ghiotta è stata quella di questo libro non solo dalla copertina spassosa e coloratissima, ma anche dall’ambientazione affascinante.
A fare da scenario a questo romanzo è New York, città che conosco e che amo moltissimo per le sue strade intasate dal traffico, i suoi grattacieli luccicanti che si confondono con quelli più datati, il caos frenetico dei semafori, i suoi parchi suggestivi, alcuni dei quali capaci di apparire all’improvviso come piccole oasi verdi in una distesa di modernità.

Una piccola ma bellissima fuga dalla realtà che grazie alla lettura di “Joel & Sue” ho potuto intraprendere immergendomi nell’atmosfera cosmopolita ma anche accogliente di questa città bellissima e mai uguale, con i suoi angoli privati conosciuti solo da chi ci abita, o chi ha deciso di venirci a vivere, come i due protagonisti di questa storia, Joel e Sue.
Joel e Sue, per il momento perché prima di poter usare il logogramma “&” ed unire i due nomi ci vorrà un po’ di tempo.

Quanto? Difficile rispondere senza leggere questo libro, ma fidatevi ogni pagina merita di essere assaporata come i fantasiosi dolci che prepara Mary Sue (usiamo il nome completo per il momento, sai mai si offendesse), pasticcera per passione e dalla personalità spumeggiante (evitiamo “frizzante” altrimenti qualcuno potrebbe irritarsi), alla ricerca della sua anima gemella alla soglia dei trent’anni:


Brividi serpeggiano lungo la mia schiena, trascinati dalla visione di una fila di bottoni chiari, e poi su, su, fino a un colletto dritto come un’autostrada, con due asole aperte. Dopo, ahimè, è il turno della creatura. Mento rasato dal più rasoio dei rasoi, mandibola serrata, bocca dritta e seria. Zigomi alti, viso squadrato, occhi cupi e severi che danno il benvenuto ai miei senza mostrare il minimo accenno di vita, di gioia, di nulla. Capelli scuri, cortissimi ai lati e…


Descrivere Joel non è facile, ma sicuramente in questo passaggio è evidente quanto il suo aspetto impeccabile e perfetto si conformi al suo carattere, rigido, cinico e dissacrante. Ammetto che non vi è stata pagina in cui non abbia ammirato questo personaggio tanto odioso quanto fantastico, e quindi assolutamente autentico. Pieno di manie, ossessionato dall’igiene, intollerante al lattosio quanto ad ogni forma di socializzazione, Joel, detto Naziel per i suoi approcci al limite del sadico, è davvero un “buco nero” come spesso lo parafrasa nella sua mente Sue, perché impenetrabile e oscuro, incapace perfino di sorridere.


«Ecco, Joel è il mio cagacazzo con reso» dico, tirando su con il naso. Ho lacrime ovunque, dentro e fuori. «È stronzo, supponente, problematico e asettico. Ha messo il suono della papera ai miei messaggi! Io voglio un uomo tenero e comprensivo, non uno che sterilizzerebbe l’aria che respira.»


Fino all’epilogo ho voluto riservarmi il beneficio del dubbio nel giudicare frettolosamente Joel e le sue crudeli quanto dichiarate mancanze emotive, non solo perché convinta che mi avrebbe in qualche modo sorpreso e fatto assistere ad un’evoluzione ma soprattutto perché è la versione di Sue che conosciamo. La storia infatti è raccontata solo dal punto di vista di lei, una scelta narrativa che se da un lato coadiuva la forte chiave ironica del racconto dall’altro amplifica l’aurea di mistero che avvolge il protagonista maschile, rendendolo perfetto proprio per essere imperfetto.


«Perché mi hai dato la tua email? Sii sincero, avanti.» «Curiosità, suppongo, che poi è mutata in qualcos’altro, diciamo una missione.

«Con il giusto impegno» spiega, «riuscirò a tirare fuori la Sue meno cretina che è in te. So che c’è, ma dal vivo, non so per quale assurdo motivo, tende a ritirarsi come una lumaca nel guscio.»


Bionda, sexy, incostante, insicura, dolcissima, sognatrice, amante dei gatti e cuoca provetta. E’ così che Mary appare ai suoi amici.
Sbadata, sguaiata, superficiale, volgare, inconcludente, appariscente, chiassosa. Questa è invece Sue, per Joel.

Sarà davvero così frivola e leggera come appare agli occhi di Joel lei, Sue, ragazza di provincia venuta nella grande metropoli per inseguire chimere fuori dalla sua portata? Joel sarà davvero così l’intoccabile e algido, affermato professionista, incapace di scomporsi e sorridere?

Una missione per scoprire quale parte predomina sull’altra sarà l’inizio di un complesso rapporto tra due personalità così antitetiche da trasformare la loro conflittuale conoscenza in un’esilarante competizione tra chi resisterà più a lungo con la propria armatura addosso, una spessa corazza fatta di convinzioni, certezze, paure, limiti.
Chi scompiglierà per prima la perfetta acconciatura dell’altro e chi rimuoverà ogni residuo di make up (incluso il mascara waterproof) dell’altra?

Un romanzo che intrattiene con acume, divertendo moltissimo ma anche offrendo spunti di riflessione per nulla banali:


«Ma un rapporto tra due persone è inutile, se queste non traggono miglioramento l’uno dall’altra. E il non voler cambiare è un’illusione. Cambiamo ogni giorno che passa, purtroppo.»


Capire chi uscirà per primo dalla propria comfort zone sarà una delle sfide che i due protagonisti di questa storia bellissima e originale dovranno capire di dover affrontare.
Una lettura in cui primeggiano non solo personaggi (umani e felini) finemente caratterizzati, così sfaccettati e ricchi di sfumature da essere totalmente credibili, ma anche dove predomina lo stile di un’autrice dal talento profondo, capace di alternare spassose battute a momenti di grande emozione:


Sognavo un dolce principe in armatura, ma sono stata rapita da un cavaliere nero polemico, irrispettoso e cinico. Uno che non ama la vita di corte, non invita la principessa a ballare, disapprova i suoi vestiti e i modi frivoli, salvo poi rapirla e mostrarle il mondo come fosse qualcosa di nuovo. E il mondo, visto dagli occhi di un antieroe e vissuto attraverso la sua pelle, è tutta un’altra storia. L’antieroe è la vita, è l’autocritica, i piedi per terra che mancavano alla principessa scema. Il valore aggiunto reale, in una realtà inventata da lei stessa.


Laura Nottari con abilità e intelligenza consegna una storia che parla di cambiamento personale, di trasformazione, evoluzione in parte conscia e in parte non, che avvolge le vite di due ragazzi così diversi da essere simili. Una storia che si innesca sulla miccia dell’odio e che evolve in modo progressivo fino a trasformarsi in un legame tanto complesso quanto irrinunciabile.

Joel e Sue sperimenteranno un processo catartico che li aiuterà a rivelarsi nella loro essenza e accettare i loro difetti, imperfezioni, come anche i propri desideri. Si sveleranno lentamente, ed è questo che rende questa storia davvero bella e profonda, come fossero entrambi intenti a spogliarsi l’uno difronte all’altra con metodo e accurata lentezza , senza rinunciare all’impeto di lanciare i vestiti arruffati sul letto, e rimanere nudi davanti allo specchio per volersi reciprocamente con tutto il pacchetto completo (gatti inclusi).

Uno spettacolo intrigante a cui è stato bellissimo assistere e che raccomando di scoprire a chiunque voglia sorridere con gusto, scoprendo le infinite gioie che possono riservare le pareti di una doccia.


Ci chiedevamo: voi due siete amici e basta, o c’è dell’altro? Del tenero intendo. Se non volete rispondere, capiremo benissimo, ma dato che siamo tra di noi e che vi vediamo così affiatati, insomma, saremmo curiosi di sapere se c’è un Joel & Sue, o siete solo Joel e Sue.»


Credetemi, arrivare a mettere quella “&” sarà un viaggio indimenticabile.

Chapeau Laura.

OVUNQUE PER SEMPRE di Vera Demes

OVUNQUE PER SEMPRE di Vera Demes

Titolo: Ovunque per sempre
Autore: Vera Demes
Serie: autoconclusivo
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 13 Aprile 2022
Editore: Sel Publishing

TRAMA


Vanessa Floris è in piedi sull’orlo di un abisso.

Studentessa dei Parioli, una quotidianità spesa tra amici che non sono amici, vacuità, apparenza, sballo facile e un perenne senso di inadeguatezza, ha deciso di farla finita. Non c’è niente che la tenga agganciata alla vita, nessun sogno, nessun desiderio e tantomeno il rispetto per sé stessa. E così, una notte, decide di farlo.

Lanciarsi nel Tevere e annullare per sempre la paura.

Un gesto semplice.

Se non fosse per quel ragazzo. Capelli nerissimi, aria decisa e uno sguardo acceso che sembra capirla. Una luce tersa nel pozzo oscuro in cui sta precipitando.

