L’AMICO RITROVATO di Fred Uhlman

L’AMICO RITROVATO di Fred Uhlman

Titolo: L’amico ritrovato
Autore: Fred Uhlman
Serie: Autoconclusivo
Genere: Narrativa
Narrazione: Prima persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 27 dicembre 2012
Editore: Feltrinelli

TRAMA


Nella Germania degli anni Trenta, due ragazzi sedicenni frequentano la stessa scuola esclusiva. L’uno è figlio di un medico ebreo, l’altro è di ricca famiglia aristocratica. Tra loro nasce un’amicizia del cuore, un’intesa perfetta e magica. Un anno dopo, il loro legame è spezzato. “L’amico ritrovato” è apparso nel 1971 negli Stati Uniti ed è poi stato pubblicato in Inghilterra, Francia, Olanda, Svezia, Norvegia, Danimarca, Spagna, Germania, Israele, Portogallo. Introduzione di Arthur Koestler.

RECENSIONE


Ci sono temi e argomenti di tale durezza e dolore a volte che si pensa sia possibile parlarne solo in certi termini, come se la violenza e l’odio potessero essere raccontati solo mostrandola spietatamente e senza filtri. 

Non è così. 

Spesso si può parlare di dolore solo facendolo filtrare tra le righe, come un sottofondo che fa capire la drammaticità di certi eventi proprio invece grazie a parole del tutto opposte: quelle sull’amore, sui sogni, sull’amicizia, sulla giovinezza. 

Fred Hulman lo ha fatto, raccontando di un’amicizia tra due sedicenni nella Germania degli anni più terribili della storia. 

L’amico ritrovato racconta attraverso gli occhi e i ricordi di Hans ormai adulto la sua profonda per quanto breve amicizia con un nobile coetaneo ai tempi della scuola, Konradin, conte di Hohenfels. 


Poi con un gesto stranamente goffo ed impreciso, mi strinse la mano tremante. “Ciao, Hans,” mi disse e io all’improvviso mi resi conto con un misto di gioia, sollievo e stupore che era timido come me e, come me, bisognoso di amicizia. 


Di per sé le amicizie formatesi in giovinezza tendono a essere fatte di una lega dura, solida nella sua costruzione ma tenera nella sostanza composta di istinto, cuore, genuinità e sogni, perché la realtà delle esperienze non hanno ancora intaccato la purezza dello spirito. 

Se però a tutto ciò aggiungiamo il fatto che i due ragazzi in questione sono il figlio di un medico ebreo e il rampollo di una nobile famiglia filonazista negli anni 30 allora un legame così può assumere connotazioni ancora più importanti. 

Ce la farà un affetto così forte come quello tratteggiato a resistere ad un background agli antipodi, alle diversità di pensiero, di religione, al condizionamento delle famiglie, all’ideologia nascente e dilagante del disprezzo e dell’odio razziale? 

Tutto questo è condensato in poche pagine, perché più che un romanzo questa è una novella che però ha tutte le caratteristiche del romanzo, solo in miniatura, come viene spiegato nella prefazione: uno stile molto descrittivo, tanto da immergere il lettore nei verdi paesaggi della Svevia, nei suoi colli azzurrini, e nei profumi della Foresta Nera, dove i boschi scuri, odorano di funghi e di resina, una narrazione in prima persona volta a rievocare il passato, che avvicina molto il lettore al narratore e alla sua sensibilità di sedicenne immerso nelle fatiche adolescenziali, che si nutrono dell’insicurezza di sé e dell’ l’incertezza del futuro, in cui tutti possiamo riconoscerci nonostante il periodo storico differente. 


Non andavo mai a casa loro né loro venivano mai a trovare me. Un altro motivo della mia freddezza, forse, era che avevano tutti una mentalità estremamente pratica e sapevano già cosa avrebbero fatto nella vita, chi l’avvocato, chi l’ufficiale, chi l’insegnante, chi il pastore, chi il banchiere. Io, invece, non avevo alcuna idea di ciò che sarei diventato, solo sogni vaghi e delle aspirazioni ancora più fumose. Volevo viaggiare, questo era certo, e un giorno sarei stato un grande poeta. 


Man mano che si procede nella lettura si passa ad una narrazione che comincia a far intravedere il precipitarsi degli eventi, che annunciano l’oscurità che sta per ammantare la ridente e vivace Stoccolma. 


Il lungo e crudele processo che mi avrebbe portato a perdere le mie radici era iniziato e già le luci che avevano guidato il mio cammino si stavano affievolendo. 


Non si viene però afferrati dall’angoscia perché i terribili eventi che si stanno affacciando al presente dei due protagonisti vengono fotografati nella loro assurdità proprio attraverso i pensieri dei due ragazzi così presi, immersi e coinvolti nel fondamento del loro affetto amicale che i fatti storici finiscono per restare in secondo piano, sullo sfondo di cui parlavo all’inizio. 

Il lettore sa quale sarà la gravità e la portata di tali eventi ma sente, anche grazie alla profondità e al realismo descrittivo dell’ ambientazione sia fisica che temporale con cui l’autore racconta questo legame, che un affetto di tale portata in qualche modo dovrà per forza sopravvivere allo tsunami che sta per abbattersi sull’Europa e sul mondo. 

Il lettore spera quindi, perché è proprio la speranza che ha resistito nei tremendi anni del nazismo e della guerra. 

Una lettura questa che è stata assegnata a mio figlio quattordicenne per le vacanze natalizie e che mi è capitata quindi per caso, ma non a caso in questo periodo. 

Ho deciso di leggerlo ed è stata una scoperta, nella sua semplicità e brevità è stata una carezza, un tocco di tenerezza e nostalgia che mi hanno commossa. 

Adatta per questo sia a ragazzi che adulti. 

Da questo libro è stato tratto anche un film del 1989 di produzione francese per la regia di Jerry Schatzberg. 

Un racconto che commuove, per tutti coloro che desiderano ricordare e hanno ritrovato qualcosa o qualcuno nonostante pensassero di averlo perso per sempre.