
TI MANGIO IL CUORE di Pippo Mezzapesa
Titolo: Ti mangio il cuore | |
Regia: Pippo Mezzapesa | |
Tratto dal libro: Ti mangio il cuore di Carlo Bonino e Giuliano Foschini | |
Genere: Drammatico/Romantico | |
Film per il cinema | |
Tipo di finale: Chiuso | |
Data di pubblicazione: 22 settembre 2022 | |
Produzione: Indigo Film, Rai Cinema | |
TRAMA
L’amore proibito tra Andrea, riluttante erede dei Malatesta, e Marilena, la bella moglie del boss mafioso di Camporeale, riaccende un’antica faida tra due famiglie rivali nel promontorio del Gargano.
RECENSIONE
Oggi vi parlo di un film visto di recente, liberamente ispirato ad un libro di Carlo Bonini e Giuliano Foschini, Ti mangio il cuore.
Il libro è un’inchiesta sulla mafia del Gargano, una mafia meno conosciuta di altre ma altrettanto spietata, con criminali che uccidono le loro vittime sparando loro in volto, in modo da cancellare la loro memoria e mettendo in pratica sui corpi rituali molto crudi.
Il film dal quale il libro è tratto è in bianco e nero e si apre con una sparatoria che stermina un’intera famiglia. Un bimbo è l’unico sopravvissuto e anni dopo vendicherà la sua famiglia.
Le immagini in bianco nero catapultano lo spettatore in un ambiente rurale, duro ed aspro, dove gli uomini hanno perso la loro umanità e le bestie hanno probabilmente più sensibilità degli esseri umani. Un amore proibito tra Marilena ed Andrea, rappresentanti di due clan rivali, è l’inizio di una tragedia immane.
Il personaggio di Marilena, interpretato da una bravissima Elodie, è ispirato alla figura di Rosa Di Fiore, prima vera pentita della mafia garganica che ha avuto figli da due diversi capi clan, in lotta fra di loro. “Spulciando” su internet ho appreso che Rosa è figlia di una famiglia perbene, cosa che mi ha veramente colpita: una donna onesta che si innamora di due criminali dai quali avrà dei figli, e che fortunatamente capisce che invece a loro deve dare un futuro migliore.
Sono le figure di donne diverse a essere tratteggiate in questa pellicola: ci sono madri spietate come la suocera di Rosa, complici dei crimini dei loro figli, e ci sono madri che invece sanno di dover crescere i propri in maniera onesta.
Poi c’è Marilena che è sì la compagna di due boss, ma è anche una donna sensibile che probabilmente si è trovata in una situazione più grande di lei e non sa come uscirne.
La scena finale della processione di paese, con le donne vestite di nero e coperte dal velo, è particolarmente struggente e restituisce dignità ad una donna che ha deciso di cambiare completamente vita nonostante le difficoltà che questo comporta.
La regia del film è di Pippo Mezzapesa, e a lui va un plauso per aver saputo rendere al meglio la tragicità di diverse vite umane e dell’arretratezza culturale dove la donna è solo un accessorio dell’uomo, una banale incubatrice che deve mettere al mondo uomini in grado di comandare e uccidere.
Il libro inchiesta degli autori raccoglie testimonianze su questa mafia spietata, detta anche la mafia dei montanari: quegli stessi montanari che si rendono conto di quanto sia facile nascondere armi e droga contrabbandate in un territorio complesso come quello del Gargano.
Nel libro sono raccolte diverse storie, tra le quali quella di Rosa di Fiore appunto alla quale si è ispirato Mezzapesa nella realizzazione del film. Possiamo quindi dire che la differenza principale tra film e libro è che nel primo, pur facendo riflettere su un problema ancora attuale come quello della mafia, la narrazione è principalmente indirizzata al legame sentimentale fra i due protagonisti e l’odio delle loro rispettive famiglie, quasi ricordando il dramma dei Montecchi e dei Capuleti.
Consiglio a tutti la visione di questo film, crudo ma bellissimo, e la lettura dell’omonimo romanzo che offre un’analisi approfondita della mafia del Gargano.