Leon Alberti vive in periferia, lavora duramente e immagina di fuggire lontano, in bilico tra i sogni e la realtà. Lotta da sempre per ciò in cui crede e lo fa attraverso le immagini oniriche che scaturiscono dalle sue dita. Colori, forme, un grido di speranza che a poco a poco contagia anche Vanessa.

Lui è ribelle, solitario, carismatico e l’attrae come un magnete.

Condividere pensieri diventa facile e d’un tratto c’è qualcosa in cui credere e per cui lottare.

Una fuga tenace tra le strade d’Europa fino a Parigi, verso una libertà che sa costruire ideali.

Leon e Vanessa sono forza e istinto, un amore che divampa, che li nutre e li trasforma.

Ma poi qualcosa di terribile irrompe nel loro universo.

E, quando tutto sembra perduto, nel buio risuona una promessa, quella che Leon ha fatto a Vanessa il giorno del suo ventiduesimo compleanno. Ovunque tu sarai io ci sarò.

L’unica certezza. Il ricordo di un sentimento perfetto.

Perché un sogno condiviso può cambiare il mondo.

Ovunque e per sempre.

RECENSIONE


Due volti che si sfiorano con le labbra avvolti da farfalle che incorniciano quello che sembra l’istante di una connessione perfetta, come fosse un momento rubato di rara intimità da ricordare per sempre. Una visione che rappresenta la suggestiva copertina di “Ovunque per sempre”, ultimo romanzo di Vera Demes, autrice capace di entrare nelle profondità dei cuori dei suoi lettori, avvolgendoli per farli vibrare come le ali di una farfalla in volo.

Animale meraviglioso, simbolo di leggiadria e libertà in realtà la farfalla ha un valore molto profondo e significativo grazie alla metamorfosi che racchiude in se la transitorietà della forma che lo conduce dalla condizione di bruco a quella di larva e infine di farfalla. Un processo che noi esseri umani ammiriamo da sempre per il significato intrinseco di trasformazione interiore, che mostra come si possa scavare dentro di noi per avviare un processo di ricostruzione, evoluzione. Un percorso di cambiamento che è indiscutibilmente connesso alla morte e alla rinascita, citando Herman Hesse:

 “ La farfalla non vive per cibarsi e invecchiare, vive solamente per amare e concepire. E’ un simbolo dell’anima. “ 

Un caleidoscopio di significati che portano all’essenza di questa storia.


Si fissò senza riconoscersi. Detestava ciò che stava vedendo. Gli occhi troppo grandi, il naso troppo lungo, la bocca troppo larga. E poi quel corpo imperfetto, la pancia, le cosce, i fianchi.

Era in trappola ma non poteva muoversi.


Fragile, insicura, intrappolata in una vita castrante, compressa da una famiglia inadeguata, così conosciamo la protagonista femminile di questo romanzo, Vanessa, racchiusa in se stessa come un bozzolo di farfalla, da cui prende lo stesso nome e la medesima indiscutibile bellezza. Una meraviglia della natura dalle ali screziate di marrone, arancione e bianco impreziosite da macchie color indaco che può ingannare da fuori per la sua perfezione  , come lei dalla vita privilegiata e invidiabile che in verità nasconde vuoti incolmabili e sostenibili per una giovane ragazza di vent’anni.


Si faceva schifo. E lo specchio raccontava questo. Lo specchio era verità. Lo specchio non poteva mentire.


Quanto si può resistere alla sofferenza prima di deporre le armi? Quando arriva il momento di dire basta al dolore? Può finire tutto in un attimo se si decide di non avere più motivi per vivere, come accade a Vanessa in una fredda sera di capodanno. E nel momento in cui Vanessa sta per spiccare il volo per lanciarsi nel buio della notte una voce, un richiamo sopraggiunge improvvisa , e il destino si fa vivo spalancando una porta che si pensava serrata a chiave per sempre.


Leon si avvicinò di un altro passo e poté osservarla da vicino. Una ragazzina magra e tremante, i capelli neri e lisci sul volto ovale, le gambe lunghe come quelle di un trampoliere, un profumo di fiori mescolato a quello di sigaretta e alcol.


Un lupo solitario, un animale notturno abituato a muoversi nell’oscurità per fuggire ad una vita difficile, fatta di sogni infranti, abbandoni troppo dolorosi e troppo precoci da elaborare, un miscuglio di paure e delusioni acuite da una voglia di riscatto irraggiungibile.

Un ragazzo in fuga perenne da se stesso, immobilizzato da paure interiori che svaniscono al calare del giorno, quando la notte diventa la dimensione perfetta per trasformarsi in qualcun altro. È di notte che Leon va alla ricerca di se stesso, connettendosi con la sua parte più intima e divenendo “Sword”, un combattente dalla spada affilata e tagliente, un writer dalle doti creative potentissime Capace di ferire ma anche di incidere la pietra, un resiliente.


Era per questo che continuava a dipingere sui muri. C’era il bisogno di uscire allo scoperto rivelando emozioni ma anche di gridare un dissenso profondo, la ribellione senza confini, la lotta per ciò che era giusto, per la serenità, la pace di un universo accogliente in cui vivere senza minacce.


I graffiti consentono a chi li crea di esprimere delle emozioni e dei pensieri, rendendoli accessibili a tutti ma conservando , se si vuole, il totale anonimato come fa Leon, di notte rischiando di sconfinare il limite del lecito. Un gioco pericoloso ma che per lui è linfa vitale per sentirsi bene, connettersi con se stesso e il mondo, scaricando le sue frustrazioni, comunicando sogni e bisogni.

Vanessa e Leon sono due anime impantanate che seppur provenienti da realtà opposte si riconoscono percependo lo stesso senso di inadeguatezza, sentendosi fragili allo stesso modo, sopraffatti dal terrore di inseguire e meritate di realizzare i propri sogni.

A questo riguardo, particolarmente toccante il legame di Leon col padre, una figura tanto malata nel corpo quanto luminosa nell’anima che pur nella sua visibile precarietà fisica spicca con coraggio  offrendo messaggi di commuovente speranza al figlio:


«Ciò che ti rende uomo è la capacità di sognare. Non devi e non puoi rinunciarci». Ermes lo soppesò con tenerezza. «E cerca di aprirti al futuro, di sorridere di più, di crederci… che la tua vita possa cambiare».


Due ragazzi distanti in tutto ma che si troveranno connessi irrimediabilmente e uniti da un legame che li metterà in viaggio alla ricerca della libertà, quella di ricominciare a vivere. Una rinascita che richiederà una trasformazione progressiva, una metamorfosi catartica.

Vera Demes consegna ai suoi lettori un romanzo di crescita intenso, che alterna momenti di immobile buio con una crescente evoluzione personale dei due protagonisti.

“Ovunque per sempre” è la promessa che Vanessa e Leon si fanno durante uno dei momenti più belli della storia e che richiama quanto nello spazio e nel tempo si possa trovare la forza di uscire dal buio, quanto un amore possa essere salvifico.

Un’opera che non si può non leggere con la speranza che in ognuno di noi si possa scavare per cercare anche nei momenti più difficili il momento e l’opportunità giuste per rinascere trasformandoci.


C’era quella sintonia, la similitudine dei loro universi opposti, la speranza che li conteneva in un bozzolo caldo, il mondo lontano, la voglia di parlarsi con gli occhi.


In questi anni difficili che sembrano non finire mai abbiamo sempre più bisogno di trovare dentro di noi la bellezza di rinascere e liberare le nostre ali verso tutti i sogni che dobbiamo ancora raggiungere.

Grazie Vera di questa storia. Ne avevamo bisogno.

BANG, BANG di Miss Black

BANG, BANG di Miss Black

Titolo: Bang, Bang
Autore: Miss Black
Serie: autoconclusivo
Genere: Erotic
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 23 Marzo 2022
Editore: Sel Publishing

TRAMA


Quando un action hero incontra una ragazza dalla lingua tagliente, non c’è tecnica di combattimento che possa salvarlo.

Il sergente del SAS Ryan Hill è in malattia, dopo essere stato ferito a una gamba. A salvarlo da una noiosa convalescenza ci pensa il suo capo, affidandogli un incarico speciale: proteggere una stand-up comedian finita nel mirino del terrorismo islamico. Darcy Yates non immaginava che fare una battuta sulle barbe dei combattenti dell’ISIS l’avrebbe messa in pericolo, ma è successo e ora deve uscirne in qualche modo. Darcy è pungente, è labourista e odia i militari. Non a caso, dato che è la figlia di un generale, lo stesso generale che le ha appena inflitto una scorta di quattro Rambo dei corpi speciali. Darcy non ha alcuna simpatia per quelli che considera sociopatici dal grilletto facile drogati di adrenalina, ma bisogna ammettere che Ryan, il capo pattuglia, è divertente. E sexy. E molto, molto in forma. Nemmeno la consapevolezza che quel tizio è addestrato a uccidere con qualsiasi oggetto, da una matita a un peluche, riesce a smontare l’attrazione che prova per lui, ma c’è un elemento che rema contro sgraditi coinvolgimenti emotivi: il bel Ryan, lì, rischia la vita su base giornaliera in pericolose missioni nei teatri di guerra di tutto il mondo e Darcy sa fin troppo bene com’è aspettare a casa uno che potrebbe non tornare…

RECENSIONE


Una lady elegantissima dalle forme sinuose avvolte da un tailleur in stile vintage anni quaranta; dita affusolate e smaltate che fumano come se avessero appena sparato; un mezzo corazzato sullo sfondo, che promette aria di guerra.
Ad aggiungere fascino (come se ce ne fosse bisogno) e quel pizzico di giusto mistero (marchio di fabbrica di Miss Black) il titolo del libro, lo stesso di una famosa canzone che evoca atmosfere non da genere romance basti solo pensare al mitico Tarantino che utilizzò il brano per la serie Kill Bill.

