Intervista a Ilaria Tuti
Nata nel 1976 a Gemona del Friuli dove risiede, Ilaria Tuti è una scrittrice eclettica dalla penna profonda e intrigante dalla quale traspare un forte legame con la sua terra d’origine, ruvida ma ricca di meraviglie come solo la montagna può essere.
Esordisce nel 2018 con il thriller “Fiori sopra l’inferno” con protagonista la commissaria e profiler sessantenne Teresa Battaglia, che torna ad indagare anche nei seguiti dando origine ad una serie di quattro volumi dalla quale presto sarà anche tratta una fiction per la televisione .
Nel 2020 fedele alla propria anima curiosa e sperimentatrice scrive un romanzo di genere completamente diverso, uno storico ambientato nella prima guerra mondiale con protagoniste le portatrici carniche, “Fiore di roccia “ che riscuote molto successo.
Quest’anno replica con un altro romanzo storico ambientato nuovamente durante il primo conflitto mondiale, “Come vento cucito alla terra” con il quale riconferma un talento straordinario che si fa veicolo di un messaggio di speranza e di coraggio in un periodo storico diverso nei tempi ma non troppo negli eventi purtroppo.
Una scrittrice che sa parlare ai lettori con strumenti diversi ma sempre capaci di emozionare, facendo trasparire la passione e la cura che mette nel suo lavoro e da cui il lettore viene investito, con la stessa forza e con lo stesso senso di meraviglia che ispirano le sue amate montagne.
Intervistata per noi da Annalisa Sinopoli in occasione della presentazione del suo ultimo romanzo presso il Museo carnico di Tolmezzo.
Ecco cosa ci ha raccontato.

Ti sei cimentata in generi diversi come il thriller e la narrativa storica a quale dei due ti senti più affine o più legata?
Ma non è che mi sento legata a un genere a dire il vero, io seguo le storie, quindi sono loro che in qualche modo iniziano a battermi in testa e non è che ho mai pensato voglio scrivere una serie thriller o mi piacerebbe fare lo storico.
Io mi sono innamorata delle portatrici allora è stato naturale affondare nella storia, oppure volevo indagare il male della mente, gli abissi della psicologia umana e quindi è stato naturale affrontarlo per me attraverso il mezzo del thriller.
Ma sono appunto degli strumenti che mi aiutano a parlare di determinati argomenti o personaggi quindi sono funzionali alla storia che voglio raccontare.
Esserti cimentata in generi diversi quindi ver provato quindi è stato un salto nel buio, una sperimentazione o comunque una scelta dettata dal desiderio di non essere incasellata in un unico genere?
Io ho la necessità di trovare sempre cose nuove, sono molto curiosa quindi penso che soffrirei a essere chiusa dentro un genere, mi annoierebbe, dopo un po’ devo veramente staccare: anche con Teresa ho scritto due romanzi, ho staccato, ho fatto lo storico e son tornata con ancora più passione al thriller.
Perché avevo avuto quel momento in cui ho fatto qualcosa che mi piaceva da altro, dopo torni con una nuova freschezza, altrimenti il rischio per come sono fatta io è quello di viverlo come una catena di montaggio e alla fine secondo me anche i lettori se ne accorgono.
Devi sentire proprio sempre la passione e l’interesse per la storia, e questo vuol dire fare anche dei salti nel buio che sono rischiosi eh, perché anche quando erano andati bene i primi due libri uscire con uno storico vuol dire spiazzare totalmente il lettore, ma anche il libraio che deve proporre i tuoi libri.
Poi però è andata bene, l’editore mi ha dato fiducia e questo penso che la dica lunga anche su come lavora Longanesi, c’è il massimo rispetto per l’autore e anche per il bisogno dell’autore di esprimersi.
Invece come lettrice sei onnivora o prediligi dei generi in particolare?
No, sono onnivora e non leggo quasi mai i generi su cui sto lavorando: per esempio se scrivo thriller evito di leggere thriller, sono troppo dentro quelle storie lì e rischio di assorbire anche dei cliché, delle cose che sono ripetute perché chiaramente anche un genere ha i suoi cavalli di battaglia, altrimenti poi si esce dal sentiero e non va bene, si deve ricondurre tutto una certa armonia nella storia.
Invece come lettrice proprio perché sono curiosa mi piace leggere tantissimo e mi serve: io ricerco non solo le storie, cerco gli argomenti quindi leggo molta saggistica e ricerco anche lo stile cioè voglio delle scritture che mi spiazzino che mi facciano in qualche modo sorprendere, ecco io cerco la sorpresa che può essere nella storia, che può essere vera o fiction, può essere nello stile, può essere in tante cose.
Infatti se non leggi, se non cerchi se non hai questo atteggiamento anche di apertura non le puoi trovare queste meraviglie, questi piccoli tesori che ci sono nella storia.
Emerge dai tuoi libri un legame con la tua terra d’origine e con la natura che rapporto hai con esse?
Vabbè con esse ho un rapporto viscerale che ho riscoperto in età adulta, perché sai quando vivi a contatto con la natura diventa un po’ scontata e anche la bellezza della natura diventa trasparente perché ce l’hai sotto gli occhi tutti i giorni.
Invece quando ho iniziato a scrivere ho scoperto che è un mezzo potente anche di comunicazione con tutte le atmosfere che puoi descrivere, con tutti i simboli che la natura ha e attraverso cui ci parla, della nostra storia, da dove veniamo, delle nostre origini e ho cominciato a vederla con gli occhi di chi non l’ha mai sperimentata.
