WAITING di Daniel Di Benedetto

WAITING di Daniel Di Benedetto

Titolo: Waiting
Autore: Daniel Di Benedetto
Serie: Autoconclusivo
Genere: Narrativa
Narrazione: Terza persona
Tipo di finale: Chiuso
Editing: Ottimo
Data di pubblicazione: 24 maggio 2017
Editore: Dark Zone

TRAMA


Tutti siamo in perenne attesa.

Qualcosa che potrebbe accadere. Qualcuno che deve arrivare o partire, magari per sempre.

Una vecchia panchina di legno, all’ombra della grande quercia in un parco comunale, è il palcoscenico delle storie che si muovono capitolo dopo capitolo.

Un susseguirsi di personaggi che si incontrano, si sfiorano, si sfuggono, rappresentano le varie fasi della vita e le diverse sfumature dell’attesa.

Una storia dall’andamento circolare, che si svolge nell’arco temporale di una settimana e che vede il suo inizio e la sua fine tratteggiati dagli stessi occhi innocenti, quelli di una bambina in attesa del ritorno del padre.

Un sorriso, una carezza, un’assenza, un dolore. C’è spazio per ogni emozione, seduti giorno dopo giorno su quella panchina.

Oggi verso il domani, semplicemente aspettando…

RECENSIONE


Era questione di poco tempo, ormai. La notte sarebbe finita presto, lasciando il posto a una nuova alba di vita. Bisognava soltanto saper aspettare.


L’attesa, definizione del tempo trascorso ad aspettare.

Ma aspettare cosa?

Ce ne sarebbe da fare un elenco lunghissimo di tutto ciò che si può aspettare: eventi, persone, successi, emozioni… a volte anche inconsapevolmente.

Per non parlare di tutte le connotazioni che può avere l’attesa.

Spesso si dice che l’attesa di un evento lieto, che porta felicità è quasi più bello di quando l’evento di realizza, così come a volte l’attesa invece di un avvenimento che in qualche modo ci spaventa o ci preoccupa è più snervante di quando poi il momento passa.

Vi è mai capitato di concepire l’attesa così?

Le sfumature che Daniel Di Benedetto è riuscito a dare al concetto di WAITING sono ancora più numerose.

Trattasi infatti di un libro composto da varie storie di attesa e il fulcro attorno alla quale esse ruotano è la panchina presente nella cover, la prima cosa che mi ha attirata di questo libro.

La mia curiosità è stata subito attratta infatti da questa foto in bianco e nero con questa panchina vuota, forse lei la vera protagonista del romanzo, marchiata da intagli e ricordi di amori vecchi e nuovi, testimone silenziosa di vite con tutto il loro bagaglio di gioie e dolori.

Una panchina che diventa stazione di passaggio per alcuni e angolo privato per altri.

Uno spazio che in qualche modo appartiene ai personaggi del romanzo in quanto luogo di ritrovo, luogo di osservazione, luogo di memorie e in un modo o nell’altro anche di attesa.


Ma lei, Lara, rinfrescandosi all’ombra di quella panchina così piena di scritte e di vita vissuta a istanti da altri prima di lei, come sempre aveva deciso di accettare la sfida. E di rimanere in attesa.


Abbiamo tutti un luogo che abbiamo sentito nostro, capace di trasmetterci benessere, accoglierci e testimoniare che mentre esso è rimasto sempre uguale noi invece siamo cambiati.


Del resto, quella era diventata giorno dopo giorno non soltanto una semplice panchina semi abbandonata su cui sedersi e riposarsi, ma un vero e proprio piccolo e personale rifugio dove raccogliere i pensieri e tutte le avventure al confine labile tra realtà e fantasia che una bambina di quasi sette anni poteva immaginare.


La struttura del libro è semplice ma intrigante, una serie di capitoli che potrebbero sembrare racconti.

Tutti con protagonisti differenti ma uniti a quelli del capitolo precedente.

Incontrato l’autore al salone del libro di Torino a maggio mi ha raccontato con molta naturalezza ma anche in modo intimo il contenuto del libro ed è stato capace di catturare subito il mio interesse.

Elemento che mi ha fatta capitolare il fatto che la panchina in questione è in effetti una panchina esistente e che rappresenta per l’autore un ricordo dell’infanzia, un oggetto che non dovrebbe avere anima in quanto tale ma che invece diventa un pezzo di vita, una costante nel flusso dell’esistenza.

Con uno stile fluido, perfettamente giocato tra realismo e poesia, Daniel Di Benedetto mi ha aperto una finestra dalla quale osservare senza voyeurismo né giudizio frammenti delle vite dei personaggi che diventano mezzo per sorridere, per incuriosirsi, per pensare e calarsi nei panni di altri.

Cosa avremmo detto ad un’amica ritrovata, come avremmo reagito al tradimento, che figlio sono stato, che genitore sarò, potrebbe succedere anche a me?

Per alcuni lettori saranno domande da porsi, per altri riflessioni sulla propria condotta.

Fatto sta che ogni pagina suscita qualcosa che, per restare nel tema dell’attesa, non ti aspetti.

Per me è stato così, leggere senza capire subito di chi si parla, prendersi il tempo di conoscere con calma il personaggio del capitolo, osservare ed ascoltare come fossi seduta anche io sulla panchina in attesa di comprendere cosa succederà.

A volte con commozione altre con amarezza ma ad ogni pagina sempre e comunque con curiosità.

Credo che questo sia uno di quei libri che vanno letti la prima volta e poi ripresi.

Non solo perché ci sarà sempre qualche particolare che alla precedente lettura ci è sfuggito ma anche perché è di quelli che tra le parole nasconde dei messaggi sulla natura umana, la complessità delle relazioni, il peso delle scelte, che avranno per chi legge un significato sempre diverso a seconda del momento.

Un libro che consiglio se si ha voglia di parole che accarezzano, magari leggendo mentre siamo seduti su una panchina di un parco, inconsapevoli che su quella stessa panchina si sono seduti e si siederanno storie diverse o uguali alla nostra.