Miss Black si diverte a regalare qualche dettaglio già dalla scelta grafica della cover (stupenda, diciamolo) e dal nome del libro, forse per preparare il terreno al lettore ed avvisarlo sulla pericolosità di questa signora dall’irresistibile fascino da dark lady. Una copertina che assume le sembianze della locandina di uno spettacolo di altri tempi a cui assistere senza alcuna ombra di dubbio.

E sul palco ci si sale per davvero, insieme alla sua graffiante protagonista, Darcy Yates, tipa tosta, dall’animo indipendente e determinato, di professione stand-up comedian. Un’artista di innato talento capace di intrattenere il suo pubblico con monologhi intrisi di esilarante sarcasmo, fino a sconfinare nel black humour. Ed è proprio una delle battute del suo ultimo repertorio a metterla nei guai quando una sera viene aggredita, entrando così nel mirino dell’ISIS.


In realtà neppure le battute di questa Yates gli sembravano così offensive, ma sapeva per esperienza personale che i fondamentalisti religiosi non avevano senso dell’umorismo e che essere presi in giro da una donna, che per di più li aveva paragonati a un’altra donna, doveva averli irritati a non finire.


La sua incolumità assume un peso specifico maggiore agli occhi del governo dal momento che Darcy è figlia di un generale dell’esercito. Per seguire le indagini vengono coinvolti nientemeno che i SAS, elitario corpo speciale dell’esercito inglese specializzato nelle missioni di anti-terrorismo, salvataggio ostaggi, oltre a operazioni militari speciali e di ricognizione. A dirigere il piano di sicurezza, il sergente Ryan Hill, tipo silenzioso, quasi schivo, una figura descritta come molto lontana dal classico stereotipo da maschio alpha.


«E sai che non amo i militari, per usare un eufemismo, ma mi ha colpita in senso positivo. Non corrisponde allo stereotipo. Non si è messo in mostra, non ha fatto l’alfa. Se tu non l’avessi tanato al volo, non avrei nemmeno fatto caso a lui».


Due protagonisti originali e caratterizzati in modo divino, che escono per molti aspetti dai binari dei clichè del romance, acquisendo variegate sfumature di fragilità e durezza, paura e determinazione, che li rendono sfaccettati e credibili.


Era vero, Darcy veniva da una famiglia di militari e il risultato era che detestava i militari. Ad ascoltare i suoi parenti, qualcosa era andato storto in lei. Ad ascoltare lei, qualcosa non tornava in loro.

Anche a quello le serviva la stand-up: metabolizzare le scorie, riflettere sui propri automatismi.


Darcy è una donna che vuole sentirsi libera di esprimersi in ogni senso, dalla passione per il suo lavoro a come vivere lontana dalla sua famiglia fino all’approccio disincantato al sesso; Ryan seppur addestrato a sopravvivere alle prove più dure, dimostra una sensibilità rara, che rende il suo personaggio antitetico all’immagine del macho. L’incontro tra Ryan e Darcy si basa sulla necessità di rispondere ad un pericolo, l’uomo che deve proteggere la donna, ma cosa succede se nella circostanza nessuno è come sembra? Miss Black a tratti si è divertita a capovolgere i ruoli, sovvertendo la debolezza della donna e la sicurezza dell’uomo e lo fa complicando tutto con un potente risveglio dei sentimenti, in chi sembrava immune dalle emozioni.

Chi è davvero il debole, chi quello forte? Non solo, in questo romanzo la signora scava a fondo in terreni impervi, come quello del controverso ruolo della donna, del facile pregiudizio, fino al dramma della guerra, ai suoi tragici effetti collaterali sulla psiche delle persone. Una perlustrazione all’interno di cosa ci fa scappare e cosa ci fa restare, quanto occorra a volte scegliere la propria strada anche per difendere gli altri e lasciarli liberi.

Un romanzo che fonda le sue dinamiche sulla distanza, sia emotiva che spazio-temporale, in cui i due protagonisti si perdono e ritrovano diversi, cambiati, molto cambiati, come se avessero percorso migliaia di km dopo prove durissime. E la sfida è quella di capire se alla fine il viaggio che si è intrapreso abbia davvero valso la pena.


Ryan la abbracciò da dietro, in silenzio. Continuava a sentirsi quasi tramortito dal dispiacere, confuso riguardo al futuro, disilluso, ferito, pesto e stanco. Dentro di lui si mescolava tutto.


Un romanzo che consiglio a dimostrazione di quanto questa autrice si superi ogni volta, soprattutto nei suoi ultimi libri mediante cui sta dando prove di magistrale bravura nell’offrire con dignitosa eleganza storie originali che includono argomenti complessi, ben documentati, con passaggi commuoventi, struggenti e mai banali.

Un mix che amplifica la sensazione di essere stati intrattenuti con intelligenza, senza rinunciare alla giusta tonalità erotica sempre calibrata secondo la modalità adatta per la situazione. In “Bang, bang” il sesso è più che mai liberatorio, capace di connettere e conoscersi al di là delle maschere indossate, spogliati dalle paure e svincolati dai condizionamenti.


Si accorse che lo stava guardando e le sparò con una pistola fatta con indice e pollice. Bang bang. Darcy si impedì di sorridere come una scema.


E infine la sublime ironia, sparsa ovunque come lo zucchero a velo su una torta lievitata ad arte, e decorata con dieci succose ciliegie condensate alla fine del libro, quando in uno spassoso pezzo di performance Darcy (alias Miss Black) da il meglio di sé:


«Comunque, lei ci viene descritta fin da pagina uno come una sorca incredibile, però incapace di valorizzarsi. Per fortuna, ecco che arriva il nostro Principe Azzurro e le fa un completo makeover, senza nemmeno bisogno di essere gay».


Da leggere, quindi? Sissignori!

L’AMORE DIVERSO di Fleur du Mar

L’AMORE DIVERSO di Fleur du Mar

Titolo: L’amore diverso
Autore: Fleur du Mar
Serie: autoconclusivo
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 10 Maggio 2016
Editore: Sel Publishing

TRAMA


Edward Huffington, barone di Hallwick è un avvocato di nobili origini, egocentrico e annoiato da una vita che gli ha offerto tutto ciò che potrebbe desiderare, senza dargli realmente nulla. È attratto sia dagli uomini che dalle donne, traendo piacere nel guardare gli amplessi dei suoi amanti.

Virginie Baynes è una ragazza insolita e disinibita. Adottata da una ricca nobildonna all’età di sedici anni, alla morte di quest’ultima si vede annullare l’adozione. Forte e caparbia, disillusa e curiosa, attrae Edward per la sua bellezza singolare e l’intrigante sensualità.

L’incontro tra i due è sconvolgente. Virginie, affascinata dalle pratiche erotiche cui viene introdotta, scopre una nuova dimensione della sessualità. L’uomo, d’altro canto, si sente per la prima volta profondamente attratto da qualcuno anche a livello emotivo. Incapace di gestire quei nuovi sentimenti, s’illude di mantenere un certo controllo provando a condividere Virginie con i suoi amanti abituali. La donna però lo sorprende, ribaltando i ruoli e rendendolo dipendente e geloso.
Inizia così un gioco di prevaricazione e potere, ma è davvero solo un gioco?
O nasconde qualcosa di più?

RECENSIONE


Se dovessi riassumere in poche parole questo libro direi che leggerlo è stato come percorrere un sentiero impervio, tra la boscaglia più fitta districandosi tra i rami delle dinamiche dell’amore, nelle sue sfumature più controverse: l’egoismo più profondo, il cinismo più radicato, il colpo di fulmine più sconvolgente, la redenzione più impensabile.

Un viaggio di espiazione alla scoperta di ciò che non si conosce ma di cui, una volta assaggiato come fosse il frutto proibito, non si potrà più fare a meno. Un romanzo sviluppato da un complesso intreccio umano in cui l’autrice, la talentuosa Fleur du Mar, mostra la sua bravura nel delineare una storia non banale, che indaga su quanto l’animo umano possa affrontare l’ignoto, fino a reagire, adeguarsi, perfino cambiare per spingersi oltre i confini delle proprie convinzioni, certezze, debolezze, scrupoli, pregiudizi, tratteggiando con nuove linee i contorni del bene e il male.

Uno scambio di sguardi e niente sarà più come prima nella vita dei protagonisti, regalando al lettore un’esperienza che non si dimentica facilmente. Eward, Virginie e William sono i protagonisti di questo libro, caratterizzati in modo perfetto ed intenso.