Quindi ho cercato di riscoprire questo senso di meraviglia di quando sei bambino, i primi contatti con il bosco, con la foresta, in “I fiori sopra l’inferno” penso ci sia tutto questo, questa nuova scoperta della natura.
Quindi puoi dire che come persona ma anche come autrice vivere in una zona di montagna comunque ti ha un po’ plasmata?
Sì senz’altro, è un po’ un marchio di fabbrica ma anche perché ce l’abbiamo nel DNA. Io poi lo sento particolarmente perché la natura in qualche modo mi aiuta, mi rilassa è un po’ un rifugio che mi ha aiutato tantissimo dopo il successo dei primi romanzi che mi aveva un po’ spiazzata, mi aveva gettato in un mondo che non era il mio.
Ritrovare la natura, i suoi ritmi, la calma è stato salvifico.
Le tue cover hanno la caratteristica di raffigurare sempre donne di spalle che sono immerse in un ambiente naturale o in un un paesaggio particolare, come mai questa scelta?
Perché c’è il mistero, perché non vedendola mai in viso puoi essere anche tu, può essere chiunque si rispecchia in quell’immagine, può essere lei e può essere altre 100.000 allo stesso tempo, lascio che sia il lettore a scoprire questo mistero e a scoprire anche qualcosa di se stesso attraverso questa figura che già racconta parte della storia.
Con “Fiore di roccia” e in “Come vento cucito alla terra” hai dato voce a figure di donne che in qualche modo hanno fatto la storia, ma in realtà poi dalla storia sono state dimenticate perché nei libri non si parla molto di queste figure.
No perché i libri hanno due problemi: il primo è che la storia viene scritta dal punto di vista maschile, perché soprattutto la storia dell’umanità è fatta di guerre e di conflitti che sono stati decisi, vissuti e intrapresi da uomini, quindi il racconto è maschile in tutto e per tutto.
Il secondo è che si tende a raccontarla attraverso i nomi dei grandi generali e le date, cioè in modo molto asettico, non si racconta la storia fatta dal basso cioè da chi l’ha vissuta e queste storie di donne sono proprio delle storie di nicchia in quanto imprese femminili e poi imprese del basso.
Possiamo dire che in queste storie che sono ambientate durante la prima guerra mondiale mentre gli uomini sono impegnati a fare la guerra le donne hanno la funzione un po’ invece salvifica, curare e tenere insieme.
Sì è una prospettiva un po’ più costruttiva.
Quindi secondo te se al giorno d’oggi ci fossero più donne nelle posizioni di potere gli eventi sarebbero diversi?
E’ un po’ difficile dirlo perchè troppe volte si vedono le donne di potere assumere atteggiamenti maschili, forse per essere accettate, per difendere la posizione, hanno degli atteggiamenti che sono tipicamente muscolari quindi io ho paura che anche se ci fossero forse perderebbero quella caratteristica di cui si parlava, perché è il sistema che te lo chiede.
Nella recensione che ho fatto di “Come vento cucito alla terra” ho posto l’attenzione sul fatto che questa storia mi ha trasmesso un forte messaggio di speranza ma anche delle difficoltà insite nel cambiamento: come vivi tu il cambiamento? Come lo hai fai affrontato con il raggiungimento della popolarità? Come è cambiata la tua vita?
All’inizio stato è stato difficile ho avuto anche dei momenti negativi perché mi avevano sconvolto completamente la quotidianità, poi sei sotto i riflettori e non ero abituata, ma neanche lo desideravo caratterialmente.
Quindi devi prendere un po’ le misure, devi mettere anche dei confini perché altrimenti la tua vita viene invasa continuamente dai social.
All’inizio questo non l’avevo capito, volevo rispondere a tutti, volevo scrivere a tutti, esserci per tutti e alla fine non c’ero per chi era a casa.
Quando mia figlia aveva due anni, mi ricordo, sapeva sì e no parlare, quando mi vedeva il telefono lo spingeva via, lo nascondeva sotto i cuscini per esempio. Io mi sono vergognata tantissimo e ho detto qui c’è qualcosa che non va: lei vedeva in questa cosa un nemico, il terzo incomodo fra noi e non andava bene.
Ho capito che non puoi esserci per tutti ma l’importante è esserci con dei messaggi positivi che rispecchino me stessa, quindi le poche volte che pubblico deve essere qualcosa di genuino, di sentito, non posso pretendere di arrivare dappertutto perché non ce la posso fare.
Se dovessi indicarmi un aggettivo per descriverti come autrice quale useresti?
Appassionata.
Arrivati qui ti saluto con quest’ultima domanda: qual è il tuo fiore preferito?
I miei fiori preferiti sono tutti i fiori profumati, esteticamente amavo molto l’orchidea però mi infastidisce che è completamente asettica, dopo che è fiorita ha finito, per un anno non vedi più niente se ti va bene.
Avrei detto che la scelta potesse essere tra la stella alpina il papavero…
No in realtà mi piace tanto il caprifoglio, amo da morire il suo profumo, la lavanda, il gelsomino mi fa impazzire, che sono tutte piante resistenti, ce ne ho quattro a casa ed è pazzesco, profumo mezza Gemona con i miei fiori.
Comunque per dirti che cerco molto il sensoriale, non l’ estetica, mi piacciono tutte queste piante che sono molto resistenti tra l’altro perché vivono di poco.
Noi di Reading Marvels capiamo bene, io come vedi ( mostrando il mio tatuaggio) amo molto il dente di leone che diciamo insomma non è un fiore pregiato. Però subisce tante trasformazioni, è un fiore libero, poi quando soffi vola via.
Hai ragione sì, ha un’altra vita…