
L’ANIMA NERA DI UN LORD di Estelle Hunt
Titolo: L’anima nera di un lord | |
Autore: Estelle Hunt | |
Serie: Autoconclusivo | |
Genere: Historical romance | |
Narrazione: Terza persona | |
Tipo di finale: Chiuso | |
Editing: Ottimo | |
Data di pubblicazione: 3 marzo 2022 | |
Editore: Self publishing |
TRAMA
Carter Castlereagh è il più celebre libertino della sua generazione.
Raffinato edonista, colleziona amanti con la stessa disinvoltura con cui lancia nuove mode, ma dietro un volto scolpito e occhi di ossidiana, nasconde un terrificante segreto.
Insofferente alle regole, non si cura della reputazione compromessa, né di quanto lo disprezzi il Visconte suo padre, poiché non è destinato al titolo e alle responsabilità del rango.
Juliana Conway è conosciuta come la Baronessa.
Rimasta vedova in giovane età, con la morte dell’anziano marito ha ereditato, oltre a un cospicuo patrimonio, una mole di maldicenze tale da renderla invisa al ton. Si mostra al mondo indossando una maschera di frivolezza e superficialità, dietro la quale nasconde numerose ferite. Avendo sempre a cuore la propria dignità, ha giurato di restare libera per il resto della vita.
Ciò nonostante, per entrambi, le nozze restano l’unica soluzione ai problemi familiari e alle insistenti pressioni sociali. Così i due, pur detestandosi, decidono di unire i loro destini in un matrimonio di facciata, convinti di poter condurre esistenze autonome. La convivenza forzata, però, mostrerà lati inediti dei loro caratteri e molte sorprese: perché quando due anime così profondamente provate e infelici si incontrano, nulla potrà mai tornare a essere come prima.
Mentre Carter, tenacemente convinto di non possedere più un cuore, non esiterà a spezzare quello di Juliana, pur di allontanarla da sé, i segreti che entrambi avevano gelosamente custodito verranno alla luce. A quel punto, Carter e Juliana impareranno a fidarsi l’uno dell’altra o le ombre del passato li allontaneranno per sempre?
RECENSIONE
La malvagità, la depravazione, la dissolutezza sono già scritte dentro di noi, impresse nel nostro animo come il DNA? Oppure ne veniamo contagiati, sono conseguenza di un apprendimento dovuto al contesto, all’ambiente che plasma il nostro essere come fanno le mani con l’argilla ?
Nel retaggio infantile in cui siamo cresciuti le fiabe avevano una distinzione molto netta e chiara tra buono e cattivo, protagonista e antagonista, la principessa fragile che ha bisogno del principe per essere salvata.
Lungi da me demolire fiabe che si sono tramandate per generazioni di bambini, fortunatamente la realtà non è così elementare.
Non ci sono esclusivamente il bianco ed il nero, ma una moltitudine di colori e di loro sfumature che fanno sì non si possa fare una distinzione così netta e semplicistica dell’animo umano (tranne che in alcune eccezioni) tra buono e cattivo.
Ecco perché in termini semplicistici potremmo dire che ne “L’anima nera di un lord”, terzo volume della serie degli Amori vittoriani, il protagonista è un “cattivo” già conosciuto nei precedenti volumi e che proprio in quelle narrazioni ne assumeva tutte le caratteristiche.
Arrogante, sarcastico, machiavellico, meschino, depravato non smentisce queste sue caratteristiche nemmeno nel libro a lui dedicato ma siamo proprio sicuri che queste ne facciano automaticamente un personaggio negativo?
Se l’analizziamo in modo più approfondito io dico di no, Carter Castlereagh non è un personaggio negativo, è un personaggio che fa cose negative, una differenza sostanziale.
Sicuramente in questa storia a lui dedicata Estelle Hunt fornisce una prospettiva più ampia e articolata della psicologia di questo personaggio che nasconde sotto maniere signorili, un aspetto sensuale e una lingua affilata un abisso dell’anima.
Dietro i gesti manierosi, le occhiate languide e la parlata pigra, si nascondeva un animo scaltro e vigile, allenato a ferire.
L’aspetto più interessante di cui l’autrice ha ammantato questo personaggio è sicuramente secondo me l’ambiguità.
Lui assomigliava a un libro scritto con una grafia complicata, in una lingua incomprensibile che blindava le intenzioni.
Non c’è niente di chiaro nel suo modo di fare, di pensare, di comportarsi, nemmeno quando agisce per ferire, complottare o manipolare, una peculiarità che avevo scorto già nei precedenti romanzi.
Questo accade quando si è protagonista di una storia di segreti.
Questa lo è senz’altro, un incalzante susseguirsi di supposizioni ed intuizioni volte a far carpire anche a noi durante la lettura cosa si nasconde sotto gli abiti eleganti ed un’anima apparentemente nera come quella che cita il titolo.
In questo frangente secondo me la scelta di affiancare ad un personaggio di questo tipo una protagonista altrettanto imperscrutabile e ammantata di mistero è stata vincente.
Complice uno stile di scrittura che se possibile ho trovato ancora più maturo, raffinato ed evocativo, un’alternanza di flashback durante la narrazione che porta il lettore a tentare di comprendere gli antefatti e tiene vivo il senso di curiosità, credo che in questo terzo romanzo l’autrice non solo confermi la sua grande capacità espressiva nel genere storico in particolare, ma che sia ulteriormente cresciuta non solo dal punto di vista stilistico.
Estelle Hunt ci propone una protagonista femminile che non assolve al ruolo di salvatrice in quanto giovane, pura e innocente, al contrario Juliana, proprio perché anche lei ne è stata toccata, è una donna ferita, disincantata e consapevole non solo della malvagità che si annida nel mondo ma anche e soprattutto di quella che si annida nell’animo di Carter.
La temeva, temeva sua moglie, perché in lei aveva scorto qualcosa che la rendeva troppo simile a lui: una profonda oscurità.
Come già ci aveva abituate nelle sue storie precedenti questa autrice non rende facile la vita né ai suoi personaggi né alle sue lettrici che soffrono insieme a loro per arrivare a giungere infine ad un senso di compiutezza.
In questa storia in particolare niente è semplice soprattutto per la protagonista femminile, che si trova a dover barattere la propria libertà per senso del dovere, ma a guardare più in profondità per non soccombere ad un sistema sociale in cui la donna come individuo non esisteva se non come appendice di un uomo.
«Non potevo oppormi al mio matrimonio, non ho potuto farlo per il tuo. Siamo donne, Juliana.» «Oggi siamo donne libere.» Barbara scosse lentamente la testa. «Non rammenti cosa ti ho appena detto? La libertà è un’illusione. Sei scappata dall’Inghilterra e vi hai fatto ritorno perché un uomo ha promesso di riabilitarti» sospirò.
Solo chi si riconosce può capirsi sebbene ciò non significa che sia altrettanto semplice accettarsi: questo infatti non è un romanzo la cui tematica che emerge è la redenzione, ma è l’accettazione, di sè stessi in primo luogo.
Ed ecco infatti che Carter e Juliana sono due facce della stessa medaglia ma con una differenza : il primo si lascia sopraffare dal dolore e dal peccato, Juliana sceglie di trarne forza.
E di solito il più forte è colui che riesce a trarre in salvo chi è più debole.
La riflessione finale è che quello che ci accade non per forza deve definirci, luce e oscurità in definitiva coesistono in ognuno, tutto sta nel decidere quale delle due far prevalere.
«Le ombre si allungano laddove esiste la luce. L’una non può vivere senza l’altra. C’è luce in te, Carter. Permettile di manifestarsi.»