I sentimenti che provava per gli altri erano legati al potere che esercitava su di loro.


Definire Edward è possibile solo citando questo passaggio, in cui le due principali parole “sentimenti” e “ potere” richiamano l’essenza della sua indole, legata indissolubilmente alla qualità delle sue relazioni. Legami, siano essi di amicizia, familiari oltre che professionali, basati essenzialmente sull’esercitazione di un potere grazie ad un innato carisma vissuto come un dono divino.


Vederli sciogliersi per il piacere che donava loro un altro, mentre lo fissavano adoranti, era ciò che lo faceva sentire più vicino all’essere un Dio e lui era stato educato a considerarsi un Dio.


Edward, che ama definirsi un Dio, è un personaggio impeccabilmente disturbante, proprio perché estremo, dissoluto, prevaricatore, cinico al limite del sadismo. E’ lui che è al centro del cambiamento personale più incisivo della storia. La sua volontà di predominio sugli altri inizierà a vacillare quando Virginie incrocerà al sua strada. Lei dal fisico minuto e l’aurea eterea, dalla pelle diafana. Lei dai poteri magici, dotata di una sensualità intrigante, lei disinibita come una strega e innocente come un aneglo.

Il loro primo incontro riecheggia l’eterno concetto del sacro col profano, lo spirituale con il terreno, l’ordinario, lo straordinario con l’ordinario. Ma chi è veramente puro e chi è macchiato dal peccato?

Il connubio di Edward e Virginie inizia con un’attrazione indescrivibile per assumere in poco tempo le sembianze di una progressiva catarsi. Nessuno dei due ne sarà immune, un cambiamento che travolgerà le vite di entrambi, maggiormente quella di lui:


Poi fece qualcosa che Edward non si aspettava. Sorrise. Non solo con le labbra: s’illuminò tutta, assumendo un’espressione così solare che gli sembrò rischiarare l’intera sala. La guardò sorpreso ed ebbe come l’impressione che l’avessero stordito con un pugno in pieno viso. L’aspetto che lo turbò di più fu che, insieme al fastidio, avvertì un’emozione sconosciuta che non seppe definire.


Dall’infermo ad un lungo purgatorio, un percorso che non risparmia nulla e in cui tutti si muovono inizialmente secondo le loro convinzioni, per poi perdere per strada pezzi di loro stessi, fino a scoprire emozioni sconosciute, condividendo intense esperienze, sia carnali che psicologiche. Il paradiso? Chissà se esiste e chissà chi vi arriverà e soprattutto come.

Ad aggiungersi ad una trama originale, che lascio alla gioia del lettore di scoprire con il più sentito consiglio di farlo lasciando mente e cuore aperti, vi è uno stile di scrittura narrato sapientemente in terza persona, così bene da amplificare lo stato d’animo dei suoi protagonisti rendendoli sempre più palpitanti e per questo autentici.


“La speranza ha un gusto dolce amaro. È dolce, perché è la promessa di qualcosa che desideri e che speri di poter avere. È amara perché potrebbe essere l’illusione di qualcosa che non avrai mai.”


Il romanzo è anche intercalato da ambientazioni bellissime descritte con grande accuratezza, catturando l’immaginazione del lettore:


Huffington Hall era una tenuta immensa che sorgeva su una delle dolci colline che increspavano le pianure del Devonshire: un magnifico verde brillante, macchiato qua e là dai toni del verde scuro, del giallo, del rosso e dell’arancio. Come se un pittore si fosse divertito a far cadere gocce di colore per interrompere quella monocromia accecante.


“L’amore diverso” è una lettura potente, magnetica, che pone domande, che insegna e segna, fino a che arrivati all’epilogo si ha la netta sensazione di aver vissuto un viaggio nella mente e nel cuore di protagonisti graffianti ma anche coerenti, che evolvono senza però mutare del tutto la loro natura.

Un romanzo che fa pensare al principio universale del causa-effetto, spesso riassunto nel termine di origine induista e buddista “Karma”: quanto spesso agiamo senza pensare alle conseguenze delle nostre azioni, sentendoci intoccabili come divinità, senza scrupoli o morale? Quanto siamo in grado di divenire consapevoli, ed provare a riparare alle sofferenze che imponiamo agli altri?

Fleur du Mar conferma di essere un’autrice originale e sperimentatrice, che affonda l’inchiostro delle sue storie sondando le cavità più oscure dell’animo umano, provocandolo, ponendo ostacoli fino a metterlo in gravi difficoltà per vedere e capire i confini delle sue reazioni.

Un modo sublime, a mio avviso, di offrire storie intrise di significato a cui poter pensare per giorni.
Cosa avresti fatto al suo posto? Come ti saresti comportato? Chi è davvero il cattivo? Chi è senza peccato?


Solo adesso che aveva perduto tutto, comprendeva ciò che Virginie gli aveva ripetuto all’infinito: non si può incolpare qualcuno di non essere ciò che vorremmo.


Se vi è bellezza nei libri, potrei dire che essa si riassume in quel che resta dentro di noi a lettura ultimata, ovvero una scia luminosa che ci attraversa riempendoci di stupore ed emozione.
Una lunga cometa che diviene un oggetto prezioso (magari dalle forme di un raro orologio) da portare sempre con noi, riempiti di profonda gratitudine.

Chapeau.

IT ENDS WITH US di Colleen Hoover

IT ENDS WITH US di Colleen Hoover

Titolo: It ends with us
Autore: Colleen Hoover
Serie: autoconclusivo
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: Prima persona (Lily)
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 1 Marzo 2022
Editore: Sperling Kupfer

TRAMA



È una sera come tante nella città di Boston e su un tetto, dodici piani sopra la strada, Lily Bloom sta fissando il cielo limpido e sconfinato. Per lei quella non è una sera come tante. Poche ore prima, ha partecipato al funerale del padre, un uomo che non ha mai rispettato, che le ha strappato l’infanzia e Atlas, il suo primo amore. Mentre cerca di dimenticare quella giornata tremenda, viene distratta dall’arrivo di Ryle Kincaid, un affascinante neurochirurgo totalmente concentrato sulla carriera e sull’evitare qualunque relazione. Eppure, nei mesi successivi, Ryle sembra non riuscire a stare lontano da Lily e alla fine cede ai sentimenti e all’attrazione che prova per lei. Dopo una vita non sempre facile, la ragazza ha tutto quello che desidera: il negozio di fiori che ha sempre sognato di aprire e un fidanzato che la ama. Tuttavia, qualcosa non torna: Ryle a volte è scostante e inizia a mostrare un lato pericoloso, in particolare quando Lily rincontra per caso Atlas. Pur non sentendosi al sicuro con Ryle, Lily si rende conto in fretta che lasciare chi ci fa del male non è mai semplice. Troverà allora il coraggio di dire basta?

RECENSIONE


“It ends with us”, letteralmente finisce con noi. Una fine ma anche una rinascita. Difficile parlare di questo libro senza dire troppo, senza rivelare passaggi che il lettore deve scoprire e soprattutto elaborare da solo.
Così, a differenza di altre volte, sarò breve e coincisa: leggete questo capolavoro.

Due parole: leggere per capire, elaborare, ampliare gli orizzonti della mente e del cuore; capolavoro, un libro a cui nessuno può restare indifferente, ad oggi a mio avviso un libro che rappresenta la massima espressione letteraria di questa autrice, che con questa storia offre ai suoi lettori una testimonianza forte di una parte della sua vita. Un romanzo catartico che lei stessa ha definito il più difficile da scrivere fino ad oggi.

A dire il vero ritengo che ogni donna dovrebbe ringraziare Colleen perchè la storia di Lily potrebbe essere quella di molte altre donne che si ritrovano imprigionate in legami indissolubili perchè intrisi di puro amore ma anche così rischiosi da creare dipendenza che trasforma la relazione fino a renderla disfunzionale, pervadendo l’esistenza stessa.

E quando il destino gioca le sue carte migliori in uno dei momenti più delicati della vita mettendo sulla nostra strada una persona meravigliosa, facile ingannarsi credendo al tempismo perfetto, come fosse un segno divino, un richiamo a cui opporsi è impossibile.

Come si può del resto non amare e tifare per uno dei protagonisti di questa storia, l’affascinante e determinato Ryle? Tanto complesso e sfaccettato da dividere gran parte del pubblico che ha letto questo romanzo.


È bellissimo. Mani curate, aria danarosa, di diversi anni più grande di me. Increspa gli angoli degli occhi mentre mi segue con lo sguardo e sembra arricciare le labbra senza volerlo.
Mi guarda. Mi guarda davvero, intendo. I suoi occhi incontrano i miei e mi scrutano con intensità, neanche avessi tutti i segreti della mia vita scritti in faccia. Non ho mai visto due iridi così scure. O forse sì, ma sembrano più scure se unite a una presenza tanto intimidatoria.


Ryle tanto perfetto quanto pieno di sfumature, descritto in modo così sapiente e di cui ci si innamora instantantaneamente. Il suo carisma e la sua complessa personalità diventano l’esca per il lettore, non solo per la protagonista. Una scelta accurata e non banale che rimarca uno dei significati cardine del libro: acquisire la capacità vedere al di là delle apparenze, oltrepassare la superficie.

La storia la conosciamo grazie al racconto di Lily, che fin dalle prime pagine cattura il lettore portandolo nella sua dimensione emotiva, fatta di paure, fragilità, dubbi, speranze, sogni e ricordi costellati di note scritte su un diario.


I miei diari a Ellen. Vi passo sopra le mani. Ce ne sono tre in questa scatola, ma direi che probabilmente sono otto o nove in tutto. Non li leggo dall’ultima volta che ho scritto qualcosa.

Confessioni che aprono il varco sul suo difficile passato, lo struggente ricordo di un amore adolescenziale capace di scalfire il cuore di chi legge.


«Quando la vita si fa dura, sai che devi fare? Zitto e nuota, nuota e nuota, zitto e nuota e nuota e nuota». In quel momento, Atlas mi ha preso la mano. Non l’ha tenuta come un ragazzo tiene quella della sua ragazza, ma l’ha stretta come se volesse dire che quelli eravamo noi. Lui era Marlin e io Dory, e lo aiutavo a nuotare. «Zitto e nuota», gli ho sussurrato.

Ricordi pieni di tenerezza, compassione, struggimento e amore, quello puro, salvifico. Marlin e Dory come Atlas e Lily, due pesciolini coraggiosi pronti a sacrificarsi l’uno per l’altra ma troppo piccoli per non perdersi nel grande oceano da onde più grosse di loro.

Atlas è un abbraccio di conforto, una coperta calda, un rifugio sicuro. Un piccolo uomo cresciuto troppo in fretta, capace di donare alla parola sacrificio un enorme significato.
Ryle, Atlas e Lily sono tre personaggi realistici proprio perchè sfaccettati e che sviluppano un conflitto interiore in grado di farli cambiare emotivamente, sviluppando una personalità sfaccettata che li rende profondi, tridimensionali e per questo reali.

«Le persone cattive non esistono. Siamo semplicemente persone che a volte fanno cose cattive.»

Una storia che graffia, incide la pelle come un tatuaggio destinato a rimanere per sempre impresso a ricordo di un insegnamento. Colleen Hoover offre un libro che ogni donna, ragazza, madre, figlia, zia dovrebbe leggere. Le ragioni per farlo sono tante, ma su tutte predomina quella di conoscere una testimonianza forte e dolorosa di una vita difficile ma capace di aver conservato una dignità incredibile, una forza d’animo che non può che non insegnare.


Ricordo cosa ha detto mia madre. Fa’ in modo che sia coraggioso e audace.

Una storia coraggiosa che parla delle mille sfumature dell’amore, incluso quello materno. Un romanzo così potente da ricongiungere fili spezzati, quelli di rapporti non capiti, relazioni interrotte ma che grazie a queste pagine ritrovano i pezzi mancanti ad azzerare le distanze mediante la comprensione e la compassione.

Un libro da leggere senza pregiudizio, facendo lo sforzo di spogliarsi di ogni vissuto personale o esperienza pregressa. Spesso è facile giudicare situazioni di cui siamo solo spettatori, cosa diversa è viverle. Semplice cadere nel tranello e illuderci di essere in grado di gestirle quelle situazioni, di fronteggiare persone, dominare emozioni.

Un romanzo che questa autrice straordinaria consegna ai lettori con umiltà, donando una parte di sè proprio nei ringraziamenti finali, spiegando quanto questo libro rappresenti un’elaborazione dolorosa di un pezzo fondamentale della sua vita, quella della famiglia di origine. Solo per questo credo che la storia di Lily, Ryle e Atlas vada interpretata con il massimo realismo e ascoltata con rispetto e gratitudine.

«Ogni episodio erode il tuo limite. Se oggi scegli di restare, domani troverai molto più difficile allontanarti. Alla fine, perdi completamente di vista il tuo limite, perché pensi: Ormai resisto da cinque anni. Che differenza fanno altri cinque?»

Grazie Colleen, con le tue parole hai spaccato e ricucito con i filo dell’amore più forte il cuore di chi deciderà di capire Lily, al di là della sue scelte, e di amarla come merita.

UNFIT VOL. 3 VERA di Miss Black

UNFIT VOL. 3 VERA di Miss Black

Titolo: Unfit Vol. 3
Autore: Miss Black
Serie: Unfit – Amori di tre ragazze impresentabili
Genere: Historical Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 13 Gennaio 2022
Editore: Self Publishing

TRAMA


«Non mi pare una gran buona idea» considerò Haddock.
«Sono una Vassemer, non abbiamo buone idee».


La Stagione 1889 sta per finire e due delle tre sorelle Vassemer si sono sistemate. E, come tutte le malelingue della capitale hanno notato, si sono sistemate molto bene, sposandosi ben al di sopra del loro rango.
Resta solo Vera, la sorella di mezzo, che continua a ripetere a tutti di voler diventare una scrittrice di successo e di non essere interessata al matrimonio. Si è mai sentito qualcosa di più scandaloso? Chi mai potrebbe volere una ragazza del genere?
E, a proposito di scandali, le Vassemer non sono l’unica fonte di pettegolezzi della capitale. La famiglia dell’amata Regina Vittoria è sempre prodiga di comportamenti discutibili e anche il resto dell’aristocrazia non scherza. Peggio ancora, una piaga particolarmente odiosa rischia di venire alla luce. No, non si tratta delle solite quisquilie: adulterio, ricatto, figli illegittimi o evasione fiscale. No, non è neppure l’annoso problema dei nouveaux riches che pretendono sempre più posti al sole. E chiaramente non ha nulla a che fare con l’assurda richiesta delle suffragiste che anche le donne possano votare.
Questo è peggio. Si prepara lo scandalo più gigantesco dell’epoca.
O forse no.
In fondo, se c’è una cosa che la nobiltà del Regno sa fare bene è nascondere la polvere sotto il tappeto.

RECENSIONE


«Ora… io non volevo scrivere un libro su questa roba qua, lo giuro! Volevo scrivere un libro pieno di affascinanti gentiluomini e di deliziose ragazze mordaci. Ma la realtà ha sempre avuto il vizio di infilarsi nelle mie storie e anche stavolta un po’ si è fatta largo.»


Come non credere alle buone intenzioni di un’autrice naturalizzata inglese, dal fascino misterioso e dotata di pungente ironia dal nome Miss Black? Impossibile non farlo dopo aver letto decine di suoi libri e aver ammirato ad ogni occasione gli aspetti che la contraddistinguono, come l’ironia, l’abilità nel graduare la sensualità a suo piacimento, l’imperfezione dei suoi protagonisti, le trame originali.

Sulle sue mirabili virtù come autrice di talento ho avuto modo più volte di parlarne ma onestamente quello che mi ha sempre colpita è la capacità di saper spaziare tra diversi generi, dal fantasy al contemporary romance fino al giallo, mantenendo il filo conduttore di un tasso erotico accuratamente calibrato e che calza alla perfezione in ogni storia.

Scelte quindi adeguate, adatte, che richiamano alla mente il significato antitetico di “Unfit”, letteralmente inappropriato, titolo della trilogia che ha inaugurato la conquista di un genere fino ad allora da lei inesplorato, ovvero lo storico. Si potrebbe pensare ad una sfida piuttosto difficile, perchè scrivere romanzi storici credibili, si sa, prevede ricerca, studio e una ferrata documentazione.
Un’avventura che evidentemente ha appassionato la signora Black, che con questo capitolo finale offre una prova perfetta, mirando dritto al cuore del lettore con accurata lucidità, quella di chi sa come scrivere e come romanzare epoche passate con studio e ricerca, senza rinunciare al suo dissacrante realismo.


Infine c’era l’incognita di Vera. Lei sosteneva di non volersi sposare e di voler diventare una scrittrice di successo.


Protagonista dell’ultimo capitolo di “Unfit” è Vera, la mezzana delle sorelle Vassemer, rimasta illesa dalla doppietta di inattesi e nobili matrimoni che hanno coinvolto le sue sorelle, Rachel e Fortune.
Lei, che ambisce a fare la scrittrice e paladina della libertà individuale, di sposarsi non se la sente proprio, nel rispetto del marchio di fabbrica del sangue Vassemer, che ha fatto dell’anti-conformismo uno stile di vita.
Lei, che potrebbe anche sposarsi per amore, visto che le sorelle hanno unito il loro destino a quello di uomini aristocratici di grande levatura garantendosi un futuro assicurato, inclusivo di amore e rispetto.

Lei, educata da aristocratica e dai modi ineccepibili, amante della scrittura e segretamente vittima di sè stessa, ovvero della sua fervida immaginazione. Una passione che la porta costantemente sulle ali di fantasie (erotiche) irrefrenabili fino a vivere nella sue mente esperienze amorose, sensuali, torbide, quasi controverse con uomini anche insospettabili. Un segreto che la perseguita, e che la rende una protagonista spassosa e finemente meravigliosa:


Riguardava un vizio di cui Vera non aveva mai parlato a nessuno, neppure a Rachel e Fortune. E per quanto la sua educazione fosse stata libera, per quanto la sua famiglia fosse anticonformista, Vera sapeva che si trattava di un vizio, forse persino di una tara mentale. Le sue fantasie. Le fantasie che l’avevano spinta a scrivere Confessioni di una libertina pentita.


Convivere con le sue fantasie la diverte, come vivere mille vite parallele. E cosa ci può essere di più delizioso, e meno prudente, di prendersi a cuore l’educazione di un nouveaux riche, un ricco e ambizioso uomo di umili origini che mira ad un matrimonio di interesse con una nobildonna?


Haddock non si considerava inferiore a nessuno e avrebbe voluto che anche il resto del mondo si decidesse ad ammetterlo. Purtroppo non era per niente facile. Oh, avrebbe potuto sposare una giovane nobile e spiantata.


Haddock lo abbiamo conosciuto anche nel secondo volume della serie, in cui già si annuncia la sua opposizione alle attitudini troppo liberali delle sorelle Vassemer: lui conservatore, tradizionalista e convinto della netta separazione tra i ruoli. Insomma, cosa potrebbe essere di più conflittuale rispetto all’essenza di Vera?

Eppure, la signora Black si è divertita a metterli a confronto, intessendo tra loro una sfida che svela diversità e rivela affinità, in una girandola crescente di incontri clandestini che ad ogni occasione mettono radici in sentimenti inaspettati ma sempre più intensi. Un gioco coinvolgente che amplifica il coinvolgimento del lettore grazie a racconti di fantasie erotiche, che toccano livelli di pura perfezione, confermando la bravura di una signora che sa come eccitare il lettore con raffinata eleganza.


«Quindi che cosa succede? Nella realtà, intendo? Mi faccia una cronaca». Haddock quasi si strozzò. Cominciò a tossire e dovette bere a piccoli sorsi un intero bicchiere, prima di riprendersi. «Una cronaca» ripeté attonito. «Per forza. Ormai non può lasciarmi a becco asciutto». Haddock rise dell’espressione, ma continuò a sembrare scettico. «Non mi pare una gran buona idea». «Sono una Vassemer, non abbiamo buone idee». «Oddio, per quel che ho visto, no».


Un libro di cui ho riletto le parti evidenziate con divertimento, eccitazione, commozione, in un mix potente e magnetico che innalza tutta la trilogia ad opera magnifica e imperdibile.


Deve capire che la donna, la giovane donna, è come una pepita d’oro lasciata incustodita su una panchina: chiunque potrebbe rubarla, se un gentiluomo non vigila su di lei». «Una pepita d’oro». «Con una bocca, ma nessun cervello. Mi segue?» «Non troppo». Vera sospirò. Sapeva che non sarebbe stato facile. «Un’invalida, allora. Un’invalida placcata d’oro, incapace di badare a se stessa. Dobbiamo attraversare la strada: è imperativo che lei mi aiuti a scendere questo semplice gradino». A Haddock sfuggì una risatina. «Sarà un piacere».


Difficile limitarsi nelle parti da citare perchè ad ogni passaggio ci si incastra tra mille emozioni, ma lascio volentieri il piacere a chi deciderà di leggere di affondare nel piacere di conoscere queste sorelle impresentabili, che in questo terzo volume fanno capolino, ognuna con le proprie vite, come ad accompagnare il lettore alla fine della serie.

Una trilogia in cui Miss Black tratteggia con fine realismo l’immagine di Londra a fine ottocento, un fermo immagine accurato, quasi come si fosse divertita a togliere il trucco ingannevole ad una donna mostrata sempre perfetta e impeccabile, mostrandone le rughe, le imperfezioni, i difetti e le implacabili discromie. Una signora svelata, multietnica, capace di parlare mille dialetti, vestita a strati, non particolarmente avvezza al rispetto delle regole sociali, e per tutti questi motivi molto lontana dall’immagine perfetta e romantica trasmessa dalla letteratura classica.


Dai poveri che dormivano su una sedia presa a noleggio per la notte nell’East End, alle donne prive di ogni diritto in tutte le case di ogni classe sociale, alle prostitute disposte a vendersi per un bicchiere di gin, ai bambini costretti a lavorare in fabbrica, agli stranieri disprezzati per il colore della pelle, ai matti in catene al Bethlehem Hospital, agli affamati, ai malati, ai dimenticati, ai delusi, su-su fino alla Regina Vittoria, afflitta dalla vecchiaia, dai lutti e dagli eredi indegni, a Londra l’infelicità non mancava per nessuno.


Prima di concludere non posso non citare Mr Kayal, uno dei personaggi comprimari più interessanti di tutta la serie. Una figura magnetica, che aleggia fin dalle prime pagine del romanzo di Rachel e che trova il suo spazio in questo terzo capitolo. E’ qui che mostra la sue fragilità, la sua essenza, spogliandosi, in molti sensi, della spessa corazza che è abituato ad indossare. Si farà amare ancora di più, proprio per questo.


«Non vuoi spogliarmi? Non vuoi guardarmi?» «Ma certo» disse Kayal, anche se in realtà non voleva. La gioventù di Clair gli feriva gli occhi, la sua professione lo offendeva.
Non era un sentimento razionale. Kayal era consapevole che potevano essere molti i motivi che l’avevano spinto a prostituirsi, ma qualcosa nel suo profondo si ribellava all’idea. Gli sembrava la soluzione di un debole.


Leggere questa trilogia è stato un crescendo di emozioni, che sarà impossibile da dimenticare, un viaggio in compagnia di personaggi graffianti e complessi, capaci di intrattenere con emozione, fino a trasportare il lettore dentro un’epoca dipinta con realismo. Molti dei luoghi, personaggi, citazioni fino ai più piccoli particolari narrati, tra l’altro, sono realmente esistiti, confermando l’incredibile ricerca compiuta da questa autrice che non smette mai di stupire.

Un peccato lasciare andare queste sorelle, difficile non desiderare di leggerne ancora, ma sappiamo che il tempo è prezioso e che Miss Black lo dedicherà a meravigliarci ancora.


Spero che quello resterà di questa trilogia a voi che state leggendo sia il divertimento e la passione con cui l’ho scritta…


Senza ombra di dubbio, mia cara.

SUL VELLUTO di Rebecca Quasi

SUL VELLUTO di Rebecca Quasi

Titolo: Sul velluto
Autore: Rebecca Quasi
Serie: Autoconclusivo
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: Febbraio 2022
Editore: Kobo Original / Words Edizioni

TRAMA


Nell’era degli influencer la verità spesso scompare e resta solo ciò che è tendenza.

Nereo Castrogiovanni, attore famoso, conosce bene questa legge non scritta, ma sembra dimenticarsene durante un talk show in prima serata, lasciandosi andare a certe affermazioni che gettano ombre sulla sua immagine e rischiano di distruggere la sua carriera.
Non sarà il solo a farne le spese: Marianna Guerra, sua ex assistente e cuoca, verrà travolta dall’occhio del ciclone mediatico, colpita da pettegolezzi e insinuazioni dove il reale e il presunto si fondono e si mischiano.
Cosa c’è alla base di tutto? Qual è la vera ragione per cui Nereo ha deciso di distruggere la propria figura e trascinare Marianna con sé?

Rebecca Quasi ci racconta una nuova storia dei nostri tempi, col suo tipico occhio attento e rivelatore dei meccanismi profondi che a volte muovono le relazioni d’amore.

RECENSIONE


«Ti ho già spiegato cosa vuol dire stare sul velluto. È quando il partner ti dà la battuta nel tono e nei tempi giusti. Per un attore è di una potenza incredibile. Quando sei sul palco, con centinaia di occhi che ti fissano e che tu non puoi vedere, puoi fare affidamento solo su quello per andare avanti, sulla capacità reciproca di far scivolare l’altro sul velluto. E tu mi fai stare così.»


Fluttuare, procedere su qualcosa di morbido, liscio, senza ostacoli. L’accezione “sul velluto” richiama la viva sensazione di sofficità e delicatezza e nessun’altro significato avrebbe potuto essere più adeguato per descrivere l’ultimo romanzo di Rebecca Quasi, che se dovessi descrivere direi “meravigliosamente perfetto”.
Perchè? I motivi sono svariati, e mi impegnerò a essere più coincisa possibile nel raccontare le emozioni provate lasciando, come mi premuro sempre di fare, il piacere al lettore di scoprire la storia di Nereo e Marianna (e Itaca).
Due protagonisti umani, ed una gattina dalle sembianze pannose, che non ne vuole sentire di essere meno al centro di loro. Del resto si sa che i felini non hanno bisogno di attenzione, se la prendono da soli.


Il felino bianco lo stava aspettando in posa da statua da giardino in mezzo al vestibolo. Miao. Miao un cazzo. Dalla cucina provenivano odori e rumori invitanti, ma non voleva lasciarsi fuorviare. Era arrabbiato. Girò intorno al gatto, gatta!, la quale lo guardò con quell’arroganza e sufficienza tipica di chi ha il coltello dalla parte del manico.


Itaca ha il mio massimo rispetto (da gattofila quale sono, succube di ben tre gatte femmine), ed è per quello che spero apprezzerà (Itaca, appunto) che parlo di lei per prima: solitaria, silenziosa all’occorrenza, esperta osservatrice, a tratti pretenziosa, dai modi seduttivi e territoriali. Itaca si ritrova ad essere curiosa spettatrice della relazione di Nereo e Marianna, anche nei momenti meno opportuni, intendiamoci! Ammetto che avrei voluto essere lei in alcune scene, anche per soli 5 minuti, immaginando di vedere coi suoi occhi (stupendi) questi due protagonisti avere a che fare l’uno con l’altra.

Nereo Castrogiovanni, attore, dai modi educati, belloccio e di ottima famiglia, particolarmente riservato e dal carattere schivo, con lievi tratti di misoginia. Lievi, sì, perchè l’avversione per le donne si riduce solo nel caso di averle come dipendenti. Del resto la scelta del cognome potrebbe anche far pensare ad attitudini amatoriali vecchio stile, se non fosse per quel suffisso “castrante”, appunto.


La guardò bene. Era uno di quei modelli tascabili. Bassina, magra, né bella né brutta, senza personalità nel vestire, un taglio di capelli che non era un taglio, occhi enormi di uno strano colore tra il grigio e il verde. Lentiggini in abbondanza.


Marianna Guerra, cuoca, dogsitter, barista, insomma tutto fare, con una fissa per i rapporti a scadenza (max 6 mesi). Sulle sue sembianze lasciamo l’onore a Nereo di descriverla quando la vede per la prima volta, mentre sulle sue innate doti di efficienza, pragmatismo e non comuni capacità di imparare al primo colpo mi prodigo volentieri io.


Si sentiva come quegli acrobati che stanno in equilibrio su una palla facendola rotolare sotto i piedi. Lei era l’acrobata e la palla il presente.


Due protagonisti dalle vite opposte e dalle immagini antitetiche. Lui bello, vincente, famoso e ricco. Lei, anonima di aspetto e precaria nella vita, ostinata ad essere invisibile agli altri, con un senso di inferiorità invalidante.

Un conflitto di forma e sostanza in cui si condensa il tema di questo romanzo: guardare al di là dell’apparenza. Rebecca Quasi offre questo argomento ai suoi lettori in modo impeccabile, ovvero mediante una storia al cui centro vi è l’informazione che circola in rete, quanto la realtà possa essere deviata fino a divenire vera proprio perchè replicata all’infinito, senza mai andare a fondo.


Il pressapochismo dilagante andava a braccetto con ‘la versione più comoda’ di qualsiasi cosa, per cui quando una notizia usciva veniva curvata da una sintesi perfetta di superficialità e vantaggio.


Vedere al di là di ciò che è visibile e raccontato sui media, siano questi social, TV o il web, non è facile, occorre scavare a fondo e oltrepassare la percezione dell’informazione che riceviamo attraverso i nostri sensi. Per conquistare questa capacità sarebbe necessario adattarsi a ciò che è accessibile e comprendere i retroscena di ogni situazione, anche se questa appare essere sempre di più un’arte in disuso, perchè tutti semplifichiamo, quasi in modo automatico, e lo facciamo in modo costante.

D’altra parte è proprio nell’arena dei media, come i social, che i problemi vengono ridotti ai minimi termini, con conseguente semplificazione dei nostri approcci ad ognuno di essi.


«Mi pare che tu dia troppa rilevanza a quello scatto. È una cosa del tutto priva di importanza.» «In genere un bacio non è privo di importanza.» «Per un attore lo è. Diamo troppo potere alle immagini. Possono essere fuorvianti, suggerire idee sbagliate, depistare.
Non esistono messaggi puri, non esiste un’immagine che vi consegnerà una verità incontrovertibile.»


Un semplice scatto attorno a cui ruotano le sorti di una relazione tra due persone diverse, apparentemente inconciliabili ma profondamente connesse, fino a essere totalmente complementari. Scoprire questa verità sarà un processo graduale, a tratti traballante, come la costruzione di un allestimento teatrale quasi improbabile fatto di sguardi di disappunto, segreti, sospetti, finta indifferenza. Sovrastrutture che tenere piedi sarà difficilissimo se non grazie all’inarrivabile bravura di un’esperta regista dal talento immenso.


«Il tuo presunto fidanzato è uno stronzo.» «Sì, lo so. Ma è un bravissimo attore.» «Non basta.» «Deve bastare. Uno deve essere libero di comportarsi di merda, se vuole, e conservare il proprio lavoro, se sa farlo.» «Non è così. Non lo è quasi mai, nemmeno se fai il cassiere in un supermercato, figuriamoci se fai l’attore. Per giunta impegnato. L’immagine ti segue e ti definisce.» Marianna sbatté gli occhi.


Rebecca Quasi aiuta a far riflettere sulla faticosa ricerca dell’autenticità, di ciò che è genuino, ovvero non falso, di ciò che ci definisce davvero, al di là della superficie.
Un obiettivo quanto mai difficile da perseguire oggi, in un mondo dove l’immagine sovrasta l’essenza, cambiandone perfino i connotati. Una tematica su cui essere indifferenti è impossibile, proprio perchè argomentata con accuratezza, intelligenza e lungimiranza.


«Che il mondo dica quanto è sfigato Nereo Castrogiovanni a stare con una come te? Che poi come sei?» «Non all’altezza.» «Dici tutto tu.» «Dico quello che direbbero gli altri.» «E quello che dice la gente è vero per forza?» «Diventa vero.»
Aveva ragione, ragione da vendere. Se il magma delle opinioni va in una certa direzione, quella diventa la via che tutti seguono, convinti. Lo sapeva bene. Nell’era degli influencer la verità scompare e rimane solo la tendenza. Un’ecolalia che copre e confonde realtà e verità.


I suoi dialoghi rendono i personaggi più vivi e realistici che mai (Anita ha preso un pezzo del mio cuore, sappilo!) elargendo ai suoi fortunati lettori un’indimenticabile storia d’amore, in cui si ride tantissimo (più di sempre), ci si infiamma parecchio con scene di una sensualità strepitosa arrivando alla fine dello spettacolo con la consapevolezza di uscire dal teatro per rimettersi in fila in attesa del suo prossimo spettacolo.


Bene. Aveva le chiavi, aveva la bici, ma aveva anche un uomo che continuava a guardarla come se lei fosse una via di mezzo fra una tazza di panna e un film porno.


Sì, dovevo essere coincisa, lo so. Bè credo di esserlo stata perchè mi sono limitata, pensate, a raccontare solo i punti salienti di questo romanzo, rinunciando per esempio alle ambientazioni , con una Riccione anch’essa protagonista e dalle atmosfere romantiche e suggestive, con l’orizzonte in cui mare e sabbia si uniscono a perdita d’occhio, dove viene voglia di passare un weekend questa primavera solo per ammirare i colori del cielo.


«Scusa. Pensavo che fossero quei depravati che scambiano la spiaggia per un albergo a ore.» «E invece…» commentò Marianna, liberandosi del tutto dall’avvinghiamento di poco prima. «Se sei tu, finite pure» disse Angelo. L’ospitalità romagnola non ha rivali.


La Romagna e la sua ospitalità, appunto, e i suoi bomboloni:


«Fammi assaggiare questi mitici bomboloni romagnoli.» Poi, senza darle la possibilità di reagire o schivare l’assalto, si impossessò della sua bocca e la baciò sul lungomare di Riccione nell’alba solitaria e rosata di fine giugno.


Grazie Rebecca per questo esperimento, come dici tu nei ringraziamenti. Continua a sperimentare che le cavie le trovi, sicuro.
Chapeau.

COSì LONTANO, COSì VICINO di Paola Garbarino

COSì LONTANO, COSì VICINO di Paola Garbarino

Titolo: Così lontano, così vicino
Autore: Paola Garbarino
Serie: Autoconclusivo
Genere: Contemporary Romance
Narrazione: POV alternati (Yuma e Amelia)
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 3 Marzo 2022
Editore: Self Publishing

TRAMA


Anni Novanta. Yuma e Amelia sono cresciuti insieme: lei sogna di essere all’altezza della famiglia di noti esploratori da cui proviene, e un giorno girare il mondo in epiche avventure. Lui è il figlio mezzosangue di una portinaia, non ha mai conosciuto il padre pellerossa, è un asso nel pugilato ma il suo sogno è sfondare nella musica.
Tra i due si instaura un profondo legame fino a che, da un giorno all’altro, Yuma e la sua famiglia svaniscono nel nulla.
Amelia non si rassegna alla mancanza, al dolore per quel distacco, mentre l’adolescenza, con l’intensità delle emozioni e le sue estreme passioni, si trasforma nell’età adulta, coi sogni nel cassetto, i precipizi, i compromessi. Sempre col suo amico nel cuore.
Quando Yuma fa ritorno, lei deve fare i conti con sentimenti che poco hanno a che fare con l’amicizia ma che ardono come un desiderio nuovo e struggente per un uomo che pare molto diverso dal ragazzino che conosceva, un uomo che ora potrebbe spezzarle il cuore.
Una storia sulle seconde occasioni, un amore vissuto tra combattimenti clandestini, canzoni appassionate, oscuri segreti di famiglia. Due anime legate nel profondo che si inseguono in giro per il pianeta, dall’Italia all’Arizona, destinate a smarrirsi e a ritrovarsi più volte, con la ragione che li tiene lontani e il cuore che li fa restare vicini.
Quanto è difficile amare qualcuno quando tutto sembra contro?

Un romanzo autoconclusivo, intenso e sensuale, sulle seconde occasioni, dalla stessa autrice dei bestseller Amazon “Baby Don’t Cry” e “Crazy For You”.

RECENSIONE


Forse, certi amori non trovano il tempo, come vivessero su due linee temporali differenti, leggermente sfasate.


Sì, forse il destino opera così a volte, mettendoci su binari paralleli in un lungo e travagliato viaggio di fughe e ritorni, di vicinanza e lontananza, come se le distanze divenissero fili elastici da accorciare e allungare a piacimento senza potersi quasi mai incontrare. A volte però siamo noi a rendere questo possibile, con le nostre paure, fragilità e debolezze. Sensazioni che ci rendono incapaci di gestire le emozioni rischiando di auto sabotarci, senza rendercene conto, soprattutto in gioventù, quando intraprendere il percorso di crescita è l’avventura più difficile da compiere.

Paola Garbarino segna il suo ritorno alla scrittura con questo romanzo “Così lontano, così vicino” scegliendo un titolo che esprime pienamente un contrasto, un connubio antitetico: così lontano, per cui diverso, fino a porre distanza, separare; così vicino e quindi affine per esprimere prossimità, somiglianza.

Un libro che offre molteplici significati per raccontare come lo spazio avvicina e separa allo stesso tempo, segnando distanze fisiche, temporali ma anche emotive. Un caleidoscopio di interpretazioni che getta luci e ombre in molti aspetti della vita, dalle relazioni fino ai sentimenti.


Sono soltanto un mezzosangue, un bastardo senza padre, il figlio della portinaia, l’amico buffo, il ragazzino bullizzato per il colore della pelle, che si difende a pugni e poi finge di essere caduto per non dirglielo, perché lei possa continuare a vivere nel suo mondo di sogni e avventure. Amelia è una dea, e quella lezione l’ho imparata molto bene studiando Epica: gli dèi si venerano da lontano, o si precipita tremendamente quando si osa amarli.


Protagonisti di questo romanzo sono Amelia e Yuma, tanto diversi da poter essere paragonati al giorno e la notte: lei, dai capelli biondo platino e le sembianze di un angelo, di famiglia facoltosa; lui, dalla “pelle rossa”, in parte italiano e in parte nativo americano, di umili origini.

Si conoscono da bambini all’interno dello stesso condominio, un luogo familiare che diviene facilmente spazio di aggregazione, conoscenza, dove l’infanzia prende vita nei sogni, nelle prime scoperte, nelle promesse e nelle avventure da vivere. E’ stato bello rivivere nei racconti dell’infanzia di Yuma e Amelia ricordi che appartengono a molti di noi, quando le case erano troppo piccole e per giocare con gli amici si scendeva nel cortile, in strada, laddove la vita iniziava a dettare le sue regole, con le prime delusioni e cocenti batticuori. Come accade a loro, uniti da un filo indissolubile e ignari di un destino che li unirà e separerà fino a segnarne le vite totalmente.


E sapere che lui conosceva esattamente dove trovarmi, e non aveva mai più dato notizie di sé, neppure con una cartolina, era una coltellata al petto e una al mio amor proprio.


Quando Yuma sparisce nel nulla, Amelia si ritrova ad affrontare l’assenza di un riferimento, di un amico, un fratello. Un’esperienza difficile per una ragazzina in piena adolescenza ma sarà proprio questa separazione a metterla davanti a sé stessa, per darle la spinta a crescere. Un’evoluzione che a volte richiede sforzi enormi, perché la costruzione del sè per divenire adulti rappresenta un viaggio impervio di scoperta e ricerca di felicità. E’ impossibile non immedesimarsi nei dubbi di Amelia, nelle sue paure e nella costruzione delle sue convinzioni. Quante volte ci capita di intraprendere questo cammino, forse non termina mai, neppure da adulti. Un lastricato di successi, errori, abbagli e sbagli, che ci lancia gli strumenti per rendere il percorso solo nostro, imparando dalle esperienze. Ovviamente quando si è giovani tutte le emozioni si amplificano, complicandoci la percezione delle situazioni, impedendoci di oltrepassare i limiti imposti dalla cultura, dalla società, dalla famiglia.


Mi pare che l’adolescenza si viva combattendo su un fronte: giusti o sfigati, troie o suore, secchioni o teste di cazzo, popolari o nerd, Pop o Rock, fighetti o dei vicoli. Penso che molto dipenda dalla classe sociale, ma Yuma sa che per me non ha mai contato. Non m’importa che lui viva ad Albaro solo perché è figlio della portinaia, ma forse a lui sì e io non l’avevo mai compreso.


In questa storia Amelia e Yuma prendono per mano il lettore inducendolo a porsi domande, a volte difficili, soprattutto quando a complicare la situazione sopraggiunge il pregiudizio sulla diversità culturale e di livello sociale, così potente da creare invalicabili barriere in grado di separare, dividere, perfino ingannare. Yuma rappresenta il diverso, la figura difettosa, da cui stare lontani perchè sbagliato, pericoloso. E su tutto l’ombra dell’imposizione delle famiglie sulle nostre scelte, che spesso ci rendono incapaci di sbagliare, che decidono per noi, fino a deviare la direzione del nostro camino, pur spesso in buona fede.

Una tematica ricorrente nei romanzi di Paola Garbarino, sempre abilissima nell’offrire una chiave di lettura che ognuno di noi può usare a più livelli per aprire i cassetti della memoria, ricordandoci quanta strada abbiamo fatto e tutti gli sbagli che però sono stati utili ad arrivare fino a quello che siamo oggi, persone adulte. La bellezza di questo romanzo risiede proprio nel richiamare il nostro passato, con le sue sfumature, difficoltà ma la consapevolezza di essere cresciuti nonostante tutto.


Provavo l’irrefrenabile bisogno di avere accanto qualcuno a cui appoggiarmi, che mi abbracciasse, che mi volesse bene, che mi dicesse che sarei sopravvissuta a questo immenso dolore, che sarei diventata più forte senza divenire arida, qualcuno che mettesse in musica la mia sofferenza e la facesse volar via con le note.


“Così lontano, così vicino” è una storia di un amore profondo tra due ragazzi che si amano in modo istintivo e crescente, vittime di un sentimento che li trascina senza dare loro tempo di capirne la portata, così forte da detonare nelle loro vite e coinvolgerli in modo totalizzante.

Il titolo non è casuale, bensì riferito ad una canzone meravigliosa degli U2, band che amo particolarmente e che ha segnato tutta la mia giovinezza. Scelta che conferma quanto la musica, protagonista in moltissime parti del romanzo, sia sempre una compagna fedele di questa bravissima autrice. “Stay, faraway so close”, un brano di fine anni novanta, colonna sonora di un bellissimo film di Wim Wenders, un inno a vivere intensamente un amore, una preghiera a restare, nonostante tutto, gli sbagli, le omissioni. L’incontro tra un angelo e un demone, come il giorno e la notte, tra spirituale e carnale, come Yuma e Amelia, anime opposte destinate a completarsi. Come canta Bono Vox:

Stare così vicini a te ma sentirti così lontano. Non poterti che sfiorare. Sollevato verso l’alto come da invisibile elettricità o onde radio. Attraverso I segnali della televisione potrei andare ovunque ma resto vicino a te.

Accadono tante cose in questa storia, che lascio scoprire al piacere del lettore. Un saliscendi di cadute, rialzi, fraintendimenti e confessioni, una lunga onda tra dolore e passione, dramma e dolcezza, ricordando Quanto Paola Garbarino sia sempre capace di emozionare con grande bravura e sensibilità.
I suoi libri hanno il potere di generare un’istantanea empatia tra i suoi protagonisti e il lettore. Ammetto che in questa opera si percepisce quanto la scrittura abbia richiesto il momento giusto per poter venire alla luce. L’ispirazione , come dice Paola, richiede tempo e spazio, e Amelia e Yuma avevano bisogno di essere raccontati solo adesso:


Non posso credere al caso, solo al destino, che ci ha messi nello stesso luogo, nel medesimo arco temporale, addirittura nella stessa casa .


No, spesso le cose accadono per un motivo, una ragione che sembra oscura e che magari si rivela solo dopo ma che può offrirci il senso e il significato di tutto il cammino fatto.

Grazie Paola di questo viaggio meraviglioso.